Dobbiamo Lottare per il Portamonete della Nonna Bis. Benedetta De Vito.

30 Ottobre 2024 Pubblicato da Lascia il tuo commento

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, la nostra Benedetta De Vito offre alla vostra attenzione questo racconto, che ha origine da una sua disavventura, e che testimonia, se ma i ce ne fosse bisogno, del pericolo che incombe sulle nostre teste…Buona lettura e condivisione.

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Jasmine si lasciò cadere sul gradino basso dell’’ingresso della Supermetro, il viso raccolto tra le mani, mentre, plin plin, cominciava a cadere una pioggina triste novembrina. Oh piove, disse tra sé e si riscosse, correndo a ripararsi sotto la balaustra della fermata Santa Maria del Soccorso, dove si trovava. Chi caspita fosse questa signora Maria Santa se lo era domandato anche quando era stata lanciata fuori dallo sputnik verde, quello per i ragazzi, perché gli anziani, colpevoli di consumare a ufo il cioddue, dovevano farsela a piedi fino alla granvia, anche se si tenevano in piedi con la stampella o, peggio ancora, sedevano in carrozzella. Alcuni rimanevano lì sotto anche per giorni finché non trovavano qualcuno, di solito uno di quegli sfigati della legaanticvd che volesse spendere un fiorino di vita accompagnando un inutile vecchio…

E ora, si chiese Jasmine, che cosa posso fare? Come posso tornare alla base dalla famiglia uno? (Che era quella della sua madre biologica la quale l’aveva generata con un robot di quarta generazione). Jasmine tornò a frugare nel suo marsupio verde che conteneva il laspas, verde lui pure, che conteneva tutte le informazioni necessarie per sopravvivere nella periferia di Romapuntozero, la capitale del nuovo stato globale di Mondosia. Niente, non c’era, qualcuno doveva averla derubata e così niente Supermetro perché senza tespas col fischio che potevi salire a bordo, che la macchina, lo sdrucimor, non ti lasciava passare. Forse, pensò Jasmine, poteva chiedere a qualcuno, magari a uno di quegli sfaccendati antisociali inutili della legaanticvd, ma come avvicinarli? Non voleva mica contaminarsi lei. Alle telecamere del laspas non sfuggiva nulla. Sentì una goccia di pioggia scenderle lungo una guancia, ma no, era una lacrima. Presto, presto, eliminarla. Con una mano se l’asciugò, ma siccome altre, copiose, sgorgavano, senza che lei lo volesse, uscì nella pioggia, sperando che le telecamere si confondessero, sempre acqua era… A Mondosia tutti dovevano essere felici e contenti o almeno mostrarsi tali. Se non ci si riusciva proprio allora c’erano le pillole. Verdi, rosse  e blu a seconda dell’ora del giorno e della notte. Jasmine ne ingollò una verde, quelle per la mattina.

Lo stesso, la pillola asciugò le lacrime, ma non poteva tornare a casa dalla sua famiglia uno. Per non dire che la famiglia due (quella della sua madre adottiva che, non avendo figli di suo, aveva esercitato il diritto di maternità, scegliendo proprio lei tra le tante bambine a disposizione) la aspettava dopo il lunch. Il tempo passava e la fame cominciava a farsi sentire. Jasmine, che di anni ne contava appena quattordici, si lasciò cadere sul muricciolo e, incurante delle telecamere, cominciò a piangere a dirotto. Fu proprio allora che le venne in mente la sua bisnonna, morta oramai da molti anni.

Una vecchietta che portava, figurati, la gonna! E il foulard in testa! Tutta roba che a Mondosia era  punito con la reclusione nel senzpens (cioè dove ti rifacevano nuovo il pensiero). La nonna Maria Benedetta non si separava mai da uno strano oggetto chiamato portamonete. E in quel piccolo regno fatato che teneva gelosa in tasca saltellavano tanti rotondini di metallo, che lei, la nonna bis, contava e ricontava quando, insieme, andavano in un negozino sulla via (che aveva chiuso oramai da anni). Sua nonna, tatuata come si conveniva a Mondosia e vestita in pantaloni aderenti, se ne vergognava: “Sei l’unica senza pass…”, e sbuffava forte, ammiccando alla commessa, come a dire, abbi pietà, è tocca.

Ma la nonna bis non si turbava punto e, tenendo in mano il suo gruzzolino nel fagottello, ripeteva sempre la stessa frase: “Con questi sono io che decido”. Jasmine sorrise al ricordo. Le sembrava che sua nonnabis le stesse parlando. Anzi che fosse lì davanti a lei, in una forma gentile e che le stesse dando qualcosa. Allungò la mano e si trovò tra le dita una collanina di perline. La nonnabis, se lo ricordò subito, lo chiamava il Rosario e le aveva insegnato a usarlo per la preghiera. Era piccola, ma aveva buona memoria, Jasmine, ma la nonna bis la chiamava Gelsomina… Ave Maria, Santa Maria. Santa Maria del Soccorso!, esclamò Jasmine. Aveva smesso di piovere. Udì un rumore di ferraglie e  un martello che picchiava forte. Corse a vedere. La legaanticvd aveva colpito ancora:  lo sdrucimor, cioè la macchina che controllava i passi, era stata distrutta. Oh che gioia, pensò Jasmine e non si preoccupò affatto di essere dalla parte sbagliata. Forse, pensò, non era la parte sbagliata e corse a prendere la Supermetro…

 

Ho scritto, sulla carta della mente, questo breve racconto, mentre, alla fermata della Metro Santa Maria del Soccorso, mi sono ritrovata una domenica mattina, all’una più o meno, senza carta di credito e senza biglietto. Bloccata lì, non potevo usare i miei spicci (che pure avevo).

Non vi dico che cosa ho fatto per cavarmela, ma ho pensato che dovevo scrivere qualcosa per mettere in guardia tutti quanti dal pericolo grande, enorme, disperato, che ci attende. E tutti dobbiamo lottare per il portamonete della nonna bis!

Con una riverenza, evviva la nonna con gli spiccioli nel portamonete!

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