Le Meraviglie di Milano. Benedetta De Vito.
12 Settembre 2024
Lascia il tuo commentoMarco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae la nostra Benedetta De Vito offre alla vostra attenzione questi appunti milanesi. Buona lettura e condivisione.
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Mi specchio nell’acqua di mare che respira nell’ onde in palpito di vento e penso alle tantissime meraviglie che ho avuto la gioia di vedere a Milano. Cose, sì, ma anche persone. Tante, devote, oranti, che mi hanno aperto il loro cuore e accompagnato nelle piccole scoperte meneghine che hanno avuto per filo conduttore un Santo che non conoscevo, un Santo domenicano di nome Pietro da Verona, che, nel Duecento, coevo di San Domenico, nato in una famiglia catara, si spese per difendere la vera fede, il puro cattolicesimo alla maniera del dolcissimo Domenico Guzman. Oh quanto bisogno di uno come lui in questi tempi bui!
Ma, presto, dipaniamo una bella matassina bianca (come le calde tonache dei frati domenicani qui alle Grazie, dove sempre vengo alla Messa…) e, solo se vi va,venite con me lungo le stradette di Milano a rincorrere San Pietro che qui, a Milano, trovò la morte per essere stato troppo rigido (oh che brutta parola, mi fa pensare a qualcuno, e uno con un cappello di piume e un sorrisone ai musulmani…) nel difendere il deposito petrino. Fu ucciso e si conta, come mi spiega Elisabetta, amica milanese, come primo martire domenicano.
Ma va bene, sgomitoliamo un poco di filo e figuratevi di stare con me e con Elisabetta nel negozino che si trova accanto al chiostro delle ranocchie nella stupenda chiesa delle Grazie. Siamo sedute, lei e io, e insieme vendiamo qualche rosario e rispondiamo a qualche domanda finché io, girando lo sguardo verso l’alto, non vedo un affresco che rappresenta un povero frate domenicano con la tonsura e sul capo un pugnalaccio che gli fa spander sangue di pittura eppure vivo. “Oh chi è quel frate?”, domando ad Elisabetta che qui è, a modo suo, padrona di casa. “San Pietro da Verona”, e mi risponde quel che ho riferito poc’anzi che, infatti, è ciò che so da lei. Mentre mi ripropongo di andare a cercar di Pietro più avanti, lei e io riusciamo a vendere un bel Santo Rosario a una signora tedesca che ha addosso i panni e la pettinatura (capelli grigi e corti) di una luterana. Ma vuole protezione e la cerca da noi. Fa bene.
Eccomi ora dalle parti di Brera, il filo bianco pende un poco, e sono in cerca, di domanda in domanda, di via della Moscova, dove, in un certo bistrot, ho appuntamento con un vecchio amico romano che conta tra i suoi avi un beato gesuita morto, lui pure, martire. Andando e camminando, sempre con l’occhio attento alle chiese che mi sfilano davanti, ne vedo una bella, con le belle mattonelle color cotto sulla facciata, che fanno tanto Milano com’era. Mi fermo ad ammirarla e mi pare che lei, la Chiesa, mi sorrida, anche se è chiusa e sprangata la sua entrata. Leggo il cartello: San Simpliciano! Oh, è sorrido, ma è la Chiesa dove fu tumulato alla morte San Pietro prima che venisse portato poi, dove riposa, a Sant’Eustorgio! Avanti, o farò tardi all’incontro. Mentre mangio un piccolo risotto allo zafferano (ma non mi pare punto milanese…), penso a Pietro e mi pare di sentir la sua voce. Prudenza, prudenza. Invece parlo troppo e poi mi pento, non tutto si può dire, lo so, ma va bene, è ora di salutarci e torno a casa mia.
Il risveglio, il giorno successivo, mi vede già quasi pronta alla partenza, con il nostro gomitolino già quasi consumato, ma un messaggino mi richiama alla mia giornata ancora milanese. E’ Luisa, una amica, che mi invita, lo so, non ci crederete, a visitar con lei Sant’Eustorgio! E infatti, poco dopo, siamo lì, lei ed io al Museo diocesano dove ammiro la stupenda arca del Santo, un capolavoro marmoreo, in stile gotico. E tutt’attorno all’arca bianca, in guglie ardenti che puntano al cielo, le storie del gran Santo domenicano e, sulla sinistra, quasi nascosta, anche descritta nei particolari la sua tragica morte. In basso una danza di virtù, in forma di sette fanciulle, una più bella dell’altra. Ed è la prudenza che mi colpisce perché ha due facce, una davanti e una di dietro. Sì la prudenza. Annodo il fazzoletto. Alzo lo sguardo sulla cupola e m’accorgo che è fatta d’arcobaleno. Ma non l’orrido arcobaleno di Satana (che ora impazza furioso), no, no, no, questo è lo stupendo arco Iris che salutò la fine del Diluvio e l’alleanza tra Dio e Noè.
E stiamo quasi per uscire quando una culletta attrae l’attenzione mia e di Luisa: è Maria Bambina, bionda e bianca, come una bambolina preziosa, tutta divinità e innocenza. Meraviglia. La fotografo. Poi, siccome è l’otto settembre, proprio il giorno del compleanno di Maria Santissima, insieme ad Antonella, un’altra amica milanese, mi reco al Santuario di Maria Bambina, che si trova in via Santa Sofia. La cappellina luccica di cuori d’argento, tanti ex voto, per questa Madonnina bionda, del miracolo, in culla, che sorride a quanti sono arrivati, numerosi, a sentir messa. C’è anche, sorpresa, mio cugino con sua moglie… Ma io devo scappar via, il dovere mi chiama e anche se piove e mi sono perduta un poco su Corso d’Italia, respiro a pieni polmoni e, felice, con Milano nel cuore, sono pronta per tornare a casa.
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