Riceviamo dall’amico Marco Sgroi e pubblichiamo con grande piacere questo breve reportage da Norcia, impreziosito dall’intervista che l’Abate della nuova Abbazia, Padre Benedetto Nivakoff OSB, ha gentilmente voluto concedergli. (Per la versione inglese, cliccate qui).
Nelle ultime settimane, ho avuto la grazia di trascorrere due giornate indimenticabili presso l’Abbazia di S. Benedetto in Monte, a Norcia: la prima, il 15 giugno, in occasione della celebrazione del 25° anniversario della Comunità, ma anche dell’inaugurazione del nuovo edificio, costruito a tempo di record dopo il terremoto del 2016, e dell’erezione ad Abbazia, intervenuta poco prima, il 24 maggio; la seconda, il 29 giugno, quando Padre Benedetto Nivakoff OSB, già successore di Padre Cassiano Folsom come Priore del Monastero, ha ricevuto la sua benedizione quale Abate della nuova Abbazia.Non voglio dilungarmi troppo sulla cronaca delle due giornate. Dirò solo che il 15 giugno la folla era davvero strabocchevole: oltre 1200 persone, a dimostrazione della devozione di tante persone verso la comunità. Possiamo quasi toccare con mano che ancor oggi la Provvidenza affida a San Benedetto – e, così, ai suoi Monaci – il compito di preservare e difendere la cristianità, così come è sempre stato, storicamente, nei peggiori momenti di crisi che essa ha conosciuto attraverso i secoli.Tutto ciò è stato confermato il successivo 29 giugno, con la benedizione abbaziale di Padre Benedetto. Nel sublime quadro della liturgia tradizionale, i segni utilizzati nel rito per manifestare l’autorità dell’Abate – magnificamente illustrati, nell’omelia che egli ha tenuto, da Padre Cassiano – ci hanno fatto comprendere dal vivo come uno dei fondamentali principi della vita benedettina: Nihil amori Christi praeponere (non si anteponga nulla all’amore di Cristo), si traduca in amore paterno per le anime – in primis dei Monaci, specificamente affidati all’Abate; ma poi di tutti i fedeli – e in servizio allo loro salvezza.Per il resto, mi affido all’eloquenza delle immagini (che troverete in calce), per le quali ringrazio di cuore l’Abbazia; e do senz’altro, finalmente, la parola al Padre Abate, che, con la sua consueta amabilità, ha accettato di concedermi una breve intervista, destinata a Messa in Latino.
La comunità monastica di Norcia ha festeggiato i suoi primi venticinque anni di vita. Quali sono stati i momenti salienti di questo ormai lungo periodo, cioè quelli in cui avete potuto scorgere l’intervento, la guida e la protezione della Provvidenza sui Monaci e sul Monastero?Si dice spesso che i momenti più stressanti della vita sono la morte e il trasloco. Anche per i monaci, che in realtà sono solo uomini normali che cercano di vivere una vita un po’ insolita, questo è stato vero. Nel 2000, poco dopo l’erezione canonica della comunità (12 giugno 1999), essa ha perso la sua prima casa. Inizialmente concepito come monastero a servizio di Sant’Anselmo, che non aveva monaci stabili, Dio ha mostrato di avere altri progetti per la nostra giovane comunità. L’arcivescovo di Spoleto Norcia di allora, Mons. Riccardo Fontana, era alla disperata ricerca di monaci che potessero occuparsi della Basilica appena restaurata nel luogo di nascita di San Benedetto. La nascente comunità di Roma stava pregando per avere una sede permanente. La mano di Dio ha fatto incontrare le due cose.Un secondo momento ha avuto a che fare con la quasi morte e con la battaglia del nostro ammirato fondatore contro il cancro, il mieloma multiplo. I monaci hanno assistito scioccati alla chemioterapia e ai trapianti di cellule staminali (provenienti dalle sue stesse cellule) che lo hanno portato gradualmente vicino alla morte e poi di nuovo alla vita. Osservare un familiare stretto in questa situazione può portare ad avvicinarsi a Dio o ad allontanarsi da Lui. Nel nostro caso ha significato confidare davvero che la nostra comunità fosse nelle mani di Dio e che la purificazione del nostro fondatore nella malattia fosse anche parte della nostra conversione.Poi, naturalmente, c’è stato il terremoto del 2016, che ha toccato sia il tema del movimento che quello della morte. Il terremoto ha distrutto la basilica, il monastero, la nostra casa per 16 anni e, soprattutto, la casa di San Benedetto. In meno di 6 secondi, tutto ciò che pensavamo fosse “nostro” è scomparso. Da quel giorno abbiamo dovuto ricominciare completamente da capo e, sebbene sia stato difficile per molti versi, ci ha permesso di riflettere costantemente sul mistero della morte di Cristo, della perdita di tutto e della speranza in una nuova vita da Lui, e non da noi stessi.Questi anni sono stati segnati anche dal terremoto, che ha colpito duramente la comunità, privandola della Basilica. Che cosa ha rappresentato per i Monaci, sotto il profilo pratico e sotto quello spirituale, questo evento così drammatico?Credo che la mia risposta precedente abbia già affrontato la questione. Posso solo aggiungere che siamo stati aiutati da migliaia di persone in tutto il mondo. Una tragedia apparente ha portato molte persone a San Benedetto e a Dio. Hanno pregato per noi, hanno donato ai nostri fondi per la ricostruzione e hanno acquistato la nostra birra. In quest’ultimo caso hanno ricevuto immediatamente qualcosa in cambio!Lo scorso 24 maggio il Monastero è diventato Abbazia: quali sono il significato e la portata di questo importante cambiamento?Diventare un’Abbazia significava eleggere il nostro primo abate, ma tradizionalmente è proprio perché si ha un abate che si è un’Abbazia. Questa parola ha origine da Abba, una parola che nelle Scritture significa sia il Padre di Cristo che Cristo stesso come padre. In quest’ultimo senso significa che l’uomo che guida la comunità non è semplicemente un superiore, un capo o un amministratore, ma un uomo chiamato a lasciare le 99 pecore e ad andare a cercare quella smarrita, un uomo chiamato a morire per i suoi monaci, a morire per la Verità.Può dirci due parole sulla figura di Padre Cassiano, fondatore della comunità?Egli rimane un padre spirituale per i monaci e per tante persone nel mondo. La sua stabilità interiore ed esteriore è stata un’icona di ciò che dovrebbe significare la Chiesa: una roccia che stabilizza, un medico che cura, un padre che incoraggia, una madre che consola.La celebrazione del 25° anniversario, cui hanno partecipato centinaia e centinaia di persone, e l’erezione abbaziale, hanno dimostrato che la comunità di Norcia è particolarmente fiorente, e particolarmente amata dai fedeli. Quale può essere il ruolo del monachesimo tradizionale, secondo la regola di S. Benedetto, per il risorgimento ecclesiale che tutti attendiamo?La nostra esperienza (anche quella di San Benedetto stesso, se si legge attentamente la sua vita) è che solo quando si è veramente pronti a perdere tutto si può ricevere, e ciò che si riceve non è sempre ciò che si vuole. Abbiamo dovuto smettere di pianificare i prossimi 1000 anni, o i prossimi 100 anni, e cercare di accontentarci di questo solo anno, di questo solo giorno. Da tempo ci stiamo preparando alla nuova primavera della Chiesa, ma almeno in termini di numeri – che erano importanti anche per Cristo, che ci ha detto di battezzare tutte le nazioni – questa primavera sembra ancora piuttosto lontana. Dobbiamo ripartire dalla Croce e dalla tomba vuota. Unendo le nostre sofferenze a quelle dei primi discepoli, le cui speranze in un trionfo mondano sono state tutte apparentemente stroncate, possiamo imparare a riporre la nostra fiducia non negli uomini, ma in Dio. Solo lui può far risorgere la chiesa, ma forse solo da quando accettiamo di aver perso tutto.
15 giugno 2024
Il discorso del Padre Abate
Una parte del pubblico
Il taglio del nastro
Due giorni davvero indimenticabili!
Anche per la vistosa assenza del Vescovo di Spoleto-Norcia, che avrebbe potuto / dovuto gioire con i monaci e con i loro numerosissimi ospiti ma non lo ha fatto. E forse, meglio così… Con i suoi paramenti post-conciliari e la croce simil-bergogliona di peltro al petto avrebbe sfigurato al cospetto dell’abate Padre Benedetto, ricoperto di maestà e splendore pontificali.
Nel giorno della ricorrenza del grande Santo Benedetto da Norcia, patrono d’Europa, trovo giusto e doveroso, per onorare il Santo, le nostre coscienze, ed il grande bisogno di verità, di cui oggi necessita la Chiesa e da lì l’Europa e il mondo intero… riportare alla memoria, ancora una volta, parte del discorso di commiato di un altro grande “santo”, che è stato Papa BXVI, ultimo legittimo Papa della Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica e che del patrono d’Europa ha portato degnamente e santamente il Nome, mantenendolo e “conservandolo” per sempre…………. “Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano. In una bella preghiera da recitarsi quotidianamente al mattino si dice: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano…». Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere! Ringraziamo il Signore di questo ogni giorno, con la preghiera e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo!…..In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo.Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi.Qui permettetemi di tornare ancora una volta al 19 aprile 2005. La gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore. Sempre – chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy. Appartiene sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa. Alla sua vita viene, per così dire, totalmente tolta la dimensione privata. Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita proprio quando la dona. Prima ho detto che molte persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della vostra comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui. Il “sempre” è anche un “per sempre” – non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio.”…….(Ultima Udienza Generale di Papa BXVI,27/02/2013)……….San Benedetto da Norcia e Papa BXVI intercedete e pregate il Signore per noi!
Grazie EA per questa stupenda testimonianza di vera cristiana che sa riconoscere e seguire il Buon Pastore Benedetto che col suo esempio ci ha indicato la via per uscire dalla Grande impostura religiosa in atto.
Ma ora più che mai, spetta al gregge di Cristo ammonire i vescovi e i cardinali apostati, affinché DISCONOSCANO l’impostore iniquo ed ELEGGANO il Petrus Romanus, legittimo successone di papa Benedetto XVI, così da permettere a Gesù di tornare finalmente a governare la Sua Chiesa attraverso di lui.
Il tuo “grazie”, carissima Gabriela, mi riscalda il cuore, e non può che gratificarmi, nella piena consapevolezza della mia piccolezza e grande indegnità! Esortare i nostri Vescovi, i nostri Sacerdoti, e a seguire tutti i nostri fratelli, è senz’altro fondamentale e necessario, nel vivo desiderio di appartenere e rimanere all’interno della Santa Chiesa, in Comunione con il legittimo Successore di Pietro…il Signore ci Illumini, ci Guidi e ci Doni sempre il coraggio e la perseveranza nella Fede e nella Testimonianza… una preghiera poi al Signore affinché tutti coloro che sono ormai da tempo a conoscenza e consapevoli della situazione, Vescovi e Sacerdoti compresi, aprano i loro cuori alla Volontà e al Disegno Divino!
Quanta sapienza in una riga:
ora ET labora ET lege ET noli contristari.
Importantissimi gli ET in una “cultura” postmoderna di out.
Non è un refuso: il postmoderno è “fuori”.
Sta fuori e ti impone i suoi out (aut) out (aut).
Senza dimenticare chi della regola benedettina fa strame riducendola all’attivismo.
Invece il lege conta e conta anche il noli contristari.
Un mondo deprimente di depressi drop-out non lo sa più.