La Misoginia della Chiesa e Santa Teresa d’Avila. Aurelio Porfiri.

15 Ottobre 2024 Pubblicato da 2 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questo articolo del maestro Aurelio Porfiri, a cui va il nostro grazie. Buona lettura e condivisione.

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Uno dei rimproveri che si fanno di più alla Chiesa cattolica è quello di essere misogina. Non apprezzerebbe le donne abbastanza e non darebbe loro il posto che gli compete. Ora, che nel corso della storia possono esserci stati comportamenti non adeguati, possiamo anche ammetterlo. Ma fare della Chiesa una entità misogina mi sembra quantomai azzardato.

Allora, nella Chiesa ci sono decine di migliaia di santi, ma tra loro chi è sempre stata riconosciuta come la più grande? La Beata Vergine Maria, una donna. E anche tra i santi più grandi e conosciuti, non ci sono donne?

Prendiamo ad esempio santa Teresa d’Avila, festeggiata il 15 ottobre. Guardando alla grandezza di questa santa, possiamo forse fare una prima osservazione: la Chiesa non è contro le donne, ma cerca di esaltare in esse le caratteristiche che le fanno essere quello che sono e tra questemcaratteristiche c’è certamente quella di essere madri.

Santa Teresa d’Avila visse fin dalla giovinezza una grande vicinanza con Dio, che la portò a diventare Carmelitana. All’interno di questo ordine fu una grande fondatrice e riformatrice, contribuendo anche alla riforma del ramo maschile dei Carmelitani, insieme ad un altro grande santo, Giovanni della Croce.

Teresa d’Avila ebbe grandi doti di leader, come diremmo oggi, e certamente non rinunciò per questo ad essere donna, anzi Madre in un senso del tutto spirituale e non credette che per essere più vicine a Dio le donne avessero bisogno del sacerdozio. Ce ne fossero di sacerdoti che hanno conosciuto Dio da vicino come Teresa d’Avila, Anna Maria Taigi, Rita da Cascia, Caterina da Siena, Veronica Giuliani e tante altre.

In un sito web carmelitano dedicato alle vocazioni troviamo queste parole:

“I più illustri teologi del suo tempo si stupivano nel vedere come da questa donna fossero state raccolte in un solo corpo di scritti le massime di teologia mistica, tramandate dai Padri della Chiesa. Dopo l’ultima fondazione, quella di Burgos, la più difficile contrastata di tutte, la sua giornata volse rapidamente alla fine. Arrivata un giorno ad Alba de Tormes, vi chiudeva gli occhi in pace, il 4 ottobre 1582, consunta più dall’amore che dalla malattia. Aveva sessantasette anni. Considerata dalla Chiesa “Madre degli spirituali”, cioè di coloro che cercano l’unione profonda con Dio, fu proclamata santa il 12 marzo 1622 e poi, il 27 settembre 1970, da Paolo VI Dottore della Chiesa”.

È stata infatti la prima donna proclamata Dottore della Chiesa.

Benedetto XVI ebbe queste parole nel 2012 per descrivere la grande santa:

“Possiamo affermare che, al suo tempo, la Santa evangelizzò senza mezzi termini, con ardore mai spento, con metodi lontani dall’inerzia, con espressioni aureolate di luce. Ciò conserva tutta la sua freschezza nel crocevia attuale, dove si sente l’urgenza che i battezzati rinnovino il loro cuore attraverso la preghiera personale, incentrata anche, secondo i dettami della Mistica di Ávila, sulla contemplazione della Santissima Umanità di Cristo come unico cammino per trovare la gloria di Dio (cfr. Libro della Vita, 22, 1; Castello interiore, 6, 7). Così si potranno formare famiglie autentiche, che scoprano nel Vangelo il fuoco del proprio nucleo familiare; comunità cristiane vive e unite, cementate in Cristo come loro pietra d’angolo, che abbiamo sete di una vita di servizio fraterno e generoso. È anche auspicabile che l’incessante preghiera promuova l’attenzione prioritaria per la pastorale vocazionale, sottolineando in particolare la bellezza della vita consacrata, che bisogna accompagnare debitamente come tesoro proprio della Chiesa, come torrente di grazie, nella sua dimensione sia attiva sia contemplativa. La forza di Cristo porterà anche a moltiplicare le iniziative affinché il popolo di Dio riacquisti il suo vigore nell’unica forma possibile: dando spazio dentro di noi ai sentimenti del Signore Gesù (cfr. Fil 2, 5) e ricercando in ogni circostanza un’esperienza radicale del suo Vangelo. Il che significa, prima di tutto, permettere allo Spirito Santo di renderci amici del Maestro e di configurarci a Lui. Significa anche accettare in tutto i suoi mandati e adottare in noi criteri come l’umiltà nella condotta, la rinuncia al superfluo, il non recare offesa agli altri o il procedere con cuore semplice e mite. Così, quanti ci circondano percepiranno la gioia che nasce dalla nostra adesione al Signore e che non anteponiamo nulla al suo amore, essendo sempre disposti a dare ragione della nostra speranza (cfr. 1 Pt 3, 15) e vivendo come Teresa di Gesù, in filiale obbedienza alla nostra Santa Madre Chiesa”.

A lui, 2 anni dopo, fece eco papa Francesco che a sua volta affermò:

“Teresa di Gesù invita le sue monache a «procedere con letizia» servendo (Cammino 18, 5). La vera santità è gioia, perché «un santo triste è un triste santo». I santi, prima di essere eroi coraggiosi, sono frutto della grazia di Dio agli uomini. Ogni santo ci mostra un tratto del multiforme volto di Dio. In santa Teresa contempliamo il Dio che, essendo «sovrana Maestà, eterna Sapienza» (Poesia 2), si rivela vicino e compagno e prova gioia a conversare con gli uomini: Dio si rallegra con noi. E, sentendo il suo amore, nella santa nasceva una gioia contagiosa che non poteva dissimulare e che trasmetteva attorno a sé. Questa gioia è un cammino che bisogna percorrere per tutta la vita. Non è istantanea, superficiale, tumultuosa. Bisogna cercarla già «agli inizi» (Vita 13, 1). Esprime la gioia interiore dell’anima, è umile e «modesta» (cfr. Fondazioni 12, 1). Non si raggiunge con la scorciatoia facile che evita la rinuncia, la sofferenza o la croce, ma si trova patendo travagli e dolori (cfr. Vita 6, 2; 30, 8), guardando al Crocifisso e cercando il Risorto (cfr. Cammino 26, 4). Perciò la gioia di santa Teresa non è egoista né autoreferenziale. Come quella del cielo, consiste nel «gioire della gioia di tutti» (Cammino 30, 5), mettendosi al servizio degli altri con amore disinteressato. Come disse a uno dei suoi monasteri in difficoltà, la santa dice anche oggi a noi, soprattutto ai giovani: «Non smettete di camminare gioiosi!» (Lettera 284, 4). Il Vangelo non è un sacco di piombo che si trascina pesantemente, ma una fonte di gioia che colma di Dio il cuore e lo spinge a servire i fratelli!”

Santa Teresa d’Avila è per noi l’esempio più luminoso di come essere donne cattoliche non vuol dire essere meno donne, ma essere donne all’ennesima potenza.

 

Non perdetevi Un canto nuovo: La musica sacra nel sesto capitolo della Sacrosanctum Concilium di Aurelio Porfiri, La Messa Cattolica di mons. Athanasius Schneider e Aurelio Porfiri e Appendemmo le nostre cetre ai salici di mons. Athanasius Schneider, Aurelio Porfiri e Guido Milanese. Letture assolutamente imprescindibili per la vostra formazione.

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2 commenti

  • Adriana 1 ha detto:

    Caro Maestro Porfiri,
    mi meraviglia che non abbia letto nulla della grande studiosa Ida Magli. Sulla donna nella società e sulla figura femminile idealizzata secondo i desiderata dell’uomo ha scritto numerosi studi molto importanti. Potrei consigliarle, almeno: “Storia laica di donne religiose”.

  • Paul Mayer ha detto:

    Non e’ la Chiesa che e’ misogina, semmai lo sono le persone. E comunque di che parliamo?

    Il problema nella Chiesa di oggi semmai e’ la misantropia!

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