Il Rapporto Draghi Fa Solo l’Interesse delle Lobby Industriali. Comitato per l’Etica della Biomedicina.

18 Settembre 2024 Pubblicato da Lascia il tuo commento

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, su segnalazione di un amico fedele del nostro sito. B.D., a cui va il nostro grazie, offriamo alla vostra attenzione questo Parere del CIEB, molto interessante. Buona lettura e diffusione.

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Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB)
Parere (n. 25): Per un nuovo Manifesto di Ventotene, per un’Europa che metta le persone – e non la finanza – al centro della politica

Nel 1941, un gruppo di antifascisti confinati sull’isola di Ventotene redasse un documento, intitolato
“Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un Manifesto”, che auspicava l’instaurazione di una
“Federazione Europea” in grado di superare, assorbendola, la sovranità degli Stati continentali1
.
L’idea alla base del “Manifesto di Ventotene” era, in sé, semplice: trasferire alla prevista Federazione Europea il nocciolo duro della sovranità statale, ossia le competenze in materia di politica estera e di difesa, lasciando agli Stati federati “l’autonomia che consenta … lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli”.
Il passo più decisivo nella direzione indicata dal Manifesto fu la firma a Parigi, il 27 maggio 1952, del Trattato che istituiva la Comunità Europea di Difesa (CED) e che prevedeva, a termine e secondo modalità del tutto originali, la creazione di un’ulteriore comunità europea, la Comunità Politica Europea (CPE): l’azione congiunta della CED e della CPE, unitamente a quella svolta dalla allora neocostituita Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA, 1951), avrebbe assicurato i pilastri politici ed economico-strategici su cui fondare l’edificio federativo prospettato dal Manifesto di Ventotene2
.
Tuttavia, il mutato assetto delle relazioni internazionali conseguente alla guerra di Corea (1950-1953), alla morte di Stalin (1953), alla sconfitta francese di Dien Bien Phu (1954), all’adesione della Repubblica Federale Tedesca alle organizzazioni di difesa europea (UEO) e atlantica (NATO) e alla creazione del Patto di Varsavia (1954/55), spinse gli Stati firmatari, e in particolare la Francia, a rinviare sine die la ratifica del Trattato di Parigi, con la conseguenza che né la CED, né la CPE videro mai la luce. Il fallimento della CED e della CPE segna di fatto il tramonto dell’ideale federalista europeo, perché, da allora, nessun altro trattato o accordo o dichiarazione d’intenti ha voluto o potuto resuscitare il progetto di Federazione Europea formulato dal Manifesto di Ventotene. Quanto resta, oggi, di quell’ideale federalista è una organizzazione internazionale denominata Unione europea – nata nel 1992 sulle ceneri della preesistente Comunità Economica Europea (CEE, 1957) – che, al di là delle dichiarazioni di facciata e della sua costante preoccupazione di presentarsi come tempio di pace e democrazia, è ben lontana dal promuovere il progetto di integrazione politica federale proposto dal Manifesto di Ventotene, limitandosi a perseguire la cooperazione monetaria strettamente funzionale al capitalismo ultra-finanziario e digitale promosso dalle élites globali: ossia, ciò che il Manifesto indicava espressamente tra le cause principali della “crisi della civiltà moderna”3
.
1 Per il testo originale del Manifesto, cfr. il sito dell’Istituto di studi federalisti “Altiero Spinelli”:
https://www.istitutospinelli.it/download/il-manifesto-di-ventotene-italiano/ 2

E’ utile ricordare che, a differenza della CED, che nasceva da un comune trattato internazionale, la CPE sarebbe stata creata da una vera e propria Assemblea costituente composta dai delegati degli unici organi internazionali che, all’epoca, rappresentavano – sia pure indirettamente – i popoli europei, ossia l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale nata nel 1949 e del tutto distinta dalle comunità europee di cui si parla nel testo) e l’Assemblea parlamentare della già citata CECA. Può pertanto affermarsi che il progetto CPE resta, nel quadro della storia delle organizzazioni internazionali, un esperimento assolutamente unico e, soprattutto, irripetuto: tutte le comunità europee che videro la luce negli anni successivi (CECA, CEE, EURATOM), come anche l’odierna Unione europea (UE), sono nate in base alle vicende costitutive delle comuni organizzazioni internazionali, ossia mediante trattati internazionali negoziati, firmati e ratificati da organi statali secondo le rispettive procedure di diritto interno.

3 Cfr., anche per le citazioni seguenti, il capitolo 1 del Manifesto, citato alla nota 1.

In questo senso, è sufficiente ricordare i passaggi del Manifesto che stigmatizzavano: “La formazione di giganteschi complessi industriali e bancari …(che premono)… sul governo per ottenere la politica più rispondente ai loro particolari interessi”; “l’esistenza dei ceti monopolistici e … dei plutocrati che, nascosti dietro le quinte, tirano i fili degli uomini politici per dirigere tutta la macchina dello Stato a proprio esclusivo vantaggio, sotto l’apparenza del perseguimento dei superiori interessi nazionali”; “la volontà dei ceti militari (di predominare)… su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il  funzionamento di ordinamenti politici liberi”; infine, il fatto che “gli ordinamenti democratico liberali …(sono)… lo strumento di cui questi gruppi si (servono) per meglio sfruttare l’intera collettività”.
Alla luce di queste affermazioni, formulate più di 80 anni fa e forse per questo dimenticate, il CIEB auspica che i cittadini europei leggano (o rileggano) con attenzione il Manifesto di Ventotene per valutare attentamente la distanza che separa questo documento, e gli ideali a esso sottesi, dalle proposte elaborate o commissionate da taluni apparati allo scopo di rilanciare l’immagine di un’Europa incrinata da un diffuso euroscetticismo perché sempre più mercato-centrica e, quindi, lontana dai cittadini.
Alla luce delle affermazioni contenute nel Manifesto sarebbe opportuno leggere anche il “Rapporto sulla competitività europea”, presentato in questi giorni da un ex premier italiano tra il plauso delle lobby industriali, delle istituzioni nazionali ed europee, della politica e dei media, che fa leva essenzialmente sulla riforma del mercato dei capitali e su maggiori investimenti nei settori – guarda caso – degli armamenti e delle infrastrutture digitali.

Ma, al di là della scelta dei settori considerati prioritari, ciò che più colpisce del Rapporto, sotto il profilo etico, è la sua impostazione complessivamente volta ad anteporre gli interessi economico-finanziari rispetto a qualsiasi altro bene o valore, a cominciare dalla vita e dalla salute dell’uomo: basti rilevare che, per l’autore del Rapporto, il rilancio dell’Europa passa anche attraverso l’ulteriore semplificazione delle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali per uso umano, quelle stesse procedure che hanno permesso di introdurre sul mercato un farmaco sperimentale – il cosiddetto vaccino anti-Covid – la cui rischiosità è da tempo ammessa pubblicamente dalle medesime aziende farmaceutiche che lo hanno prodotto e commercializzato, dagli enti di ricerca e dalle autorità regolatorie.

Forse non c’è migliore esempio di questo per evidenziare il divario tra gli ideali e gli obiettivi dell’attuale Unione europea e quelli enunciati dal Manifesto di Ventotene, il cui incipit era dedicato proprio al “principio di libertà, secondo il quale l’uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita”.
Evidentemente i tempi sono maturi per l’adozione di un nuovo Manifesto di Ventotene che formuli un modello di Europa i cui protagonisti siano realmente i cittadini e che metta definitivamente da parte quell’artificiosa costruzione che si fregia astrattamente del titolo di “unione europea” e che altro non è che lo schermo dietro cui si muovono le élites finanziarie globali.

CIEB, 18 settembre 2024

Il testo originale del Parere è pubblicato sul sito: www.ecsel.org/cieb

 

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