“Gaza ormai è un cimitero in cui c’è di tutto, marcisce di tutto. Quanti sono i morti? È chiaro che i morti stimati saranno tra i 40, 50 o 60’000, ma le stime dei medici parlano ormai di 200’000 persone. Perché quelli malati di leucemia, di cancro, di tumore o altre malattie curabili non hanno più avuto accesso agli ospedali”: a tracciare a SEIDISERA della RSI il tragico quadro della situazione nella Striscia a un anno di distanza dall’inizio degli attacchi israeliani è Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi, tra le voci più critiche nei confronti dell’operazione militare nella Striscia.
“Ce ne sono tantissimi”, spiega, “che sono morti per setticemia perché non c’erano i medicinali per curarli. Quindi in realtà non si sa, le vittime saranno probabilmente centinaia di migliaia. È soltanto che questo orrore è talmente mastodontico che alla fine anche i numeri perdono di senso e contribuiscono in qualche modo a disumanizzare i palestinesi”.
A marzo scorso ha pubblicato il suo rapporto “Anatomia di un genocidio” in cui accusa Israele di, appunto, genocidio. Questo rapporto quali effetti ha sortito?
“Adesso si capisce meglio che cosa è il genocidio, soprattutto il fatto che sia un processo, che sia una traiettoria. E si capisce anche come Israele si serva di quello che io ho chiamato “humanitarian camouflage”, un tentativo di camuffare il proprio intento attraverso l’utilizzo di gergo umanitario.
Magari ci può fare qualche esempio?
“Israele ha dato un ordine di evacuazione. A chi? A 1’100’000 persone incluse in una zona dove c’erano 22 ospedali. Ha detto a tutti o lasciate questa terra, oppure sarete tutti considerati terroristi. Certo, è un ordine di evacuazione ed è illegale, perché come si assicura la protezione delle delle persone evacuate? Oppure ha dichiarato delle “safe zones”, delle zone sicure, e il 42% delle persone che sono state ammazzate nei primi mesi sono state ammazzate nelle “safe zones”. Quello che è stato fatto è stato giustificare un genocidio ammantandolo di retorica umanitaria e la cosa che mi fa più male è che le Nazioni Unite, e anche quegli organismi predisposti alla supervisione della condotta militare, non hanno minimamente contribuito a sfangare questa retorica”.
Ci sono organizzazioni internazionali che per continuare a fare il loro lavoro hanno usato toni più neutrali con Israele. Non è rischioso andare in aperto contrasto con lo Stato ebraico, che ha il potere di ostacolare il lavoro umanitario?
“Israele non opera legalmente nella Striscia di Gaza. Israele è una potenza occupante illegale. Certo, io capisco la neutralità degli operatori umanitari, ma la neutralità è diventata una parola pomposa dietro la quale mascherare l’indifferenza e l’incapacità di azione. Perché è da 57 anni che Israele viola il diritto internazionale umanitario e la situazione è stata completamente normalizzata da operatori umanitari che non hanno avuto il coraggio di denunciare l’illegalità dell’occupazione. Quindi certo, la neutralità ma fino a un certo punto, non a rischio, come si è fatto, di normalizzare. Perché alla fine chi paga? Chi ha pagato per decenni sono stati i palestinesi”.
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