La Sacra Scrittura e la Collegialità Episcopale. Cinzia Notaro Intervista don Curzio Nitoglia.
9 Agosto 2024
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione la quinta ed ultima parte dell’intervista di Cinza Notaro, a a cui va il nostro grazie, a don Curzio Nitoglia, sacerdote romano, saggista e profondo studioso del tomismo, sulla “Sacra Scrittura e la Collegialità Episcopale. Buona lettura e condivisione.
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LA S. SCRITTURA E LA COLLEGIALITÀ EPISCOPALE
D. Don Curzio, secondo la S.Scrittura Gesù scelse Pietro come capo degli Apostoli, mentre per i collegialisti la verità è un’altra ?
R. La dottrina cattolica tradizionale insegna che Gesù scelse Dodici Apostoli tra cui elesse Pietro come loro Capo conferendo solo a lui l’autorità somma di pastore di tutto il gregge, di fondamento, di clavigero ( padrone delle chiavi ) della Chiesa universale, nonchè sostenitore della fede degli Apostoli ( cfr. L. Carli, La Chiesa a Concilio, Milano, Ancora, 1964 , nota 1 ).
Secondo i collegialisti invece ( nota 2) , Cristo conferì l’autorità a tutti e Dodici gli Apostoli collegialmente e non come soggetti distinti e a titolo individuale, bensì come ad un gruppo o ad un collegio in quanto tale in modo che esso possedesse necessariamente e costantemente diritti e doveri comuni distinti da quelli dei singoli membri e da esercitarsi sempre assieme in maniera collegiale ( nota 3 ).
D. Quali i testi scritturali citati a favore della collegialità episcopale?
R. I più seri sembrano quelli di Mt., XVI, 18: “Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa”; Lc., XXII, 32: “Io ho pregato per te affinché la tua fede non venga meno e tu, quando sarai convertito, conferma i tuoi fratelli nella fede”; Gv., XXI, 15-17: «Gesù disse a Simon Pietro: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?”. Egli rispose: “Sì, Signore, tu sai che io ti amo”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”. Di nuovo gli domandò : “Simone di Giovanni, mi ami tu?”. Gli rispose: “Sì, Signore, tu sai che io ti amo”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”. Per la terza volta gli chiese: “Simone di Giovanni, mi ami tu?”. Pietro si rattristò perché egli aveva detto per la terza volta: “Mi ami tu?”, ed esclamò: “Signore, tu sai ogni cosa, tu sai che io ti amo. Gesù gli disse: “Pasci le mie pecore”».
Inoltre, i collegialisti, citano come se gli Apostoli avessero ricevuto collegialmente il potere di legare e sciogliere, il testo di Mt., XVIII, 18: “Tutto ciò che voi legherete sulla terra, sarà legato in cielo e tutto ciò che voi scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo”.
Infine vi sono dei testi reputati dai collegialisti significare che gli Apostoli avrebbero ricevuto collegialmente la missione stessa di Cristo: “A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi, e a chi li riterrete, saranno ritenuti” (Gv., XX, 23).
D. Cosa occorre fare per confutare l’errore?
R.Bisogna esaminare i testi da vicino e vedere come la Tradizione patristica e la sana esegesi li ha commentati, confrontandoli con la interpretazione ufficiale del magistero.
“Beato sei tu, Simone Bar Jona: perché non la carne e il sangue te lo ha rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io dico a te, che tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa”. Qui Simone, cui Gesù aveva già cambiato il nome in Pietro prima ancora dell’elezione dei Dodici (Gv., I, 42) riceve lui solo la promessa del primato sulla Chiesa universale e non solo sul collegio degli Apostoli o assieme ad essi.
Se si studia la pericope da vicino si vede chiaramente che Gesù si rallegra solo con Pietro della sua confessione e chiama solo lui “beato”, ossia benedetto da Dio perché solo lui ha ricevuto da Dio una così eccelsa rivelazione.
Inoltre la confessione con la quale il solo Pietro ci ha mostrato di essere stato illuminato più di tutti gli altri Apostoli sulla Persona divina di Cristo, non può provenire dalle forze dalla natura umana, ma soltanto da una rivelazione soprannaturale fattagli da Dio Padre, perché “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre” (Mt., XI, 27).
A sua volta Cristo fa una confessione di fede solo a riguardo di Pietro, che ha una importanza capitale per quanto riguarda la divina costituzione della Chiesa e per ben capirne il significato occorre premettere che in aramaico (la lingua usata da Gesù) tra il nome proprio “Pietro” e il nome comune “pietra” non v’è differenza di genere maschile e femminile come invece la si trova in italiano ed inoltre entrambi si esprimono con la parola Kefas, che significa roccia, pietra, macigno. Quindi Gesù ha detto al solo Pietro : “Tu sei roccia e su questa roccia che sei tu, come sopra un fondamento, io edificherò l’edificio della Chiesa che è mia proprietà”.
D. La metafora usata da Gesù è facile da comprendere?
R. Padre Marco Sales commenta: “ Egli è l’architetto; la Chiesa è l’edificio da costruire, Pietro ne sarà il fondamento solido e inconcusso, che darà fermezza e consistenza a tutto l’edificio. Quindi Gesù promette immediatamente e direttamente al solo Pietro un primato non soltanto di onore, ma anche di giurisdizione su tutta quanta la Chiesa. Pietro sarà il capo e il pastore di tutti i fedeli che fan parte della Chiesa, il Principe degli Apostoli e il Vicario di Cristo stesso. Non è la fede di Pietro, ma la sua persona fisica ( nota 4 ) che sarà fondamento della Chiesa” (Vangelo secondo Matteo commentato da p. Marco Sales, Proceno di Viterbo, Effedieffe, 2015, p. 95, nota n. 18, Mt., XVI, 18). Invece se si attribuisse, come erroneamente fanno i collegialisti, tutto ciò sia a Pietro sia agli Apostoli occorrerebbe attribuire
abusivamente anche agli altri Apostoli la professione di fede fatta dal solo Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” a motivo della quale solo a Pietro Gesù dice “Sei beato Simone figlio di Giovanni” (Mt., XVI, 16).
D. La triplice domanda in Giovanni XXI,15-17 è rivolta solo a Pietro disgiuntamente dagli altri Apostoli ?
R. Per la terza volta gli chiese: “Simone di Giovanni, mi ami tu?”. Pietro si rattristò perché egli aveva detto per la terza volta: “Mi ami tu?”, ed esclamò: “Signore, tu sai ogni cosa, tu sai che io ti amo. Gesù gli disse: “Pasci le mie pecore”».
Anche qui solo Pietro riceve la missione di pascere ossia governare sia gli agnelli (i fedeli) sia le pecore (i Vescovi).
Se si studia parola per parola, con padre Marco Sales, si evince che “Gesù domanda a Pietro se lo ami più degli altri Apostoli” (Vangelo secondo Giovanni commentato da p. Marco Sales, Proceno di Viterbo, Effedieffe, 2015, p. 122, nota n. 15, Gv., XXI, 15).E’chiarissimo che la triplice domanda è rivolta solo a Pietro disgiuntamente dagli altri Apostoli perché Gesù domanda solo a Pietro se lo ami più di essi. Quindi non solo Gesù si riferisce al solo Pietro, ma lo disgiunge evidentemente ed esplicitamente dagli altri Apostoli in quanto Pietro lo deve amare più di loro. “Con una triplice pubblica protesta di amore, Pietro deve cancellare la sua triplice negazione. Il ministero che Gesù sta per affidare al solo Pietro è un ministero di governo amoroso ed è giusto che il futuro Vicario o rappresentante in terra di Gesù proclami a tutti che egli ama Gesù più di ogni altro Apostolo” (Ibidem, p. 123, nota 15, Gv., XXI, 15).
D. Quali le parole che inequivocabilmente provano che Gesù conferisce solo a Pietro una speciale potestà ?
R. “Pasci i miei agnelli” (Ivi) . Spiega Padre Sales : “Queste parole mettono in evidenza che oltre a ciò che è stato dato a tutti gli Apostoli (Gv., XX, 21), al solo Pietro viene conferita una speciale potestà sopra tutto il popolo cristiano. Infatti già nell’Antico Testamento il popolo di Dio veniva chiamato gregge del Signore (Salm., LXXIII, 1; Ger., X, 21; Ezech., XXXIV, 4). Così il Salvatore compie verso il solo Pietro la promessa fattagli (Mt., XVI, 17-19; Gv., I, 42) e lo costituisce capo visibile e pastore supremo di tutta la Chiesa” (Ivi). Per quanto riguarda il pascere sia gli “agnelli” che le “pecorelle” di Gesù significa che “Tutto l’intero gregge di Gesù composto di agnelli (fedeli) e pecorelle (Pastori) viene posto sotto il governo e la direzione di Pietro. Pietro è il capo visibile della grande famiglia di Gesù; a lui debbono sottostare non solo i fedeli, ma anche gli stessi Apostoli. Siccome la Chiesa deve durare sino alla fine del mondo, il Primato conferito da Gesù a Pietro deve necessariamente passare nei suoi successori, i Romani Pontefici” (Ibidem, p. 124, nota n. 17, Gv., XXI, 16).
Infine giustamente nota padre Sales che nella pesca miracolosa al lago di Tiberiade (Gv., XXII, 1-14) gli Apostoli “erano assieme a Simon Pietro” (XXI, 1).Quando “Pietro dice loro: Vado a pescare” (v. 3) “Gli rispondono: Veniamo anche noi con te”. Compiuta la pesca miracolosa dietro l’ordine di Gesù, che stava a riva non ancora riconosciuto, dopo non aver preso nulla durante tutta la notte, l’Apostolo Giovanni dice a Pietro che sulla riva c’è Gesù, allora Pietro per primo si getta nel mare e raggiunge la riva a nuoto ed è solo Simon Pietro a tirare a terra presso Gesù la rete piena di 153 grossi pesci”.
D. Il fatto che la parte più importante nella pesca miracolosa è riservata a Pietro cosa significa?
R. Padre Sales commenta così: ” Giovanni per primo riconosce Gesù: ma Pietro, sempre ardente, primo si lancia nell’acqua per correre verso di Lui” (Ibid., p. 123, nota n. 7, Gv., XXI, 7); poi aggiunge: “In questa pesca miracolosa i Padri hanno veduto raffigurato il potere supremo conferito al Principe degli Apostoli, sopra tutti i membri della Chiesa,proprio perchè gli è stata riservata la parte più importante ” (Ibidem, p. 123, nota n. 11, Gv., XXII, 11).
Solo conseguentemente a questi due episodi Pietro viene nominato capo degli Apostoli e ciò conferma il fatto che i poteri sopra datigli siano donati solo alla sua persona sulla Chiesa universale.
D. ” Io ho pregato per te affinché la tua fede non venga meno e tu, quando sarai convertito, conferma nella fede i tuoi fratelli” ( Luca XXII,32). Un altro passo fondamentale a favore del Primato?
R. Quanto a questo testo si tratta più della promessa dell’infallibilità che non del primato, in forza della quale Pietro dovrà rafforzare nella fede i suoi fratelli. Queste parole trattano indirettamente il primato del Papa come presupposto necessario del suo magistero infallibile. Al “Confermatore dei fratelli” deve appartenere un potere di magistero e di giurisdizione su di loro. Inoltre l’infallibilità appartiene al Papa non in quanto capo del corpo dei Vescovi o a Pietro in quanto capo del collegio apostolico, ma, come definisce il Concilio Vaticano I, in quanto “avente funzione di pastore e dottore di tutti i Cristiani” (DB, 1839).
Se si studia da vicino il testo di San Luca si nota che Gesù annunzia solennemente a Simone, chiamandolo due volte “Simone, Simone” (v. 31) per richiamare l’attenzione di Pietro. Poi annunzia che “Satana ha ottenuto con le sue insistenze da Dio la facoltà di far subìre violente tentazioni alla fede sua e degli Apostoli, come la ottenne da Dio di poter mettere a dura prova la fedeltà di Giobbe (Giob., I, 12). Ma se il demonio cerca di trascinare Pietro e gli Apostoli al male, Gesù prega il Padre per ottenere loro la sua protezione e assistenza. Si noti, però, che mentre tutti gli Apostoli son tentati, Gesù prega in particolare solo per san Pietro; il che suppone che la fermezza di Pietro e dei suoi successori nella fede mantenga fermi nella fede tutti gli altri. Infatti Pietro è il fondamento della Chiesa, il capo degli Apostoli e di tutti i fedeli e coloro che stanno con lui son certi che satana con tutte le sue arti non riuscirà a strappare loro la fede. L’oggetto della preghiera di Gesù è la stabilità o l’infallibilità di Pietro nella fede. Anche nelle tre negazioni di Pietro, egli non perdette la fede ma sentì mancarsi il coraggio per professarla pubblicamente. E tu una volta ravveduto dalle negazioni, in cui presto cadrai, conferma, cioè rendi forti nella fede i tuoi fratelli (gli Apostoli). Siccome però il demonio in tutti i tempi sin sforzerà di far perdere la fede a tutti gli uomini, così è necessario che l’ufficio affidato a Pietro si estenda a tutti i tempi e si trasmetta ai suoi legittimi successori, la fede dei quali non potrà mai venir meno.
D. Come potrebbe il Pontefice Romano confermare gli altri nella fede se potesse errare nel definire le verità da credersi necessariamente per la salvezza?
R. Dai passi esaminati nel vangelo di San Luca si deducono le grandi verità di fede del primato e specialmente dell’infallibilità del Papa definite dal Concilio Vaticano I (Costituzione de Ecclesia, cap. 4)” (Vangelo secondo Luca commentato da p. Marco Sales, Proceno di Viterbo, Effedieffe, 2015, p. 123, note n. 31-32, Lc., XXII, 31-32).
D. “Tutto ciò che voi legherete sulla terra, sarà legato in cielo e tutto ciò che voi scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo”( Matteo XVIII,18 ) : è riferito anche agli Apostoli?
R. Alla luce della Tradizione e della sana esegesi (rimpiazzata oggi dalla “nuova esegesi”, come la chiamava mons. Francesco Spadafora, o dalla “esegesi della situazione” come la qualificava mons. Luigi Carli) questo versetto vediamo chiaramente che “Gesù dichiara chi siano coloro che hanno potere di governare la Chiesa, ossia gli Apostoli ai quali viene esteso quel potere già concesso a Pietro (cfr. Mt., XVI, 19), senza però che si venga a detrarre nulla al primato concesso al Principe degli Apostoli” (Vangelo secondo Matteo commentato da p. Marco Sales, Proceno di Viterbo, Effedieffe, 2015, p. 103, nota 18, Mt., XVIII, 18).
D. Da questa breve indagine sui testi evangelici cosa si deduce?
R.Che non esiste una vera e propria Collegialità episcopale in cui l’Episcopato è un soggetto permanente e stabile di una suprema autorità di governo o giurisdizione e di magistero sulla Chiesa universale.
Anzi i testi evangelici che abbiamo commentato ci consentono di affermare che i Vescovi, in quanto successori degli Apostoli, sono uniti tra di loro dalla stessa fede e dalla medesima comunione con la Prima Sede. In breve essi partecipano da Dio, ma tramite il Papa, al potere di giurisdizione e di magistero (non infallibile) nelle loro diocesi, e solo se il Papa li vuole associare a sé, in Concilio ecumenico o sparsi nel mondo, a pronunciarsi su una definizione dogmatica pro tempore al suo magistero infallibile e alla sua giurisdizione sulla Chiesa universale.
Il primato di Pietro e la struttura dell’Episcopato monarchico universale petrino con un Episcopato subordinato diocesano sono garantite dalla dottrina tradizionale, mentre la collegialità episcopale recherebbe detrimento al primato di Pietro che è d’istituzione divina.
La Chiesa di Cristo fu fondata su Pietro, ma è stata affidata alle cure universali del Papa e dei Vescovi nelle loro singole diocesi, le quali concretizzano e incarnano il governo della Chiesa universale. Cristo ha voluto ed ha paragonato la sua Chiesa ad un “gregge” e lo ha affidato ad un gruppo di Dodici pastori, e poichè tale gruppo, che nel corso della storia si sarebbe ampliato, passando dagli Apostoli a moltissimi Vescovi, non potrebbe mantenersi compatto senza un’autorità visibile centrale Gesù ha scelto Pietro come capo del collegio apostolico e i Papi come capi del corpo episcopale.
D. Egli è l’unico Buon Pastore. Tuttavia occorrono dei collaboratori.
R. Dovendo ritornare al Padre, Egli ha affidato il suo gregge a Pietro suo vicario visibile in terra , ma poiché Pietro da solo non può riuscire a pascere convenientemente tutto il gregge del Signore sparso in tutto il mondo, gli è stato messo a fianco, per divina volontà, un gruppo di collaboratori subordinati dei quali è il capo, ovvero l’Episcopato. […]. I Vescovi, successori degli Apostoli, rimangono pertanto esclusi dalla funzione di Roccia fondamentale nella costituzione della Chiesa” (L. Carli, La Chiesa a Concilio, Milano, Àncora, 1964, p. 266).
Come insegna e definisce il Concilio Vaticano I “Il Signore Gesù dette, dopo la sua resurrezione, ad uno solo cioè a Simon Pietro la giurisdizione di pastore e rettore su tutto l’ovile della sua Chiesa” (DB, 1822, nota 5). Quindi Gesù ha conferito al solo Pietro (e non al corpo dei Vescovi o al collegio degli Apostoli) “un vero e proprio primato di giurisdizione riguardo agli altri Apostoli sia presi singolarmente sia presi tutti assieme” (DB, 1822) . Il Papa ha la funzione di Capo e Fondamento, in maniera vicaria e visibile come quella che teneva Cristo tra i Dodici e che mantiene tuttora in maniera invisibile sulla Chiesa universale (…). Anche nel corpo episcopale Pietro è il Fondamento, il Confermatore, il capo e il sommo Pastore” (L. Carli, La Chiesa a Concilio, cit., p. 272).
D. Possiamo confermare che il potere gerarchico della Chiesa è monarchico?
R. Così come sostiene il prof. Albert Lang dell’Università di Bonn: “Il potere gerarchico della Chiesa è un potere monarchico, in opposizione ad un potere collegiale o oligarchico/aristocratico ; il potere ecclesiastico non è affidato ad una autorità collegiale, ma viene esercitato da un unico titolare del potere” (A. Lang, Compendio di Apologetica, Torino, Marietti, 1960, pp. 260-261).
1 Cfr. T. I. Jiménez-Urresti, Del Colegio Apostolico al Colegio episcopal, in Revista española de Derecho canonico, n. 18, 1963, pp. 5-43; Id., La Collegialidad episcopal, Vitoria, 1963.
2 Cfr. K. Rahner, Primat un Episkopat, in Stimmen d. Zeit., n. 161, 1957, pp. 321-336; K. Rahner – J. Ratzinger, Episcopat und Primat, Friburgo, 1961; B. Botte, La Collegialité dans le N. Testament, in Le Concile et les Conciles, 1960, pp. 1-18; J. Colson, Evangélisation et collégialité apostolique, in Nouvelle Revue de Théologie, n. 82, 1960, pp. 349-372; Id., L’Episcopat catholique. Collégialité et Primauté, Parigi, 1963; C. Colombo, Episcopato e primato pontificio nella vita della Chiesa, in Scuola Cattolica, n. 88, 1960, pp. 401-434; J. Hamer, Note sur la collégialité épiscopale, in Revue de sciences philosophiques et théologiques, n. 44, 1960, pp. 40-50.
3 Cfr. G. D’Ercole, Communio, Collegialità, Primato, Roma, 1964; D. Staffa, De collegiali episcopatus ratione, in Seminarium, n. 15, 1962, pp. 643-652; Id., n. 16, 1963, pp. 62-78; H. Lattanzi, Quid de Episcoporum “collegialitate” ex Novo Testamento sententiendum sit, in Divinitas, n. 8, 1964, pp. 89-94; A. M. Vellico, De episcopis iuxta doctrinam catholicam, Roma, 1937.
2 Cfr. K. Rahner, Primat un Episkopat, in Stimmen d. Zeit., n. 161, 1957, pp. 321-336; K. Rahner – J. Ratzinger, Episcopat und Primat, Friburgo, 1961; B. Botte, La Collegialité dans le N. Testament, in Le Concile et les Conciles, 1960, pp. 1-18; J. Colson, Evangélisation et collégialité apostolique, in Nouvelle Revue de Théologie, n. 82, 1960, pp. 349-372; Id., L’Episcopat catholique. Collégialité et Primauté, Parigi, 1963; C. Colombo, Episcopato e primato pontificio nella vita della Chiesa, in Scuola Cattolica, n. 88, 1960, pp. 401-434; J. Hamer, Note sur la collégialité épiscopale, in Revue de sciences philosophiques et théologiques, n. 44, 1960, pp. 40-50.
3 Cfr. T. I. Jiménez-Urresti, Del Colegio Apostolico al Colegio episcopal, in Revista española de Derecho canonico, n. 18, 1963, pp. 5-43; Id., La Collegialidad episcopal, Vitoria, 1963.
4 È per questo motivo che la Chiesa visibile non può avere come suo fondamento un’entità astratta o logica come è il “papato materiale o in potenza”, ma deve avere un Papa in atto, in carne ed ossa che le faccia da base e la governi anche se il Papa dovesse cadere in eresia, in tal caso puramente ipotetico, Domingo Bañez († 1604) spiega che potrebbe restare Papa poiché, se la mancanza di fede lo separerebbe dal corpo della Chiesa e la mancanza della grazia santificante dall’anima di essa, la giurisdizione, invece, non ne verrebbe scalfita poiché essa riguarda il governo della Chiesa, che è una società visibile e non può essere privata dell’autorità che la governa per la mancanza nel Papa di grazia o di fede, che sono abiti soprannaturali invisibili, mentre il governo o la giurisdizione di una società visibile debbono essere visibili. Quindi il Papa ipoteticamente eretico non sarebbe membro vivo della Chiesa per mancanza di grazia, non farebbe parte del corpo della Chiesa per errore contro la fede, ma ne sarebbe capo visibile quanto al governo o alla giurisdizione. “Il Papa non è capo della Chiesa in ragione della santità o della fede, perché non è così che può governare i membri della Chiesa, ma è capo di essa in ragione dell’ufficio ministeriale che lo rende atto a dirigere e governare la Chiesa mediante il governo esterno e visibile tramite la gerarchia ecclesiastica che è visibile e palpabile. Quindi secondo l’influsso spirituale della grazia e della fede non è membro della Chiesa di Cristo, se non le ha, invece secondo il potere di governare e dirigere la Chiesa ne è il capo” (In IIam-IIae, q. 1, a. 10, Venezia, 1587, coll. 194-196). Charles-René Billuart (1685-1757) nel suo De Incarnatione (dissert. IX, a. II, § 2, obiez. 2) riprende la tesi del Bañez. Come pure padre Reginaldo Garrigou-Lagrange († 15 febbraio 1964) nel suo trattato De Christo Salvatore (Torino, Marietti, 1946, p. 232) riprende i due Dottori domenicani succitati.
5 Cfr. S. Tommaso d’Aquino, IV Sent., dist. XXIV, q. III, a. 2 ad 3; M. Browne, De unitate Ecclesiae, in Symposium theologicum de Ecclesia Christi, Roma, 1962, pp. 7-24.
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Come al solito, ecco i riconoscenti e i detrattori. E non vale soltanto per don Curzio. Chiunque viene approvato e disapprovato da chiunque.
Non se ne esce. Non se ne può uscire.
Sono molto, davvero molto grato a don Curzio per queste nitide catechesi. Sono quanto mai necessarie in questi rumorosi tempi confusi.
L”articolo, che fa apparire la “Giurisdizione” cosa meramente amministrativa, si distacca dalla Cost. Dogmatica Pastor Aeternus: “il potere di giurisdizione [.]tutti [.]sono vincolati [.]nelle cose che appartengono alla fede e ai costumi, ma anche in quelle relative alla disciplina e al governo”
Quindi si vuol giustificare il governo (delle anime) anche di un “papa” fuori del Corpo Mistico, anche “ipoteticamente” eretico!! Pazzesco! Ancor di più perchè ci si dimentica che non è stato eletto legittimamente!
A chi legge Nitoglia, non posso che metterlo “sull’attenti” col Vangelo:
“Attendite a falsis prophetis”!
Qualcuno vive una fede formale, avulsa dalla realtà ma fatta ad hoc per conformarsi alla sua ipocondria spirituale!
Innanzitutto si vive fuori dal mondo. Mai fatto la spesa dimezzata portando a casa sgomenti merce raddoppiata di prezzo? Mai usufruito della sanita nazionale? Mai accesa la tv? Per strada si è sicuro? Provato un appuntamento con l’Inps o con l’Agenzia delle Entrate? Notato che familiari e amici muoiono a raffica per turbo-tumori?
È facile con 6.000eur di pensione dedicarsi agli hobby mentre là fuori si combatte per sopravvivere. Non si sa cosa succede nelle chiese e cosa tocca ai bambini sentire a catechismo? Sentito le risposte dei preti supplicati di promuovere “il cuore che batte”? Alzato le sue chiappe girando per le strade a mettere nelle cassette delle lettere o ai tergicristalli delle auto manifesti pro-life? Ma i N.H., non si abbassano!
Come è prassi costante di tanti detrattori, anche d. Nitoglia usa la Scrittura con una sua interpretazione personale o pescando ad hoc scorci opportunisti da altre tesi slegate dalla verità che lui vuole distruggere. Così questa verità la interpetra in modo da farla pendere in favore delle sue idee anticonciliari e anticollegiali. Ma così è peggio che mentire: è imbrogliare! È vero, la lingua uccide più che la spada!!
Ad esempio:
” D. Cosa occorre fare per confutare l’errore?”
” R. Bisogna esaminare i testi da vicino e vedere come la Tradizione patristica e la sana esegesi li ha commentati, confrontandoli con la interpretazione ufficiale del magistero.”
Questa risposta, sembra logica, ma è gravemente erronea se ha come obiettivo di inficiare la infallibilità conciliare del Magistero del V.II. Così avviene che Nitoglia si permette di interpretare (o di farla interpretare a chi gli fa comodo) la Scrittura e fa di più: ha l’ardire di fare dei confronti e mettere sotto esame il Magistero infallibile della Chiesa e quello del Papa, verificando se conforme alla interpretazione esogena (patristica ed esegesi non sono ancora Vangelo, caro Nitoglia tantomeno le tue paturnie cervellotiche!!) e magari si rivolgesse a quella Magisteriale millenaria della Scrittura… non potrebbe perchè non avrebbe alcun minimo addentellato a suo facore. Questo modo di fare non gli spetta e non spetta a nessuno sindacare o bypassare il Magistero e la sua unica, vera e originale interpretazione della Parola di Dio.
Nel torbido si pesca meglio, e in questi tempi di smarrimento anche d. Nitoglia si presta al losco e vuole le sue vittime… non so dove voglia arrivare questo prete eretico, anzi diabolico, ma è contro la Chiesa e questo basti a tutti coloro che hanno il coraggio, ma dovrebbero avere paura di leggere.
Credo fortemente che questa lunga intervista a puntate, che sembra articolata su più argomenti, abbia dei chiari fini illeciti: infatti è ben concordata fra le parti e dimostra la pericolosità di questa gente il cui scopo è distruggere dialetticamente e confondere gli ignoranti e gli ingenui, che in comune hanno fede debole e intaccata dal peccato. Ma non a difendere la dottrina e le verità di fede e soprattutto spinge a far rimuovere quella senzazione in tanti fedeli e chierici di un governo papale inaccettabile e insostenibile, promuovendo comunque un Bergoglio legittimamente operante e spinge ad accettare lo status quo del suo ingiusto Governo.
Nitoglia anche lui è stato probabilmente comprato per essere un gatekeeper:
“la giurisdizione, invece, non ne verrebbe scalfita ”
e ancora:
“non farebbe parte del corpo della Chiesa per errore contro la fede, ma ne sarebbe capo visibile quanto al governo o alla giurisdizione”…
…ma Nitoglia, cari amici del Blog, è privo di grazia più dello stesso Bergoglio, poichè spinge a dimenticare che la “Giurisdizione” va ben oltre un territorio e gli uffici amministrativi del Vaticano ma riguarda, con le parrocchie del mondo, le anime dei cattolici, di oltre un miliardo di cattolici, che si governano e si confermano giustamente solo col Munus di Dio!!
Considerare solo chiacchiere erronee quello che ha detto Nitoglia in queste nauseanti interviste, significa sottovalutare gravemente la sua opera iniqua che vuol conchiudersi contro la salvezza della Chiesa.
Che Dio gli dia quello che merita, magari prima possibile.
L’albero si giudica dai frutti.
La Chiesa sopravvive grazie allo Spirito Santo e nonostante il CV II, non grazie ad esso.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
La Chiesa sopravvive in chi aborrisce l’anticristo ma come lei rimangono i figli dell’antichiesa: dai frutti li riconoscerete. Lei ha dato del traditore a Benedetto XVI
e questo sarebbe il frutto del suo cuore, generale La Porta? Forse ha scambiato il Vangelo per il Regolamento di Disciplina Militare ma le sue parole qui non sono ordini ma vaneggiamenti di un uomo ai limiti della vita.
grazie, grazie, carissimo Marco, e un abbraccio a don Nitoglia. Credevo di sapere molto e che quel molto mi bastasse. Dalle oscurità della Materia, che solo i morti-viventi esaltano, e da cui provengo, alla luce dello Spirito, in cui siamo, malgrado tutto, pensavo di avere raggiunto la pesca miracolosa, che porta il numero “9”… Ma avevo parti oscure su Pietro e gli Apostoli, sul Papa e sui Vescovi, a cui non davo l’importanza pur sapendo del loro contatto con lo Spirito Santo, del quale riversano quella Forza, ad esempio, sul candidato della Cresima. Sono uscito dalla “politica di opposizione” per dire solo che occorreva difendere la Gerarchia. Tanto è lo Spirito Santo che decide quali sentieri farti prendere… Questo articolo me lo devo studiare bene. Con umiltà… Per intanto lo mando a quei cattolici in sofferenza per la politica papale, e pure a chi deve chiudere un cerchio, come il mio, che lo ritenevo chiuso, ma mi è stato improvvisamente aperto e richiuso. A volte mi chiedo se meritavo tutta la fortuna che ho avuto di ritornare nella Chiesa Cattolica Apostolica Romana, dopo anni di anti-cattolicesimo, di odio, di volontà di distruggere questo oppio dei popoli, militando con i materialisti, che ancora oggi si camuffano come amici della Chiesa, e a cui molti cattolici danno retta, cadendo nella trappola. Bene, scusa il mio sfogo. Ma questo scritto rimette la mia barra a dritta. Che Dio ti benedica.