Parroci, Suonate le Vostre Campane! Sono Segno di Pace nel Mondo e con Dio. Benedetta De Vito.

23 Settembre 2024 Pubblicato da Lascia il tuo commento

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, cominciamo la settimana con questo appello che la nostra Benedetta De Vito rivolge ai parroci di Roma. Mi ricordo – molti anni fa – di un collega, che aveva appena terminato la sua permanenza di corrispondente a Mosca, e che mi raccontava dello stupore di essere stato svegliato, la prima mattina a Roma, dal suono delle campane, che da anni non udiva. Buona lettura e diffusione.

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Al levarmi dal letto,  nel bacio tra marina e cielo, in un bel giorno di tantissimi anni fa, c’era nell’aria un dlen dlen di poesia che riempiva di pace il mattino e dava respiro al cuore appena sveglio dopo il riposo notturno. Era la dolce nenia, due note appena, delle campanelle che, pecore e mucche, avevano al collo e muovendosi nel loro armonioso andare, agitavano come a lodar la Provvidenza per l’erbetta fresca, per le zampette libere, e per i prati e i campi.

E io e noi con loro, come uniti in un canto dal rumorino gioioso, dal dlen dlen monotono e tenero che accarezzava l’anima. C’era, sì, tantissimo tempo fa, e non solo qui in Sardegna ma anche nella lontanissima Nuova Zelanda, come leggevo nello stupendo racconto lungo “At the bay” di Katherine Mansfield. Lei pure al mattino, ancora bimba, sentiva il richiamo gentile delle campanelle che invitavano a lasciare le coltri e a baciare la vita rinata nel sole. Il suo incanto era il mio e in tutto il mondo. Ora niente più. Solo silenzio. M’affaccio, silenzio.

E tacciono, anche a Roma,  le campane delle Chiese, così mi sembra e ditemi se sbaglio; e mi domando perché, se chiacchierano, sono campanette false, che invece di far Din Don Dan, recitano  stupide canzonette che stridono con il battito del cuore e lo tengono basso, nel mondo materiale dove regna il cattivissimo lui. Non così, non così le campane a festa che, con il loro dindonare, che era il ritmo del cuore del mondo, afferravano il cuore di ogni uomo  elevandolo al cielo, lassù, in volo con lo Spirito Santo.

Cuori e colombelle nel dindondan festoso. Perché, perché – mi domando – da anni non odo più il rintocco delle campane? Quel dolce suono che era, per me e per i miei fratelli, la ninna nanna della nonna Lisetta: “Dindondan, dindon dan” e già dormivo, dormivano… Le campane sono pace nel mondo, pace nel mondo e con l’Altissimo. Non ricordate più il grande ambasciatore fiorentino Pier Capponi che al re di Francia che prometteva la guerra, sonando le sue trombe, rispose: “Voi sonerete le vostre trombe e noi soneremo le nostre campane!”?. A scuola l’ho imparato e mai l’ho dimenticato.

E allora, presto, cari parroci, uomini di Dio, fate risuonare le vostre campane.

Che suonino nelle città, per monti e per valli, annunciando la pace. Ecco qui, ho già finito, mentre m’accingo ad andare alla Messa in un paesino dove suonano sì, ma stridule delle campanelle registrate in un motivetto che invece di allargare il cuore lo restringe in un fagotto di nostalgia per le campane di un tempo, quelle che ho udito suonare a Oschiri, una sera, alle sei, mentre le dolci devote, vecchiette come me, si recavano al Rosario e poi alla santa Messa.

Suonate, dunque, le vostre campane come quando il dolce suono accompagnò fino a Castel Gandolfo il volo di Benedetto XVI che lasciava il trono di Pietro. Lì, sì, con lui se ne andava la pace e le campane a festa lo sapevano…

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