Preferiscoil Paradiso. R.S.

21 Agosto 2024 Pubblicato da 26 Commenti

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, un amico fedele del nostro sito. R.S., che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni sulla nostra fede. Buona lettura e diffusione.

§§§

Quando vediamo delle cose che non ci piacciono spesso ci arrabbiamo.
Quando invece vediamo cose piacevoli ce ne compiacciamo e ce ne sentiamo attratti.
La reazione a pelle dice qualcosa di più profondo: il nostro spirito si esprime dentro il corpo che abbiamo.
L’essere umano ha una sensibilità e con i sensi avverte la realtà che lo circonda, incluso il dolore.
Siamo naturalmente abituati e orientati all’ordine naturale delle cose.
Questo determina una reazione al suo difetto o inceppamento.
Il nostro sguardo cade di più sul “male” e tramite questo male, tentando di porvi rimedio, ci accorgiamo della meravigliosa complessità del consueto, altrimenti dato per scontato.
L’analisi smonta i pezzi, svelando la perfetta concatenazione dei numerosi risvolti che concorrono al “normale” funzionamento dell’ordine (si pensi al sistema immunitario o ai meccanismi insiti nelle tecnologie).
Davanti alla complessità proviamo stupore! Stupore è un vocabolo che non necessariamente si associa a qualcosa di bello. Può infatti tradursi in terrore e orrore; oppure si resta stupefatti (storditi, intontiti), stupiti, instupiditi… La radice della parola è comune, ma quante sfaccettature!
Nel misurare la distanza dal “normale”, lo stupore avvertito dai sensi rivela che il fondamento dell’ordine (che ne sta alla radice) vale molto più dell’ordine stesso. Sperimentiamo (succede, non è un’idea) che quasi mai l’ordine delle cose (che non è casuale, ma intelligente) avvicina al loro fondamento (cioè Dio, il quale non ha fondamento) e perciò si vive etsi Deus non daretur (come se Dio non esistesse).
Si dà tutto per scontato e se proprio si deve trovare un fondamento lo si attribuisce alle facoltà dell’uomo, in ragione dei portenti artigianali, scientifici e tecnologici di cui è capace, specialmente grazie a un’abile propaganda che spinge la conoscenza in quella direzione.
Quando invece subentra lo stupore e ci si sente perduti perché il male è talmente terribile che le risorse umane fanno cilecca e non bastano più, lo scenario cambia. Si comincia a percepire che non è tanto importante la parola che dice, ma Chi la dice. E l’ordine (il fondamento) può dirlo solo Dio. Non è un capire (un vedere), ma un assaggio che richiede abbandono e fiducia: è la Grazia della fede. Nello stupore che discende dall’incappare in ciò che non piace, ma che rimanda al fondamento di quel che piace fa capolino l’intuizione che il fondamento si trova a un livello superiore, presso un’intelligenza ulteriore.
La fede non vede ancora (altrimenti non sarebbe fede) eppure è fondamentale per l’intelligenza. Una fede senza intelligenza è quella che crede di credere. Ma senza la fede (senza la Grazia di intuire il fondamento) intelligenza non c’è: si scade nello stordimento, nel disorientamento, nell’ideologia, nella disperazione e (basta guardarsi attorno) nella disumanità. Cosa intende la fede? La rivelazione di Dio! L’uomo non è Dio e tutta l’intelligenza e la conoscenza umane non possono comprendere Dio, riducendoLo a idea. Questo può farlo una religione, ma il cristianesimo non è una religione proprio perchè è Dio ad attrarre l’uomo a sè, partecipandoci la Sua divinità inaccessibile alla nostra natura (per di più decaduta) se non per Grazia.
L’esperienza di Dio nell’anima è più comune nell’esperienza del limite, un incontro ineludibile per ogni creatura senziente e intelligente nel commisurarsi con la realtà. E senza speranza quest’esperienza è disperata…
C’è un’alternativa alle derive negative dello stupore soltanto volgendoci a Qualcuno in cui l’ordine ha il suo fondamento. E’ l’ordine della fede che non permette dimostrazioni positive, ma chiede un’apertura della mente a considerare l’oltre soprannaturale, per aver ricevuto, per Grazia, una Rivelazione che si propone alla nostra sensibilità. Altrimenti c’è solo un’umanità superba che cerca di salvarsi da sola, generando altro male.
Nell’ordine della fede, dentro la divina Rivelazione, sappiamo che prima del peccato originale non esisteva il disordine. Dopo il peccato originale inizia il disordine, che comporta la conoscenza del bene e del male.
In questa condizione c’è bisogno di salvezza (di redenzione e di una ricapitolazione della creazione corrotta). Il peccato precipita nel disumano e nel transumano.
La Grazia della fede supera la disperazione dello stupore sgradevole oltrepassandolo nella meraviglia (fede e speranza si fondono nella carità, l’unione mistica con Dio): affidandoci all’intelligenza umana, l’ordine brilla in tutto il suo splendore. Si va oltre il sensibile e l’immanente, dentro cui non resterebbe che lo stupore negativo (l’orrore del male e per la forza del male).
Attenzione: il male non è tolto. Resta: però, pur se andassi per valle oscura non avrò a temere alcun male.
La croce c’è: la valle resta talvolta oscura, il meccanismo inceppato non viene sempre aggiustato, ma ora, per fiducia, intravvedo ed intendo che c’è Chi sta oltre e può riparare; non mi è ostile, anzi mi ama e può salvarmi!
Dio, in Cristo, si è fatto conoscere così! Questa sapienza resta nell’ordine della fede, perché non è possibile esprimere in termini sensibili ciò che è immateriale, soprannaturale, trascendente e spirituale.
Però l’intelligenza trova tanti modi per avvicinarsi con la fantasia dell’intelligenza umana, senza la pretesa di contenere o comprendere Chi ci contiene: piuttosto lasciandosi riempire dalla Sua Grazia e avere lo sguardo che è di Dio anche sul mistero del male. Si scopre la Grazia da “inutili”, perché anche in questa Grazia il male rimane. Però esso è avvolto nello sguardo di Dio, che lo ricomprende in vista di un bene più grande.
Finché dura il male la Grazia permette di sopportarlo nello sguardo che ne ha Dio, ricompreso nell’Intero, via di redenzione dal male che lo spirito ribelle a Dio fa serpeggiare nelle anime disorientate.

Solo l’umiltà permette di scendere alle fondamenta, di cercare nel piccolo ciò che è più grande.
Il cristianesimo sta in questa umiltà, per vedere le cose con lo sguardo di Dio, anche sul male esistente.
Lo sguardo di fede misura anche il mio limite perché so di essere guidato da un pastore buono: faccio un atto di fiducia e mi protendo nella meraviglia che oltrepassa i drammi della storia.
Noi siamo nel tempo, Dio nell’eternità. Non bisogna dimenticarlo.
L’umiltà è il fondamento di ogni virtù cristiana, anche della carità.
Restiamo al nostro posto, che non è quello di chi opprime e spadroneggia, ma che confida nella Provvidenza.
Non è certamente quello di chi fa sorrisini al mondo, per non inimicarselo…
No: il tesoro (e il cuore che ce l’ha) sta dove sta Gesù. Sotto, a sopportare tutto.
Una donna vestita di sole… è la festa della corporeità celebrata dallo spirito che vi si esprime.
La donna vestita di sole combatte, ma Dio è con Lei e la assume in Cielo.

Non succede per caso: c’è una battaglia strutturale (“una spada ti trafiggerà l’anima”: alla presentazione).
Il Magnificat è l’inno della battaglia, ma non quello ripreso dalla teologia della liberazione per farne materia per restare avvinghiati alla storia. Qui si parla di vita eterna. Quando il mare (la storia) sarà acqua passata!
Lo spirito di Maria esulta in Dio, che in lei ha spiegato la potenza del suo braccio… Nel combattimento.

La Madonna assunta in Cielo è celebrata come la battagliera, di una battaglia bella, quella cristiana.
Gesù non è venuto a portare solo la pace. C’è una spada da affrontare e ferisce, trafigge. Si vince anche soffrendo, nobilmente. La Madonna è bella mentre combatte e schiaccia la testa al Divisore.
Lo fa per non consentire che accada la divisione: lei condensa il trionfo contro la disarmonia, la frammentazione, la disgregazione. Il Magnificat è il canto di trionfo del bello e del buono sul brutto e il cattivo. Il trionfo della verità sulla menzogna.
La nostra anima e il nostro corpo diventano, nella Grazia, leggeri nella fatica. Nobilmente belli in questo sforzo, come lo è la Grazia che Dio dà, nel deserto dove ci offre rifugio dalle insidie del mondo. Resta bello anche portando la croce, come fa Maria da corredentrice. E’ bello portare con sé in Cielo la corredenzione, trascinata nella stessa Gloria che a quella del mondo non appare.
La corporeità esprime la Grazia dello spirito e il cristianesimo, che non è solo una religione, dice il trionfo del corpo con l’anima, in ragione del Creatore, Dio, che vi opera grandi cose, salvando tutto in chi dice “fiat”.
Maria Assunta in Cielo celebra il corpo esprimendo lo spirito. Una festa della leggerezza anche sopportando la fatica e il peso della prova. Una festa che dell’uomo tiene insieme la carne (l’artefatto) e l’arte dell’artista (Dio), proprio come lo spirito sta alla materia.
L’eterno è già qui, se Dio è in noi, con la Grazia.
Oggi è la festa di San Bernardo, a cui Dante fa dire la meravigliosa preghiera alla Vergine, nel XXXIII canto del Paradiso.
Ascoltiamo l’inno dell’umanità della Gerusalemme Celeste, dove Maria è già Regina.
Alzate il volume!

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26 commenti

  • il Matto ha detto:

    Qualcuno (certamente non il solo, anzi in numerosissima compagnia), ritiene che le mie idee siano “sballate”. Per me, Matto, ciò costituisce un riconoscimento, una conferma di essere sulla strada sbagliata, sempre agli occhi di questo qualcuno. Del resto, quando mai un Matto potrebbe percorrere la strada “giusta”.

    Questo qualcuno, che si presenta come molto “dotto”, e che a sporcarsi le mani con gli ignoranti non ci pensa proprio, divorato com’è dal serpe della superbia, non ha capito un tubo del sottoscritto, il quale, come si evince da tutti i suoi articoli, segue in metodo apofatico in cui intelletto e ragione vengono lasciati nella loro pozzanghera maleodorante.

    Ma si può capire: un Matto può essere compreso soltanto da un altro Matto.

    L’impressione è che questo qualcuno, più che prendere in considerazione rispettosa (anche se in dissenso) ciò che scrivono gli altri, sia tutta presa -fagocitata- dalla propria sapienza che la fa salire in cattedra, una cattedra che sta troppo in alto e provoca vertigini.

    Sarà un caso, ma subito prima di imbattermi nelle esternazioni deliranti di questo qualcuno, mi son trovato davanti a questo consiglio di autore sconosciuto:

    «Dice il saggio: non discutere mai con chi ha un cervello ottuso. Ascolta solo quello che gli fa comodo per poter rispondere come gli conviene».

  • La Signora di tutti i popoli ha detto:

    @ Adry-one
    Mi mancavano un po’ le sue critiche a volte pungenti e cattivelle a volte piene di cultura classica ma sempre disincantate, quasi immutabili e che non si aspettano nulla di differente dall’esterno. Ma aspettarsi qualcosa di dotto dagli altri non sempre è possibile (almeno da me), chi ha molto si aspetta certamente molto, è evangelico ma poco realistico.
    Comunque ben ritornata da noi cara Adry-one: da parte mia c’è sempre uno sforzo di vedere il bello della diversità e il bene che ne può nascere nei rapporti fra noi lettori, col rispetto reciproco delle ns idee, che devono convivere ma non sempre possono coincidere.

    Credo che lei non doveva far mancare a Enrico i versi precedenti di Manfredi che -credo- siano molto attinenti alla di lui domanda:

    “Matto è chi spera che nostra ragione
    possa trascorrer la infinita via
    che tiene una sustanza in tre persone”

    @ il Matto.
    Potrebbe essere che i versi di cui sopra rispecchino il suo modo d’essere, occultato nelle sue domande sul Blog, sempre in bilico fra il libero arbitrio mai libero e le Grazie che si ritiene siano eleargite in modo ingiusto o asimmetrico agli altri uomini?
    Ma Manfredi, lo scomunicato, ci parla dal Purgatorio, ciò vuol dire che non solo è bell’emmorto, non solo si è pentito in extremis altrimenti starebbe più giù, ma è conscio della superbia che può dare la ragione. Lo dice certo per sua iniziativa, come esito della sua esperienza terrena, ma ora in uno stato purgante, la sua santità non può che essere ligia ad ogni divina “buona” ispirazione. Quanto a lei Enrico, dopo me e la Adry, alla sua domanda, credo che la risposta più bella sia quella che ci da RS: “affidarsi”, senza troppo sperare nella ragione e in se stessi.
    Nessuna spiegazione, di nessun altro, la soddisferà mai perchè lei la analizzerà col suo intelletto e la passerà al vaglio delle sue idee (sballate, credo, fermamente ma senza offesa) e delle sue passioni terrene.
    Spesso le risposte alle sue domande qui nel Blog (anche a quelle alle quali nel tempo le ho risposto io) non passano dal suo cuore ma solo dalla ricerca aritmetica della logica e della conseguenzialità più banale. Nessuna la convincerà se prima non metterà in discussione il suo vero dio, se stesso, neanche quello che le ho appena scritto.
    Un saluto a voi cari amici.

    • Adriana 1 ha detto:

      Cara Signora,
      grazie dei saluti che ricambio, ma… per qual motivo avrei dovuto indirizzare al Matto i versi da lei suggeriti?
      Quelli, semmai, andrebbero indirizzati ai “Burosauri” ( cit. Ambrogi) della
      dottrina: quelli che vivono, scrivono e parlano come “Cancellieri d’ufficio” della Grazia- o delle Grazie- convinti che, solo il loro contributo di copia e incolla permette alle loro anime- in primis-, postea a quelle altrui, di ascendere alle beatitudini celesti.
      Non credo affatto che Enrico, il Matto, sia interessato a questi “sfrigolamenti” mentali che di razionale hanno solo la pastella che li riveste…Il Matto/Enrico cerca, semmai, una via per comunicare direttamente con l’Uno, non con i mille e millanta notai che- presumendo di facilitarla- gliela ostacolano ad ogni passo con i loro “logorroici” tachimetri giuridici e teologici.
      Mi stia bene, anzi statemi bene entrambe, visto che, animata da sacro “furor”, le scappa ogni tanto di parlare di sé in terza persona. Un Caesar replicante o un nuovo Kaiser?

  • Adriana 1 ha detto:

    Interventi molto dotti… grossa soddisfazione per i dotti!
    Però se Manfredi, o chiunque altro al suo posto, avesse dovuto soppesare mentalmente tutto questo po’ po’ di sentenze non avrebbe avuto certamente il tempo di salvarsi:
    ” Orribil furon li peccati miei, ma la bontà divina ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei. ” ( Dante, Purg. III, vv. 121-123 ). Comunque, quello finora esposto è materiale assai “ponzoso”… di quel genere che andava benissimo al Pastor di Cosenza e ai suoi sodali…” Oggi la situazione “sembra” capovolta, ma in realtà la presunzione dei finti/veri saperi continua a dominare, ineffabile…Mi raccomando, perciò, col Poeta
    : ” State contenti, umana gente, al “quia”, che, se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria…”
    ( Dante, Purg. III, vv. 37-39 ).

    • il Matto ha detto:

      Ciao carissima! Ti sei ben rinfrescata in qualche luogo ameno? 😄

      Bell’intervento il tuo, che però mi induce a chiedere ancora (anche se non lo si saprà mai): Manfredi pronuncia le sue parole fiduciose di sua pura iniziativa o per impulso della “bontà divina”?

      Non mi sembra cosa da poco. Ne va dell’atteggiamento da assumere verso chi non ha la fede o ce l’ha ed esce un po’ dal binario prestabilito.

      • Adriana 1 ha detto:

        Caro amico,
        ci si può anche chiedere se i numerosi Manfredi del mondo fossero stati- o siano- spinti da contrizione o da attrizione e- continuando con la “sequela” della burocrazia dogmatica- se si fossero (o se si siano rivolti) al Padre, oppure al Figlio o, invece, allo Spirito Santo, e ancora, con l’animus di chi adora, o presta una dulìa o, invece, un’iperdulìa…
        Quanto alla tua domanda, Calvino, ad es., diede una risposta di un assolutismo feroce che faceva pure a pugni con l’atteggiamento di personale preferenza- a prescindere- mostrato dal Tetragramma nell’A.T..
        Ma, grazie agli encefalogrammi della moderna scienzah,
        vedrai che riusciremo a scoprire il busillis a-scientifico.
        Per intanto giova sempre comportarsi con calma e, soprattutto ispirarsi alla virtù della prudenza, specie nei riguardi dei fanatici che pullulano un po’ da per tutto, più abbondanti dei topi e delle formiche.

  • Adriana 1 ha detto:

    Interventi molto dotti… grossa soddisfazione per i dotti!
    Però se Manfredi, o chiunque altro al suo posto, avesse dovuto soppesare mentalmente tutto questo po’ po’ di sentenze non avrebbe avuto certamente il tempo di salvarsi:
    ” Orribil furon li peccati miei, ma la bontà divina ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei. ” ( Dante, Purg. III, vv. 121-123 ). Comunque, quello finora esposto è materiale assai “ponzoso”… di quel genere che andava benissimo al Pastor di Cosenza e ai suoi sodali…” Oggi la situazione “sembra” capovolta, ma in realtà la presunzione dei finti/veri saperi continua a dominare, ineffabile…Mi raccomando, perciò, col Poeta
    : ” State contenti, umana gente, al “quia”, che, se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria…”
    ( Dante, Purg. III, vv. 37-39 ).

  • La Signora di tutti i popoli ha detto:

    @ MATTO
    da Dei Verbum, 1965:
    “Perché si possa prestare questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre, e sono necessari gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia ‘a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità’.”

    @ RS
    da Sacrosantum Concilium:
    “la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente «giorno del Signore» o «domenica». In questo giorno infatti i fedeli DEVONO riunirsi in assemblea per ascoltare la parola di Dio e partecipare”

    Sono stata sollecitata a chiarire uno dei “5 modi” del dt.Cionci [ https://m.youtube.com/watch?v=5ON3knCMjPc ] per poter fruire di sacramenti validi.
    Mi riferisco alla concreta IMPOSSIBILITÀ che i Sacramenti siano ricevuti e fruttuosamente goduti a mezzo radio-tv o Web, cioè che siano validi.
    La liturgia Eucaristica (che è ben oltre una ritualità in un liturgismo di parole e azioni) non è solo celebrata dal ministro personalmente, peraltro in persona Christi, ma anche dall’intera assemblea che partecipa, si offre in presenza e anche il Cristo -in presenza- in corpo ed anima, offre se stesso sull’altare e si comunica ai fedeli.
    Tutti i sacramenti debbano concretarsi attraverso la Comunione Ecclesiale per tramite del vero Papa(*). Su questa base ogni Sacramento è valido solo nell’ambito di coloro che lo “vivono” IN PRRSENZA, di persona in una determinata sede, ma non in video o in videoconferenza (vedasi la proposta di una Confessione “a distanza”).

    da Propositio 29, XI Assembl. G.O. Sinodo dei Vescovi 2-23 ott. 2005:
    “I mezzi di comunicazione, incluso Internet, prestano un buon servizio a coloro che non possono partecipare alla Messa, per esempio per motivi di età o di salute. Possono inoltre raggiungere battezzati che si sono allontanati e persino non credenti[…]
    Si ricordi che in condizioni normali per adempiere il precetto è necessaria la presenza fisica alla celebrazione dell’Eucaristia e che non basta seguire il rito attraverso i mezzi di comunicazione. Il linguaggio dell’immagine infatti è RAPPRESENTAZIONE e non la realtà in se stessa.”

    Se nei fedeli può esistere un intenso desiderio di ricevere un Sacramento quando contingenze lo impediscano, non è errata la possibilità di seguire una Messa e parteciparvi in spirito ascoltando la Parola “a distanza”, ma non è equiparabile la validità nè della Liturgia nè del Sacramento per chi non possa partecipare di persona. La enc. Eccl. De Eucharistia afferma che:
    “è opportuno coltivare nell’animo il costante desiderio del Sacramento eucaristico. È nata di qui la pratica della «comunione spirituale», felicemente invalsa da secoli nella Chiesa e raccomandata da Santi maestri di vita spirituale. S.Teresa di Gesù scriveva: “Quando non vi comunicate e non partecipate alla messa, potete comunicarvi spiritualmente, la qual cosa è assai vantaggiosa…”

    Desiderare, non significa “ricevere” un Sacramento, infatti non è preso con la propria bocca e nè è partecipato di persona “consapevolmente, piamente e attivamente” (da Sacrosantum Concilium) in ogni momento della Ligurgia.
    La Comunione Spirituale, se corrisposta dal Cielo, è una consolazione NON un Sacramento, valido o lecito. Le Grazie e le consolazioni della Comunione Spirituale sono a discrezione dello Spirito che “soffia dove vuole”: e possono sostenere il fedele spiritualmente, per un tempo indefinito, sino alla vera partecipazione alla Comunione Ecclesiale e Sacramentale.

    Solo un modo esiste per ricevere una Eucarestia fuori Messa: che qualcuno ce la porti, o un Angelo (pastorelli di Fatima) o un ministro incaricato dal parroco.
    Chi, anche un Angelo, ci porterà l’Ostia la dovrà prendere da una pisside, solo da quelle consacrate da un uoomo, da un sacerdote.
    Spero che il dott. Cionci voglia rettificare le sue affermazioni.
    ___
    (*). La comun. ecclesiale, [.] esprime [.]: «Sono pienamente incorporati nella società della Chiesa quelli che, avendo lo Spirito di Cristo, accettano integra la sua struttura e tutti i mezzi di salvezza in essa istituiti, e nel suo organismo visibile sono uniti con Cristo –che la dirige mediante il Sommo Pontefice [vero] e i Vescovi [non scismati]– dai vincoli della professione di fede, dei Sacramenti, del governo ecclesiastico e della comunione». L’Eucaristia, essendo la suprema manifestazione sacramentale della comunione nella Chiesa, esige di essere celebrata in un contesto di INTEGRITÀ dei legami” -Eccl.De Euch.38

    • R.S. ha detto:

      La Grazia sacramentale offre tesori immensi a chi vi attinge. La Chiesa ha ricevuto i sacramenti da Cristo. L’inconsapevolezza dottrinale ha ridotto la consapevolezza di disporre dei tesori e quindi ha confuso le menti sulla Grazia, mettendo al centro la creatura. La Chiesa si distingue a malapena nel panorama in cui la volontà umana e l’intelletto umano pretendono di aggiungere qualcosa a Dio.
      Da Cristo all’anticristo la differenza è la Grazia!

      • La Signora di tutti i popoli ha detto:

        Dunque restare ad ascoltare il nome dell’anticristo nella Preghiera Eucaristica, avere uno spirito al posto di quello Santo, mancare alla Comunione Ecclesiale che non si può avere con un antipapa, impedita la consacrazione Sacramentale, significa dunque rifiutare la Grazia?
        E, se si rinuncia alla Grazia, che non c’è più, quale nutrimento avremo, dove troveremo quei “tesori immensi a cui attingere”?
        Grazie, con affetto e simpatia, per la sua risposta e per quella che mi darà e così la darà anche a coloro i quali sono digiuni da tempo di quel Nutrimento.

        • R.S. ha detto:

          Serve molta umiltà che è il recipiente della Grazia.
          La preghiera è scuola di umiltà: serve passare del tempo con il Signore, pregando, contemplando e meditando.
          Preghiamo l’angelo custode, il nostro e di chi ci sta accanto: quello di chi ci fa del bene e di chi fa del male.
          Accanto a noi c’è tantissimo che non vediamo.
          La nostra lotta non è contro creature di carne…
          Non lasciamoci intristire dall’apparenza, così malvagia.
          Impariamo dalla vita dei santi approfondendo la dottrina. Rimaniamo edificati da ogni loro pagina.
          E’ Dio che opera ed opera anche dove noi potremmo pensare che non possa accadere. Invece accade.
          Per vivere i sacramenti servirebbe averne la dottrina.
          Ciò che spetta a me è di vivere la fede e di fede.
          Altro non so. Specialmente oggi altro non consiglio.

  • il Matto ha detto:

    Complimenti!
    Solo una domanda: la fede è facoltà umana o dono divino?
    Ossia: basta volere aver fede o c’è necessità imprescindibile del supporto extra-umano?

    • R.S. ha detto:

      L’intelletto e la volontà sono facoltà (non le uniche) che appartengono alla natura umana.
      La Grazia agisce muovendo queste facoltà (e le altre) in forza di una disposizione divina, soprannaturale. La fede è il dono con cui la Grazia informa l’intelletto e la volontà.
      L’intelletto e la volontà accettano l’abbandono verso un Oltre che ancora resta largamente incomprensibile, ma questo “non ancora” non impedisce l’abbandono fiducioso.

      La Grazia in sintesi rende NUOVO l’umano, volgendolo (per volontà divina) a ricevere, mediante la fede, la divina rivelazione. Non vedo Dio, ma per Grazia lo riconosco! Se e quando vedremo Dio, la fede non ci sarà più, ma questo sarà conseguenza di un’ulteriore Grazia.

      La Grazia non è il prodotto di una concentratissima meditazione, un’autoriflessione con cui la mente raggiunge Dio. La grazia è la vita stessa di Dio e la fede un dono che Dio offre.

      Allora la Grazia è percepita, perchè partecipata da Dio, per la capacità che l’uomo ha di Dio (di riceverLo): non è da me, ma è in me! No è dovuto alla mia natura, eppure mi coinvolge. La Grazia come essenza è infinita e divina, ma come modo di essere (inerente l’essenza umana) è un’azione finita e gratuita che può accadere in modo aggiuntivo alla natura umana. Dio si rivela, toglie il velo.

      La Grazia santificante (come modo di essere nell’uomo della Grazia infinita di Dio) è accidentale: l’azione di Dio nella libera obbedienza che riguarda l’uomo. Dio non aggiunge nulla: toglie il velo mediante la fede per ciò che consente di intendere nel limite creaturale.

      L’entrare nell’ordine della fede esula dal cogitare intellettuale, anche se coinvolge anche quello. L’uomo può vivere di fede, pur non comprendendo tutto. Dio resta sempre un mistero finchè siamo in questo tempo.

      C’è un intendere, un’attesa, una tensione, un’attrazione che viene dal Padre e che la Grazia rende leggeri, mentre lo sforzo renderebbe insostenibilmente pesanti.
      Perciò nell’ordine della fede sono possibili i martiri e i santi, capaci di abbandono fiducioso e non di calcoli.

      Non serve capire tutto: l’opera è di Dio e avviene in noi.
      La fede non viene da noi, ma avviene in noi. Ci spetta l’assenso, l’abbandono. Liberamente. Dio è il Tutto, l’Assoluto e non può essere contenuto in una parte. Però si è fatto particola, perchè in quella avessimo il Tutto! Questione di fede! La fede nell’Oltrepassamento, sulla parola di Gesù, che è vita eterna.

      L’opera di Dio è “che voi crediate”. Credere è divino.
      A chi crede Dio ha dato il potere di diventare “figli di Dio”. Diventare è un’operazione che avviene nel tempo, ma l’essere figli di Dio (i quali non sono nati da dal sangue, nè da volere di carne) affaccia nell’eterno.
      Però bisogna mangiare il corpo di Cristo.
      Parole dure…
      Vogliamo andarcene pure noi?
      Gesù lo chiede, perchè per Lui non cambia niente.
      Il problema è tutto nostro. Non “cosa fare”, ma credere.
      L’opera è di Dio, ma avviene in noi, se consenzienti.
      Se, una volta avuta questa Grazia, viviamo da figli di Dio.
      Solo Dio può agire divinamente le cose divine. Noi no.
      Il credere (la fede) è un atto divino di origine divina.
      Ci appartiene anche se non dipende da noi, se non per la libertà di abbandonarvisi, con un’intelligenza e una volontà informate dalla divina rivelazione.

      Disse un geniale predicatore che è come l’ombra (l’assoluto originato) per il corpo che genera l’ombra.
      Il corpo non può staccarsi dalla sua ombra, ma l’ombra non è il corpo che la genera. Noi siamo l’ombra del Corpo di Cristo, in quella luce. Però serve una sottomissione dell’intelligenza e della volontà dell’ombra, per abbandonarsi ad esistere nella luce di quel corpo. La salvezza procede in noi, ma non da noi!

      Basta non mettere in alternativa l’ombra e il corpo (la libertà umana e la Volontà di Dio: non c’è antagonismo,
      ma comunione. La fede (il credere) è una realtà diversa da Chi la genera (il creduto), ma gli si accompagna inscindibilmente.

      Poi c’è quello che toglie la luce: il peccato. e allora si resta qui. In scadenza. Ma se andassi per valle oscura la fede dice che la Luce c’è e mi sostiene. Il fulcro di tutto è la Grazia della fede, senza la pretesa di comprendere Dio, ma lasciandosi riempire dalla Grazia. Anche la volontà e l’intelligenza umana se ne giovano, mosse dalla Grazia, che è opera di Dio in cui tutto sussiste.

      • il Matto ha detto:

        La ringrazio molto.

        La prego di lasciarmi insistere, sempre all’unico scopo dell’approfondimento.

        Dal suo esprimersi di evince in modo inequivocabile che Lei è un uomo di fede. Voglio dire che per Lei la fede è, per così dire, un fatto acquisito, e perciò si esprime di conseguenza. In altri termini, Lei è nel “recinto” della fede poiché ha fruito della grazia divina, e quindi si esprime dando per scontata (non potrebbe essere altrimenti) la dottrina a cui attinge e che propone.

        Ma come sta la faccenda per chi sta fuori del “recinto”?

        Ci sta perché vuole starci o perché non fruisce della grazia necessaria alla fede? Mi sembra che qui si sfiori, senza poterlo penetrare, il Mistero della Volontà divina che elargisce a Sua discrezione la grazia della fede, quindi non a tutti, ciò che impedisce giudizi umani di qualsiasi genere nei confronti di chi non ha la fede.

        Di fatto, nessuno conosce l’integrale Volontà di Dio (altrimenti … sarebbe Dio!), e questo, a mio parere, dovrebbe preservare dalla tentazione di sentirsi degli “eletti” (non parlo di Lei) che salgono in cattedra con estrema facilità per ammannire la loro farisaica sapienza.

        Starei per dire che chi tra chi ha la fede e chi non ce l’ha “non c’è partita”. E non perché chi ha fede è “superiore”, ma perché le due “squadre” giocano in due “recinti” separati.

        Un cordiale saluto.

        • R.S. ha detto:

          Premessa per risponderle: al modo di intendere che va per la maggiore mi sento anch’io matto. Questo per qualcuno significa stolto, per altri stupido, o pazzo, bizzarro, stravagante, anormale, assurdo, privo di ragione… In certi contesti “matto” potrebbe valere come falso (nella Chiesa attuale quelli come me sono considerati dei matti).

          Vengo al dunque, partendo dal vangelo (Giovanni 6,28).
          L’opera è di Dio. Se lei mi attribuisce (senza conoscermi) l’essere uomo di fede mi sta dicendo che si accorge che nella mia vita la fede (un dono di Dio) fa capolino. Da parte mia non ci sono resistenze a dichiararlo e a testimoniarlo, ma sappia che se mi conoscesse meglio potrei deluderla: purtroppo molti semplicisticamente dicono “beato te che hai la fede”… Mica risolve tutto, anzi a volte è un tormento, generando problemi!
          Ecco, veramente matto (stolto) è chi dice quella frase, perchè chi ha la fede (in Cristo) non vede ancora!
          Eppure la fede coinvolge l’intelletto e la volontà, specialmente oggi che ne abbiamo fatto degli idoli, menzogneri e illusori quanto mai prima d’ora.

          Allora la certezza di chi non vede sta nell’Oltre. Dunque è ragionevole che inizialmente anche chi è pieno di Grazia esiti: “com’è possibile?” chiede Maria all’angelo.

          Adesso provo a rispondere davvero alla sua domanda: duemila anni di cristianesimo hanno elaborato una dottrina e senza la dottrina la fatica di ragionare sulla fede rivelata da Dio in Cristo ripartirebbe tutto daccapo.

          Sono in recinto, nell’ovile, con un pastore (Gesù, Dio).
          Ma in Gesù sono anche generato e non solo creato: un conto è essere creatura (anche il gatto o il tiglio lo sono), in uno stato di totale dipendenza e subordine al Creatore (vale per tutti gli uomini), un conto è essere diventati figli di Dio in Cristo: la fede cristiana porta lì, a questa novità (è nel prologo del vangelo di Giovanni). Una relazione con Dio che ci vede intimi a Dio.

          Per volontà mia? No: di Dio Padre: “nessuno viene a me se non l’attrae il Padre mio (Gv 6,44) dice Gesù.
          Questa è l’azione della Grazia.

          L’azione è di Dio, in me. Va accolta con docilità.
          Nella natura è tutto spontaneo: è l’uomo che vuole metterci le mani. La Grazia è spontaneità e leggerezza, perchè è abbandono. Proprio come quando si ama.
          Non raggiungiamo e non aggiungiamo: stiamo lì.

          Direi che l’unica cosa da fare è fidarsi e non porre ostacoli. “Eccomi, sono la serva del Signore, si compia in me la tua parola”. Fino alla corredenzione, fino all’assunzione. Fino a essere la Regina del Cielo! Questo è il massimo. Poi c’è il mio minimo, ma il minimo del massimo (dentro) è più del massimo del minimo (fuori).

          Ammetto che non è (stato) facile (anche per me): bisogna proprio fidarsi, specie di questi tempi, guardandosi attorno. Ma la fede è tutto qui.

          E chi sta fuori del recinto? Posso solo cercare di invitare a disporsi all’entrata. Oggi la Chiesa ha quasi rinunciato alla propria missione ed è terribile. Ma è il Padre ad attrarre, non le mie parole, e poi -peggio- il mio agire può essere tremendamente una contro-testimonianza!
          Ebbi a dirlo persino a Indro Montanelli che si giustificava dicendo di non aver ricevuto l’invito! E io, ingenuotto, a dirgli che anch’io, nel mio piccolo, ero quell’invito!

          Sono superiore? Un eletto?
          Giudico a sproposito? Come un fariseo?
          Tutti rischi possibili per chi ha fede in Cristo.

          Però è vero: “grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”.
          Liberi di non fidarvi di questa affermazione..
          Se c’è chi ritiene di troppo Dio, per loro io sono matto.
          C’è chi a Dio dice di credere e mi ritiene esagerato.

          L’ho scritto prima: non è per niente facile.
          Però, caro matto anche te, pensa che bello: “Di sua volontà egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come inizio delle sue creature”.

          La volontà è di Dio.
          In Cristo mi genera, MA non per escludere tutte le altre creature (uomini in primis), bensì per essere “inizio” (ricapitolazione) anche per loro: che responsabilità, ma da vivere spontaneamente, leggiadramente, in Grazia.

          I recinti non sono separati: Dio tiene dentro tutto.
          La creazione attende la rivelazione dei figli di Dio.
          Messa com’è ora, sta vedendo solo quella dell’anticristo.

          • il Matto ha detto:

            Questo Suo intervento mi conferma che fra i Matti, che non sono molti, ognuno è Matto a modo suo.
            I Matti non sono tutti uguali e tuttavia, ne sono certo, è la medesima Nota Bassa – l’Unica – che li tiene in relazione. Ma questo è un argomento che è impossibile trattare su un blog.
            Grazie e alla prossima.

      • FRANJO ha detto:

        Gentile R.S., nella sua risposta al Matto dice che quando si starà alla presenza di Dio non ci sarà più la fede. Sembra anche a me che ciò abbia senso. Tuttavia, come si spiega ciò che San Paolo chiaramente afferma nella prima lettera ai Corinzi: tre sono le cose che resteranno: la fede, la speranza e la carità, ma di tutte, la più grande è la carità. Fede e speranza, pertanto, resteranno. È sicuramente un mistero, si potrebbe pensare ad una nuova “qualificazione” del rapporto-visione con Dio in cui fede e speranza siano “infinitamente” vissute, ma vado a tentoni…

        • R.S. ha detto:

          La fede è fondamentale in questa vita, come la speranza. Quando ci sarà la visione piena non ci sarà bisogno di credere o sperare.
          Piuttosto ci può interrogare la carità, come visione piena di Dio. I mistici la provano già in questa vita. Anzi: alla chiesa di Efeso (Apocalisse) pur lodata per altri aspetti, è rimproverato di aver smarrito là carità iniziale. Dove per carità c’è proprio la charis, la Grazia, la leggerezza di operare con spontaneità…
          Tutto si tiene, nel Tutto di Dio.
          I doni sono suoi: fede, speranza e carità.
          Ne siamo attratti? O opponiamo resistenza?
          La carità non sono le nostre opere, ma ci vuole tanta fede per capirlo e ci vuole altrettanta speranza per vedere Oltre quel che passa il convento…

    • alessandro ha detto:

      La seconda, è ovvio. Chiedigli di spiegare cos’è la corredenzione visto che ne parla

    • Davide Scarano ha detto:

      Rispondo alla domanda, anche se forse non era diretta ai frequentatori del blog ma all’autore dell’articolo. Non credo sia possibile “voler aver Fede”. Credo che l’osservazione della realtà e della storia induca ad aver Fede, anzi ad essere cattolici. Chi pregiudizialmente rifiuta non troverà niente, salvo che la realtà di Dio irrompa nella sua vita. Ricordo che Saulo fu fatto cadere da cavallo e divenne S. Paolo. “Nulla è impossibile a Dio”, sta scritto nel Vangelo o lo suggerisce la ragione. Del resto se Dio non fosse Onnipotente che Dio sarebbe?

      • il Matto ha detto:

        La ringrazio per il contributo.

        Mi sembra però di intravedere nel Suo intervento (mi corregga se sbaglio) una discrepanza. Infatti, dapprima afferma che ad indurre ad avere fede siano “l’osservazione della realtà e della storia”, quindi un attivarsi umano non bisognoso della grazia, e poi porta l’esempio di san Paolo che certamente non ci ha messo nulla di suo (anzi!) e la cui conversione fu dovuta esclusivamente alla grazia.

        Per questo mi vien da ribadire che ci si trova davanti ad un Mistero e quindi occorre esser cauti nel tranciare giudizi.

        Di nuovo grazie.

        • Davide Scarano ha detto:

          La ringrazio dei ringraziamenti. Da parte mia più che una contraddizione vedo la necessità di adeguarsi ad una realtà che può assumere molteplici forme. Penso ad esempio a Bernadette Soubirous: le sue biografie mostrano che certamente era una credente, le apparizioni, se pure non hanno cambiato la sua Fede, hanno certamente cambiato il modo di viverla. Concordo anche sulla necessità di non tranciare giudizi ma di utilizzare, ciascuno nei limiti delle proprie capacità, che, come insegna la parabola dei talenti variano a seconda di quanto è stato concesso da Dio, carità e verità.

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