L’Emozione Via Maestra per Impadronirsi delle Persone. Gramsci Aveva Capito Tutto. Aurelio Porfiri.

3 Ottobre 2024 Pubblicato da 2 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questo articolo del maestro Aurelio Porfiri, a cui va il nostro grazie. Buona lettura e diffusione.

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Gramsci aveva capito tutto?

 di Aurelio Porfiri

Penso spesso a come fanno le grandi narrazioni ad imporsi. Si pensa che siamo esseri puramente razionali e che le informazioni ci arrivino in modo lineare.

In realtà non è così, come ci dice lo psichiatra Massimo Piccirilli:

“Il sistema emozionale quindi consente di attribuire un valore non solo all’informazione sensoriale di cui si fa esperienza ma soprattutto alla relazione che si stabilisce tra una determinata informazione sensoriale e una determinata sequenza comportamentale (cioè quella che si è rivelata come la più efficace). In definitiva il sistema emozionale può essere considerato a tutti gli effetti un sistema adattivo. Alla stessa stregua del sistema cognitivo prevede una analisi dell’informazione, la sua elaborazione, l’organizzazione della risposta e la memorizzazione. A differenza del sistema cognitivo si tratta però di un sistema di emergenza: necessita quindi di una analisi rapida – a costo di essere grossolana – e di una altrettanto rapida risposta – a costo di essere stereotipata. Così, nell’esempio di LeDoux, se durante la passeggiata nel parco scorgiamo una forma ricurva, la reazione è immediata: il sistema emozionale blocca ogni altra attività e produce la risposta già approntata per occasioni simili; sarà poi il sistema cognitivo a valutare la reale efficacia del comportamento fino a stabilire eventualmente che analisi e risposta sono state erronee perché non si trattava di un serpente ma di un bastoncino o al limite di una specie non velenosa. Il sistema emozionale si basa quindi su una sorta di cortocircuito che bypassa il sistema cognitivo. Un corollario delle precedenti osservazioni è quindi che le reazioni emotive sono generate inconsapevolmente, come d’altronde la quasi totalità dei processi cerebrali. L’esperienza soggettiva di essere emozionati (sentimento) si verifica quando al sistema della consapevolezza giunge l’informazione che un modulo emotivo è in attività” (psychiatryonline.it).

Insomma, l’emozione è il modo più rapido e sicuro per arrivare alle persone. Quale modo migliore per questo della cultura? Musica, cinema, fumetti, TV…come i venditori di professione sanno bene, sono i modi più rapidi per arrivare alla gente.

Il pensatore Antonio Gramsci (1891-1937) lo aveva capito troppo bene, come ci spiega in questo passaggio lo storico delle dottrine politiche Giuseppe Vacca:

“Nei “Quaderni del carcere”, l’espressione egemonia culturale ricorre una volta sola, nel paragrafo 3 del Quaderno 29, databile al 1935, intitolato “Focolai di irradiazione di innovazioni linguistiche nella tradizione e di un conformismo nazionale linguistico nelle grandi masse nazionali”. È opportuno citare il brano che la contiene: «Ogni volta che affiora, in un modo o nell’altro, la quistione della lingua, significa che si sta imponendo una serie di altri problemi: la formazione e l’allargamento della classe dirigente, la necessità di stabilire rapporti più intimi e sicuri tra i gruppi dirigenti e la massa popolare-nazionale, cioè di riorganizzare l’egemonia culturale». L’egemonia culturale, quindi, sta a indicare che, attraverso la capacità di orientare la mentalità, l’elaborazione simbolica, gli stili di vita e i linguaggi della «massa popolare-nazionale», «i gruppi dirigenti» stabiliscono «rapporti più intimi» con essa. In altre parole, consolidano e stabilizzano la loro supremazia. L’egemonia culturale è dunque il sistema arterioso dell’egemonia politica, ma ne è solo un aspetto, anche se imprescindibile” (italianieuropei.it).

Attraverso l’egemonia culturale si arriva alla gente in modo più rapido ed efficace. Alcuni dicono che l’egemonia culturale, ma in realtà essa si può osservare nel modo in cui nel nostro paese le informazioni vengono gestite.

Per questo, dobbiamo dirlo, bisognerebbe fare applausi a scena aperta alla sinistra che è stata in grado di infiltrarsi nel mondo dello spettacolo e di veicolare temi cari in modo che si insinuassero nel cervello delle persone come cose normali. In questo è strumentale anche la creazione del nemico, da sbandierare quando serve di spaventare le persone emozionalmente, anche se poi quel nemico non dovrebbe fare così paura. Non è molto diverso in una Chiesa che guarda decisamente a sinistra, in cui la parola “tradizionalista” (pure in sé criticabile) viene sempre più fatta rimare con “persona con problemi mentali e da riprogrammare” (alla faccia della misericordia!). La cultura è fondamentale per la manipolazione del linguaggio. Ecco perché, se ci pensate, certa Chiesa attuale è così all’inseguimento di un certo mondo liberal, perché gli offre gli strumenti per liberarsi degli ostacoli interni e per imporre un nuovo modello che ridefinisca il senso della sua missione sulla terra.

Eppure bisognerebbe stare attenti a questa canonizzazione di Gramsci come il “santo della cultura”. Marcello Veneziani, in un suo articolo su Il Giornale del giorno 11 giugno 2012 avvertiva:

“E vogliamo dire che il teorico del nazionalpopolare massacrò nei suoi scritti la tradizione nazionale e popolare italiana e la nostra letteratura, esaltando al suo confronto quella russa, giudicando la cultura del passato con le categorie ideologiche del suo presente e auspicando una pedagogia intollerante? Da anni Gramsci è venerato come il fautore del primato della cultura, il maestro ideale per i nostri docenti, l’elaboratore appassionato di una cultura nazionale e popolare. Dimentichiamo, invece, che Sant’Antonio Gramsci, come lo definì sul Giornale Rosario Romeo, demolì la tradizione nazionale, religiosa e civile, letteraria e culturale, sulla base del suo canone ideologico”.

Quindi se da una parte il ruolo delle idee di Gramsci ha favorito la famosa egemonia, dall’altra non si può evitare un giudizio di merito su questo processo culturale che non è stato né neutrale, né tantomeno del tutto benefico.

La Chiesa cattolica è stata la matrice su cui si è formata la cultura occidentale. Pure un ateo incallito riconoscerebbe il contributo cattolico alla versione migliore del mondo, in cui lui pure vive. Pensiamo soltanto al contributo nel campo artistico, musicale, delle arti figurative. I musei di tutto il mondo traboccano di opere d’arte fatte per committenza cattolica. Questo perché la Chiesa comprendeva quello che Gramsci (e più tardi Andrew Breitbart) comprenderanno, che le persone non si conquistano a colpi di encicliche, discorsi dotti, sinodi su sinodi (per quanto essi possano essere importanti) ma si conquistano attraverso il mondo emozionale che trova sbocco nella cultura. Ecco perché la Chiesa investiva tanto per abbellire le sue chiese di immagini, di suoni, di parole alate. Tutto era visto in verticale.

Cosa ci dice il fatto che la Chiesa si trovi oggi ad inseguire la cultura dominante? Ci fa capire certamente molte cose, tra cui il fatto che quando insegui poi arrivi stanco a ghermire la tua preda (se ci arrivi). E nella Chiesa questo affanno lo sentiamo, unito ad un senso di profonda frustrazione quando ci si accorge di aver inseguito una preda che non faceva per noi. E con il rischio che poi la preda indigesta ci formi (o deformi) a sua immagine e somiglianza.

Un tempo, quando c’era una vasta scelta nel clero, questi era la forza anche culturale della Chiesa e i suoi uomini migliori facevano onore in svariati campi, dall’arte alla scienza. Oggi, questo clero è divenuto il limite della Chiesa stessa, costretta a riempire le caselle con quello che si trova in casa, ma con la consapevolezza che non si fanno le nozze con i fichi secchi. E poi questa cultura mondana è come un virus, muta continuamente, e quando la Chiesa sembra averla raggiunta è già altro. E allora via a cercare di essere accettati da quel mondo che il suo Signore aveva già vinto una volta per tutte.

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2 commenti

  • Paolo Mayer ha detto:

    Ho sempre detestato gli schifosetti intellettuali di sinistra, tanto lontani dalla gente quanto il sole è lontano da Plutone; gente che ti guarda dall’alto in basso, disprezzandoti se non la pensi come loro, pronti a metterti in mano al carnefice, sbattendoti senza alcuna pietà in un sordido gulag!

  • Enrico Nippo ha detto:

    “le persone non si conquistano a colpi di encicliche, discorsi dotti, sinodi su sinodi”.

    Aggiungerei anche: diritti canonici.

    Perciò … non ci sarà conquista.

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