Benedetta De Vito e Sorrentino: MI Annoiò la Grande Bellezza, di Parthenope non Fatemi Parlare…

15 Novembre 2024 Pubblicato da Lascia il tuo commento

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, la nostra Benedetta De Vito offre alla vostra attenzione queste riflessioni sull’ultimo film di Paolo Sorrentino, Parthenope. Buona lettura e diffusione.

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Nel 2013, a fine settembre, uscita dalla proiezione in una saletta microbica in Piazza Fiume di “La grande bellezza” di Sorrentino, scrivevo e ancora ero ben radicata nel mondo a capo  in giù, freschissima di conversione e il film ancora senza oscar: “Ieri, gambe in spalla e sola soletta, sono andata al cinema a vedermi, al pomeriggio (come non oso fare mai per via dei tanti impegni quotidiani) “La Grande bellezza” di Paolo Sorrentino. Ma il film, devo dirlo – e a dirlo mi si spezza un poco il cuore tanto ho atteso di poterlo andare a vedere – mi ha lasciata freddina e ogni tanto, lo ammetto, ho anche sbadigliato e non so, fossi stata a casa mia, se sarei arrivata fino in fondo o avrei spento un poco prima la televisione.

Va bene, certo, Roma di notte è follia bizantina e bizantino è il suo popolo di pazzi, cocainomani e bighelloni e buoni a nulla e principesse decadute e garruli cardinali mondani, ma, insomma, dopo che ne hai visti uno o due oppure tre, ti sembra di aver già fatto la scorta per l’inverno e chiedi un poco di trama, un soldo di intreccio, qualcosa che non sia banale. Come il pianto antico per un antico amore estivo che, di certo, non spiega, ma dai non scherziamo, il vuoto dentro di tanti e tanti anni…

Ci sono anche cose, per me, ridicole, come la santa che ha letto – maddai! – proprio il primo e unico libro del protagonista e vuole persino andare a cena a casa di lui pur mangiando solo radici…

E sono tanti altri i sassolini che vorrei togliermi dalla scarpa se non altro perché a tornare a casa, alle otto e venti, faceva un gran freddo ed ero in maniche corte e vi lascio immaginare quanto ho corso; ma lascio stare e brindo all’America, augurando tanta fortuna a Sorrentino e a Toni Servillo (che ha cento facce e tutte quante vere) e metto un punto e a capo su due particolari che, invece, terrò legati stretti all’anima.

Il primo: quelle inquadrature rovesciate nel gioco pazzo del mondo all’incontrario; e poi il secondo, proprio in coda al film, che sono le suore vere, vestite di bianco, riprese a fotografarsi sul Ponte Sant’Angelo, mentre la macchina da presa scivola lungo il Tevere silente, riprendendo la loro piccola bellezza e quella grande, grandissima, di Roma”.

Ecco il pezzo che avevo scritto, per il mio piccolo blog ora chiuso “Storie tragicomiche della mia infanzia”.

Non mi era piaciuto per niente (anche se la penna non lo dice fino in fondo) e, in certe parti, lo avevo trovato persino ridicolo.

E figuriamoci che cosa scriverei di quello appena uscito che non desidero neppure nominare per averne lette già di cotte e di crude a proposito.

Oh mi viene la senape al naso a sentir che una roba del genere venga vista dal pubblico , pubblicizzata dagli autobus, e magari anche lodata dai critici.

Io non lo vedrò, ci mancherebbe altro.

Povera Romaamor mia, povera Napoli, che pure amo un poco meno!

E prego e chiedo perdono al Signore per le pecore matte che, cieche, non sanno quello che fanno…

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