Emergenza Mediatica. Spacciatori di Carte False, Uso Criminale dei Sondaggi. Mario Adinolfi.

8 Novembre 2024 Pubblicato da Lascia il tuo commento

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione questo articolo pubblicato da Mario Adinolfi, a cui va il nostro grazie, su Facebook. Con una nota a margine: quelli stessi che ci hanno raccontato balle finora sono gli stessi che discetteranno sull’operato di Trump & C. in futuro…con quale credibilità? Buona lettura e diffusione.

 

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EMERGENZA MEDIATICA: SPACCIATORI DI CARTE FALSE

di Mario Adinolfi

Esiste un’emergenza mediatica senza precedenti e le elezioni americane l’hanno raccontata tutta, l’incapacità nelle maratone video notturne di fare semplici addizioni che provocavano sguardi luttuosi nei commentatori televisivi spiegava il panico di chi si vedeva scoperto. Giornali e tv non raccontano la realtà, vogliono determinarla, pretendono di forgiarla, cercano di indurre bisogni che non esistono e inoculare pretese che sono irricevibili provando a trasformare i desideri in diritti e ciò che loro vorrebbero accadesse in ciò che accadrà. I media mainstream fanno debunking, additano i social come contesto spacciatore di notizie false ma oggi non ho letto su nessun giornale un editorialista che abbia avuto il coraggio di scrivere: scusate, ci siamo sbagliati tutti, vi abbiamo raccontato una realtà che non c’era e rimpinzato di fake news.

Solo oggi si scopre quanto Kamala Harris avesse in odio Joe Biden almeno come solo il 27 giugno si è scoperto che Joe Biden vivesse un grave decadimento delle facoltà cognitive (i social lo scrivevano da anni, tacciati appunto di diffondere fake news).

Ho scritto per mesi da allora che Trump avrebbe vinto nettamente, ho definito il raduno dei repubblicani al Madison Square Garden una “festa anticipata” mentre altri lo descrivevano come adunata di nazisti destinati come i nazisti a perdere, ho spiegato analiticamente gli evidenti motivi di un trionfo che era inevitabile mentre i giornali e le tv raccontavano fino alla sera stessa dei risultati elettorali che il voto sarebbe stato vinto “dai giovani e dalle donne”, quest’ultime in particolare mobilitate dai “diritti riproduttivi” cioè dal tema dell’aborto. Ho scritto che Vance era infinitamente più carismatico di Walz e invece ce lo raccontavano come un bigottone cattolico dell’Ohio, Stato americano che i Michele Serra nostrani raccontano zeppo solo di “bifolchi”.

Quando è arrivato il famoso sondaggio in cui Kamala Harris aveva “scavalcato Trump persino in Iowa”, ho scritto pubblicamente ad una collega del grande giornale che ci aveva fatto titolone e mezza pagina che evidentemente dell’Iowa loro non sapevano granché, probabilmente non c’erano manco mai stati altrimenti avrebbero saputo che quel sondaggio non poteva essere vero.

Trump in Iowa ha vinto con quattordici punti di distacco.

Quattordici.

I giornali del 3 novembre lo davano sotto di tre, tutti i giornali del mondo, tutti citando identicamente quel sondaggio. Il 5 novembre qualcuno ha chiesto scusa di quelle fake news con cui hanno provato a influenzare il voto in Iowa e altrove con lo stesso replicato, identico, metodo?

No, nessuno ha chiesto scusa.

Nessun editorialista oggi scrive “ci siamo sbagliati, vi abbiamo venduto per mesi notizie false”.

No, anzi. Gli stessi giornalisti che ci hanno rimpinzato di balle su quanto fosse brillante e amata Kamala Harris, su come fosse davanti nella corsa, su come i dem fossero compatti nel sostenerla oggi ci spiegano le ragioni per cui ha perso.

Ce le spiegano loro, capito?

Fanno un breve inciso sul “flop dei sondaggisti” per giustificarsi.

New York Times scriveva fino all’ultimo giorno che Kamala era avanti di un punto nel voto popolare generale, Washington Post di due, ha perso con cinque milioni di voti di distacco.

Mi ha fatto piacere che molti, anche qualcuno lontanissimo dalle mie posizioni, abbia riconosciuto pubblicamente che solo io per mesi ho pubblicato articoli con analitiche motivazioni che spiegavano perché Trump avrebbe non solo vinto, ma dominato le elezioni americane. A uno che ha scritto che solo io ho “previsto” con precisione quel che sarebbe accaduto, ho risposto che io non ho previsto proprio niente, io non sono dotato di alcuna palla di vetro e non posso vedere il futuro prima.

Io ho solo un po’ di strumenti del mestiere, quelli della vecchia scuola: intanto, conosco bene l’argomento di cui parlo, se no non ne parlo. Poi ho l’amore per i dati, quelli veri e oggettivi, non per quelli che spacciano gli interessati a determinare una realtà diversa da quella che è. Ho delle idee anche molto marcate, ma non le faccio mai prevalere sulla verità dei fatti. Mi piace ascoltare, in particolare gli umori delle persone con cui i giornalisti non parlano mai.

Infine ho attraversato l’America in lungo e in largo per decenni, la amo fin nelle sue profonde, infinite contraddizioni, ma soprattutto per la sua vastissima complessità che seziono da tutta la vita. Quindi non ho “previsto” nulla, ho semplicemente processato i dati a mia disposizione, ho studiato, parlato con molte e diverse fonti dirette, analizzato le mie conoscenze del fenomeno depurandole dalle mie idee preconcette, ho letto molto e solamente poi ho scritto. Ho scritto avendo in mente un solo obiettivo: dare a chi mi legge un quadro il più veritiero possibile, per fargli avere gli strumenti di comprensione di uno degli eventi decisivi del XXI secolo. Sapendo che di quello che scrivevo mi avrebbero poi chiesto conto.

Ecco, adesso vogliamo chiedere conto a chi per mesi ci ha riempito di deliberate bugie?

Possibile che oggi nessuno chieda scusa e tutti si trasformino sui giornali in analisti che pretenderebbero di spiegarci ciò che è accaduto? Non c’è stato nessun “flop dei sondaggi”, c’è stato un uso criminale di sondaggi palesemente falsificati per determinare un effetto traino su Kamala Harris, era il cuore del disegno di spacciare fake news a raffica per provare a fermare Trump e, da noi, per disegnarlo come un novello Hitler. Massimo Giannini ha scritto testualmente: “Con Trump declina la democrazia: c’era una volta in America e adesso non c’è più”. Alla fine di una grande giornata di democrazia a cui hanno partecipato centocinquanta milioni di persone, uno degli editorialisti più noti di uno dei due giornali più venduti scrive che è finita la democrazia perché non ha vinto il candidato che piaceva a lui. Se uno la vive così, è chiaro che farà carte false per impedire la vittoria dello sgradito. E carte false sono state prodotte, continuamente: non sono stati errori, per mesi i media hanno deliberatamente raccontato una realtà che non c’era, hanno falsificato i dati e i fatti, ora devono rendere conto delle fake news spacciate, ora il fact checking va applicato ai loro testi supponenti e palesemente bugiardi.

Non ho previsto nulla, ho semplicemente voluto vedere quel che c’era da vedere ed era in realtà percepibile da tutti.

Ma bisognava essere mossi dal desiderio di offrire a chi legge un’analisi onesta dei dati, non una narrazione disonesta finalizzata a costruire una verità inesistente.

Tenetelo a mente perché fanno sempre così e non stanno chiedendo scusa, continueranno a farlo e anzi si sono già rimessi in cattedra.

Ma ora in tanti sanno, tanti di più sanno, che gli spacciatori di carte false che drogano la realtà tagliandola con l’ideologia sono i padroni dei media generalisti e in quei mezzi di comunicazione la verità non si trova mai.

Meglio attrezzarsi cercando fonti di conoscenza non inquinate.

Lieto di essere stato per voi, cari lettori, in questi mesi una di esse.

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