Don Bosco e il Papato. Capitolo XIV e Conclusioni. Don Marco Begato.
21 Settembre 2024
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, don Marco Begato sdb, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione la quattordicesima e ultima puntata del suo saggio su Don Bosco e il papato. Buona lettura e meditazione.
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QUATTORDICESIMA PUNTATA
La terza conclusione è il mio commento generale, col quale cercherò di applicare il discorso fin qui svolto alla situazione che vivono i cattolici oggi.
Offro anzitutto il mio semplice bilancio circa la parabola della storia ecclesiastica dei nostri tempi:
- La situazione della Chiesa attraversa una nuova e più profonda crisi. Questo sembra in perfetta continuità con il narrato di don Bosco, dal quale emergeva che la crisi è la condizione abituale per la Chiesa, che la crisi cresce in modo continuo, che la crisi si presenta in forme sempre nuove rispetto alle precedenti
- Nel mondo pochi sono i sostegni alla Chiesa e anzi da ogni parte si moltiplicano gli oppositori. Novità degli ultimi decenni (ormai dell’ultimo secolo) è la crescita di un dissenso interno da parte dei fedeli e anche del clero
- A partire dalla prima metà del secolo XX molti sono stati i cambiamenti all’interno della Chiesa, con un punto di svolta e un’accelerazione di variazioni nel Concilio Ecumenico Vaticano II, un evidente movimento di rottura nel ventennio post-conciliare, una ripresa accelerata di tale tendenza negli ultimi dieci anni
- In particolare l’idea di una Chiesa ferma nella condanna delle eresie e del secolarismo, così come la figura del Pontefice come baluardo della verità e della fede, sono passate di fatto in secondo piano
Quest’ultimo punto rende al sottoscritto particolarmente difficile immaginare un commento di don Bosco alla situazione attuale. È evidente che don Bosco vivesse come missione sacerdotale la difesa della dottrina e del dogma. Direi che viveva tale compito a prescindere da chi fosse effettivamente il Pontefice eletto al soglio. Ugualmente, per fare un esempio più particolare, don Bosco manifestò un attaccamento alla liturgia tradizionale e alle sue rubriche, che va ben oltre l’ossequio formale e che a mio giudizio manifesta invece essere presente in lui un profondo radicamento e convincimento circa il valore del rito.
Non vedo quindi in genere dichiarazioni di facciata in don Bosco, vedo in lui uno zelo forte e trasparente. Come dunque immaginarsi la reazione di don Bosco davanti a una stagione ecclesiastica e pontificia in cui l’ardore per la verità e la cura del rito non brillano anzi si perdono dietro ad altre preoccupazioni?
Come pensare che don Bosco, sia pur sotto richiesta delle massime autorità ecclesiali, avrebbe accettato di mettere in cima ai propri impegni quegli ideali che vedeva operanti negli eretici e nei filosofi moderni e che pedantemente sferzava e si sforzava di confutare?
Alla luce della lunga lettura svolta fin qui, reputo che l’atteggiamento di don Bosco oggi sarebbe stato plausibilmente il seguente:
- Rinnovati elogi e ossequi alla persona del Santo Padre.
- Valorizzazione di quelle dichiarazioni e di quei gesti pontifici che risultino in linea con le Scritture e la Tradizione apostolica.
- Tentativo di giustificare le dichiarazioni meno ortodosse del Papa, ricorrendo ad argomenti utili: “fu mal consigliato”, “non riconobbe la reale pericolosità dei fatti/personaggi”, “credette di poter assecondare e non si avvide che invece stavano tramando alle sue spalle”, “agì per prudenza”, “questo fece per non dare scandalo ai fedeli”.
- Silenzio sui fatti o le dichiarazioni giudicate da un lato inaccettabili e dall’altro indifendibili.
- Valorizzazione del patrimonio di fede, particolarmente insistendo sull’adorazione eucaristica e sulla venerazione della Sempre Vergine Maria Aiuto dei Cristiani.
- Preciso: Maria Aiuto dei Cristiani. Perché evidentemente sono i cristiani ad aver bisogno di un aiuto speciale in questa fase di crisi.
- Valorizzazione della Comunicazione Sociale per diffondere idee semplici ma sicure nel popolo cattolico
Tenuto conto delle tensioni più recenti e avendo in mente anche alcuni freschissimi episodi di scomunica, pongo anche seguente quesito: avrebbe mai scismatizzato don Bosco?
Stando a quanto leggiamo nella Storia, la posizione di don Bosco è molto chiara: chi si stacca dal Papa perde. E se anche di volta in volta sorgevano elementi che suggerivano agli scismatici di avere ragioni importanti, uniche e cruciali per compiere l’estremo atto, il parere di don Bosco non cambia: la ragione e la fecondità spirituale si ha solo restando con Pietro.
E nel caso in cui si accusi il Papa di essersi allontanato dal suo compito di custode della verità? Vedo più facilmente don Bosco incline a giustificare la situazione, magari un po’ strumentalmente, ricorrendo agli argomenti del precedente punto 3. Non lo vedo incline a posizioni di strappo eroico ed antitetico. Lo vedo piuttosto disponibile a tacere e a difendere, almeno dal canto suo, una dignità formale dello spirito ecclesiastico, anziché rischiare di scandalizzare il popolo cattolico con gesti di rottura difficili da comprendere.
Don Bosco giudica tutti gli eretici e gli scismatici come degli orgogliosi ed elogia invece l’umiltà di chi obbedisce a Roma. Mi pare questa la chiave sottintesa nel giudizio di tutti gli anni di obbedienza a pontificati indegni (cfr. i secoli della pornocrazia romana o quelli del nepotismo). Questa è pure la chiave di lettura della rinuncia di Celestino V. E chissà, forse don Bosco avrebbe preferito una linea simile, un defilarsi temporaneo anziché un contrapporsi diretto e frontale.
Immaginerei peraltro don Bosco sempre intento a incontrare prelati e autorità, mentre lavora nei gabinetti ecclesiastici o civili per ricomporre il più possibile situazioni difficili.
In tutto questo vale anche quanto detto al precedente punto 4: non avrebbe elogiato ciò che gli fosse apparso come male o errore evidente. Non si sarebbe piegato a piaggerie e lusinghe.
Infine dalla Storia era pure emerso che nei periodi di vacanza pontificia, il compattarsi del collegio episcopale poteva supplire temporaneamente alla fragilità della Prima Sede.
Ma abbiamo un riferimento più puntuale a un qualche episodio simile nella storia di don Bosco? In parte penso lo possiamo leggere nell’incidente che lo contrappose al vescovo di Torino, mons. Gastaldi. Ne troviamo nota nel X volume delle Memorie Biografiche.
A un certo punto i rapporti tra l’arcivescovo di Torino, mons. Gastaldi, e don Bosco si fecero molto tesi. Il primo iniziò a mettere in atto una serie di iniziative volte a sottolineare il primato del potere episcopale, il secondo avvertì il crescere di ostacoli nella attuazione della sua ambiziosa e delicata missione giovanile. Un certo ruolo lo giocarono anche le simpatie che don Bosco nutriva presso il Papa e altri prelati, e che certamente concorrevano a mettere in ombra la figura dell’Arcivescovo.
Tutte queste difficoltà, benchè, come appare, suggerite dalla convinzione di compiere il proprio dovere, erano evidentemente autoritarie ed audaci, e quindi tante spine acute nel cuore di Don Bosco!
Un esempio di ciò era il rigido controllo delle pubblicazioni fatte nell’Oratorio di don Bosco.
Di quell’anno usciva la 33a edizione del Giovane Provveduto con “importanti aggiunte”, tra cui – notava l’Unità Cattolica- „le cose che il pio e dotto autore, in maniera di dialogo, discorre in quindici capitoli intorno ai fondamenti della cattolica religione”, e naturalmente di tutte le aggiunte si mandavano le bozze in Curia per l’approvazione, e Monsignore voleva vederle lui. Or avvenne una volta, che essendosi presentata una poesia di S. Alfonso, l’Arcivescovo ne cancellò una strofa, dicendo che era ereticale, e a nulla valse l’osservare che quei versi erano di S. Alfonso Dottore di Santa Chiesa. – Mons. Gastaldi è Arcivescovo, mentre S. Alfonso era solamente Vescovo! – rispose a Don Bosco il segretario.
Questo e altri più gravi episodi furono fonte di sofferenza per il nostro Santo durante almeno un decennio e fino a pochi anni prima della sua morte.
Era quindi naturale che il Santo, sebbene abitualmente sereno e tranquillo tra le più gravi tribolazioni, ne soffrisse e, talora, glie n’uscisse dal labbro qualche lamento. Anche N. S. G. Cristo, quando cacciò colla frusta i profanatori dal Tempio, fu udito ripetere contro di loro le più gravi parole!
A ciò si aggiunga che la condotta di mons. Gastaldi era mutata nel tempo, passando da una preferenza per l’Oratorio a una severità estremamente formale verso don Bosco e i suoi. Alcuni colloqui ricostruiscono tutta l’amarezza della situazione.
– Pare incredibile che così affezionato com’era l’Arcivescovo all’Oratorio, adesso da un anno circa non abbia più portato il piede qui tra noi. Come gli uomini si dimenticano facilmente, quando non hanno più bisogno dei loro benefattori!
– Altro che le sa! Quando va là, domanda informazioni dell’Oratorio, delle più piccole cose. Vedi, è proprio come dice la Scrittura: Filios enutrivi et exaltavi, ipsi autem spreverunt me.
Ed io aggiunsi:
– Cognovit bos possessorem suum et asinus praesepe Domini sui, Israel autem me non cognovit!
Ma non sfugga un dettaglio: la fiducia di don Bosco nella Provvidenza non fu quietismo. Il Santo educatore sapeva che è sempre necessaria almeno in parte anche la nostra azione per cercare di portare compimento alle soluzioni più spinose.
Don Bosco si pose a ridere. Poi gli domandai, quando si darebbe la Cresima.
– Questo non si può stabilire sino a tanto che non si sia stabilito un modus vivendi coll’Arcivescovo. Mi fanno ridere quando dicono: – Se è volontà del Signore, le cose si faranno senza pensarci tanto. – Ma bisogna che io cerchi il modo di far intendere agli uomini questa sua volontà per farla ad essi capire. Adesso andiamo avanti; col tempo tutto si farà.
E ciò diceva così giulivo, ridente, come uno che sa già tutto quello che deve avvenire, ed è certo dell’esito glorioso di un’impresa”.
Una serena fiducia nella Provvidenza, alla quale noi collaboriamo adempiendo il nostro compito di testimoni della verità e accettando di farcene portavoce con toni caritatevoli presso gli uomini.
Tutto sommato, pur nell’umiliazione e nell’obbedienza, don Bosco sapeva bene quali fossero i motivi alla base del contrasto. Era risoluto tanto a mantenere il rispetto dei ruoli quanto a tutelare i propri diritti. Prendeva atto delle piccinerie umane che non mancano nemmeno nei successori degli apostoli. Attendeva che la situazione passasse. Continuava a fare del bene lì dove gli era ancora possibile e consentito, non solo operando la carità ma pure dicendo la verità e chiedendo giustizia.
Anche questo passerà: da principio questa lotta mi faceva pena, non sapendo il perchè di un tal contegno: ma ora il Papa mi ha fatto un programma sul modo di regolarmi. Io lo lascio fare e non dico nulla. Egli s’informa di tutte le cose nostre, e quindi se ne serve per farci del male. Don Bosco gli fa ombra. Egli tenta tutte le strade per porre degli impedimenti e per chiuderci la via. Noi taceremo e non intraprenderemo mai nulla contro di lui. Se giungesse poi a tal punto di venirci a comandare nella nostra chiesa, allora gli diremmo: – Se vuol venire a predicare o a dir la messa, è padrone; ma in quanto al resto vada pei fatti suoi.
Non basta, da grande Santo il nostro don Bosco si impegnava pur sempre ad aiutare il proprio vescovo, per quanto questi non ne volesse proprio sapere di una sua collaborazione. Ne fa fede un sogno curioso e poco noto:
Gli era parso di dover uscire dall’Oratorio per affari urgenti, benchè piovesse dirottamente. Passando avanti all’Arcivescovado s’imbattè in Mons. Gastaldi, il quale vestito dei suoi più belli abiti pontificali, colla mitra in capo e col bastone pastorale in mano, voleva uscire dal suo palazzo con quella pioggia che imperversava ed essendo piene di fango tutte le vie.
Don Bosco gli si fece incontro e amorevolmente lo avvertì che per carità si ritirasse mentre era in tempo, perchè altrimenti si sarebbe tutto lordato. Monsignore si volse a lui con uno sguardo di scherno, non gli rispose parola e si mise in via. Don Bosco non si diede per vinto, gli tenne dietro e lo pregava istantemente perchè volesse ascoltarlo. Monsignore gli rispose allora: – Lei badi ai fatti suoi! – Senonchè mentre così diceva, sdrucciolò, cadde per terra e s’imbrattò tutto di fango.
Don Bosco lo aiutò a rialzarsi ed insisteva perchè ritornasse indietro. Ma l’Arcivescovo gli rispose: – Ella faccia la sua strada; [724] io farò la mia. – E non gli diede retta. Don Bosco piangendo lo seguitava ad una certa distanza e continuava a supplicarlo, perchè volesse togliersi da quella via. Ed ecco l’Arcivescovo cader miseramente la seconda e la terza volta, sempre più inzaccherandosi. Si rialzò a stento.
Cadde la quarta per non più rialzarsi. I suoi preziosi vestiti erano talmente imbrattati che su tutto il suo corpo più altro non vedevasi che uno spesso strato di fango. Si dibatteva invano per rialzarsi. Dovette soccombere.
Questo sogno lo fece „appena cominciarono le dissensioni con Sua Eccellenza”, e lo narrò confidenzialmente ad alcuni confratelli, tra cui Don Bonora, solo nel 1884, cioè un anno dopo la morte di Monsignore.
Qui dunque don Bosco ci mostra tutto il suo carattere e la sua tempra, la sua docilità e anche la sua capacità di soffrire e offrire in sacrificio. Ci mostra pure che obbedire non significa rinunciare a intelletto e intraprendenza. Ci mostra che a volte è chi obbedisce a sostenere chi comanda.
E soprattutto ecco l’ultimo elemento che mancava alla nostra lista: nei casi più disperati il cattolico offre in sacrificio. E il sacrificio dei cattolici devoti è linfa che risana ogni crisi, anche quelle che possono toccare i prelati e i vescovi. Ora, fa parte del sacrificio l’attesa speranzosa e a tratti inoperosa, durante la quale si vive in grazia di Dio e si attende che Questi ponga fine alla crisi.
Cosa abbiamo dunque imparato con sicurezza da queste numerose puntate dedicate a don Bosco e ai Papi?
La Storia Ecclesiastica di don Bosco è un enorme monumento e inno alla Divina Provvidenza: nonostante i disastri dei potenti, i peccati dell’umanità, i tradimenti del clero, non vi è mai da temere che a suo tempo e attraverso qualsivoglia caotica fase la Divina Provvidenza trionferà. Non sarà opera di uomini, anche se ai Cattolici è chiesto per amore di Cristo di testimoniare la propria fedeltà a tale Provvidenza fino alla morte, sia essa fisica o intimamente sacrificale.
Ci trovi quel giorno il nostro Divin Salvatore attaccati alla roccia unica e sola davanti alla quale le potenze di satana non praevalebunt! Anche se in certi periodi quella stessa roccia ferisce e taglia. Ma si sa, ciò che porta frutto il Signore lo pota perché porti più frutto (Gv 15).
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A me pare che non sia così: cosa ha a che fare questo grandissimo santo – che tanto era esigente e intransigente quanto alla proclamazione della verità evangelica e nel catechismo rispetto alle dottrine protestanti, giudaiche e massoniche – con le opposte affermazioni sincretiste di Bergoglio??
Don Bosco avrebbe mai potuto tacere dinanzi alla corruzione rovinosa dei giovani attraverso lo scandalo delle “benedizioni” delle coppie gay? Oppure della chiusura delle chiese e dell’imposizione di iniezioni?? O avrebbe mai potuto tacere dinanzi alle blasfeme e false affermazioni per cui tutte le religioni sarebbero uguali???? Egli era strenuo difensore dei principi e della tradizione che tanto sono combattuti da Bergoglio, il quale tanto disprezza il ruolo del pontefice da opporsi chiaramente a tutti i precedenti papi. Don Bosco predisse tempi di persecuzione inimmaginabili per la Chiesa e in questa precisa ottica occorre riflettere sul presente periodo. Piuttosto, le profezie di San Giovanni Bosco sono integrarsi con le profezie dei due papi e delle due chiese di Anna Caterina Emmerich, con le profezie della Salette su Roma, con quelle di Maria Valtorta che parla di un astro della Chiesa di Cristo che sarebbe precipitato tra le spire di satana e avrebbe fatto vacillare le colonne della Chiesa (significativo che anche qui si parli di “colonne”), ed infine con le profezie di Bruno Cornacchiola e di Civitavecchia.
Ottimo commento Federico!
Ma prendiamo qualche stralcio da questo articolo di inaccettabile opportunismo:
– “a suo tempo e attraverso qualsivoglia caotica fase la Divina Provvidenza trionferà.”
La frase sembra buttata giù -con stile gatekeeping- da d.Begato e ciò che suggerisce: è l’inattività. No, don Begato, non racconti cose che non stanno scritte da nessuna parte: una cosa è sicura, la Provvidenza non trionferà per i tiepidi perchè dopo la Giustizia seguirà e saranno cavoli amari!
-“nei casi più disperati il cattolico offre in sacrificio.”
Crederò quando vedrò don Begato che si offre in sacrificio. O le sue parole si riferiscono ai sacrifici di altri??
La risposta ce la da l’articolista stesso ed è la cosa più inaccettabile dell’articolo:
– “E chissà, forse don Bosco avrebbe preferito una linea simile, un defilarsi temporaneo anziché un contrapporsi diretto e frontale.”
Don Begato, è inutile attendere passivamente la Provvidenza, che risolva al suo posto il suo “coraggioso defilarsi” in un momento in cui un papa illegittimo impazza. Così si contraddice ciò che don Bosco aveva capito militando coraggiosamente contro l’eresia.
La Provvidenza non è la santa dei paraculi, del laissez-faire, dell’armiamoci e partite, del pregate e mangiate pop-corn: ha un tempo ben definito prima della Apocalisse e il suo funzionamento è in relazione alla buona volontà degli uomini e non della loro tiepidezza, alle loro comodità, al loro quieto vivere.
Sono finalmente finite queste melliflue puntate su come far girare e rigirare d. Bosco nella tomba?
. Deo Gratias!!
Don Bosco ci parla ancora tramite i suoi amici e gli amici della Chiesa. Oggi i tempi sono molto difficili e molti camminano su un sentiero strettissimo: da una parte del sentiero c’è un profondo orrido, dall’altra parte c’è la salvezza e la santità. L’Amore per Dio e per il prossimo ha sempre fatto la differenza: amare nonostante tutto; amare i nostri Pastori e agire sempre perchè il bene prevalga… A volte è così difficoltoso da sembrare impossibile, ma è proprio in questi momenti che dobbiamo capire che non stiamo parlando del nostro amore, ma dell’Amore di Gesù.
L’obiettivo non è sopraffare, distruggere, dividere, ma è amare, portare la Verità, suscitare e far nascere amore e ragionevolezza per quanto la grazia del Signore ci permette.
Grazie per questo bellisimo articolo, che ci ha fatto sentire ancora Don Bosco così vicino.