Collegialità Episcopale, la Dottrina Tradizione della Chiesa. Cinzia Notaro con don Curzio Nitoglia. Quarta Parte

6 Agosto 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum, offriamo alla vostra attenzione la quarta parte delle considerazioni di don Curzio Nitoglia, a cui va il nostro grazie, sulla dottrina della collegialità episcopale, nell’intervista di Cinzia Notaro. Buona lettura e condivisione.

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DOTTRINA TRADIZIONALE SULLA COLLEGIALITA’ EPISCOPALE    ( QUARTA PARTE ) 
 
 
                                                                                          
In questa quarta parte dell’intervista a don Curzio Nitoglia saggista  e studioso del tomismo  trattiamo la “Dottrina Tradizionale sulla Collegialità Episcopale”. D. Ribadita fino alla metà del 1958 da Pio XII , cosa insegna ?R. Costantemente e quindi infallibilmente insegnata dalla Chiesa  ( vedi nota n.1 )  sui rapporti tra Papa ( nota n.2 ) e Vescovi ( nota n. 3 ) , quanto al potere di magistero e d’impero sulla Chiesa universale insegna che la giurisdizione giunge da Dio al Vescovo in tre modi : 1) tramite il Papa e non direttamente da Dio, cioè il Sommo Pontefice dà al Vescovo il potere di giurisdizione, ma non contemporaneamente  alla consacrazione episcopale ( nota n. 4 ) che può essere conferita, per delega del Papa, dal Vescovo consacrante al Vescovo consacrato; 2) soltanto sulla sua singola diocesi  (la quale gli è affidata dal Papa e non dal Vescovo consacrante )  e non sul mondo intero; il Papa , se vuole, può far partecipare il Corpo dei Vescovi ( non è esatto parlare in senso stretto di Collegio dei Vescovi, ma solo di Collegio degli Apostoli ( nota n.5 ) ,alla sua suprema potestà di magistero e d’impero sulla Chiesa universale ( nota n.6) , sia riunendoli in Concilio Ecumenico per il solo tempo della durata del Concilio ( nota n. 7 ), sia sparsi nel mondo, ciascuno nella propria diocesi, ma soltanto durante il tempo in cui chiede loro di pronunciarsi assieme a lui su una questione di fede o di morale da definire come obbligatoria per la Chiesa universale ( nota n. 8).

D. Il “potere d’ordine” e il “potere di giurisdizione” quale fine perseguono ?

R. Il primo alla glorificazione di Dio ( mediante il Sacrificio della Messa ) e alla salvezza delle anime ( mediante i Sacramenti ) ;  il secondo a governare i fedeli in ordine alla vita eterna e si suddivide in : magistero, che è il potere d’insegnare la Verità rivelata senza errori o infallibilmente; legislazione , ovvero il potere di fare leggi, di giudicare e di coercire.

D. A cosa servono i Concili Ecumenici ?

R. Sono convenienti e necessari al buon andamento della vita della Chiesa, ma non si può dire vi siano prove sufficienti per arguire la loro istituzione divina.Tuttavia alcuni teologi , seguono la sentenza meno comune della istituzione divina dei concili ecumenici, appoggiandosi sull’autorità dell’unico Padre ecclesiastico che l’ha tramandata: S.Gregorio Magno,Epist. I, 1, 24 ( cfr. Wernz-Vidal , II, p.524, cit. in A. Piolanti, Enciclopedia Cattolica , 1950, vol. IV, coll., 167-173, voce “Concilio” ; cfr. Id.,Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed.,1957, p.84, voce “Concilio” ).

D. Quindi  sono d’istituzione apostolica?

R. Certamente si. Infatti il primo Concilio Ecumenico fu convocato da san Pietro in Gerusalemme nel 50 e ad esso parteciparono tutti gli Apostoli, san Paolo compreso, per dirimere la controversia sorta tra i giudaizzanti ) con San Giacomo a capo ) e san Paolo. Ciò dimostra che se la Chiesa non fosse d’istituzione divina e assistita tutti i giorni sino alla fine del mondo da Gesù. sarebbe finita già nel I secolo nonostante la santitaà di vita degli Apostoli, che da 18 anni dopo la morte di Cristo disputavano su questioni di fede essenziali per la vita della Chiesa della Nuova ed Eterna Alleanza di Cristo essenzialmente diversa dall’economia della Vecchia Alleanza come la realtà è diversa dall’ombra ( “umbram fugat Veritas / la Verità e la realtà cacciano l’ombra e la figura”, S. Tommaso d’Aquino, Pange lingua).

D. Chi sono i veri giudici e i veri maestri in materia di morale e di fede sulla Chiesa universale?

R. I Vescovi , grazie al potere ricevuto da Dio tramite il Papa, che li ha convocati in Concilio rendendoli partecipi  del suo potere supremo, assoluto e totale di magistero e imperio sulla Chiesa universale. Quindi le decisioni dei Vescovi in Concilio, col Papa e sotto il Papa sono vere definizioni e veri atti giuridici obbliganti, non semplici consigli. Essi infatti, subordinatamente al papa, partecipano alla suprema potestà di Pietro e dei suoi successori. E’ importante specificare che i Vescovi sono maestri e giudici sulla Chiesa universale non in  maniera totale e assoluta (ossia sciolta da ogni altro potere superiore), ma in maniera subordinata e dipendente da Pietro. Perciò il Papa è essenziale e non accidentale ( come vorrebbe il conciliarismo e l’episcopalismo collegiale ) al governo (di magistero e di giurisdizione)  della Chiesa universale e dunque alla sua vita ed anche alla validità del Concilio Ecumenico come la testa essenziale alla vita del corpo ( cfr. S.Roberto Bellarmino, De Conciliis, cit.,I, 18). Quindi non ci si può appellare alla sentenza dei Vescovi contro quella del Papa.

D. Anche quando il Papa riunisce i Vescovi in Concilio, rimane sempre il Papa?

R. Si, anche se li fa partecipare ( nota n. 9) al suo supremo potere di magistero e d’imperio, permane tra lui ed i Vescovi una distinzione reale e non adeguata , ovvero non alla pari, perchè il Papa è sempre il capo ed i Vescovi sono sempre il corpo, che è inferiore al capo. Come la vita dell’uomo è una sola, che pur derivando dall’anima si diffonde per tutto il corpo, il quale è diretto dalla testa, così l’infallibilità è diffusa in tutta la Chiesa  (Vescovi e fedeli) , ma dipendentemente dal Papa, che può esercitarla da solo, anche senza il consenso della Chiesa .

D. Si deduce che il potere gerarchico della Chiesa è un potere monarchico?

R. Lo è in opposizione ad un potere collegiale o oligarchico/aristocratico. Il potere ecclesiastico non è affidato ad un’autorità collegiale, ma viene esercitato da un unico titolare del “potere” ( Albert Lang, Compendio di Apologetica, Torino, Marietti,1960,p.260-261).

D. In  “Lumen Gentium” dottrina innovata il 21 novembre 1964 dalla Costituzione su “La Chiesa ” del Concilio Vaticano II vengono riportate delle novità?

R. Si ripete parzialmente la dottrina tradizionale, che tralascio tra parentesi . Infatti al n. 22 a-b recita : Come Pietro e gli altri Apostoli costituirono un unico Collegio apostolico, allo stesso modo ( pari ratione ) il Romano Pontefice, successore di Pietro, e i Vescovi , successori degli Apostoli, sono tra loro uniti   ( … ) ( vedi n.10 ) .Ecco il carattere e la natura collegiale ( nota 11 ) dell’ordine episcopale ; i concili ecumenici comprovano apertamente tale natura collegiale dell’Episcopato( nota 12 ). Tale natura è suggerita anche dall’antico uso di far partecipare più vescovi ( nota 13 ) alla consacrazione di un futuro  Vescovo  (nota 14 ). Uno è costituito  membro del Corpo episcopale in virtù della consacrazione sacramentale ( nota 15 ). ( … ) L’ordine dei Vescovi, che succede al Collegio degli Apostoli nel magistero e nell’impero ( … ) è pure soggetto di suprema ( cioè , la più alta, che non ha eguali, ndr ) e piena ( totale o assoluta, cui non manca nulla nel suo genere e che può tutto da sola,ndr ) potestà su tutta la Chiesa ( subiectum supremae ac plenae potestatis in universam Ecclesiam) ( nota n. 16).

Note esplicative

1 Cfr. Pio IX, Lettera al Vescovo di Monaco Tuas libenter (21 dicembre 1863), in cui il Pontefice insegna che una dottrina sulla fede e i costumi insegnata costantemente dal magistero ecclesiastico non può essere erronea e quindi va considerata infallibilmente vera o immune da errori. Per quanto riguarda la Collegialità episcopale, la quale non tratta più correttamente – come si faceva prima del Vaticano II – la distinzione tra ordine e giurisdizione, occorre sapere che tutte le fonti, le dichiarazioni dottrinali solenni, tridentine e posteriori, proclamano che la distinzione reale tra potere d’ordine e di giurisdizione è di diritto divino e che il potere di giurisdizione viene dal Papa al Vescovo prima del potere d’ordine sacramentaleCfr. S. Tommaso d’Aquino, S. Th., II-II, q. 39, a. 3; Conc. Tr., sess. XXIII, DB 938-968; E. Ruffini, La gerarchia della Chiesa, Roma, 1921; L. Billot, De Ecclesia Christi, Roma, 1927, vol. I; A. Ottaviani, Institutiones Juris Publici Ecclesiastici, Roma, 1936, vol. I; A. Larraona, De potestate dominativa publica in jure canonico, in “Acta congressus juridici internationalis”, IV, Roma, 1937, pp. 145-180; A. Piolanti, Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1951, vol. VI, coll., 82-83, voce “Gerarchia ecclesiastica”.

2 Il Papa ha la suprema (superiore a tutti e indipendentemente da un altro potere umano/ecclesiastico: Vescovi/concilio) e piena (totale, cui nulla manca nel suo genere; auto-sufficiente relativamente ad ogni potere umano e non quanto a Dio) potestà di giurisdizione su tutta la Chiesa (CIC, 1917, can. 218). La Chiesa è quindi, per volontà di Cristo, monarchica e il Papa ne è il Re. Sempre per istituzione o per diritto divino, tutte le diocesi, tutti i Vescovi e tutti i fedeli sono soggetti al Papa. La Chiesa di Cristo è una sola col Papa come capo effettivo e non risulta di singole chiese (orientali ortodosse e anglicana) separate da Roma verso i cui Vescovi il Papa avrebbe solo un primato di onore. Il Papa ha il primato di giurisdizione in quanto è successore di Pietro, avendo Gesù designato Pietro e i suoi successori (i Pontefici romani) come capo supremo di tutta la Chiesa. Il Papa – per divina istituzione – ottiene la pienezza del suo potere supremo di giurisdizione subito dopo aver accettato l’elezione canonica, direttamente da Dio e non tramite i Cardinali; ciò vale anche se l’eletto non è ancora Vescovo e viene poi consacrato dal Cardinale decano. Quindi il potere di giurisdizione il Papa lo riceve da Dio immediatamente dopo l’accettazione, mentre il potere di ordine, se ancora non lo avesse, lo riceve da un Vescovo (il Cardinale decano) con la successiva consacrazione episcopale.

I Vescovi sono i successori degli Apostoli per divina istituzione; essi presiedono alle loro diocesi particolari, che governano sotto l’autorità del Papa e non presiedono alla Chiesa universale, la quale è diretta dal Papa, che è il successore di Pietro “capo degli Apostoli” (cfr. Giovanni XXII, Costituzione Licet iuxta doctrinam contro Marsilio da Padova23 ottobre 1327, DB 498; Martino V, Conc. Costanza, sess. VIII, 4 maggio 1415 contro John Wycliff e sess. XV, 6 luglio 1415 contro Jan Hus, DB 675 ss.; Conc. Tr., sess. XXIII, c. 4, DB 960; Conc. Vat. I, sess. IV, c. 3, DB 1828; S. Pio X, Decreto Lamentabili, 3 luglio 1907, DB 2050; S. Pio X, motu proprio Sacrorum Antistitum, 1° settembre 1910, DB 2014CIC, 1917, can. 329). L’Episcopato è di istituzione divina, in quanto i Vescovi sono i successori degli Apostoli, quindi esso dovrà durare sino alla fine del mondo poiché (come il Papato) è elemento necessario ed essenziale alla costituzione della Chiesa. Tuttavia i Vescovi nelle loro diocesi non hanno la potestà piena o totale (perfetta, cui nulla manca nel suo genere) e suprema (la più alta e quindi indipendente da un superiore umano: dipendono dal Papa) come l’ha il Papa su tutta la Chiesa, ma dipendono da lui nel governare quel territorio o diocesi che il Papa ha affidato loro.

4 Quando il Papa sceglie un Vescovo e gli consegna la nomina, lo rende in atto Vescovo quanto al potere di giurisdizione (CIC, 1917, can. 329), mentre il potere d’ordine gli viene conferito solo con la consacrazione episcopale, che deve avvenire non oltre 3 mesi dalla nomina; essa spetta al Papa, che può delegare un altro Vescovo a consacrare il futuro Pastore (CIC, 1917, can. 953). Quindi il poter d’ordine e di giurisdizione sono non solo realmente distinti, ma anche cronologicamente non contemporanei.

5 In senso stretto o giuridico il Corpo è un insieme di parti ineguali, per esempio nel corpo umano la testa è superiore al piede; il cuore, il fegato, le reni e i polmoni sono organi vitali, le dita no, tuttavia anch’esse fanno parte del corpo come membra secondarie; così il termine “Corpo dei Vescovi” esprime chiaramente che il Papa è il loro capo. Il Collegio, invece, è un insieme di persone eguali, che sono rappresentate da un presidente (scelto da esse), il quale è solo il primus inter pares del Collegio. Per esempio, il Collegio degli avvocati, ha un avvocato eletto “presidente” dagli avvocati del medesimo Collegio. Egli rappresenta il Collegio intero, ma è un avvocato come tutti gli altri, non dà l’avvocatura agli altri, non è il loro capo, non ha autorità di giurisdizione su di loro, li rappresenta soltanto come loro delegato eletto a rappresentarli per una questione di utilità pratica: infatti se gli avvocati dovessero andare ogni volta tutti assieme nel medesimo giorno a discutere con il Ministro di Giustizia, sarebbe molto meno pratico di inviare un solo presidente che rappresenta tutti gli avvocati. Pietro era capo degli Apostoli (Mt., XVI, 18), ma essi vennero chiamati direttamente da Cristo (Mc., VI, 7-13; Lc., IX, 1-6) ed ebbero la giurisdizione da Gesù su tutta la Chiesa (Mt., XVIII, 17-18), per cui quanto agli Apostoli si parla di “Collegio apostolico”, mentre i Vescovi, che ricevono la nomina e la giurisdizione dal Papa e solo sulla loro diocesi particolare si parla giuridicamente di “Corpo episcopale”. Cfr. F. Spadafora, Dizionario biblico, Roma, Studium, III ed., 1963, pp. 50-52, voce “Apostoli”.6  Vi è un solo soggetto (per sua naturadel sommo potere di magistero e giurisdizione sulla Chiesa universale e questo è il Papa, che, se vuole, senza esserne obbligato, può far prendere parte il Corpo dei Vescovi ad esso (per partecipazione), in maniera transitiva, temporanea e non eguale (inadeguata) alla sua. Quindi 1°) il Papa da solo può insegnare infallibilmente e governare la Chiesa universale; 2°) i Vescovi senza partecipare al potere del Papa non possono nulla quanto alla Chiesa universale; 3°) il Papa può unire a sé il Corpo dei Vescovi, i quali non sono soggetto eguale (adeguato) al Papa (per la loro natura di Vescovi) del potere di magistero e di giurisdizione universale, ma soltanto in quanto ricevono dal Papa (per partecipazione) il potere sommo di giurisdizione.

7 Per esempio, il Vaticano I (con i Vescovi riuniti in Concilio cum Petro et sub Petro) presieduto da Pio IX (1869-1870) ha definito l’infallibilità (Costituzione Pastor aeternus, 14 luglio 1870, DB 1839) pontificia come dogma di fede con il Papa come capo e l’Episcopato come corpo dipendente dal capo. (cfr. A. Piolanti, Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 84, voce “Concilio”; Id., Dizionario di teologia dommatica, cit., p. 215, voce “Infallibilità pontificia”; Id., Dizionario di teologia dommatica, cit., p. 215, voce “Infallibilità pontificia”).8 Per esempio, Pio XII inviò l’Enciclica Deiparae Virginis (1° maggio 1946) ai Vescovi di tutto il mondo sparsi nelle loro diocesi, nella quale chiedeva loro se ritenessero che l’Assunzione di Maria in Cielo fosse contenuta nel deposito della Rivelazione (Tradizione e S. Scrittura) e quindi fosse una verità rivelata (de fide revelata et divina), che potesse essere definita dalla Chiesa (de fide revelata et definita o de fide divina et catholica). I Vescovi risposero in larghissima maggioranza di sì. Questa verità era, quindi, di fede rivelata e definita in maniera ordinaria (Magistero Ordinario Universale) prima ancora della definizione solenne (Magistero Straordinario Pontificio) di Pio XII (1° novembre 1950). Lo stesso aveva fatto Pio IX nel 1849, cinque anni prima di definire in maniera straordinaria l’Immacolata Concezione di Maria l’8 dicembre del 1854 con la Bolla Ineffabilis Deus.

9 Il concetto di partecipazione significa rapporto tra partecipante (effetto) e partecipato (causa). Quindi la creatura riceve parzialmente e in maniera finita l’essere infinito da Dio, che è l’Essere per essenza (è l’Essere infinito), mentre la creatura è ente per partecipazione o per recezione (ha o riceve l’essere finito). La creatura è partecipante all’Essere di Dio che è partecipato. Così si può fare un’analogia e dire che i Vescovi ricevono la giurisdizione sulla diocesi particolare e la nomina dal Papa, il quale riceve il potere direttamente da Dio e governa la Chiesa universale. Essi sono come effetti (partecipanti) per rapporto al Papa (partecipato), che è causa della loro elezione e del potere di giurisdizione particolare. San Tommaso d’Aquino fa un esempio: tutte le cose calde per partecipazione o che ricevono il calore si riferiscono al fuoco il quale è caldo per natura (In Jo.,Prologo, n. 5), così – si può dire per analogia – i Vescovi che ricevono (per partecipazione) la giurisdizione dal Papa si riferiscono a lui, il quale per sua natura di Sommo Pontefice e successore di Pietro governa la Chiesa universale. Ovviamente sia il fuoco che il Papa, essendo enti creati, ricevono il calore e il potere da Dio, Ente increato. Cfr. S. Tommaso d’Aquino, C. Gentes, lib. I, cap. 26; In De Hebdomad., lez. 2, n. 24 e 34; In De causis, prop. 25; De potentia, q. 3, a. 5.

                                                                                                                 


                                                                                    PROSIEGUO DELLA QUARTA PARTE                               

D. In  “Lumen Gentium” dottrina innovata il 21 novembre 1964 dalla Costituzione su “La Chiesa ” del Concilio Vaticano II vengono riportate delle novità? 

R Si ripete parzialmente la dottrina tradizionale, che tralascio tra parentesi . Infatti al n. 22 a-b recita : Come Pietro e gli altri Apostoli costituirono un unico Collegio apostolico, allo stesso modo ( pari ratione ) il Romano Pontefice, successore di Pietro, e i Vescovi , successori degli Apostoli, 

sono tra loro uniti   ( … ) ( vedi n.10 ).
Ecco il carattere e la natura collegiale ( nota 11 ) dell’ordine episcopale ; i concili ecumenici comprovano apertamente tale natura collegiale dell’Episcopato( nota 12 ). Tale natura è suggerita anche dall’antico uso di far partecipare più vescovi ( nota 13 ) alla consacrazione di un futuro  Vescovo  (nota 14 ). Uno è costituito  membro del Corpo episcopale in virtù della consacrazione sacramentale ( nota 15 ). ( … ) L’ordine dei Vescovi, che succede al Collegio degli Apostoli nel magistero e nell’impero ( … ) è pure soggetto di suprema ( cioè , la più alta, che non ha eguali, ndr ) e piena ( totale o assoluta, cui non manca nulla nel suo genere e che può tutto da sola,ndr ) potestà su tutta la Chiesa ( subiectum supremae ac plenae potestatis in universam Ecclesiam) ( nota n. 16).D. Perché Paolo VI  fece aggiungere “Nota Praevia”?
R. Ponendo seri problemi riguardo la sua ortodossia fu messa dopo il testo di Lumen Gentium ( ossia era insieme “previa” e “posteriore). La Nota Praevia tuttavia non cancella le ambiguità e gli errori del testo ed anche in essa permane una certa ambiguità. 
D. Quali ?
R. Il Collegio non s’intende in senso strettamente giuridico, ma è un ceto stabile ( nota 17 ). ( … ) Uno diventa membro del Collegio in virtù della consacrazione episcopale ( nota 18) e, mediante la comunione gerarchica col capo del Collegio ( nota 19) . ( …).
Il parallelismo tra Pietro e gli Apostoli da una parte, e il Sommo Pontefice ed i Vescovi dall’altra, non implica la trasmissione del potere straordinario degli Apostoli ai Vescovi. ( …). Infatti deve accedere la canonica o giuridica determinazione da parte dell’autorità ecclesiastica. Il Collegio dei Vescovi è anch’esso soggetto di supremo e pieno potere sulla Chiesa universale. Il Collegio necessariamente e sempre cointende col suo capo ( nota 20 ). ( … ) . Il Romano Pontefice è il capo del Collegio e può fare da solo alcuni atti, che non competono in nessun modo ai Vescovi (nota 21 ). E’ evidente che la Collegialità ( Lumen Gentium, n.22 ) è imparentata, anche se in maniera più sfumata o mitigata ( grazie alla Nota Praevia, che da una parte ha ribadito la sottomissione del Corpo episcopale al Papa,ma dall’altra ha mantenuto l’ambiguità del duplice soggetto adeguato, necessario e permanente del supremo potere di magistero e giurisdizione nella Chiesa universale ), al conciliarismo o gallicanesimo mitigato, il quale tende ad assegnare al Concilio ecumenico ( nota 22 ) una potestà suprema sulla Chiesa universale eguale a quella del Papa ( cum Petro sed non sub Petro, nota 23 )

D. Con Lumen Gentium s’inizia a parlare di Episcopato Collegiale?R. Certamente . La Collegialità episcopale di Lumen gentium, grazie alla Nota praevia, non arriva a tanto, però fa pur sempre del Corpo dei Vescovi, “col Papa e sotto il Papa” (Nota praevia), un “ceto stabile e necessario” avente “potestà suprema di giurisdizione e di magistero sulla Chiesa universale”, ma per la sola o antecedente consacrazione episcopale (novità che intacca il Primato di Pietro ( nota 24 ) , senza ribadire che la giurisdizione – secondo la dottrina tradizionale – viene da Dio tramite il Papa al Vescovo e poi il nominato viene consacrato. La dottrina tradizionale ha sempre parlato di episcopato monarchico o di episcopato subordinato, ossia sottomesso a Pietro come il corpo al capo.

D. Il Concilio Vaticano II , la dottrina della Collegialità episcopale attribuiva al Corpo dei Vescovi un potere sulla Chiesa universale?

R.  Attribuiva al Corpo dei Vescovi, del quale il singolo entra a far parte con la sola o antecedente consacrazione episcopale unito al suo capo (Nota praevia) il Papa, un potere e una responsabilità stabile sulla Chiesa intera e non solo sulla singola diocesi del Vescovo, ed era ritenuta – da vari Cardinali e Vescovi, tra cui Siri, Staffa, Carli, Parente – «recante detrimento al potere primaziale del Papa ed essi contestavano che avesse solide basi nella S. Scrittura» (H. Jedin, Breve storia dei concili, Brescia-Roma, Morcelliana-Herder, 1978, p. 240).
Infatti alcuni Cardinali e Vescovi, durante il Vaticano II, fecero notare che la Collegialità episcopale ritiene che il Vescovo consacrato diventa per ciò stesso (per il solo potere d’ordine veniente dal Vescovo consacrante (nota 25 ) e senza prima il potere di giurisdizione, che viene dal Papa) membro del Corpo episcopale, avente quindi in forza della consacrazione anche la giurisdizione e che “assieme al Papa e mai senza” (Nota praevia) esso possiede la suprema potestà in maniera abitualenecessaria e non transeunte o temporanea sopra tutta la Chiesa (cfr. H. Jedin, Breve storia dei concili, cit., p. 243).

D. E la “Nota explicativa praevia” aggiunta postuma da Paolo VI ?

R. La “Nota explicativa praevia” ( Lumen Gentium n.22 ( nota 26 ) nulla toglie alla dottrina della immediata origine divina, non tramite il Papa, dell’ufficio e del mandato episcopale, nonché della responsabilità abituale e permanente del Collegio episcopale sulla Chiesa universale non sulla sola diocesi del singolo Vescovo (cfr. H. Jedin, Breve storia  dei concili, cit., p. 265). Anche se si allontana dalla tesi formalmente ereticale del conciliarismo pure mitigato e non solo radicale, ribadendo che i Vescovi devono essere “col Papa e sotto il Papa”, mantiene l’ambiguità e la novità – in rottura con la Tradizione divino/apostolica e col Magistero costante ecclesiastico – del duplice soggetto stabile anche se non alla pari o non adeguato (Papa e Corpo dei Vescovi) della somma potestà di magistero e di imperio nella Chiesa universale.

D. Chi tra i progressisti sostenne  la Collegialità dei Vescovi contro il Primato pietrino?

R. Il card. Franz König fu uno dei paladini principali , coadiuvato dai giovani teologi Karl Rahner e Joseph Ratzinger (nota 27). Secondo lui i Vescovi non ricevono la giurisdizione dal Papa per missione canonica, ma direttamente dalla consacrazione vale a dire da Dio stesso, onde essi sono assieme al Papa il soggetto adeguato o alla pari del potere di giurisdizione; mentre per la dottrina cattolica ( nota 28 ) il soggetto del magistero e dell’imperium è il Papa, che – se vuole – può associare a sé ad tempus e non alla pari il ‘Corpo dei vescovi’ sparsi nel mondo o riuniti in Concilio.
König già nel 1964 a Costanza dove si commemoravano i 550 anni del Concilio ivi svoltosi cercò di contrapporre il conciliarismo o l’episcopalismo di Costanza-Basilea: due errori condannati da Giovanni XXII, secondo i quali il Papa non è essenziale alla Chiesa e può essere giudicato dal Concilio, che è superiore a lui, onde l’organo supremo del regime ecclesiastico non è il Papato, ma il Concilio ecumenico, costituito anche da soli vescovi uniti in Concilio senza il Papa, i quali ricevono il potere direttamente da Dio e costituiscono l’autorità suprema della Chiesa, superiore al Papa; solo la Chiesa è infallibile e indefettibile, onde, se il Papa e i Vescovi errassero, resterebbe sempre qualche anima pia che manterrebbe la Fede e la sussistenza e continuità della Chiesa. 

D. Chi fu il precursore del Concilio di Costanza ?

R. Gersone e da Costanza/Basilea derivarono le eresie di Wyclif e Hus, condannate in maniera definitiva dal Vaticano I, DB 1830 ( nota 29 ). Secondo König Costanza/Basilea e Vaticano I sono i due estremi (‘tesi-antitesi’) che impoveriscono la Chiesa, la ‘sintesi’ di essi sarebbe il Vaticano II, che non ha espresso la dottrina della collegialità in maniera così radicale come a Costanza e neppure il Primato di Pietro e suoi successori, in maniera così stretta come nel 1870 al Vaticano I. Il Vaticano II era per lui una sorta di coincidentia oppositorum o di sintesi, che equilibrava Costanza (tesi) col Vaticano I (antitesi), per darci il Vaticano II ( nota 30 ). La dottrina del duplice soggetto del supremo e totale potere di magistero e impero nella Chiesa (e quindi di un duplice Capo della Chiesa) era già stata condannata da papa Clemente VI (29 settembre 1325) nella Lettera Super quibusdam ad Mekhithar patriarca degli Armeni (DS 1050-1065, De primatu Romanae Sedis).

D.  Da chi venne confutata la dottrina della Collegialità?

 
R. Dalla rivista diretta da mons. Antonio Piolanti “Divinitas” (n. 1 del 1964) tramite due articoli, di mons. Dino Staffa e di mons. Ugo Emilio Lattanzi, i quali vennero fatti distribuire in Concilio sotto forma di estratti dal card. Ottaviani.
La Nota explicativa praevia fu dovuta, secondo Alberigo (che cita come fonti mons. Prignon, Suenens, mons. Charue, mons. Gerard Philips e mons. Carlo Colombo), al fatto che “da due mesi a questa parte Paolo VI ha subito una fortissima pressione da parte dell’estrema destra. Sembra che si sia arrivati al punto di minacciare di far saltare il Concilio nel caso passasse il testo votato sulla Collegialità. Lo si è accusato come dottore privato di inclinare verso l’eresia” ( nota 31 ).
Il claretiano card. Arcadio Maria Larraona il 18 ottobre 1964 inviò una lettera a Paolo VI in cui fra l’altro scrisse: «sarebbe nuovo, inaudito e ben strano che una dottrina (Collegialità episcopale), la quale prima del Concilio era tenuta come meno seria e meno fondata, passasse improvvisamente (…) a divenire certa o addirittura matura per essere inserita in una Costituzione conciliare. Questo sarebbe cosa contraria ad ogni norma ecclesiastica, sia in capo di definizioni infallibili pontificie sia di insegnamenti conciliari anche non infallibili ( nota 32 ) (…). D. Cambiando lo schema della Collegialità , si  cambia il volto della Chiesa?R. Infatti   da monarchica, diventa episcopale e collegiale e ciò in virtù della sola consacrazione episcopale (non parlando della giurisdizione, che viene al Vescovo tramite il Papa). Il Primato papale resta intaccato e svuotato. (…).

D. Come viene presentato mil Pontefice Romano?

R. Non  come la Pietra sulla quale poggia tutta la Chiesa di Cristo (gerarchia e fedeli), non come Vicario in terra di Cristo; non  come colui che solo ha il potere delle chiavi. (…). La Gerarchia di Giurisdizione, in quanto distinta dalla Gerarchia di Ordine, viene scardinata. Infatti, se si ammette che la consacrazione episcopale porta con sé la Potestà di Ordine (sacerdozio) ma anche, per diritto divino, tutte e due le Potestà di Giurisdizione (magistero e governo , nota 33 ) non solo nella propria Diocesi, ma anche nella Chiesa universale, evidentemente la distinzione oggettiva e reale tra Potere d’Ordine e Potere di Giurisdizione diventa artificiosa, nominale, capricciosa e paurosamente vacillante. E tutto ciò – si badi bene – mentre tutte le fonti, le dichiarazioni dottrinali solenni, tridentine e posteriori, proclamano questa distinzione essere di diritto divino. (…).

D. La Chiesa avrebbe vissuto per secoli in opposizione al diritto divino?R. Non solo,ma Ortodossi e in parte i Protestanti avrebbero dunque avuto ragione nei loro attacchi contro il Primato ( nota 34).

Come si vede la dottrina della Collegialità episcopale fu tacciata di favorire l’eresia da numerosi e valentissimi 

Cardinali, Vescovi (Ottaviani, Siri, Parente, Staffa, Carli) e da famosi teologi (Lattanzi, Piolanti) già durante il Concilio 

Vaticano II e nel post-concilio sino ai recenti studi di mons. Brunero Gherardini (Cfr. “Divinitas”, n. 2/2011, p. 188 

ss.). Per quanto riguarda l’ecclesiologia conciliare di Lumen gentium, non ostante la “Nota esplicativa previa”, mons. 

Gherardini osserva che «Dottrina della Chiesa è quanto la sua Tradizione, dagli Apostoli sino ad oggi, presenta e 

propone come tale: la collegialità non ne fa parte».



Note esplicative

 
10 Si equipara il Corpo dei Vescovi al Collegio degli Apostoli, invece i Vescovi pur essendo successori degli Apostoli non ne hanno tutte la prerogative: a) la scelta diretta da parte di Cristo degli Apostoli; b) la giurisdizione data loro da Gesù sulla Chiesa universale.

11 La natura dell’episcopato è collegiale, quindi la Chiesa non è più monarchica.12 Non è esatto perché nel concilio il Papa è il capo e i Vescovi sono il corpo a lui subordinato.

13 Dei tre Vescovi con-consacratori uno solo è il consacrante principale ed efficiente. La presenza degli altri due Vescovi non è necessaria alla 

     validità della consacrazione, ma serve solo a dare maggior solennità alla cerimonia; essi non consacrano e non sono segno della natura 

    collegiale dell’episcopato. Si può fare un’analogia con la Messa solenne, in cui la presenza del diacono e del suddiacono non è necessaria alla 

    validità della Messa (poiché chi consacra è solo il sacerdote celebrante), ma dà solamente maggior solennità alla cerimonia.

14 Non è corretto. Il Papa prima sceglie il futuro Vescovo e gli dà la giurisdizione, poi spetta ancora al Papa il potere di consacrarlo, ma, se egli vuole, può delegare ad un Vescovo il potere di consacrare l’eletto all’Episcopato.
15 No. Il Vescovo prima di essere consacrato deve ricevere la giurisdizione, che viene da Dio tramite il Papa.

16 Permane la novità di un duplice soggetto del sommo potere di magistero e giurisdizione nella Chiesa: Papa e Episcopato, il quale ultimo 

anche per la Nota praevia è subiectum supremae ac plenae potestatis in universam Ecclesiam”. Mentre il soggetto è uno solo il Papa, che se 

vuole fa partecipare l’Episcopato al suo supremo e pieno potere, in maniera temporanea, e non alla pari (in maniera inadeguata) al Sommo 

Pontefice che è la causa del potere di magistero e di giurisdizione per partecipazione dell’Episcopato.

17 Che partecipa stabilmente e adeguatamente o alla pari al potere supremo di magistero e di governo del Papa? Non è esatto.

18 No! Non spiega che prima il Papa concede la giurisdizione nominando uno Vescovo e solo poi viene consacrato tale (v. nota seguente).

19  Infatti pospone la giurisdizione (o comunione gerarchica) alla consacrazione (o al potere d’ordine). Ribadisce la necessità della giurisdizione, ma non la antepone alla consacrazione episcopale, quasi che la giurisdizione venga al Vescovo immancabilmente solo perché consacrato.

20 Il “Collegio dei Vescovi”, che necessariamente e sempre cointende col suo capo” è anch’esso “soggetto di supremo e pieno potere sulla Chiesa universale”. Questa è la grande novità della Lumen gentium, che permane anche nella Nota praevia. Il Papa non è più l’unico soggetto per sua natura del supremo potere di magistero e imperio nella Chiesa universale e solo se vuole può far partecipare, in maniera non adeguata o a alla pari, al suo potere l’Episcopato riunito in concilio o sparso nel mondo, in maniera temporanea e per partecipazione o subordinatamente. La dottrina tradizionale era chiarissima, quella di Lumen gentium è per lo meno ambigua se non erronea gravemente in alcuni punti che permangono in rottura con l’insegnamento tradizionaleanche alla luce della Nota praevia, pur avendo quest’ultima cercato di ribadire alcuni capisaldi della dottrina cattolica.

21  Se 1°) “il Romano Pontefice è il capo del Collegio e può fare da solo alcuni atti, che non competono in nessun modo ai Vescovi”, come si può conciliare questo secondo asserto con il precedente, secondo cui 2°) “il “Collegio dei Vescovi necessariamente e sempre cointende col suo capo […] ed è anch’esso soggetto di supremo e pieno potere sulla Chiesa universale”? Qui si risconta una palese contraddizione che sembra essere stata fatta espressamente per accontentare i padri conciliari di dottrina ortodossa con quelli di dottrina neomodernista. Ma ciò è impossibile “per la contradizion che nol consente” (Dante, Inferno, XXVII, 120).

 
22 Il Concilio ecumenico (CIC, 1917, can. 222-229) partecipa al potere supremo e pieno o totale del Papa e dunque non ha nessun potere totale e supremo indipendentemente dal Papa. Solo il Papa può indire un Concilio ecumenico. Cfr. A. Piolanti, Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1950, vol. IV, coll., 167-173, voce “Concilio”.
 
23 Mentre il conciliarismo o gallicanesimo radicale assegna all’Episcopato un potere, addirittura, superiore a quello del Papa (sine Petro et supra Petrum).
24  Cfr. U. E. Lattanzi, Il primato romano, Brescia, 1961.
25 Delegato dal Papa, al quale solo spetta la nomina e la consacrazione del futuro Vescovo, consacrazione che il Papa può delegare ad un altro Vescovo (CIC, 1917, can. 953).
26  Storico è lo scontro (8 novembre 1963) che ebbe il card. Frings con il card. Ottaviani sulla collegialità. Ottaviani rispose a Frings, che perorava la causa della Collegialità episcopale: “chi vuol essere una pecora di Cristo deve essere condotto al pascolo da Pietro che è il Pastore, e non sono le pecore [i Vescovi] che debbono dirigere Pietro [pastore], ma è Pietro che deve guidare la pecore [i Vescovi] e gli agnelli [i fedeli]. Infatti Gesù disse a Pietro: «pasci i miei agnelli [i fedeli], pasci le mie pecorelle [gli Apostoli]” (Gv., XXI, 15-16)». È dunque chiaro che per il Prefetto del S. Uffizio la Collegialità faceva del pastore (Papa) una semplice pecorella (Vescovo), mentre per la S. Scrittura (Gv., XXI, 15-16), la Tradizione apostolica, il magistero e l’insegnamento unanime dei teologi approvati il Papa è il capo dei Vescovi, è il pastore che conduce le pecorelle (Vescovi) e gli agnelli (fedeli) al pascolo (cielo).
27  AS. , vol. III, cap. III, p. 55.
28  Cfr. S. Th., II-II, q. 39, a. 3.
29  Cfr. S. Th., I, q. 36, a. 2, ad 2; II-II, q. 1, a. 10.
30  F. König, Der Pendelschlag von Konstanz, in Die Furche, 30 luglio 1964.
31  Nastro registrato spedito da mons. Albert Prignon al card. Suenens, fine giugno 1964, F-Prignon, 828, cit. in G. Alberigo (diretta da), Storia del Concilio Vaticano II. La Chiesa come comunione, settembre 1964-settembre 1965, Bologna, Il Mulino, 1999, vol. IV, p. 86, nota 216.
32  Come non è infallibile il Vaticano II, che non ha voluto definire né obbligare a credere, essendo – per esplicita volontà di Giovanni XXIII e di Paolo VI – un Concilio pastorale e non dogmatico. Cfr. card. J. Ratzinger, Discorso alla Conferenza Episcopale Cilena, Santiago del Cile, 13 luglio 1988: «Il Concilio Vaticano II si è imposto di non definire nessun dogma, ma ha scelto deliberatamente di restare ad un livello modesto, come semplice Concilio puramente pastorale» (in “Il Sabato”, n. 31, 30 luglio-5
33 Normalmente in Teologia si parla comunemente di triplice potere: di ordine (sacerdotium), di giurisdizione (imperium) e di insegnamento (magisterium), mentre nel Diritto Canonico si parla solo di due potestà: quella di ordine e quella di giurisdizione, nella quale ultima è compresa anche la potestà di magistero (CIC, 1917, can. 196-210)
34  Normalmente in Teologia si parla comunemente di triplice potere: di ordine (sacerdotium), di giurisdizione (imperium) e di insegnamento (magisterium), mentre nel Diritto Canonico si parla solo di due potestà: quella di ordine e quella di giurisdizione, nella quale ultima è compresa anche la potestà di magistero (CIC, 1917, can. 196-210)
35   Cfr. Brunero Gherardini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2009; Tradidi quod et accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011; Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011; La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, Torino, Lindau, 2011.
36  Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011, p. 101.

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4 commenti

  • Corrado ha detto:

    Il Papa SI, l’antipapa NO (non ha nessuna autorità)

  • Gabriela Danieli ha detto:

    Rev. Don Curzio, a sostegno della VALIDITÀ di tutti i CONCILII (compreso il CVII) validamente indetti dai “legittimi” papi conciliari, e quindi guidati e confermati da Cristo stesso:

    ◾papa Pio XII in Mystici Corporis Christi:
    Cristo illumina tutta la sua Chiesa[…]
    Egli infonde nei fedeli il lume della fede; egli arricchisce in maniera divina i Pastori e i Dottori, e specialmente il SUO VICARIO in terra, dei doni soprannaturali della scienza, dell’intelletto e della sapienza affinché custodiscano con fedeltà il tesoro della fede, lo difendano con coraggio, e piamente lo spieghino e diligentemente lo ravvivino; _EGLI infine, sebbene non visto, PRESIEDE E GUIDA I CONCILII DELLA CHIESA._
    https://www.vatican.va/content/pius-xii/it/encyclicals/documents/hf_p-xii_enc_29061943_mystici-corporis-christi.html

    ◾papa Leone XIII in “Satis Cognitum”:
    … “Con ragione dunque Leone X nel quinto Concilio Lateranense sentenziò:“SOLO IL ROMANO PONTEFICE, temporaneamente in carica, in quanto ha il potere su tutti i CONCILII, HA IL PIENO DIRITTO E L’AUTORITÀ DI INDIRE, TRASFERIRE e SCIOGLIERE i CONCILII; e questo è evidente non solo per testimonianza della sacra Scrittura, delle dichiarazioni dei Padri e degli altri Romani Pontefici e dei decreti dei sacri canoni, ma anche per l’ammissione degli stessi Concilii”. Per la verità AL SOLO PIETRO furono consegnate le chiavi del regno celeste, e a lui, unitamente agli Apostoli, FU DATO, per testimonianza della sacra Scrittura, IL POTERE DI LEGARE E DI SCIOGLIERE…
    https://www.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_29061896_satis-cognitum.html

    GPII si esprime a favore del CVII https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1992/december/documents/hf_jp-ii_spe_19921222_curia-romana.html

    ◾Benedetto XIV:
    … “Per precisarlo ancora una volta:
    finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite,…. soprattutto l’accettazione del Concilio Vaticano II e del magistero post-conciliare dei Papi…
    _la Fraternità NON HA ALCUNO STATO CANONICO NELLA CHIESA, e i suoi ministri – anche se sono stati liberati dalla punizione ecclesiastica – NON ESERCITANO IN MODO LEGITTIMO alcun ministero nella Chiesa.
    […] Non si può congelare l’autorità magisteriale della Chiesa all’anno 1962 – ciò deve essere ben chiaro alla Fraternità. Ma ad alcuni di coloro che si segnalano come grandi difensori del Concilio deve essere pure richiamato alla memoria che il Vaticano II porta in sé l’intera storia dottrinale della Chiesa. Chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non può tagliare le radici di cui l’albero vive”.
    http://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/letters/2009/documents/hf_ben-xvi_let_20090310_remissione-scomunica.html

    ◾BXVI 2012:
    “Le confermo effettivamente che per essere veramente reintegrati nella Chiesa occorre veramente accettare il concilio Vaticano II e il magistero post-conciliare”».

    https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2012/09/28/news/il-papa-ha-scritto-a-fellay-per-rientrare-accettate-il-concilio-1.36381422

    • La Signora di tutti i popoli ha detto:

      Carissima amica Gabry,
      vedo con piacere che sei sempre coerente con il Magistero per difendere il nostro (e di tutta la Chiesa) Concilio V.II e a ricordare che chi non ne riconosca la validità e la sostanza degli insegnamenti è contro il Papa e gli disubbidisce, anche se si chiami Viganò e Fraternità SSPX nel cui seno si nascondono ipocriti e opportunisti sedevacantisti. Da Paolo VI, Discorso al Sacro Collegio, del 23 6 1972:
      “una falsa e abusiva interpretazione del Concilio, che vorrebbe una rottura con la tradizione, anche dottrinale, giungendo al ripudio della Chiesa preconciliare, e alla licenza di concepire una Chiesa “nuova”, quasi “reinventata” dall’interno, nella costituzione, nel dogma, nel costume, nel diritto” .

      Hai fatto bene a evidenziare che la FSSPX oggi non ha alcun ruolo nella Chiesa Cattolica, infatti ne è fuori, qualsiasi cosa abbia stabilito con loro Bergoglio e qualsiasi cosa la FSSPX intenda perseguire con la complicità di quell’impostore. Da B. XVI, Lettera ai Vescovi del 10-3-2009:

      “La remissione della scomunica era un provvedimento nell’ambito della disciplina ecclesiastica: le persone venivano liberate dal peso di coscienza costituito dalla punizione ecclesiastica più grave. Occorre distinguere questo livello disciplinare dall’ambito dottrinale. Il fatto che la Fraternità San Pio X non possieda una posizione canonica nella Chiesa, non si basa in fin dei conti su ragioni disciplinari ma dottrinali. Finché la Fraternità non ha una posizione canonica nella Chiesa, anche i suoi ministri NON ESERCITANO MINISTERI LEGITTIMI nella Chiesa. […] la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri — anche se sono stati liberati dalla punizione ecclesiastica — non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa” . 

      È il momento di ripudiare questi preti di nessun amore per il Papa, Nitoglia -opportunista da sempre- compreso e per primo, e star bene lontani da tutti coloro che si inficiano e corrompono con le loro parole eretiche e che perseguono la confusione dei cuori e la perdita delle anime.
      Gariela, ti abbraccio con affetto e grazie delle tue correzioni fraterne.

  • Paoletta ha detto:

    bentornato Marco!