Lo Sterminio Impunito di Gaza, e l’Ipocrisia che Avvelena l’Occidente. Vincenzo Fedele.

17 Agosto 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Vincenzo Fedele, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni sullo sterminio in corso a Gaza e in Cisgiordania, nel più totale disprezzo della legge internazionale e dell’umanità. E non è un caso che siano già 168 i giornalisti – palestinesi – uccisi; l’esercito israeliano non vuole testimoni delle sue atrocità. Buona lettura e condivisione.

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L’ipocrisia su cui si regge l’Occidente

Il fenomeno più diffuso in tutto l’Occidente non è la menzogna che, pur molto diffusa, prima o poi viene smascherata. Neanche la malvagità che spesso utilizza la menzogna e si nasconde dietro.

Penso che il più diffuso sia l’ipocrisia, ed è talmente palese che non ce ne accorgiamo neanche e la accettiamo quasi come un normale stato di fatto. Manipolare, nascondere, fuorviare è normale amministrazione giornaliera che fa parte della nostra vita quotidiana.

Inutile filosofeggiare per supportare quanto affermo. Meglio andare ad esempi pratici che rendano l’idea.

Mi focalizzo sulla situazione mediorientale, ma potrei  parlare di Ucraina, economia mondiale, Chiesa cattolica, geopolitica,  gender, fine vita, armamenti o altro. Gli esempi non mancano certo.

A Gaza dallo scorso ottobre è in atto un genocidio documentato giornalmente e per nulla nascosto, anzi mostrato quasi con orgoglio per dimostrare quanto sia potente Israele nel perseguire i propri obiettivi, tutti giustficabili e giustificati. Quanta influenza abbia nella politica USA e nello scacchiere internazionale, compresa l’alta Corte Penale Internazionale.

Non sto parlando solo dei media nostrani, ma di tutto l’Occidente. I nostri sono solo i servi sciocchi che si accodano. Per avere informazioni accettabili devo consultare giornali e siti israeliani, ad iniziare da Haarenz.

Iniziamo proprio dalla sentenza della Corte Penale Internazionale (CPI) che ha ritenuto colpevoli sia il Primo Ministro israeliano Netanyahu che il Ministro della Difesa Yoav Gallant nonchè, per gli avvenimenti del 7 ottobre, tre dirigenti di Hamas. Per i tre leader di Hamas è già stato emesso mandato internazionale di cattura, ma nel frattempo due di loro sono già stati uccisi. Per bloccare l’emissione del mandato contro Netanyahu e Gallant si sono mosse anche le alte sfere dell’Amministrazione USA, anche con minacce dirette alla Corte.

Nonostante la risonanza internazionale delle intimidazioni USA e israeliane, pronunciate pubblicamente, nessuno ha gridato allo scandalo o parlato di inaccettabile intromissione. Adesso che la CPI sta per emettere i due scottanti mandati contro Israele , gli israeliani cercano di procrastinare la sentenza e l’emissione dei mandati nella speranza, sino all’ultimo, di bloccarli.

Nessun giornale occidentale ne sta parlando e quel poco che filtra lo si deve ai soli giornali israeliani che, per quanto possa sembrare assurdo, sono più liberi di tutto l’Occidente messo insieme.

Già lo scorso anno, ben prima del 7 settembre, Israele era una pentola in ebollizione con le strade e le piazze piene di manifestanti che chiedevano le dimissioni di Netanyahu che, fra le altre cose, deve rispondere di ben 3 (tre) procedimenti penali a suo carico. I giornali e le TV israeliane pubblicavano resoconti dettagliati di cui non vi era alcun eco da noi. Ne avevo parlato in uno dei miei resoconti ma era rimasto lettera morta.

Già prima del 7 ottobre la Cisgiordania era un luogo invivibile per i palestinesi. Coloni illegali che depredavano terre e case ai palestinesi con minacce tollerate dall’esercito e ignorate dalla polizia israeliana. Militari e poliziotti che rendevano la vita impossibile ai palestinesi con continue incursioni e perquisizioni notturne, visite e confische a qualunque ora del giorno e della notte, terrore silenzioso e inascoltato per convincerli a svendere le loro proprietà ed andare via. Il Ministro israeliano dell’edilizia che era il più potente del Governo, visto che non si occupava di condoni, ma di demolizione delle abitazioni palestinesi e di nuove autorizzazioni per insediamenti illegali di nuovi coloni in Cisgiordania.

Silenzio totale e ipocrita su tutto questo, anche se dopo il 7 ottobre la situazione è molto peggiorata, ma andiamo avanti a toccare con mano gli orrori taciuti.

163 giornalisti uccisi, dal 7 ottobre, nella sola striscia di Gaza senza alcuna denuncia dei loro colleghi occidentali.  Qualcuno simpatizzava per i palestinesi o anche per Hamas o era contro Israele, e sarebbe difficile non esserlo se si è sul campo e si vedono i morti e le distruzioni. Tutti i 163 erano fiancheggiatori di Hamas? Possibile che i colleghi che stanno nei comodi alberghi a divulgare le veline di Netanyahu, o che vanno in giro solo dove e quando i soldati di Tsahal li conducono, per vedere quello che loro vogliono ed intervistare le persone che loro propongono, non abbiano mai detto una parola su questa carneficina continua e silenziosa?

Tre degli ostaggi catturati da Hamas il 7 ottobre erano riusciti a liberarsi (o erano stati rilasciati – non si sa) erano seminudi e si avvicinavano speranzosi ai militari israeliani a mani alzate. I soldati li hanno visti molto bene, ma non hanno esitato a sparare e ad ucciderli, non sapendo di chi si trattava. Pensavano fossero palestinesi e, come altre 100 o mille volte sarebbero passati per terroristi certificati, anche se nudi e senza armi, nel solito silenzio.

Neanche sottolineo le cosiddette “zone sicure”, dove ciclicamente vengono fatte spostare nella striscia le masse di diseredati senza casa e senza cibo, per poi bombardarli o attaccarli e schiacciarli con i carri armati (ci sono documenti filmati) per poi farli spostare in altra “zona sicura” e ripetere le operazioni.

Le torture delle carceri israeliane non hanno nulla da invidiare a quelle, già obbrobriose e inconcepibili, di Guantanamo, Sono uguali per il silenzio che li avvolge, ma molto peggio nella pratica che tutti conoscono.

Gli orrori fatti e taciuti sembra che non abbiano limiti e non hanno mai fine.

Alcuni mesi fa Al Jazeera aveva denunciato, con filmati di supporto, che civili palestinesi venivano utilizzati dagli israeliani come scudi umani da mandare in avanscoperta per attirare su di loro il fuoco di eventuali cecchini o per fare da apripista su terreni ritenuti minati. Palestinesi con divise israeliane e scarpe da tennis per distinguerli. Nessuno ha dato risalto alla notizia, (viene da una emittente araba), anche se corredata da prove inoppugnabili. Adesso anche da Haarenz viene la conferma, con il dettaglio che le alte sfere militari israeliane sono al corrente ed hanno dato il loro benestare. Non si tratta dell’iniziativa di qualche testa calda isolata, dice Haarenz, ma di una prassi consolidata con l’aggravante che questi “scudi umani” non vengo neanche scelti fra i militanti di Hamas catturati. Basta essere un qualsiasi cittadino di Gaza, come due ragazzi di 16 e 20 anni citati nel dossier.

Tutte le scuole distrutte sono, ovviamente, rifugi di Hamas con il bel risultato che dopo 10 mesi di distruzioni Hamas è ancora operativa e continua a lanciare razzi ed a fare incursioni mentre i bambini morti aumentano sempre più. Anche per l’ultima scuola, dove sono morti 90 bambini, i media occidentali non hanno fatto vedere una sola immagine dei bambini morti contestando anche il numero, ma senza verificare. Bimbo più bimbo meno che differenza fa ?.

Dagli ospedali continuano ad arrivare notizie che sembrerebbero assurde, se ne venissimo a conoscenza.

Una equipe di medici statunitensi (non arabi o iraniani), specialisti e primari ospedalieri di rinomati ospedali USA in missione a Gaza, che hanno testimoniato con il proprio nome e cognome, ha denunciato l’orrore che hanno visto nei pochi ospedali che ancora rimangono. Uno dei peggiori, oltre alle mutilazioni, ai bambini, alle donne, è quello relativo alle cosiddette pallottole a frammentazione. Pallottole cioè che esplodono in mille microscopici frammenti devastando internamente il corpo anche se sei colpito ad una spalla. I medici statunitensi descrivono  persone e bambini morti senza segni esterni di proiettili mortali ma, facendo le autopsie, vedevano il corpo dilaniato internamente da queste devastanti schegge microscopiche che avevano maciullato tutto. Inutile dire che neanche di questi orrori c’è traccia nei nostri giornali e telegiornali.

Ho già detto in altra sede che ritenevo assurdamente bassa la cifra di 37.000 morti e pensavo che una cifra di 100.000 fosse più vicina alla realtà, comunque per difetto. A distanza di vari mesi  i morti ufficiali sono saliti a 40.000 e Israele protesta dicendo che la cifra è gonfiata. Io ritengo che adesso, sempre per difetto, la cifra di 200.000 sia più vicina alla realtà considerando i morti ammazzati, quelli morti per fame, malattie, infezioni, acqua inquinata, torture, ecc.

Inorridisco a sentire il tono da colloquio salottiero con cui anche la cifra di 40.000 viene  ricordata senza che il peso di tante persone trucidate trasmetta alcuna emozione, ne ripugnanza per tante vite distrutte.

Potrei andare avanti, ma chiudo con le significative parole di uno degli ex leader israeliani: Ehud Barak.

Barak scrive su Haaretz parole di fuoco contro Netanyahu che lui conosce bene sia perché era stato suo comandante militare sui campi di battaglia, sia per averlo battuto elettoralmente nel 1999.

L’articolo completo è disponibile su Haaretz, quì propongo qualche estratto significativo da cui viene fuori, inequivocabilmente che per lui, oggi, il primo nemico di Israele è colui che lo governa:

Scrive Barak su Haaretz: “Sotto la copertura della guerra, in Israele si sta svolgendo un putsch governativo e costituzionale senza che venga sparato un colpo. Se non viene fermato, questo putsch trasformerà Israele in una dittatura di fatto entro poche settimane. Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu e il suo governo stanno uccidendo la democrazia.  ….. L’unico modo per evitare una dittatura in una fase così avanzata è quello di bloccare il paese attraverso una disobbedienza civile non violenta su larga scala, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, fino alla caduta del governo”.

Continua precisando che non è sufficiente una rivolta dal basso. Occorre anche un intervento dall’alto: “Parlo dei leader e dei funzionari eletti. Poiché questo è il loro dovere e la loro responsabilità, abbiamo il diritto di aspettarci che gli attori principali del paese – i leader dell’opposizione, il presidente, il procuratore generale, che ha dimostrato un coraggio e una spina dorsale rari, la Corte Suprema; e i capi dell’establishment della difesa, vale a dire il ministro della Difesa, il capo di stato maggiore delle Forze di Difesa Israeliane, il direttore del Mossad e il capo del servizio di sicurezza Shin Bet – ognuno in base ai propri poteri e alle proprie posizioni, si rendano conto che non si tratta di tempi normali ma di un’emergenza, di un pericolo chiaro e presente per l’esistenza stessa di Israele come democrazia nello spirito della Dichiarazione di Indipendenza, e che quindi si tolgano i guanti e lavorino con tutte le loro forze per fermare questo putsch criminale. Nessun titolare di carica che ignori questa necessità sarà assolto dal verdetto della storia”.

L’ex Primo ministro enuncia un punto su cui dobbiamo riflettere anche noi, tutto l’Occidente, prima ancora che Israele:  “La democrazia non è una tirannia della maggioranza. Richiede un equilibrio tra le posizioni della maggioranza, i diritti delle minoranze e i diritti umani. Richiede un impegno alla separazione dei poteri, controlli ed equilibri, ….. vincoli che garantiscano il rispetto delle condizioni di cui sopra, cioè la subordinazione del governo e del primo ministro allo stato di diritto”.

Se questi vincoli non ci sono, se non esistono pesi e contrappesi, rimane solo una dittatura. “Non è garantita la libertà individuale ne i diritti individuali, la libertà e i diritti delle minoranze. Non esiste l’impegno del governo nei confronti dei cittadini, non esistono libere  elezioni, non c’è alcuna autorità morale di mandare i soldati in battaglia”.

Argomenta ancora Barak: “Quando il governo, su iniziativa dell’uomo che lo dirige, ignora in modo provocatorio una sentenza della Corte Suprema, si tratta di un ‘governo ribelle’: un governo che si sta ribellando allo stato di diritto e ai principi fondamentali della democrazia. E quando un Primo ministro approva deliberatamente le risoluzioni del gabinetto in barba all’interpretazione del procuratore generale, cioè in barba alla legge, non ci sono limiti a ciò che potrebbe fare. Potrebbe ordinare l’arresto di persone senza motivo o impedire libere elezioni. È una situazione da dittatura e si deve  dire quanto segue: La persona responsabile del 7 ottobre e della guerra più fallimentare della nostra storia non può guidare Israele. Esortiamo tutti gli israeliani, i sindacati, i datori di lavoro, i comuni , il mondo accademico a unirsi a noi nella disobbedienza civile non violenta fino a quando il governo non sarà sostituito’. Anche il Presidente deve prendere una posizione chiara su questo tema”.

Ultima citazione di  Barak: “Il procuratore generale dovrebbe ordinare allo Shin Bet e al dipartimento del Ministero della Giustizia che si occupa della cattiva condotta della polizia di indagare sul fatto che circa 13.000 pistole sono state distribuite in violazione della legge. Come misura preventiva provvisoria, dovrebbe anche ordinare la raccolta di tutte queste armi. In caso contrario  saranno utilizzate anche per sparare agli israeliani. Anche i responsabili delle effrazioni nelle basi militari di Sde Teiman e Beit Lid e nel centro di reclutamento dell’esercito dovrebbero essere processati.”.

Non solo di tutto questo non c’è traccia nei resoconti che ci vengono ammanniti, ma se qualcuno si azzardasse a dire la decima parte di quanto denunciato da Barak verrebbe tacciato di disfattismo antisemita, additato alla pubblica gogna, emarginato se non arrestato ed isolato dal consesso civile.

A questo si è ridotta la nostra libera società occidentale che si crede ancora il sale della terra. Un gioco delle parti basato sull’ipocrisia del fingere di non vedere, di non capire, di non sapere. In primis da parte dei giornalai di turno che si stracciano le vesti solo a comando, ma anche da parte di tutti noi che riteniamo che, forse, fra tante menzogne e silenzi qualche barlume di verità a volte venga anche detta.

Purtroppo non accade mai e continuiamo ad abbeverarci a fonti aride o inquinate o entrambi.

Vincenzo Fedele

 

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2 commenti

  • Davide Scarano ha detto:

    L’articolo di Vincenzo Fedele è davvero prezioso (non avevo avuto modo di conoscere l’intervista a Barak) e mostra in tutta la sua gravità il livello di acquiscienza del giornalismo mainstream in cui la polvere di verità scomode finisce spesso sotto il tappeto per lasciare spazio ad una narrazione in cui trovano spazio solo i “femminicidi”, le “emergenze climatiche” e le parole degli influencer di turno oltre ad un po’ di intrattenimento. Il tutto trasmesso a reti (quasi) unificate. Davvero è il caso di interrogarsi su cosa è accaduto in Italia, almeno a partire dalla cosiddetta seconda repubblica: credevamo di contare di più “scegliendo le preferenze”, invece abbiamo compreso, troppo tardi però, di non poter più scegliere niente, nè la linea editoriale dell’informazione pubblica, nè, a fortiori, un’idea alternativa circa l’Uomo ed il suo futuro.

  • Poliglossia ha detto:

    Non parli né arabo né ebraico ma sei in grado di leggere l’inglese degli articoli di haaretz o di al Jazeera; moltissimi come te sono in grado di farlo;
    Non c’è alcun problema riguardo le fonti dell’informazione: semplicemente all’occidente dei morti palestinesi frega poco;