Don Bosco e il Papato. Capitolo VI. Don Marco Begato.

10 Settembre 2024 Pubblicato da 1 Commento

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, don Marco Begato sdb, a cui va il nostro grazie, offre alla vostra attenzione il sesto capitolo del suo saggio su Don Bosco e il papato. Buona lettura e condivisione.

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SESTA PUNTATA

Capo IX. S. Gregorio il grande. – Missioni in Inghilterra. – Altre cose di lui memorabili e sua morte. – Disciplina e stato della Chiesa in quest’epoca.

 

Questa seconda epoca ecclesiastica, stando alla scansione adottata da san Giovanni Bosco, si chiude con un Pontefice grande di nome e di fama.

 

  1. Gregorio il grande. – S. Gregorio I, detto il grande per la straordinaria sua santità, eloquenza e sapienza, nacque in Roma da nobile e ricca famiglia. Per una pestilenza morto papa Pelagio II, rimasero unanimi i Romani nell’eleggere Gregorio per successore. Dì che egli spaventato si travesti e andò a nascondersi in una selva. Ma avendolo qui manifestato una colonna di fuoco al popolo romano, dovette infine accettare la dignità pontificia nel 590.

            Missioni in Inghilterra. – Fra i primi pensieri del novello pontefice fu quello di ristabilire il cristianesimo nell’isola della grande Brettagna, ora chiamata Inghilterra dagli Angli che insieme coi Sassoni se ne erano impadroniti circa l’anno 450. Costoro essendo idolatri vi avevano distrutto affatto la religione cristiana e ristabilita l’idolatria.

  1. Gregorio vi mandò quaranta religiosi sotto la presidenza di s. Agostino suo discepolo a predicarvi la fede. Appena incominciata la predicazione, i santi missionari convertirono gran numero d’idolatri. Il re di Kent, i grandi della sua corte e quasi tutti i suoi sudditi abbracciarono in breve tempo la fede. Il pontefice volendo dare una forma stabile a quella cristianità, vi creò una gerarchia di 12 vescovi, e fece arcivescovo lo stesso s. Agostino.

            Altre cose memorabili di s. Gregorio. – Eccede ogni credere quanto egli disse, scrisse ed operò di bene per la Chiesa. L’antifonario e il breviario che noi usiamo oggidì si possono dire opera sua. In una pestilenza che devastò Roma parecchi morivano nell’atto di starnutare o di sbadigliare. Finalmente dopo aver tenuta la santa Sede quasi quattordici anni, moriva di anni 64 nel 604.

 

Chiude così la storia della Seconda Epoca. E anche questo capitolo nel finale riporta un piccolo sommario delle novità disciplinari introdotte dai vari Pontefici.

 

Epoca terza. Dallo stabilimento del Maomettismo nel 622 fino alla celebrazione del IV Concilio Lateranese nel 1215 abbraccia lo spazio di anni 393.

 

Capo I. Maometto e la sua religione. – Miracolo della santa Croce. – Monoteliti e papa s. Martino I. – Concilio 6o ecumenico.

 

La terza epoca, segnata dall’inizio della religione mussulmana, vede altresì la diffusione dell’eresia monotelita. Davanti a tale eresia notiamo una titubanza di Papa Sergio, poi corretta da Papa Martino I. Interessante leggere  il commento di don Bosco, proteso a scusare e attenuare la mancanza del primo.

 

Sergio scrisse al papa una lettera, nella quale dice, che stante il fermento delle opinioni sarebbe stata cosa prudentissima il proibire che si affermassero in Gesù Cristo una sola volontà ed operazione, oppure due, ma si imponesse silenzio sopra di ciò. Il papa rispose con due lettere in cui espone chiaramente la dottrina cattolica, ma non accortosi del laccio tesogli da Sergio, approva come prudente il silenzio da lui raccomandato. Egli avrebbe certamente condannato espressamente gli eretici, se avesse prima della morte potuto vedere i progressi di questa eresia e il modo maligno con cui erano interpretate le sue lettere.

 

Ciò ricorda certi commenti, anche negli ultimi decenni, nei quali pii cronisti difendono evidenti errori del Papa, ascrivendone la causa a ignoranza incolpevole o simili. Un devoto accorgimento che non va biasimato, che tutela i piccoli dallo scandalo, ma che in sé non giustifica in assoluto gli errori di un Pontefice. In ogni caso è cosa buona anche il fatto di distinguere la disamina teologica e canonica e il giudizio storico-scientifico dei posteri, rispetto al commento prudenziale e pastorale che i figli esprimono e nel quale insieme si stringono nella fede a Cristo e nell’ossequio al suo Vicario.

 

Fa in ogni caso parte di tale fede attendersi che presto o tardi un Pontefice ispirato ponga rimedio agli errori dei predecessori. Il prezzo da pagare per esser fedeli al mandato del Signore è però sempre lo stesso: la persecuzione. Anzi, forse potremmo dire che se un Pontefice agisce con fedeltà e vigore dopo che i suoi predecessori sono stati maggiormente permissivi e inadempienti, la reazione del Mondo si fa più spietata e immediata. Tutto ciò appare nella successione tra i Pontefici Sergio e Martino I.

 

Questo fu adempiuto da’suoi successori e particolarmente da san Martino I, il quale volendo mettere un argine alla diffusione di questi errori li condannò definitivamente, facendo prova in ciò di gran coraggio. Imperocchè sdegnato l’imperatore mandò un capitano che uccidesse il papa, o lo conducesse prigione a Costantinopoli. L’empio capitano giunto a Roma comanda ad un suo scudiere, che entri nella Chiesa di santa Maria maggiore e metta a morte il pontefice, mentre celebra la s. Messa. Ubbidisce il sicario, ma posto piede sulla sacra soglia, all’istante diviene cieco. Tuttavia il papa è imprigionato, strascinato vergognosamente a Costantinopoli e cacciato in esiglio nel Chersoneso, ove nel 655 finiva i suoi giorni martire della fede di G. C.

 

Nel caso dei Monoteliti servirono almeno tre pontefici per sciogliere la questione: Sergio che si astenne dalla condanna; Martino che condannò e fu esiliato; Agatone che definì tramite il Concilio Costantinopolitano III. I tempi della Chiesa sono lunghi. Teniamone conto per non essere tentati dalla fretta di rattoppare coi nostri poveri mezzi ciò che Dio pazientemente ha già deciso di risolvere con la Sua onnipotente Grazia.

 

Concilio sesto ecumenico. – Desideroso il novello imperatore di riparare ai gravi mali da suo padre cagionati alla religione scrisse a papa s. Agatone, che era succeduto a s. Martino, pregandolo a voler colla sua autorità convocare un Concilio nella città di Costantinopoli. Il papa, che altro non bramava, convocò nell’anno 680 il sesto Concilio ecumenico, terzo Costantinopolitano. Fu aperto il 7 novembre dell’anno stesso. V’intervennero più di 160 vescovi, presieduti dai legati del papa. Dopo un’accurata disamina vennero condannati gli errori dei Monoteliti

 

Don Bosco segnala che questo Concilio da vari autori fu poi ritenuto segno della supremazia dei vescovi sul Pontefice. Ma alcuni indizi suggeriscono una lettura ben diversa:

 

Si scrisse poscia al papa tutto ciò che erasi fatto nel Concilio, chiedendone l’approvazione e la conferma. Giova qui avvertire come questo Concilio, del quale si valgono gli avversari de’papi per combattere l’infallibilità pontificia, ci offre al contrario una splendida testimonianza renduta all’autorità e alla superiorità del romano pontefice sopra a’concili. Agatone infatti viene chiamato santissimo arcivescovo dell’apostolica e suprema sede di Roma. Le sue lettere furono ricevute ed ammesse da’padri del Concilio siccome dettate dallo Spirito Santo per bocca del beato Pietro. Che più? La stessa definizione di fede fu da loro completata conformemente alle lettere di s. Agatone e con le medesime sue parole, affermando non aver essi fatto altro che seguire la dottrina del papa, che era pur quella degli apostoli. Nella lettera sinodale poi, che, chiuso il Concilio, gli indirizzarono per averne la confermazione, così parlano: A te, siccome alla prima sede della Chiesa universale, sede fondata sulla salda pietra della fede rimettiamo quel che è da fare… preghiamo la paterna Tua Santità a confermare la nostra definizione di fede co’tuoi venerabili rescritti.

Capo II. Gli Iconoclasti. – Concilio VII ecumenico. San Giovanni Damasceno.

 

Chiusa la questione monotelita si aprì il dibattito sull’iconoclastia: l’uso di distruggere le immagini sacre al fine di affermare la trascendenza di Dio rispetto a qualsiasi raffigurazione umana.

 

            Concilio VII ecumenico. – Salita sul trono la pia imperatrice Irene, mossa dal desiderio di ristabilire il culto cattolico, pregò papa Adriano I di convocare un concilio. Il Pontefice accondiscese; ed il concilio fu aperto nel 786 in Costantinopoli, e trasferito l’anno dopo a Nicea per causa d’una sedizione delle guardie imperiali infette di eresia. Questo è il settimo Concilio ecumenico e secondo Niceno, perchè, come il primo, celebrato in Nicea. In esso l’empietà degli Iconoclasti venne condannata da 350 vescovi, presieduti dai legati del Papa, e si dichiarò essere pratica lecita e pia onorare le immagini di Gesù Cristo, della Vergine e de’Santi, ed essere cosa molto utile il collocarle anche nelle vie pubbliche. Così i Protestanti possono vedere i loro errori condannati dalla Chiesa settecento anni prima che essi sorgessero a far rivivere quella vecchia eresia.

 

Con la condanna dell’iconoclastia l’epicentro dei dibattiti inizia a portarsi dall’Oriente cristiano all’Occidente cristiano, anche per la importante rinascita politica e culturale di quest’ultimo. Siamo vicini al volgere del primo millennio e si afferma il potere di Carlo Magno.

 

Capo III. Carlo Magno. – Dominio temporale de’Papi. – Martiri di Bagdat. – S. Leone IV. – Persecuzione nella Spagna. – Eresia di Gottescaloo. – Scisma di Fozio. – Condito VIII ecumenico.

 

A Carlo magno don Bosco riconduce la restituzione di una autonomia politica al Sommo Pontefice e quindi alla Chiesa.

 

Dominio temporale de’Papi. – Tra le opere preclare di Carlo Magno devesi annoverare quella di avere restituito al Romano Pontefice il dominio temporale, che era stato quasi tutto invaso da Desiderio, re dei Longobardi. Per dominio temporale de’Papi s’intende lo stato civile che la volontaria sottomissione dei popoli pose sotto il governo dei sommi Pontefici.

 

Questa autonomia ha anzitutto il merito di garantire una certa indipendenza economica, utile a sostenere le opere ecclesiastiche, come da antichissima tradizione cristiana.

 

Nei primi tempi del Cristianesimo coloro che possedevano qualche cosa la portavano a’piè degli Apostoli, affinchè se ne servissero essi, ne facessero parte ai poveri e provvedessero alla sussistenza dei sacri ministri.

 

Inoltre tale condizione, che oggi viene spesso irrisa a tutto vantaggio di una visione spiritualista e pauperista della presenza cristiana sulla terra, è decisamente esaltata dal nostro autore, che vede piuttosto in essa la garanzia della libertà della Chiesa e dei cristiani.

 

Ma, oltre a quanto è necessario pel sostentamento temporale dei suoi ministri, la Chiesa abbisogna di provvedere al bene morale di tutti i cristiani, che sono sparsi per tutto il mondo. Di qui nasce la necessità che la Chiesa abbia un luogo, in cui possa con piena libertà insegnare la verità ed esercitare il suo ministero indipendentemente da qualunque potere civile.

 

Come giustamente annota don Bosco, l’unica alternativa all’autonomia temporale, è quella vista nelle epoche di persecuzione e martirio.

 

Gesù Cristo perchè annunziava con piena libertà il vangelo fu posto in croce; gli Apostoli che lo bandivano con uguale franchezza, dovettero tutti sostenere il martirio. I Papi anteriori a Costantino morirono tutti per la fede. Perchè ciò? Perchè mancavano di un sito proprio dove poter dire la verità senza dipendere dall’arbitrio altrui.

Costantino il Grande, appena conobbe il Cristianesimo, fu tosto persuaso che i Romani Pontefici dovevano essere liberi nell’esercizio dell’apostolico loro ministero; perciò loro somministrò mezzi materiali per vivere, fece dono al Papa del palazzo Laterano e di amplissime possessioni.

 

Col tempo i possedimenti ecclesiali aumentano, anzitutto per concessione spontanea del popolo che aveva trovato nei vescovi difensori più efficaci e valorosi che nelle proprie autorità laiche.

 

Dopo quel fatto il senato ed il popolo si dichiararono indipendenti da un tiranno eretico e persecutore, e si diedero interamente ai Papi, perchè da loro avessero soccorso e giustizia. Al principio del secolo VIII il dominio temporale dei Papi era pacificamente costituito per volontaria sottomissione dei popoli e per una tacita se non espressa approvazione dei sovrani. Roma co’suoi territorii forma lo stato della Chiesa abbastanza grande perchè i Papi siano indipendenti a casa loro, ma abbastanza piccolo da non divenire mai potentati tremendi come quelli della terra.

 

La tesi di don Bosco è quindi chiara, peraltro viene da lui espressa in tempi di gravi tensioni legate all’unità di Italia e al desiderio della massoneria di spogliare lo Stato Pontificio.

 

Riteniamo pertanto che il dominio temporale de’Papi è necessario, affinchè essi possano liberamente esercitare il loro ufficio, quello specialmente di proclamare la verità a tutti gli uomini non esclusi i sovrari, ed agli stessi nemici del Vangelo: e di costringere tutti, anche i principi, ad onorare le leggi di Dio e della Chiesa; e quello ancora di offerire a tutti gli uomini del mondo il mezzo sicuro di ricorrere al Padre universale e venire a trovare, se lo desiderano, il Vicario di Gesù Cristo.

 

Parlando di potere temporale del Papa, non si deve pensare a un regno da intendersi al modo comune, bensì come alla proprietà di tutti i cattolici del mondo.

 

Questo governo civile della santa Sede non appartiene ad altro qualunque sia sovrano, nemmeno agli abitanti degli Stati Romani, ma è realmente una proprietà de’cattolici di tutto il mondo, i quali, come figli affezionati, in ogni tempo concorsero ed hanno tuttora il dovere di concorrere a conservare e mantenere la libertà e l’indipendenza del loro Padre spirituale, dei Capo visibile del Cristianesimo.

 

In quest’epoca si ricordano il Pontefice Leone IV, benefattore di Roma con miracoli e interventi urbanistici.

 

  1. Leone IV. – Papa Leone IV, addolorato perchè non pochi fedeli spogliati de’loro averi erano costretti ad errare frale selve, si adoperò quanto potè in loro soccorso: e per rassicurar la città di Roma dalla ferocia dei nemici fece edificare una serie di case tra Castel s. Angelo e il Vaticano, cingendole di mura e incorporandole con Roma, da cui erano separate pel Tevere. Questa nuova parte fu detta città Leonina o Leopoli in onore del Pontefice che le aveva edificate. S. Leone IV fondò eziandio e ristabilì molti monasteri, decorò e dotò chiese in gran numero, largheggiò in limosine sì in pubblico, come in segreto. La santità di lui fu segnalata con prodigi. In fatti col segno della croce egli estinse un terribile incendio scoppiato in Roma, e con breve preghiera sterminò un orribile serpente, che col suo morso velenoso dava la morte a molti cittadini. Egli morì dopo otto anni di pontificato nell’855 e fu annoverato tra i Santi.

 

Adriano II convocò un nuovo Concilio per condannare Fozio.

 

Concilio VIII ecumenico. – Adriano II mise ad esecuzione quello che il suo antecessore aveva divisato a fine di impedire a tempo lo scisma nascente, e convocò a Costantinopoli un Concilio, che è l’ottavo ecumenico. Il Concilio co’legati del Papa lo scomunicarono, e per ordine dell’imperatore fu mandato in esilio, e s. Ignazio restituito nella sua primiera dignità. Anno 870.

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1 commento

  • La Signora di tutti i popoli ha detto:

    “Commento prudenziale” “ignoranza incolpevole” ovvero rispettare l’11° comandamento: farsi i fatti propri!

    “ultimi decenni, nei quali pii cronisti difendono evidenti errori del Papa, ascrivendone la causa a ignoranza incolpevole o simili”.
    Se Bergoglio è un ” vero” papa cosa sarà d. Begato? Un “vero” prete. Pazzesco!!

    “Ultimi decenni” per don Begato sarebbero i tempi dei pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI? E questi cronisti ( pure “pii”!!) avrebbero l’ardire, la potestà e la capacità di criticare gli errori di fede e di morale di questi Papi? O si riferisce agli errorini banali, le involontarie bestemmiette eretiche, le zoccolette incinte amazzoniche, le tenere nonne dell’Uomo Ragno del ponti-ficcato di Francesco? “Papa” per il quale occorre un “commento prudenziale e pastorale che i figli esprimono e nel quale insieme si stringono nella fede a Cristo e nell’ossequio al suo Vicario.”
    Pazzesco !!
    Con la Chiesa fatta terreno di apostasia e morte spirituale, con un “papa” che adora Satanasso, con un clero che vive abbandonando il gregge in bocca ai lupi, don Begato ci da esempio della scelta più coraggiosa: farsi i fatti propri!

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