Un Prezioso Atto Immaginativo. Riflessioni sulla Stella del Mattino. Il Matto.

3 Ottobre 2024 Pubblicato da 4 Commenti

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, il nostro Matto offre alla vostra attenzione queste riflessioni sulla Stella del Mattino. Buona lettura e meditazione…

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UN PREZIOSO ATTO IMMAGINATIVO

L’hanno chiamata “stella del mattino”, prendendo in prestito il nome da un personaggio de “Il Silmarillion” di JRR Tolkien, quando per la prima volta poco più di un anno fa era stata immortalata dal telescopio spaziale Hubble. Earendel è la stella più distante mai rilevata finora e stavolta il merito è del telescopio spaziale James Webb che, grazie a una nuova immagine, è in grado di fornirci nuovi dettagli su uno dei corpi celesti più affascinanti mai scoperti.

tecnologia.libero.it/stella-earendel

*

Aiya Eärendil Elenion Ancalima! : Ti saluto o Eärendil, la più luminosa delle stelle!

Frodo

*

Fino a quando spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori.

Pietro

*

Dopo molte trasformazioni, l’anima, divenuta perfetta, riceve ali per volare nei cieli.

Jean-Pierre de Caussade

* * * * *

Il Verbo è il Suono creatore dell’Universo: UNUS uno VERSUS vòlto: raccolto in unità, tutto, intero. Quindi il Verbo è creatore del nostro mondo e di tutti gli altri innumerevoli mondi, la cui esistenza travalica le possibilità di conoscenza umana, che così si trova di fronte al Mistero dell’Immensità, non conoscibile in Se stesso nemmeno con i più potenti mezzi tecnologici ed ancor meno riducibile ad un sistema sillogistico costruito di concetti e parole. All’inverso, si può osservare come il suono di una campana, per chi sa ascoltarlo, sia in sintonia col Suono del Verbo e veicolo ad Esso, ineffabile Sintesi che è impossibile a mille pagine di esegesi.

Una preziosa possibilità di LIBERARE IL PROPRIO SGUARDO, impastoiato nelle transeunti vicende terragne, cucite e ricucite senza sosta dall’invadente, caotico e contraddittorio pensiero (ci sarà il pensiero in Paradiso? a che altro dovrebbe “pensare” chi ci è arrivato?), una preziosa possibilità, si diceva, è data da un ATTO IMMAGINATIVO che, contemplando la foto proposta o in una simile, ne interiorizzi lo stupefacente spettacolo, con conseguente salutare sensazione di vertigine per la mancanza di un punto d’appoggio, ciò che richiede un (non facile) abbandono dell’agglomerato psichico – il famigerato ego, il chicco di grano che ha da morire – fatto di granitici orpelli cogitativi e sentimentali, in favore di un puro affidamento all’Immenso, in Sé vuoto (Immenso e Vuoto sono sinonimi) e proprio per questo ospitante l’interminata estensione di sistemi solari e galassie nella quale è sperduta, pressoché inesistente, la nostra Terra (e con essa gli esseri che la popolano). Insomma, diventare un punto senza … un punto d’appoggio nell’Immensità. Il Punto: immagine-non-immagine del Semplice, del Libero, dell’Assoluto che «è dappertutto e in nessun luogo» perché Vuoto, quindi Illimitato, Potente oltre ogni misura cerebro-concepibile.

L’ATTO IMMAGINATIVO … l’IMMAGINAZIONE di cui Dumas padre dice stupendamente e profondamente:

«L’immaginazione ha il volo dell’angelo e del lampo: varca i mari dove noi rischiammo di naufragare, le tenebre in cui si perdettero le nostre illusioni, i pregiudizi in cui fu sommersa la nostra felicità».

«Volo dell’angelo e del lampo»: radicalmente altro dalla lentezza arrancante del pensiero, irrimediabilmente in ritardo sul manifestato universale così com’è, e fatalmente destinato ad infrangersi sull’eterea Roccia del Mistero, che alla più precisa formulazione resta impenetrabile e irrappresentabile.

Einstein:

«la logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto».

Baudelaire:

«l’immaginazione è la regina del vero, e il possibile è una delle province della verità».

Quindi l’IMMAGINAZIONE è per l’uomo il canale di conoscenza più libero e prezioso in quanto permette di accedere a tutto ciò che è irraggiungibile attraverso la scienza, il pensiero, il concetto, la logica e l’esegesi, come anche dalla cultura (se assunta quale nutrimento dell’ego).

Secondo l’etimologia ufficiale, IMMAGINARE è configurare in immagini, mentre un’altra etimologia, non condivisa ma tuttavia intrigante (a volte le perle sono nascoste o disprezzate) dice: IMMAGINARE = IN ME MAGO AGERE: LASCIO AGIRE IL MAGO CHE C’È IN ME, la quale, dopo tutto, non smentisce ed anzi approfondisce l’etimologia ufficiale. Ora, se il mago è un operatore di prodigi, non è forse un prodigio l’immaginazione che in interiore homine riproduce o crea ex novo personaggi, storie e mondi?

Giuseppe Barzaghi, Avvenire del 27 gennaio 2024:

«L’immagine è veramente un vedere attraverso. Basta pensare all’etimologia: imago, che è una contrazione di imitago, imitazione. Quando uno imita fa vedere in sé l’altro da sé. San Tommaso è un maestro nella cultura delle immagini, anche perché è discepolo di Aristotele, il quale diceva nel De Anima, nella traduzione latina fatta da Guglielmo di Moerbeke, nihil intelligit anima sine phantasmate. Che vuol dire? La nostra anima non capisce nulla senza la fantasia. Quando noi cerchiamo di comprendere qualche cosa è per una conversio ad phantasmata. Noi dobbiamo convertirci alla fantasia».

Nel brano qui sopra la «fantasia», da phantazo faccio apparire, indica la potenza immaginativa e rappresentativa dell’anima» (etimo.it).

Grazie all’atto immaginativo, l’ologramma dell’Universo (Macrocosmo) si fa uno, o meglio non-due, con l’ologramma interiore (Microcosmo), e perciò l’Immenso esteriore si coniuga (ma in ogni caso già lo è! soltanto che non c’è consapevolezza) con l’Immenso interiore, cosicché ci si può vivamente convincere, non per una gelida e in fondo patetica deduzione cerebro-intellettuale, ma, appunto, per una liberazione dello sguardo, perciò della coscienza! che la Terra è immensamente meno di un granello di sabbia sperduto nell’Universo in cui sono a loro volta sperdute innumerevoli galassie di milioni o addirittura miliardi di stelle distanti fra loro milioni di anni luce (un anno luce equivale a circa 9,5 trilioni di chilometri!): davvero l’Immenso! L’Incommensurabile! L’Irraggiungibile! Il “Dove” che non può essere raggiunto – e imprigionato – neanche dalla più sottile vibrazione cerebrale, ossia dal più sottile pensiero, poiché l’Immenso, perciò il Verbo, è radicalmente oltre il pensiero che altrettanto radicalmente ne dipende con tutto il suo limite. Chiaro che nel connubio tra Immenso esteriore ed Immenso interiore l’essere umano comune, rinchiuso nella propria coscienza dominata, oppressa e impicciolita dall’ego, non può che sparire!

Il Verbo si è incarnato nel nostro mondo facendone il Suo ecumene, appunto la sua terra abitata, quantunque non si possa sapere, e mai lo si potrà, se lo stesso sia accaduto in qualcuno degli altri innumerevoli e sconosciuti mondi disseminati nell’Immenso; e questa incertezza, destinata a rimanere tale, è tutt’altro che di secondaria importanza agli occhi del nuovo sguardo, quindi della nuova coscienza.

Infatti, non c’è un angolo dell’Universo creato, cioè del nostro mondo e di altri innumerevoli mondi, dell’Immenso, che non sia sotto l’imperio del Verbo creatore, la cui Onnipresente Potenza, giova ripeterlo, resta inconcepibile anche per la più eccelsa mente umana; e proprio l’atto immaginativo, che coniuga l’Immensità esteriore con l’Immensiatà interiore, quindi il Verbo esteriore con il Verbo interiore, quindi il Bello esteriore con il Bello interiore, può dar conto di tale inconcepibilità: il Reale è l’Immenso, non il concetto che lo indica restandone lontano … anni luce. La catena dei concetti confeziona il reale come oggetto, lo limita e lo separa (illusoriamente) dalla coscienza, che così si restringe e smarrisce il suo vuoto, cioè la sua capacità metafisica quale intima partecipe dell’Universalità.

La Potenza del Verbo che è Suono-Luce e l’immensità dell’Universo fanno sì che le parole dell’essere umano non siano che un balbettamento che cerca di renderne conto: parole che, per quanto ispirate ed erudite, non possono coglierne e riferirne che un tenue barlume. La più raffinata spiegazione teologica e/o filosofica dell’Universo, perciò del Verbo creatore, resta chiusa nei limiti del proprio sguardo oggettivante, alla lunga reso miope proprio dal suo (anestetico?) motiplicarsi. Sennonché, mai lo scibile umano potrà equipararsi all’Universo, al Verbo, all’Immenso che spaventa (salutarmente) una coscienza non ancora libera:

«Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quiete

io nel pensier mi fingo; ove per poco

il cor non si paura».

Dice: «io nel pensier mi fingo», cioè IMMAGINO, scavalcando la

«siepe, che da tante parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude».

La «siepe»: il recinto entro cui, “in sicurezza” (uno dei moderni mantra), si pasce di concetti e formule la coscienza ordinaria che paventa il Vuoto, l’Immenso, il Verbo.

L’ispirazione non può fruire del Suono-Luce del Verbo nella sua totalità, e ciò per la semplice ragione che se così non fosse, la persona ispirata resterebbe fulminata all’istante: nessun essere umano può reggere l’irrompere del Verbo creatore dell’Universo.

«Nessun uomo può vedermi e restare vivo».

A ben vedere, dunque, l’ispirazione è una delicata, caritatevole rivelazione del Verbo alla portata dell’essere umano che poi ne riferisce a parole in maniera fatalmente allusiva e quindi riduttiva, esattamente come una scintilla non può esaurire il fuoco da cui sprizza. Il fuoco è fuoco, la scintille è scintilla. La scintilla illumina e risveglia, il fuoco brucia e uccide.

Perciò, chi fruisce della Scintilla – e non può che fruire della Scintilla – non può presumere di fruire del Fuoco, dal momento che può presumerlo perché è ancora vivo e quindi … non Lo ha visto.

E se non Lo ha visto, non lo conosce. E se non Lo conosce è opportuno che si mantenga entro i limiti suggeriti dalla enorme (fuori della norma, eccedente la regola) sproporzione fra la terra e l’Universo, fra la coscienza timorosa e chiusa nella siepe del proprio pensiero e l’Immenso, cioè fra la “rivelazione di” Ciò che è e Ciò che è.

André Frossard:

«Io non sono qui che un’ombra trasparente, una sorta di copia fragile, un riflesso provvisorio dell’immensità di Dio. Egli è il mio originale».

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4 commenti

  • il Matto ha detto:

    Non è detto che occorra scegliere: in via di principio, l’essere umano è dotato di una facoltà contemplativa e di una facoltà riflessiva che lo mettono in grado di comprendere con la propria testa e secondo il grado della propria capacità il senso del suo esserci su questo granellino di terra.

    D’altro canto, non esistono soltanto la cosmologia moderna e la cosmologia biblica, e, in ogni caso, è sempre l’essere umano che, valendosene, trae le proprie considerazioni, vincolate ma anche libere dal già stabilito.

    Osteggiare nuovi modi di guardare all’Universo, i quali, s’intende, salvaguardino la Trascendenza, è contraddire la libertà di cui, si dice, fruisce l’essere umano.

    • Gioia ha detto:

      La vita è fatta di scelte.
      Ogni persona seria lo sa

      • il Matto ha detto:

        È vero. Ma ogni scelta può (non certamente deve) cambiare in tutto o in parte. La mente umana non è statica: si muove per approfondire ciò che man mano acquisisce. Nulla è acquisito una volta per tutte.

  • Mauro P57 ha detto:

    La cosmologia moderna NON è la cosmologia biblica. Quale decidete di scegliere?

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