Il Cardinale Kurt Koch Risponde a Mons. Marian Eleganti sul Documento sul Primato Papale.

17 Giugno 2024 Pubblicato da 9 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione, nella nostra traduzione, questa lettera aperta del card. Kurt Koch in risposta a quanto scritto da mons. Marian Eleganti nei giorni scorsi. Buona lettura e diffusione.

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Lettera aperta del cardinale Kurt Koch al vescovo ausiliare emerito Marian Eleganti

Il Vescovo ausiliare emerito ha reagito alla pubblicazione del documento “Il Vescovo di Roma” da parte del “Dicastero per l’unità dei cristiani”. Marian Eleganit con una “prima, spontanea reazione al nuovo documento sull’esercizio dell’ufficio di Pietro”. Gli risponde in una lettera aperta il cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per l’Unità dei Cristiani..

Lettera aperta
sulla “prima reazione spontanea” al documento di studio “Il Vescovo di Roma”

Caro Vescovo Marian Eleganti
Ho letto la tua “prima reazione spontanea” al documento pubblicato dal “Dicastero per l’unità dei cristiani” sull’esercizio del primato papale in prospettiva ecumenica e ho dovuto constatare con grande disappunto le mostruosità che hai inserito in questo documento e quindi anche verso di me, presumo. Perché ciò che scrivi su questo documento naturalmente riguarda anche e soprattutto me come redattore di questo documento. Devo quindi innanzitutto ricordare che questo documento non è un testo di insegnamento, ma un testo di studio che offre una sintesi delle risposte che le diverse Chiese cristiane hanno avuto all’enciclica Ut unum sint di Papa Giovanni Paolo II e ai risultati dei dialoghi ecumenici su questo argomento che ha avuto luogo negli ultimi decenni. Se si prende sul serio la natura di un testo del genere, è impossibile identificare semplicemente le affermazioni in esso citate con le convinzioni del redattore. Inoltre non si tratta di una dichiarazione dottrinale della Chiesa cattolica, ma piuttosto di un documento di studio con suggerimenti per ulteriori discussioni ecumeniche.

In termini di contenuto, la tua affermazione all’inizio della tua dichiarazione è semplicemente sbagliata; secondo cui nel documento vaticano l’accettazione della giurisdizione papale cattolico-romana da parte di altri cristiani è vista come un “criterio per la sua validità e legittimità” e di conseguenza il papato diventerà allora nuovo e quindi compreso o praticato in modo diverso rispetto a prima. Le affermazioni dei dialoghi ecumenici citate nel documento non vengono presentate come “criterio di validità e legittimità” dei dogmi papali, ma come contributi destinati a servire a rafforzare le idee dei Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI a proseguire e approfondire il dibattito ecumenico auspicato e promosso circa l’esercizio concreto del primato papale, nella chiara consapevolezza che tutti i suggerimenti contenuti nel documento non saranno decisi dai teologi, ma dal Papa.

Non si tratta quindi affatto di adottare i dogmi papali del Concilio Vaticano I. Il documento non ricalca in alcun modo la tua sintesi, un po’ semplicistica: “Dimenticate la dogmatizzazione del primato giurisdizionale romano nel Vaticano I e ritornate al periodo della Riforma, al primo millennio e in generale al periodo apostolico”. Al contrario, il documento propone che, considerando il Concilio Vaticano I, la Chiesa cattolica cerchi nuove forme di espressione e un nuovo vocabolario, che però resti fedele all’intenzione originaria e si integri nell’ecclesiologia di comunione, nella quale nientemeno che l’allora cardinale Joseph Ratzinger vide “il vero cuore del Vaticano II”, più precisamente “la cosa nuova e allo stesso tempo del tutto originale che questo Concilio ci ha donato”.

Inutile dire che una tale ricollocazione dei dogmi papali del Concilio Vaticano I alla luce del Concilio Vaticano II rientra nell’autorità del magistero della Chiesa, così come lo stesso Concilio Vaticano II ha intrapreso tale ricollocazione. Come cattolico, suppongo che la guida della Chiesa da parte dello Spirito Santo non si sia fermata al Vaticano I, ma che lo Spirito Santo abbia accompagnato la Chiesa anche durante il Vaticano I e continui a farlo anche oggi. Dalla tua affermazione non mi è chiaro se condividi questa convinzione. Perché da un lato tu sottolinei – giustamente – la perdurante validità del Concilio Vaticano I, mentre dall’altro criticho il Concilio Vaticano II in modo del tutto idiosincratico, accusandolo, ad esempio, di aver “diluito semanticamente” l’immagine di sé e le rivendicazioni della Chiesa cattolica.. Sono consapevole che il “subsistit in” utilizzato nella costituzione ecclesiastica “Lumen Gentium” viene interpretato in modo errato da vari teologi, cioè non alla luce della confessione di Cristo. Ciò però non cambia il fatto che si tratta di una decisione dottrinale di un concilio che non va messa in discussione ma va interpretata correttamente. Ci sono anche interpretazioni autentiche del “subsistit” di Papa Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI che vanno decisamente in una direzione diversa dalla tua.

Per favore permettimi di fare un’altra domanda. Mi colpisce stranamente quando ora pretendi il primato giurisdizionale del Papa e l’obbedienza ecclesiastica alle decisioni dottrinali papali in modo assoluto; ma in dichiarazioni precedenti hai rivendicato la tua libertà di mettere in discussione o addirittura di rifiutare molte delle decisioni giurisdizionali dell’attuale Papa.. Non riesco a capire come le due cose possano andare insieme.

Ma torniamo alla tua visione di uno dei punti cruciali in termini di fede, che non posso escludere dal tuo intervento. Tu scrivi che nel documento citato si separa l’umano dal divino riguardo all’ufficio papale e si pretende che il papato sia «legge divina e umana », e ciò si afferma «per rendere particolarmente storico il suo esercizio giurisdizionale». e relativizzarlo criticamente”, e questo significa “non credere nella Chiesa come istituzione divina”. Tuttavia, la tua dichiarazione oltraggiosa non trova alcun fondamento nel documento.

Sai quanto me che anche il dogma cristologico di Calcedonia parla di Gesù Cristo come di una persona dotata di due nature, divina e umana. E in analogia alla confessione di Cristo, la costituzione del Concilio Vaticano II dice qualcosa di simile a proposito della chiesa: «La società dotata degli organi gerarchici e del corpo misterioso di Cristo, l’assemblea visibile e la comunità spirituale, la chiesa terrena e la Chiesa dotata dei doni celesti non sono “da considerarsi come due entità diverse, ma costituiscono piuttosto un’unica realtà complessa, che cresce insieme dagli elementi umani e divini” (“Lumen Gentium”, n. 8). Mentre per te la Chiesa è evidentemente una “realtà divina”, il Concilio parla invece di “un’unica realtà complessa”.

Ma se c’è anche un elemento umano in Cristo e nella Chiesa, come può il papato, come tu affermi, essere divino senza alcun elemento umano? Se così fosse, Papa San Giovanni Paolo II non avrebbe mai dovuto distinguere tra la natura del primato papale e la forma del suo esercizio concreto e invitare i cristiani di altre Chiese ad entrare in dialogo con lui sull’esercizio del primato papale in per raggiungere una forma che possa essere adottata anche da altre chiese. Ma questo è proprio ciò che ha fatto il Santo Padre nella sua enciclica sul lavoro ecumenico, “Ut unum sint”, perché era convinto che il ristabilimento dell’unità dei cristiani è la volontà del Signore e che anche lui doveva essere obbediente a questa volontà. Era quindi sua profonda convinzione che al Papa fosse affidato il servizio dell’unità non solo della sua Chiesa cattolica romana, ma di tutti i cristiani, e che il suo ufficio trovasse “la sua particolarissima spiegazione” nel campo dell’ecumenismo.

Questa distinzione fatta da Papa Giovanni Paolo II tra la natura del primato e la forma concreta del suo esercizio è stata fatta anche da Papa Benedetto XVI. e il relativo invito all’ecumenismo è stato rinnovato, ad esempio in occasione dell’incontro con i rappresentanti delle Chiese ortodosse a Friburgo nel settembre 2011: «Sappiamo che è soprattutto con la questione del primato che dobbiamo continuare a lottare con pazienza e umiltà per comprenderla adeguatamente. Penso che le riflessioni sulla distinzione tra natura e forma dell’esercizio del primato, che Papa Giovanni Paolo II ha fatto nell’enciclica Ut unum sint (n. 95), possano continuare a darci feconda ispirazione.

Cito volutamente questi testi per chiederti di comprendere che devo astenermi dall’essere accusato di gravi eresie quando riprendo e continuo un tema importante del Magistero dei Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Il “Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani” è stato ed è guidato da questa preoccupazione; e alla luce delle tue accuse, devo ai miei colleghi sottolinearlo per salvare il loro onore ortodosso.

Ti sono grato che descrivi la tua affermazione come la “prima reazione spontanea”. Questo è davvero quello che è. E senza dubbio avresti fatto bene a studiare la questione in dettaglio prima di pubblicare la tua dichiarazione. Ti chiedo anche di includere in questo studio l’enciclica innovativa “Ut unum sint” di Papa Giovanni Paolo II e gli insegnamenti ecumenici di Papa Benedetto XVI. Spero che allora potrai vedere che anch’io sono impegnato nelle istruzioni dottrinali di questi Papi e continuerò a sforzarmi di seguirle.

Per il resto, apprezzo la tua passione per la chiarezza e la purezza della fede cattolica, e sono fondamentalmente d’accordo con gran parte di ciò che hai scritto nella tua dichiarazione. Ma per il bene dei credenti, non posso permettere che resti in piedi il modo in fraintendi e condanni il documento del “Dicastero per l’unità dei cristiani”. Così facendo non hai creato chiarezza, ma piuttosto confusione. Perché se la passione per la chiarezza non riguarda l’insieme della fede e il suo autorevole annuncio da parte dei pontefici, c’è il pericolo che la passione per la chiarezza possa scivolare nel soggettivo e allora il soggettivo possa diventare esso stesso giudice del magistero della Chiesa .

In questa preoccupazione condivisa, ti auguro la benedizione di Dio e ti saluto affettuosamente

Kurt Card. Koch

Vaticano, 16 giugno 2024

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9 commenti

  • Fritz ha detto:

    Grazie a Dio per averci donato la Signora dei Popoli Tutti.

  • Dino Brighenti ha detto:

    Solo ciacoe bergoglio non è papa ma solo un impossibile distruttore della Chiiesa

  • Dott. Mendonca Correia ha detto:

    Dalla Lettera circolare dal Prefetto della Sacra Conggregazione per la Dottrina della Fede, Alfredo Cardinale Ottaviani, ai presidenti delle Conferenze episcopali circa alcune sentenze ed errori insorgenti sull’interpretazione dei decreti del Concilio Vaticano II

    2. Per quanto concerne la dottrina della Fede, si dice che le formule dogmatiche siano a tal punto sottoposte all’evoluzione storica che il loro stesso senso oggettivo è soggetto a cambiamenti.

    (In: Emilio Cavaterra, “Antologia del dissenso cattolico”, Torino 1969, pp. 141-2.)

    • La Signora di tutti i popoli ha detto:

      Mi accorgo solo ora del post del dott. CORREIA e, mi sembra, che la frase citata al punto due senza virgolette possa essere interpretata pericolosamente erronea e deviante per i fedeli cattolici se non viene inserita prima nel contesto dal quale è stata tratta. Infatti a me non piace come è stata proposta e può indurre ad errore o forse è stata scritta per indurre in errore.

      La materia dogmatica ha un valore permanente ed immutabile nelle sue formule, il cui contenuto è sempre valido e non negoziabile, ma la Chiesa, fermo restando quanto ho appena affermato, cerca in ogni tempo di trovare la forma e i modi per raggiungere il Popolo di Dio affinchè possa avvenire la comprensione della materia dogmatica e l’adesione alle verità che essa afferma, esprimendosi in base alla maturità dei tempi e in connessione dei luoghi della convivenza umana. Questo “adattamento” dinamico della Chiesa alle persone, ai tempi e ai luoghi è descritto nella L’INTERPRETAZIONE DEI DOGMI del 1990, della Commissione teologica Internazionale presieduta da Ratzinger.
      Colgo l’occasione di precisare, perchè sia chiaro, che detto studio si è preoccupato di prendere in considerazione e rendere presente non solo la dottrina del CV II, ma di tutti i Concilii della Chiesa a partire di quello di Nicea ad oggi. E inoltre ribadisce che il senso “oggettivo” dei dogmi non cambia ma si spiega in modo nuovo adattandosi ai tempi nuovi:

      “Nel corso della storia, la Chiesa non aggiunge nulla di nuovo al Vangelo, ma annuncia Cristo in una maniera nuova. In tale evangelizzazione il posto dei dogmi, come pure il loro significato teologico, vanno intesi in tale senso.”
      Alla prossima dott. Correia: tenga a mente che a Ratzinger non lo si fa fesso!!

      • Dott. Mendonca Correia ha detto:

        Il “nuovo modo di annunciare Cristo” ha significato scambiare il linguaggio atemporale, chiaro e inequivocabile, tipico della Chiesa Cattolica con un linguaggio transitorio, dai significati variabili e spesso equivoci, tipico di questo mondo, come ha giustamente sottolineato, ad esempio, Alessandro Gnocchi.
        Paradossalmente, la società odierna, dominata dal linguaggio informatico, esige che “il nuovo modo di annunciare Cristo” torni ad essere “il vecchio modo di annunciare Cristo”, perché esige che il contenuto del Messaggio sia annunciato con estrema rapidità e chiarezza, pena la sua incomprensibilità.
        La dichiarazione (non vincolante) della Commissione Teologica Internazionale del 1990 è un sottoprodotto della cosiddetta “generazione degli anni ’60”, il cui linguaggio è stantio, per non dire obsoleto. Non importa che sia stata firmata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger. I fatti sono sotto gli occhi di tutti. La realtà ha superato la finzione.

  • La Signora di tutti i popoli ha detto:

    Vedo che nessuno ha fatto un intervento concreto (ed intelligente, compreso l’unico polemico che nega la necessità di un recupero dei fratelli cristiani separati) sulla discussione sorta tra il Card. Koch a Mons. Eleganti. Mi rendo conto che non è facile perchè bisogna avere un certo bagaglio e conoscere la storia “ecumenica”, il pensiero di Pio XI ( Mortalium animos), il Vaticano II e le varie recenti evoluzioni…o almeno conoscere la “Ut unum sint”.

    L’argomento su cui contendono i due alti prelati sul blog non è stato messo in luce per i lettori e dunque non si capisce il perchè si danno addosso, a cosa vanno a parare e su che cosa fanno le loro deduzioni e controdeduzioni.
    Conosco già il vescovo Eleganti che non ha certo una buona penna e, nella sua prolissità e mancanza concettuale di sintesi, si fa capire ben poco. In effetti egli critica, credo, non tanto la enciclica “Ut unum sint” (di Giovanni Paolo II, ma le norme interpretative di Bergoglio pubblicate recentemente in un documento chilometrico di 150 pagine (vds: http://www.christianunity.va/content/unitacristiani/it/news/2024/2024-06-13-il-vescovo-di-roma-nuovo-documento-dpuc.html ).
    Una cosa che mi è piaciuta poco di m. Eleganti sta in questa frase che per combattere Bergoglio (che naturalmente fa finta di essere un elemento di continuità col CV II) impugna il Concilio V II con una affermazione inaccettabile:
    ” i Padri conciliari hanno diluito semanticamente questa affermazione irrevocabile (subsistit) per apparire più inclusivi e meno esclusivi, per non ferire alcun sentimento e per riconoscere ed evidenziare i validi elementi di verità e le strutture sacramentali dei cristiani separati da essa.”
    È il tipico comportamento del marito che per far dispetto alla moglie taglia una parte di se piuttosto che dare un colpo in testa alla consorte.

    Il card. Coch invece di argomentare i motivi del suo documento e spiegare concretamente lì dove sbaglia Eleganti, si offende poverino, ma non dice perchè sia stato necessario metter mano ed integrare i principi nati dal C.V. II e poi affermati dall’ “Ut unum sint” …in pratica dice a Eleganti: “vatteli a leggere e non farci perdere tempo.”

    Poichè non sono riuscita a leggere tutto il lungo documento di Bergoglio posso solo azzardare delle ipotesi per le quali si sia deciso di metter mano alla Enciclica “Ut unum sint” che come sappiamo nasce da una costola importante del C.V. II: il decreto: “Unitatis Redintegratio”.

     Innanzitutto Bergoglio fa finta di aderire all’ “idea Ecumenica” per realizzare (con la scusa” lo ha detto anche Giovanni Paolo II e lo ha detto pure Benedetto XVI) perchè se ne impipa altamente del recupero dei fratelli cristiani separati. La ragione (a me) sembra essere quindi nelle azioni tipiche di Bergoglio che hanno un duplice obiettivo: integrare e inglobare -sotto la sua direzione letale – i fratelli cristiani separati in quella che sarebbe la sua idea di religione global-sincretista abbozzata di fatto nel documento di Abu Dhabi, in altre parole fare di costoro una fascia aderente alla religione di “todos todos” e levarseli dalle scatole in una azione ecumenica che è incapace di portare avanti. Una parte del documento infatti cerca (inutilmente e senza senso poichè è di carattere divino la potestas di Pietro, che ha origine dalla Parola) di rinforzare la sua figura del “Papa” come elemento cardine della azione “ecumenica”, chiamiamola così…
    Altro motivo essenziale, naturalmente, è portare a termine la sua azione distruttrice, eliminando le Chiese separate, tacitando quindi la loro recentissima resistenza e combattività alle sue eresie, non certo ultima a quella della “Fiducia Supplicans”, largamente osteggiata da Ortodossi & C.
    Non posso dedurre altro dalle mie, non poche in verità, conoscenze dotrinali. Ma sono pronta a giurare che esiste un caos totale, quello che si vive in Vaticano, dove se non c’e certezza di un vero papa, non c’è più certezza di efficacia della vera Dottrina, e si è soggetti più alle paturnie degli aficionados di Bergoglio inseriti ovunque nei posti cardine che alla eterna legge di Dio. Tutto ciò che lì a Roma nasce, viene disposto e pubblicato, ha il valore esatto di chi siede sul trono di Pietro: zero!

  • Mario ha detto:

    Senza entrare nel merito della questione del primato petrino, sembra che il cardinal Koch abbia un problema a monte, ovvero il pensare che i dogmi possano essere “ricollocati”, termine della nuova lingua orwelliana (pardon, bergogliana) ecclesialese che sostituisce l’antipatico vecchio termine “riscritti”. Ma è un problema comune a tutti coloro che si riconoscono nel “progressismo”, che pensano ottimisticamente che il vecchio vada buttato via e che vada sostituito da un “nuovo” sempre e comunque ottimo (perché a loro immagine e somiglianza).
    Tutto il contrario del Gesù Cristo, lo stesso, “ieri, oggi e sempre”.

  • Christianus ha detto:

    Continuano a cianciare con questo subsist per non ammettere di negare nei fatti e nelle parole il Credo Niceno Costantinopolitano, quel “Credo Unam Sanctam Catholicam Apostolicam Ecclesiam. ” Questa è eresia!
    La Chiesa trionfante è Cattolica ed Apostolica, così come quella Purgante. Essa trova unità nella medesima fede tramandata da duemila anni. La Chiesa terrena con simili sotterfugi potrebbe trovare unità con tutte le sette ereticali di questo mondo, ma, rinnegando la propria unicità, rigettando il piano di Cristo, la sua società fondata su Pietro e sui suoi successori, scismando di fatto dalla Chiesa Ultraterrena. Coloro i quali rompono l’unità con la chiesa celeste, sono fuori da quella terrena e come ribadito da duemila anni, scomunicati e destinati al fuoco eterno. Peggio ancora se di simili colpe si macchiano ecclesiastici o addirittura papi!

    • La Signora di tutti i popoli ha detto:

      da Giovanni 17:
      “Ut omnes unum sint” –
      Caro amico, assai poco CHRISTIANUS e ancor meno (alias) CATHOLICUS: lei dovrebbe calmare la sua piccola presunzione e considerare che se la Mortalium animos di Pio XI fu scritta per le intemperanze dei dissidenti allontanatisi dalla Chiesa Cattolica è ancora valida perchè si applica non più a quelli ma a lei! L’ecumenismo che lei sembra ricordare, quello di Pio XI: in lei ha le stesse intemperanze che la fanno negatore e ostile contro uno degli elementi più importanti della comunità ecclesiale: l’ “unità” e l’amore per i fratelli in un dovere comune e una ricerca continua di apostolato e di missionarietà.

      “Coloro i quali rompono l’unità con la chiesa celeste, sono fuori da quella terrena e come ribadito da duemila anni, scomunicati e destinati al fuoco eterno?”

      Questa sua frase è vera ma non è sofferta nell’essere pensata e scritta da lei… Da lei non viene l’amore per i fratelli, valido, forte e soprattutto richiestoci dal Cristo come quello, per i nemici, ma da una suo ingiusto -ed illecito dottrinalmente- allontanamento dal comandamento dell’amore del prossimo. Se è vero che molti cristiani si sono divisi, è anche vero che molte colpe non sono tutte loro, anzi sono tramandate da generazione in generazione colpe che gli ultimi “eredi” non capiscono ma che vivono quasi per consuetudine… ma è gente come lei e me e ha ancora la facoltà e la possibilità di capire e di scegliere. Se tale divisione si è solidificata in termini di principi e verità di fede negate da costoro è anche vero che la vera divisione può essere sciolta… purchè non viva però nei cuori delle persone e nella volontà di non affrontare un riavvicinamento, seppur difficile. Ebbene uno di quei cuori ostili e separati sembra proprio il suo. Lei, che non offre una mano, una preghiera, una possibilità, lei allora per primo appare scomunicato e destinato al fuoco eterno. Lei è fuori della Chiesa se non piega il capo alla eterna Dottrina, servita dal Magistero di ogni Papa che ha il dovere di tentare con le opere, di pregare con ogni gemito che Dio conceda soprattutto ai cuori, piuttosto che alle eresie, di sciogliersi. E questo, in virtù del nostro sacerdozio battesimale, riguarda anche noi: amare e cercare insieme di capire e far capire, sperare e credere in una rappacificazione, non vuol dire cedere neanche un millimetro in ciò che onoriamo recitando il Credo.
      Mi piace pensare che essere uniti possa anche renderci lieti…da Paolo 1 tes 5:
      “Siate sempre lieti. Pregate continuamente, e in ogni circostanza ringraziate il Signore. Dio vuole che voi facciate così:
      vivendo uniti a Gesù Cristo. “

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