La Pace nella Fede. Il Matto Cede la Prola al card. Nicolò Cusano…

30 Ottobre 2024 Pubblicato da 10 Commenti

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, il nostro Matto offre alla vostra attenzione queste riflessioni su un tema che tocca tutti noi. Buona lettura e diffusione.

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LA PACE NELLA FEDE

 

 

 

Da Matto, questa volta cedo molto volentieri la parola al cardinale Niccolò Cusano (1401-1464). A mio parere, oggi ci vorrebbe almeno un plotone di uomini del genere.

 

Da: DE PACE FIDEI (1453)

“LA PACE NELLA FEDE”

 

 

LA CONCORDIA RELIGIOSA TRA I MONOTESIMI CONGETTURALI

Le notizie sulle crudeltà e sevizie compiute ultimamente dal re dei Turchi a Costantinopoli ed ora pervenute a conoscenza di un uomo che una volta aveva visitato quelle regioni, lo infiammarono di tale fervore verso Dio da indurlo a pregare con molti gemiti il Re dell’universo affinché, mosso dalla misericordia, volesse alleviare la persecuzione che infuriava più che mai a causa delle diverse usanze religiose.

 

Ora accadde che dopo qualche giorno, forse in seguito ad una diuturna e continua meditazione, quest’uomo devoto ebbe una visione che gli fece intravvedere come, attraverso il concorso di alcuni uomini sapienti ed esperti in tutte quelle divergenze riscontrabili nelle religioni del mondo, si potesse trovare un certo facile accordo di massima, che potesse costituire una base appropriata e legittima per stabilire la pace perpetua nella religione […]

 

Tu che sei il datore della vita e dell’esistenza sei quello che tutti variamente cercano con diversi riti e denominano con diversi nomi, poiché come realmente sei in Te stesso resti ignoto a tutti e ineffabile. Infatti Tu, che sei l’infinita potenza creatrice, non sei nessuna delle cose che hai creato, né la creatura può farsi un concetto della tua infinità, non essendovi proporzione alcuna tra il finito e l’infinito. Ma Tu, Dio onnipotente che resti invisibile ad ogni spirito, ti puoi rendere visibile a chi vuoi nella misura in cui puoi essere compreso. Non nasconderti più oltre, Signore, sii propizio, mostra il tuo volto e saranno salvi tutti i popoli… e tutti sapranno che non c’è che una sola religione nella varietà dei riti (non est nisi religio una in rituum varietate). Se poi non fosse possibile eliminare questa differenza di riti, oppure non fosse conveniente, in quanto la loro stessa varietà costituisce un incremento della devozione, poiché ogni paese cercherà di celebrare con più zelo le proprie cerimonie credendole più gradite alla tua Maestà, che almeno possa esservi una sola religione ed un solo culto di latria, come unico sei Tu stesso.

 

 

L’unica religione come educazione universale

e concordia dei sapienti

 

Il sommo Re, che sedeva in trono, cominciò a parlare dicendo di avere creato l’uomo dotato di libertà con la quale l’aveva reso capace di partecipare all’unione con lui. Ed invece l’uomo animale e terreno si era lasciato irretire nell’ignoranza dal principe delle tenebre, vivendo secondo gli impulsi della vita sensibile, che appartiene al mondo del principe delle tenebre, e non secondo l’uomo interiore e spirituale la cui vita appartiene alla sfera del suo principio (divino) […]

Ed il Verbo si rivestì dell’umanità per illuminare così l’uomo, la cui liberissima volontà è educabile (ut sic saltem hominem docilem liberiimi arbitrii illuminaret), onde potesse vedere che deve camminare non secondo l’uomo esteriore, ma secondo quello interiore, se vuol sperare di giungere un giorno alla dolcezza della vita immortale … [Proclamò il Verbo]:

 

“Padre delle misericordie, le tue opere sono perfettissime e non hanno bisogno di nessun completamento. Tuttavia, poiché Tu fin dall’inizio hai decretato che l’uomo godesse di una volontà libera e poiché nel mondo sensibile niente resta immutabile e le opinioni e le congetture cambiano col tempo, come anche le lingue e le interpretazioni (varientur ex tempore opiniones et coniecturae fluxibiles similiter et linguae et interpretationes), per questo motivo la natura umana ha bisogno di molti validi argomenti al fine di estirpare i numerosi errori che riguardano il tuo Verbo, di modo che la Verità brilli in eterno. Poiché questa Verità è una sola ed ogni libero intelletto deve poterla comprendere, tutte le religioni così diverse dovrebbero essere ricondotte ad un’unica fede ortodossa (perducetur omnis religionum diversitas in unam fidem orthodoxam)” […]

Il Signore ha avuto pietà del popolo e di buon grado acconsente a che tutte le varie religioni, attraverso il comune consenso di tutti gli uomini (communi omnium hominum consensu), siano ricondotte pacificamente ad un’unica religione, che sarà ormai inviolabile (in unicam concorditer reduci amplius inviolabilem). A voi, delegati delle religioni, il Signore affida questo incarico […] e designa Gerusalemme come il luogo più adatto per tale riunione.

Se non si può raggiungere la conformità nel modo di praticare gli atti religiosi, si permettano ai popoli le loro proprie devozioni e cerimonie, purché sia salva la fede e la pace (salva fide et pace). Forse, ammettendo una certa varietà, aumenterà anche la devozione, in quanto ogni popolo si sforzerà, con diligenza e zelo, di rendere più splendido il proprio rito, gareggiando con gli altri popoli per conseguire così maggore merito presso Dio e la lode del mondo […]

E dopo avere esaminato molti libri [tra i quali le Antiquitates di Varrone e la Praeparatio evangelica di Eusebio di Cesarea], si scoprì che tutte le divergenze (diversitas) riguardano piuttosto i riti che il culto dell’unico Dio (quam in unius Dei cultura). Da tutti gli scritti confrontati tra loro, risultò unitariamente che tutti gli uomini, fin dall’inizio, hanno sempre presupposto un solo Dio e l’hanno venerato in tutte le forme cultuali (in omnibus culturis coluisse), sebbene la semplicità popolare (simplicitas popularis) spesso non avvertisse questo, perché distolto dal potere avverso del principe delle tenebre. Ed in questo modo si concluse nel cielo la concordia razionale delle religioni (conclusa est igitur in caelo rationis concordia religionum).

 

 

Relativizzazione/trascendimento spirituale dei riti e allegorizzazione dell’eucarestia

 

La diversità genera le divisioni e le inimicizie, gli odii e le guerre (Diversitas enim parit divisionem et inimiciatis, odia et bella) … Bisogna dimostrare che la salvezza dell’anima si ottiene non in forza delle opere, ma in forza della fede. Infatti Abramo, padre della fede di tutti i credenti, sia cristiani che arabi che giudei, credette in Dio e ciò gli fu imputato a giustizia: l’anima del giusto erediterà la vita eterna. Ammesso questo, la varietà dei riti non sconcerterà più, poiché essi sono stati istituiti ed accolti come segni sensibili della verità della fede (non turbabunt varietates illae rituum, nam ut signa sensibilia veritatis fidei sunt instituta et recepta). Ora i segni possono subire dei cambiamenti, non però la verità da essi significata (Signa autem mutationem capiunt, non signatum).

Il sacramento dell’eucarestia significa soltanto questo (hoc eucharistiae sacramentum non aliud figurat), che noi, per grazia di Dio, troviamo nel Cristo Gesù il nutrimento della vita eterna, come nel pane e nel vino troviamo il nostro nutrimento corporale. Quando pertanto crediamo che Cristo è cibo dell’anima, allora riceviamo Cristo sotto le specie che cibano il corpo. E poiché dobbiamo trovarci d’accordo nel credere che in Cristo riceviamo il nutrimento della vita dello Spirito, perché non dovremmo proclamare apertamente la nostra fede nel sacramento dell’eucarestia? È da sperare che tutti gli uomini credenti vogliano pregustare in questo mondo, nella fede, quel cibo che nell’altro mondo sarà, nella realtà, il nutrimento della nostra vita … Lo stesso sacramento dell’eucarestia è un simbolo (similitudo) di tale cibo e tale sacramento è attinto soltanto dalla mente (mente sola attingitur) ed è gustato e compreso soltanto dalla fede […]

Questo sacramento [dell’eucarestia], in quanto è costituito di segni sensibili, non è così necessario che senza di esso non vi sia salvezza, purché si abbia la fede (hoc sacramentum, prout est in sensibilis signis habita fide, non est sic necessitatis, quod sine eo non sit salus); infatti per la salvezza basta credere (nam sufficit ad salutem credere) e in tal modo mangiare il cibo della vita. È per questo che non esiste nessuna legge obbligatoria che regoli la distribuzione dell’eucarestia e determini se, a chi e quante volte bisogna darla al popolo.

 

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10 commenti

  • ORGANUM ha detto:

    E’verissimo che oggi ci vorrebbe un plotone di uomini come Cusano.Viviamo tempi banali.
    D’altro canto,il pensiero di Cusano,a parte la “coincidentia oppositorum” non è propriamente originale,riecheggiando ampiamente argomenti come la teologia negativa (Agostino,Bonaventura) e l’emanazione neoplatonica,e rifacendosi in genere a tutta la tradizione mistica.

  • Orso Garibozzi ha detto:

    Chissà perché queste cose non funzionano mai. Ve lo siete mai chiesti?

  • Adriana 1 ha detto:

    Strazio maior

  • Adriana 1 ha detto:

    Carissimo Matto,
    trovo assai interessante il tener conto di alcuni dati ( e date). Su questi medesimi argomenti si espressero in maniera analoga almeno altri tre grossi intellettuali dell’epoca a cavaliere tra Umanesimo e Rinascimento e precedente al Concilio di Trento: Pico della Mirandola, Erasmo da Rotterdam, Francesco Guicciardini. Mettiamoli tutti e quattro per data: Cusano: 1401-1464;
    Pico: 1463-1494;
    Erasmo: 1466-1536;
    Guicciardini: 1483-1540.
    Mettiamoli secondo i “guai” cui andarono incontro: Cusano (Krebs-aragosta) nessuno, nonostante i suoi dubbi sulla arbitrarietà della “donazione” di Pipino il Breve, -arbitrariamente incoronato da Stefano II-, dei territori ex-bizantini ed ex-longobardi allo stato della Chiesa: che riguardarono anche la falsa donazione di Costantino….Ma era un Cardinale-guerriero importante.
    Pico, che non lo era, fu praticamente condannato al confino: morì precocemente per chissà quale “strana” malattia (!?).
    Erasmo venne “protetto” dalla sua prudenza: affermò che anche egli avrebbe potuto incorrere nelle sorte di Lutero, ma che la sua indole- che non era tribunizia- l’aveva tenuto in disparte. (cmq, per prudenza, abbozzò sul dogma trinitario).
    Guicciardini, sulla “genia” dei preti della Curia ne disse di tutti i colori -per esperienza fattane-, nonchè sulla loro strumentalizzazione politica della dottrina cristiana. Infatti, dichiarò chiaramente- ma ai suoi eredi- che soltanto il suo “particulare” (interesse) l’aveva zittito e mantenuto al loro vituperevole servizio. Inoltre…era un potente signore, di modo che non ebbe guaio alcuno.
    Tutti e quattro, cmq., ebbero il beneficio- o la fortuna- di vivere in un’epoca in cui la Curia era formata per lo più
    da dotti, Papi compresi, e di mente “privatamente” aperta. Le generazioni successive furono meno fortunate.

  • GIUSEPPE ha detto:

    ma seriamente ? Se c’e’ ironia non si coglie, se siete seri cosa state dicendo???

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