La Relazione Universale. Il Matto.
15 Giugno 2024
Marco Tosatti
Carissimi StilumCuriali, il nostro Matto offre alla vostra attenzione queste riflessioni sulla Relazione Universale…buona lettura e condivisione.
§§§
LA RELAZIONE UNIVERSALE
«Quel che tento di tradurvi è più misterioso,
s’aggroviglia alle radici stesse dell’essere,
alla sorgente impalpabile delle sensazioni»
Joachim Gasguet, Cézanne
*
«Amor, la tuo beltà non è mortale:
nessun volto fra noi è che pareggi
l’immagine del cor, che ’nfiammi e reggi
con altro foco e muovi con altr’ale».
Michelangelo Buonarroti, Rime 49
*****
Quando ciascuno, in quanto soggetto, vede una persona, una nuvola, uno fiore, un albero, una stella, la luna, il sole e via dicendo, vi entra in RELAZIONE: soggetto e oggetto si coniugano nella PERCEZIONE, che realizza momento per momento, in un presente che non trascorre e in cui tutto trascorre e si rinnova, il miracolo della RELAZIONE UNIVERSALE. Nella percezione, lo SPIRITO, che è Uno, come uno è il mondo e uno l’uomo, anima ogni soggetto e ogni oggetto; ESSO è il punto d’origine (ALFA) e di convergenza (OMEGA) di entrambi.
«Relazione è da ricollegarsi al latino relatio, a sua volta da relatus, participio passato di referre = riferire, riportare, stabilire un legame, un rapporto, un collegamento» (etimoitaliano.it).
La Percezione-Relazione si dà anche quando si ascolta, si tocca, si gusta e si odora, e ovviamente anche quando si pensa, si parla, si agisce.
Non c’è un solo momento – che è questo momento! – in cui il soggetto non sia in relazione con l’altro da sé, con un daccanto distinto ma non separato, che, alla lettera, lo fa esistere. Per esempio: il soggetto sa, momento per momento – in questo momento! – di essere in relazione con l’aria che respira? È grato all’aria – l’altro da sé che gli è daccanto – senza la quale nessuna vita – quindi lo Spirito – lo animerebbe, e nessun pensiero e nessuna parola gli sarebbero possibili? Davvero il sussistere di un soggetto irrelazionato, auto-sufficiente, indipendente dall’altro da sé, è impossibile: la Relazione si configura perciò come COMUNANZA.
La Relazione, come la Percezione, accade da sé, precisa e puntuale, quindi non dipende dalla volontà del soggetto: se ci si trova di fronte ad un gatto, lo si vede perché lo si vede, non perché si decide di vederlo; così un suono di campana: lo si ascolta perché lo si ascolta, non perché si decide di ascoltarlo; lo stesso per la voce di una persona o per la persona stessa. La Percezione-Relazione-Comunanza si stabilisce in virtù di un “collante” super-sensoriale e super-cerebrale, perciò umanamente invisibile, inudibile, intoccabile, ingustabile, inodorabile, impensabile, indicibile e inagibile, «sorgente impalpabile delle senzazioni» (Gasguet), «altro foco e altr’ale» (Michelangelo).
Questo collante, come già detto, è lo SPIRITO, di cui Ildegarda di Bingen esclama:
«O fuoco dello Spirito consolatore,
vita della vita di tutte le creature,
santo sei tu che animi il creato […]
O Tu, potente via che tutto attraversa
in alto, nei cieli, in basso sulla terra
e in tutti gli abissi,
Tu unisci e racchiudi ogni cosa in una.
Fluttuano le nuvole attraverso te,
soffiano forte i venti
gocciolano le pietre
e i ruscelli sgorgano dalle fonti.
Tu fai spuntare il verde dalla terra».
Il verde della terra: la viriditas … il colore invisibile dello Spirito «Dominum et vivificantem».
Abbiamo osservato che la Relazione si stabilisce da sé, indipendentemente dalla volontà del soggetto, quindi degli innumerevoli soggetti che in ogni tempo ed ogni spazio ne vengono coinvolti, qui sorgendo il tema – ma anche la difficoltà – della CONSAPEVOLEZZA:
«derivata da consapere, composto di con e sapere, questa parola non denota un superficiale essere informati, né un semplice sapere, e si diparte anche dalla conoscenza, più intellettuale. La consapevolezza è una condizione in cui la cognizione di qualcosa si fa interiore, profonda, perfettamente armonizzata col resto della persona, in un uno coerente. È quel tipo di sapere che dà forma all’etica, alla condotta di vita, alla disciplina, rendendole autentiche». (unaparolaalgiorno.it).
Da notare la coincidenza fra i verso di Ildegarda «Tu unisci e racchiudi ogni cosa in una» riferito allo Spirito e «in un uno coerente» che l’illustrazione dell’etimo riferisce alla Consapevolezza nel soggetto, da ciò potendosi dedurre la Relazione-Comunanza – intima! – fra lo Spirito ed il Soggetto. Relazione, si noti, senza la quale non si darebbero né lo Spirito né il Soggetto! Senza il tre della Relazione, l’uno dello Spirito e il due del Soggetto resterebbero nel nulla: lo Spirito è per il Soggetto non meno di quanto il Soggetto è per lo Spirito. Nella relazione il Soggetto è consapevole di sé nello Spirito, mentre lo Spirito è consapevole di sé nel Soggetto. Uno più Due uguale Tre è la Legge Universale.
Rainer Maria Rilke:
«Cosa farai, Dio, se muoio?
Sono la tua brocca (e se mi infrango?).
Sono la tua acqua (e se marcisco?).
Sono la tua veste e il tuo lavoro;
perderesti assieme a me il tuo stesso senso.
Dopo di me, tu non hai casa
in cui t’accolgano parole d’intimo calore.
Dai tuoi piedi stanchi, i sandali
scivolerebbero via – loro: sono io.
Il tuo mantello grande si slaccia via da te.
Il tuo sguardo, che io accolgo sulle guance calde,
come su un cuscino, verrà,
mi cercherà, per lungo tempo,
e giacerà tra pietre estranee
nel sole che discende oltre la terra.
Cosa farai, Dio? Sono in angoscia».
Al riguardo, può risultare interessante ed utile il termine pāli SATI (sanscrito smṛti, giapponese nen) che significa:
“CONSAPEVOLEZZA” o “PRESENZA MENTALE.
Sati è, in nuce e quindi da coltivare, la facoltà grazie alla quale il soggetto può vivere da sveglio la Relazione Universale e non soltanto subirla da addormentato, con tutti i disastri che ne derivano, ciò esigendo nel soggetto un radicale cambiamento dello sguardo sul mondo, rappresentato approssimativamente dalla figura sferica in incipit. È grazie a Sati che si intuisce con chiarezza la Rete delle relazioni, nessuna delle quali, poiché tessuta e sostenuta dallo Spirito, è di secondaria importanza: ricordiamo «Tu unisci e racchiudi ogni cosa in una» di Ildegarda e «in un uno coerente» dell’etimo: Relazione-Comunanza.
La figura in incipit suggerisce anche come la Relazione Universale faccia sì che due soggetti che si trovino spazialmente (ma anche intellettualmente) uno agli antipodi dell’altro, siano anch’essi in relazione, essendo questa, come già visto, super-sensoriale e super-cerebrale oltre che super-temporale e super-spaziale. Nulla può collocarsi al di fuori della Sfera infinita dell’Uno, nulla può darsi di estraneo allo Spirito Onnipresente, nulla può esistere indipendentemente dalla Relazione Universale. Qualsiasi tentativo di estraniamento o pretesa di privilegio indica la patologia della parte che s’illude di essere indipendente dal tutto.
Francis Thompson:
«Vicine e lontane, tutte le cose sono collegate, così che non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella».
Con indubbia risonanza del Cantico, John Keats coniuga lo Spirito-Amore con la Relazione Universale:
«Fulgida stella, come tu lo sei
fermo foss’io, però non in solingo
splendore alto sospeso nella notte
con rimosse le palpebre in eterno
a sorvegliare come paziente
ed insonne Romito di natura
le mobili acque in loro puro ufficio
sacerdotale di lavacro intorno
ai lidi umani della terra, oppure
guardar la molle maschera di neve
quando appena coprì monti e pianure.
No, eppure sempre fermo, sempre senza
mutamento sul vago seno in fiore
dell’amor mio, come guanciale; sempre
desto in un dolce eccitamento
a udire sempre il suo respiro
attenuato, e così viver sempre,
o se no, venir meno nella morte».
«Fermo e desto in dolce eccitamento»: squisito motivo … nipponico!
Abbiamo visto, e non sarà inutile ribadirlo, che il darsi di ogni singola relazione, e quindi della Rete di relazioni, cioè della Comunanza, è indipendente dalla volontà del soggetto; pertanto essa precede – lo Spirito precede – ogni elaborazione interpretativa del soggetto, sia in quanto a giudizi e preferenze sia in quanto a sistematizzazioni organizzate dal pensiero. Il pensiero, infatti, si sovrappone alla Relazione Universale così com’è, e per questo ne forma un’immagine che la occulta nel soggetto, il quale si addormenta nel pensiero che interpreta e organizza sistemi sillogistici.
«La rosa fiorisce perché fiorisce», scrive Angelo Silesio, ed il soggetto può solo constatarlo – e, dandosi Sati, contemplarlo! – senza che quello che successivamente ne studia e ne dice abbia la minima parte nella fioritura, che è il processo vitale suscitato e alimentato dallo Spirito, quindi precedente il pensiero che è ritardatario per definizione, poiché può sorgere ed esercitarsi soltanto sul già dato che è già così com’è. Il pensiero che si dirama nelle varie scienze, non è, e non può essere, che un manipolatore esteriore della Rete di relazioni, e tutto quello che ne può dire non è tale Rete, ponendosi così in antitesi con lo Spirito che tesse la Rete.
Maurice Merleau Ponty:
«La scienza manipola le cose e rinuncia ad abitarle»
Tornando ad Ildegarda:
«La Parola di Dio [lo Spirito ndc] regola i movimenti del Sole, della Luna e delle stelle. La parola di Dio dà la luce che risplende dai corpi celesti. Fa soffiare il vento, scorrere i fiumi e cadere la pioggia. Rende gli alberi traboccanti di fiori e così le piante producono il raccolto».
Si comprende, allora, come i movimenti cosmico-naturali si diano per impulso soprannaturale e senza alcun intervento cogitativo del soggetto umano che invece ne è inevitabimente coinvolto grazie alla Rete di relazioni e che, in ogni caso, giunge in ritardo a manipolare col pensiero ciò che è.
Al riguardo, Chuang Tze:
«Il bambino guarda le cose tutto il giorno senza strizzare gli occhi; questo perché i suoi occhi non sono focalizzati su nessun oggetto particolare. Va senza sapere dove sta andando e si ferma senza sapere cosa sta facendo. Si fonde con l’ambiente e si muove con esso. Questi sono i principi dell’igiene della mente».
Alexandre Dumas:
«Non riesco a comprendere perché essendo i bambini così intelligenti, gli adulti siano tanto imbecilli. Dev’essere frutto dell’educazione».
Prima che cresca, e l’erudizione – raffinata o volgare – prenda il sopravvento, il bambino è consapevole, fruisce spontaneamente di Sati, non manipola la Relazione, non vi proietta sopra il suo sentire soggettivo, ed in ogni caso limitato, per poi trarne dottrine e ipotesi, bensì lascia tutto così com’è e intanto si diletta. Il bambino è già nel Regno dei cieli, o quanto meno è già preparato ad entrarvi.
E infatti, non a caso:
«Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli”».
Convertirsi: cambiare visione, purificare l’occhio per riacquisire lo sguardo immediato e giocoso del bambino:
«Se il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso».
Notiamo di passaggio: siamo davanti ad un precetto squisitamente alchemico: la luce è l’oro che ha da essere liberato dal piombo delle tenebre che lo ricopre! Il piombo che si scioglie e decanta: apofasi.
È l’occhio malato, dunque non trasmutato, che vede il “nemico”, che però, anch’esso, gli indica la Relazione Universale, giacché anche il “nemico” è ciò a cui l’occhio malato non può non relazionarsi entrandovi in comunanza seppur conflittuale. L’occhio malato ha necessità del “nemico”, non può farne a meno! Sennonché, nella Relazione Universale, proprio in quanto coordinazione e comunanza delle diversità, non possono darsi “inimicizie”. La Terra, l’Acqua, l’Aria e il Fuoco non sono “nemici” bensì elementi diversi e complementari in relazione, il cui unico sottofondo è la Quintessenza, cioè lo Spirito, il cui simbolo è il Cuore/Rosa rossa al centro della Croce.
Si comprende allora come alla massa di singoli corpi tenebrosi corrisponda il corpo della storia in preda all’agitazione, anch’essa tenebrosa, causata da occhi malati poiché privi di Sati, quindi inconsapevoli della Relazione Universale tessuta dallo Spirito. L’energia ipnotica del pensiero e del sentire soggettivo ammorza nei soggetti umani la Luce dello Spirito, il Palpito del Cuore, il Profumo della Rosa. La dialettica verbale e armata sfilaccia – negli esseri umani – la rete della Relazione Universale, cioè la Comunanza. Preda dell’ipnosi cogitativa, rosi dalla volontà di prevaricare, i soggetti si combattono e si annientano a vicenda. Lo sconquasso interiore dovuto all’assenza di Sati, determina lo sconquasso esteriore: morti viventi contro morti viventi.
I bambini sono i campioni – e ce lo mostrano – dell’INNOCENZA, quindi dello STATO INTERIORE DI NON BELLIGERANZA, poiché infine ogni aggressività, dalla più leggera alla più micidiale, dalla più ipocrita alla più esplicita e dalla verbale alla fisica, matura con il “sapere”, raffinato o volgare che sia, mentre lo Spirito, il tessitore della Rete di relazioni che lega e vivifica tutte le cose viene dimenticato. Di qui, la necessità di Sati, della consapevolezza, della presenza mentale in cui Spirito (uno) e Soggetto (due) sono in Relazione (tre) prima dell’intervento della soggettività e del pensiero che la guastano.
Da notare il significato preciso di Sati: “una consapevole presenza che SI PRENDE CURA”. E prendersi cura non è sfruttare; è gratuità, non interesse; è immediatezza, non calcolo; è delicatezza, non violenza; è apertura, non chiusura; è secondo natura, non contro natura.
Rabindranath Tagore:
«I bambini si incontrano
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Sopra di loro il cielo è immobile
nella sua immensità
ma l’acqua del mare che non conosce riposo
si agita tempestosa.
I bambini si incontrano con grida e danze
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Costruiscono castelli di sabbia
e giocano con conchiglie vuote.
Con foglie secche intessono barchette
e sorridendo le fanno galleggiare
sulla superficie ampia del mare.
I bambini giocano sulla spiaggia dei mondi.
Non sanno nuotare
né sanno gettare le reti.
I pescatori di perle si tuffano per cercare
i mercanti navigano sulle loro navi
i bambini raccolgono sassolini
e poi li gettano di nuovo nel mare.
Non cercano tesori nascosti
non sanno gettare le reti.
Ride il mare increspandosi
ride la spiaggia luccicando pallidamente.
Le onde portatrici di morte
cantano ai bambini cantilene senza senso
come fa la madre
quando dondola la culla del suo bimbo.
Il mare gioca con i bambini
e la spiaggia ride luccicando pallidamente.
I bambini si incontrano
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Nel cielo senza sentieri vaga la tempesta
nel mare senza sentieri naufragano le navi
la morte è in giro e i bambini giocano.
Sulla spiaggia di mondi sconfinati
c’è un grande convegno di bambini».
È quindi la mancanza di Sati, cioè di consapevolezza nel soggetto – addormentato dal e nel pensiero e, alfine, nella cultura e negli impietramenti dottrinari, fatalmente esclusivi – che determina in esso l’ignoranza della Rete di relazioni in cui è coinvolto, e quindi il sorgere delle fazioni d’ogni genere l’una contro l’altra armata, ossia l’ignoranza della Rete di relazioni tessuta dallo Spirito che trascende universalmente e infinitamente tutte le formulazioni filosofiche, religiose, scientifiche, ideologiche, economiche, insomma tutto ciò che ogni soggetto è stato ed è capace di escogitare – compresa la guerra – per affermarsi su altri soggetti, ciascuno dei quali, neanche a dirlo, ricambia il favore. Il tutto tenendo presente che, per quanto pacatamente e rispettosamente lo si faccia, l’eprimere il proprio pensiero nasconde pur sempre una presunzione di “verità” o quanto meno di “superiorità” o “maggior correttezza”, e perciò il desiderio di affermazione sul pensiero altrui.
Mentre invece,
«sulla spiaggia di mondi sconfinati
c’è un grande convegno di bambini».
Etty Hillesum:
«Si deve diventare un’altra volta così semplici e senza parole come il grano che cresce, o la pioggia che cade. Si deve semplicemente essere».
Si torna, come si vede, alla «rosa che fiorisce perché fiorisce» di Silesio, altro sublime motivo nipponico: sono mama そのまま, così com’è.
Semplicemente essere: invece, il soggetto dall’occhio malato, che infine è un occhio complicato e confuso, presume che l’unico albero della conoscenza del bene e del male sia quello piantato nel proprio giardino. E così, a molteplici soggetti corrispondono molteplici giardini e molteplici alberi, dunque molti “beni” che per molti ciechi sono “mali” e molti “mali” che per molti ciechi sono “beni”, il tutto per l’assenza di Sati, per l’occultarsi della Relazione Universale ed il proliferare del caos.
Tiziano Terzani:
«L’uomo è una strana creatura, la più distruttiva che sia mai comparsa sulla faccia della Terra. Neanche i dinosauri sono stati così. Solo noi, questa bestia bipede che ha la coscienza, è capace di tanta assurdità e di non migliorare. Questo uomo è penoso, penoso! Millenni per non progredire di un passo. Il mondo è pieno di violenza, di egoismo. Spiritualmente l’uomo è rimasto uguale, identico, non ha fatto un passo avanti».
In assenza di SATI,, cioè della «consapevole presenza che SI PRENDE CURA” (SALUS INFIRMORUM!), e quindi con l’occhio malato, è impossibile vedere l’Albero della Vita, i cui rami («come in cielo») e le cui radici («così in terra»), insieme al tronco, costituiscono, tessuta dallo Spirito, la RELAZIONE UNIVERSALE.
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Tag: il matto, relazione universale
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“Non è il nostro compito quello d’avvicinarci, così come non s’avvicinano fra loro il sole e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l’uno nell’altro, ma di conoscerci l’un l’altro ed imparare a vedere e a rispettare nell’altro ciò ch’egli è: il nostro opposto e il nostro complemento”.
Hermann Hesse, ‘Narciso e Boccadoro’.
Ottima illustrazione della Relazione Universale.
Il sole e la luna sono oggetti materiali. L’uomo è un’altra cosa.
Vedo che certi Autori speciali sono fuori del tuo orizzonte, ma per fortuna esistono anche loro. A meno che tu non voglia affermare che il TUO orizzonte sia l’unico e tutto il resto … anatema sit!
E poi, sei proprio sicuro che il sole e la luna siano soltanto “oggetti materiali”. Capisco che qui vien fuori la tua forma mentis scientifica, ma cerca di essere un po’ più elastico.
La vuoi smettere di farmi la predica?
Quale “predica”? Stiamo civilmente dialogando e ognuno esprime il proprio pensiero.
O ti da fastidio essere contraddetto?
Non la fare difficile, dai!
Stiamo solo giocando. E per di più un gioco inutile.
😁
Caro Matto,
mi pare che, per continuare la diatribe su questo argomento ( quello dei “pianeti” ), diventi indispensabile una- qui impossibile- trattazione di quanto su di esso scrissero Platone, Plotino, Porfirio, Giuliano ecc…
Io- indegnamente- consiglierei a entrambi i “contendenti” una maggior calma, però abbinata ad una indispensabile conoscenza ed apertura mentale sul – de hoc-, visto che una ampia conoscenza non può ridursi ad una concezione- implicitamente- positivistica.
Cara Adriana,
almeno per quanto mi riguarda non c’è – e non può esserci – “contesa”.
La regola vale per tutti: nel momento in cui si dice o si scrive qualcosa si ha da essere consapevoli che vi saranno repliche a favore o parzialmente a favore, e contro o parzialmente contro.
Il gioco, e sottolineo gioco – peraltro provvisorio e precario – è tutto qui.
Verbo volant, scripta … pure! 😂
Non c’è nulla di più evanescente del pensiero.
Semmai, le osservazioni “contro” sono preziosissime per l’indispensabile introspezione: cosa provocano in noi? Non è una domandina da poco.
Il maestro Zen dice al discepolo: “le difficoltà e gli ostacoli sono i tuoi maestri”.
Il “labor” da compiere su se stessi è gigantesco!
Caro Matto,
sono- naturalmente- d’accordo. Se mi sono rivolta a te è perchè: 1) sono certa che leggi il testo senza schifarlo a priori; 2) sono altresì sicura- viste le numerose dimostrazioni passate- che non manchi né di autocritica né di introspezione; 3) da ultimo: sono sicura che
-cortesemente- rispondi.
( Per quel che vale…”verba ( neutro plurale ) volant ” )
Ciao, ciao! 🤗
🙏
Se in uno dei sentieri, degli itinerari della coscienza si approderebbe a quella meta che potremmo definere dell’Uno-Tutto; e , di conseguenza, al superamento della separazione intercorrente (illusoria?) tra l’ IO, il TU e gli ALTRI, come il maestro Zen ci partecipa; ebbene, pur con tutta la buona volontà non riuscirei a concepire un tale stato dell’essere, almeno in senso assoluto. Penso che quando Dio sarà Tutto in tutti, per dirla con san Paolo, la partecipazione con tutti e con il Tutto sarà avvertita e vissuta certamente in una modalità non separativa ma infinitamente più intima e partecipativa; non però al punto di far svanire la nostra soggettività, il nostro io ,in una sorta di super Coscienza. Continuo, nonostante l’interesse che nutro per altri tipi di esperienze del sacro, continuo dunque a pensare e credere che il Dio cristiano sia l’unico a saper contare fino a uno.
Ma infatti non si tratta di far svanire la nostra soggettività, bensì di trasfigurarla, o, meglio, di lasciare (il LASCIARE LA PRESA è elemento imprescindibile del distacco o apofasi) che venga trasfigurata.
Quando lei dice “non riuscirei a concepire …”, espone un’impossibilità comune a tutti gli esseri umani (quindi anche al sottoscritto); la “concezione”, a maggior ragione in ambito mistico-metafisico, non è un fare positivo del soggetto, bensì un ricevere un seme, cui occorre preparare il posto, appunto con il lasciare-la-presa del pensiero (e delle passioni). Il pensiero non può concepire nulla, anzi esso è possibile proprio per la concezione che lo precede.
In altri termini non esiste una volontà di concepire sufficiente a se stessa. Occorre una passività che accolga un seme.
Il maestro Zen è uno che ha trascorso anni seduto e immobile, cioè a lasciare-la-presa, che somiglia tanto alla kenosi o apofasi. Posso testimoniare per esperienza pratica che non è uno scherzo e, a mio parere, egli non solo merita il massimo rispetto ma è da considerare un amico.
Apprezzo molto il suo finale: “Continuo a pensare he il Dio cristiano sia l’unico a saper contare fino a uno”.
Del resto, la Relazione Universale è una. E uno è lo Spirito che la tesse.
Cosicché, almeno per me che sono Matto, il significato di “cristiano” travalica (senza rinnegarlo) quello ecclesiastico-religioso che si presenta come esclusivo.
Il maestro Zen è uno che ha trascorso anni seduto e immobile.
Bene, ma chi gli porta da mangiare e da bere?
Quasi certamente gli affini a quelli che erano soliti portare il cibo a S. Simeone lo stilita e Su cui nessun Cristiano ha mai fatto dell’ironia. Vuoi essere tu il primo a farne?
Si potrebbe interpretare anche come una ironia ma non è che io volessi dire che per alcuni pensare diventa un mestiere. Io volevo richiamare l’attenzione sul fatto che sempre uomini sono, anche i Maestri Zen. Se l’uomo fosse tutto e soltanto spirito sarebbe un angelo, non un uomo.
L’uomo nella sua totalità è carne e spirito che vive sulla terra finchè respira, mangia e beve. Questo fatto lo dobbiamo sempre avere ben presente, altrimenti non parliamo di uomo ma di un’altra cosa.
Il maestro Zen ha trascorso anni e anni anche a pulire il viale del monastero , a pulire il giardino e a pelare patate. E, in genere, si è messo, e tuttora si mette, seduto immobile e in silenzio almeno quattro volte nella giornata per 40 minuti cadauna.
Non dovresti abbandonarti a battute sarcastiche su ciò che non conosci.
“Lo specchio rotondo è appeso in alto, e riflette con chiarezza ogni cosa. I colori variopinti, in tutta la loro bellezza, non posso raffigurarlo completamente”.
(“Denkoroku” – La trasmissione della luce”).
Se ti fai almeno 5 anni di seduta immobile e silenziosa, forse (forse) puoi intuire qualcosa in merito.
😄
Caro SE, il problema è “che cosa è “uomo “…e che cosa è “altro “.
È anche vero però che IL SEME cui prepariamo il posto risente in certo modo delle disposizioni (il terreno) che, per quanto il soggetto possa aver “mollato la presa”, sono sempre a suo modo presenti, per quanto il nostro approccio possa dirsi fenomenologico e aver messo tra parentesi le nostre convinzioni e giudizi a-priori. Lo prova il fatto che sostanzialmente 3 sono gli itinerari della coscienza. E 3 sono le modalità di sperimentare la dimensione dell’Assoluto. Dall’esperienza di Dio sperimentato come puro SE, a quella di Dio come UNO-TUTTO ; per finire con quella prettamente religiosa, dove Dio rimane pur sempre sperimentato come un TU, come la Persona Suprema dalla quale e verso la quale un indicibile relazione d’amore ci rapisce ( bakty marga). Cosa voglio dire con questo? Voglio dire che l’esperienza del sacro rimane , lo si voglia o meno, condizionata dalle disposizioni del soggetto itinerante , disposizioni che in un modo o nell’altro influenzano la nostra recezione. Alla prossima interessante sig.Matto.
Alla prossima. Grazie.
Quando incontri qualcuno ricorda
che è un incontro sacro.
Come lo vedi, Ti vedi.
Come lo tratti, Ti tratti.
Come lo pensi , Ti pensi.
Ricorda che attraverso di lui
o ti perderai o ti ritroverai.
Franco Battiato
Pensa che la sofiologia di un Bulgakov aiuti a supportare teologicamente una tale Relazione Universale? Un approccio fenomenologico e parapsicologico penso avvalori tale tesi. Tesi che i mistici sperimentano nel loro vissuto. Un caro saluto.
Non sono abbastanza ferrato sulla sofiologia bulgakoviana.
Tuttavia mi sembra di poter affermare che la kenosi si presenti come elemento molto importante, anzi imprescindibile, per un’autentica Via spirituale.
La kenosi esemplare è quella di Cristo a cui, anche dal punto di vista ecumenico, ogni essere umano ha da assumere ai fini della propria divinizzazione.
In fondo, ogni Tradizione converge sul fatto che “occorre che io diminuisca e Lui cresca”, e che, a mio avviso, è necessario per intravedere o intuire la Relazione Universale, quindi per la formazione di un occhio nuovo e … antico: forse l’occhio precedente ogni religione e relativa dottrina.
Personalmente, sento di poter affermare – poiché supportato da una pratica – cme l’apofasi o via negativa corrisponda alla kenosi. Evangelicamente, al chicco di grano che deve morire per poter fruttificare.
Cordialmente.
Last but not least.
Non escludo che nella letteratura laica e profana o addirittura atea si possano reperire pensieri profondi e ricchi di significato anche per noi cristiani credenti.
Ma non è corretto a mio parere fare apertamente propaganda buddista in un blog che, sì, è uno stilo puntato verso il fianco della Curia Romana ma per metterne a nudo il lato debole e gli errori che fa, non per demolire la assoluta supremazia della sua dottrina.
Tu la vedi come “propaganda”. Legittimamente, s’intende, ma è una tua interpretazione.
“Demolire la assoluta supremazia della sua (della Curia romana) dottrina”? Tu la vedi come “demolizione”. Legittimamente, s’intende. Ma è una tua interpretazione.
Se hai letto bene: “Quale separazione intercorre tra te e me? Presto o tardi finiremo per comportarci come se una linea di frattura divida amico e nemico. Quando ci saremo abituati a questo fatto, crederemo che esista veramente”.
Non è così? il bailamme che c’è in giro non ti basta? Dove sarebbero la “propaganda buddhista” e la “demolizione della suprema dottrina”?
Caro SE,
è tanto debole, quindi, la tua Fede in un Dio che opera universalmente? Eppure, col passar degli anni, essa dovrebbe- al contrario- essersi rafforzata, tanto da darti una riconoscente felicità nello scorgere, presso tante civiltà, prove del Suo messaggio di misericordia incise nel cuore degli umani.
Cito:
–Semplicemente essere: invece, il soggetto dall’occhio malato, che infine è un occhio complicato e confuso, presume che l’unico albero della conoscenza del bene e del male sia quello piantato nel proprio giardino.–
Ma COME? TU CHE TE LA RIDI DEI SANI DI MENTE PARLI DI OCCHIO MALATO?
Toeghen foera se ghe n’è denter.
A parte che continui ad ignorare (scortesemente, devo pensare?) le mie richieste di chiarimenti, anche stavolta prendi lucciole per lanterne: non c’è una volta che tirando in ballo i Sani di mente io non precisi che sono “RISPETTABILISSIMI”, e quindi che la loro posizione è LEGITTIMA, seppur radicalmente diversa da quella dei Matti.
Spero che tu, da Sano di mente, RISPETTABILISSIMO, sia disposto altrettanto benevolmente nei miei confronti.
RELAZIONANDOMI con te ho scoperto che oltre al detto “orecchie da mercante” si può anche adottare “occhi da mercante”, dato che non vedi (leggi) o fai finta di non vedere (leggere) TUTTO quello che scrivo, limitandoti a rispostine alquanto generiche e sguscianti che non entrano neanche un pochino nel merito delle questioni.
Ciao.😉
Caro Mat, per piaser domega ‘n tai! Quello che tu contesti a me potrei contestarlo io a te perchè molte delle risposte che mi chiedi le ho già ampiamente date in commenti e in almeno due miei articoli precedenti: quello sulla Cibernetica e quello sull’Intelligenza Artificiale dei quali forse hai letto soltanto il titolo.
Ciao.
Quindi prima di farti una domanda debbo andare a rivedermi tutti gli articoli e commenti che hai scritto negli anni passati? 😂
Che anni passati? Si tratta di settimane e/o pochi mesi, non di anni fa.
Carissimo S.E. (carissimi Ciascuno di Voi che partecipate a questo scambio),
poiché tu ed io siamo in relazione (ineludibile) vuol dire che tu sei importante per me come io sono importante per te. E questa importanza è dovuta allo Spirito che ognora tesse la Relazione Universale in cui “tu” ed “io” siamo compresi e da cui siamo trascesi (dunque arricchiti!).
Il fatto che stiamo comunicando è una conferma della Relazione Universale: conferma che potrebbe benissimo non esserci poiché tale Relazione, essendo opera dello Spirito, è in atto indipendentemente dalla tua e dalla mia volontà. Quindi “tu” ed “io” siamo in relazione anche quando non comunichiamo per iscritto e non pensiamo l’uno all’altro!
“Tu” ed “io” esistiamo grazie alla Relazione Universale tessuta dallo Spirito che se ne impipa del nostro sapere, della nostra cultura e delle … biblioteche zeppe di tomi.
Scegli: vuoi essere un fiore o una stella? Quale che sia la tua scelta va bene in ogni caso (ricordi i versi di Thompson citati nel mio articolo?).
Ciao.
Caro Enrico,
non potrebbe trattarsi -nonostante le divergenze- di
“semplici”: “Affinità elettive” (v. Goethe) ?
Sai, “noi siamo avvezzi alle piccole cose” (Butterfly). Io almeno, me ne accontento. E son già esse “grasso che cola”.
Sì, ma in ogni caso vivificate dall’Unico Spirito, dunque nessuna prevalente.
Tutto, ma proprio tutto il resto, “è’ solo uno scintillio sulle onde” (grande Sawaki!), anch’esso compreso nella Relazione Universale.
Ma per “vedere” tale Relazione occorre Sati, la Salus Infirmorum, Colei che “si prende cura”.
Che sia anch’essa una erede dell’antichissima Dea Madre,
spiritualizzata?
Come più si confà alla tua sensibilità ed esigenza animico-spirituale.
Tanto è sempre la Medesima e Unica: la Maria Universale.
😉
Per S.E.
Vorrai perdonare se alla mia media intelligenza sfugge il tuo “lapalissiano” riferimento ai “morti che non possono rispondere”. Vuoi illuminarmi, per cortesia?
Di poi, mi sembra che i tuoi commenti sguscino alla periferia dell’argomento di fondo del mio articolo. “Le manganellate, gli arresti e i bombardamenti” sono forme patologiche di comunicazione che scuotono (INVANO) la Relazione Universale e a danno soltanto degli inconsapevoli guastatori.
Come poi tu possa affermare che il sottoscritto sia “convinto che tutta l’intelligenza, la sapienza, la conoscenza umana si trovi in biblioteca”, quando pressoché in tutti i miei articoli e commenti c’è scritto il contrario, è davvero molto strano.
Dico: ma hai letto davvero con attenzione quel che ho scritto anche in questo articolo?
Mah … posso dire mah ?
Forme patologiche o semplicemente forme senza aggettivi?
Anche le manganellate, gli arresti e i bombardamenti sono forme di comunicazione. Un po’ pesantine ma sempre comunicazioni che esprimono ostilità , desiderio di supremazia e minaccia.
Se c’è un’esplosione i curiosi corrono a vedere che cosa è successo, i paurosi scappano, i soccorritori aspettano di sentire se qualcuno richiede aiuto. Non è vero che ad un determinato stimolo tutti danno la stessa risposta.
Dedicato al grande comunicatore detto impropriamente IL MATTO.
A proposito di Relazione Universale, propongo il seguente brano del maestro zen Sawaki Kodo, dal quale, a mio avviso, c’è parecchio da imparare.
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Tra te e me non c’è differenza.
A te cui piacerebbe far mangiare la polvere ai rivali.
Spesso ci chiediamo chi sia veramente ‘migliore’ qui. Ma non siamo fatti tutti dello stesso pugno di polvere?
Dovremmo restare tutti saldamente ancorati nel posto dove non c’è né ‘meglio’ né ‘peggio’.
Per tutta la vita sei completamente impazzito perché ritieni ovvio che ci siano un ‘tu’ e degli ‘altri’. Ti dai un gran daffare per emergere dalla folla, ma in realtà non ci sono né ‘tu’ né gli ‘altri’. Quando morrai, lo capirai.
Buddha-dharma significa mancanza di fratture. Quale separazione intercorre tra te e me? Presto o tardi finiremo per comportarci come se una linea di frattura divida amico e nemico. Quando ci saremo abituati a questo fatto, crederemo che esista veramente.
Povero e ricco, importante e insignificante – nulla di tutto ciò esiste. E’ solo uno scintillio sulle onde. Eppure c’è qualcuno che, o perché afflitto dall’infelicità o perché qualcun altro è più felice di lui, maledice il Buddha.
Felicità e infelicità, importante e insignificante, amore e odio – tutto il mondo dà un gran peso a queste cose. Il mondo dove tutto questo non esiste: questo è il mondo dello hishiryo.
Non c’è nulla al mondo per cui valga la pena di scervellarsi una volta stabilito che i nostri pensieri e le nostre discriminazioni illusorie non servono assolutamente a niente.
Quando il capo era malato, un suo dipendente lo ha scavalcato. Si stava riprendendo, ma questa notizia gli ha provocato una ricaduta. Non c’è veramente nessun bisogno di ammalarsi per cose di questo genere.
Dici: “Te la farò vedere!” Ma se non sai nemmeno quanto vivrai. Non hai niente di meglio da fare?
In Occidente si dice “homo homini lupus”. Il primo passo in una religione deve essere di far smettere ai lupi di mangiarsi a vicenda.
Quello che abbiamo imparato fin dai giorni dell’infanzia non è nient’altro che far finta di essere importanti. Il mondo chiama questo ‘educazione’. E dopo, nella vita, cosa cerchiamo di fare? Litighiamo come diavoli, facciamo sesso come animali e c’ingozziamo come spiriti affamati. Questo è tutto.
Tutto il mondo traballa su gambe malferme. E calpesta gli altri per fare strada. Nel Buddha-dharma non bisogna essere così sleali. Buddha-dharma significa avere successo nella sconfitta. La mente del Buddha-dharma è “sedere in zazen per eoni senza conseguire la via del Buddha”. (Sutra del Loto).
Le persone fanno la faccia annoiata quando non è in corso una gara o una battaglia. Vogliono sempre andare al galoppo per vincere – Ma si tratta di una corsa di cavalli? Oppure nuotano come otarie che vogliono essere avanti di un naso. Alla fine litigheranno tra loro, come gattini con un gomitolo di lana.
Quando non si tratta di vincere o perdere, amore o odio, ricchezza o povertà, la gente fa la faccia annoiata.
Nel Buddha-dharma non è questione di vincere o perdere, di amore o odio.
Qualcuno vuole far mostra di sé con il suo ‘satori’. Eppure è chiaro che quello che si può usare per esibirsi non ha niente a che vedere con il satori.”
Caro Enrico,
riflettendo… ecco dei versi che mi sembra si attaglino alla condizione da te ambita: (sono di
Gerardo Diego, 1896-1987 ):
” Prega Iddio/ che ci restituisca il tempo./ Tornerà la tua infanzia/ e giocheremo. “
😃👏👏👏👏👏
Mi soffermo su questo pensiero che condivido:
La figura in incipit suggerisce anche come la Relazione Universale faccia sì che due soggetti che si trovino spazialmente (ma anche intellettualmente) uno agli antipodi dell’altro, siano anch’essi in relazione, essendo questa, come già visto, super-sensoriale e super-cerebrale oltre che super-temporale e super-spaziale. Nulla può collocarsi al di fuori della Sfera infinita dell’Uno, nulla può darsi di estraneo allo Spirito Onnipresente,”
Anche qui trovo una maiuscola la “S”.
Però di una parola vuota, senza alcuna valenza, sia con la maiuscola che con la minuscola.
Il pensiero, secondo me, diverge molto tra queste “S” o “s” e “E” o “e” di essere. O anche se vuoi con “Dio”.
Spirito mi parla solo di aria che attraverso il motore polmoni fa battere il cuore a tutti i viventi.
Per quel che posso dirne,
ogni parola è “vuota” e ogni nome è “vuoto”. D’altra parte, se si vuole comunicare (ma non basta la Relazione Universale?) non si può fare a meno di parole e nomi. Soltanto nella Poesia e nella Prosa poetica (con la … maiuscola 😊) parole e nomi superano se stesse, sussurrando il sublime messaggio che sta oltre di esse.
Caro Enrico, ” sulla spiaggia di mondi sconfinati/ c’è un grande convegno di bambini. ” ( E. Hillesum ).
Bellissima visione poetica: la realtà è un tantino diversa purtroppo, fin dai tempi delle favole- che favole non sono, ma sono una cruda versione cronachistica della realtà di cui i bambini sono le vittime. Non mi riferisco solo a favole come Pollicino o Hansel e Gretel, ma a quella storia di topi e pestilenza e infanzia sottratta a Hamelin ( dove un monumento e gli archivi testimoniano della sua autenticità.
Nella moderna Germania, ogni anno, quasi 100.000 bambini ogni anno sono dichiarati come “scomparsi”
In Spagna, quasi 20.000. In Canada 45.500. In Italia i bimbi stranieri “scomparsi “, circa 12.000, gli italiani 4.200. Dove sta la “Grazia”? Che cosa è? Di che e di chi si occupa?, visto che- come scrisse Terzani- l’uomo non è migliorato di un ette rispetto agli sconosciuti -e perciò gratuitamente bistrattati- Dinosauri? Ci sono umani che sono umani, sicuramente voglio crederlo, ma anche troppi dis-umani.
I versi sono di Tagore, non di Hillesum 😄.
Per quanto mi riguarda (perciò personalissimamente) la “visione poetica” è quella vera, o, quanto meno, quella che più si avvicina alla verità, che nulla ha a che vedere con la realtà storica, che, ancora una volta per me (perciò personalissimamente), è un fugacissimo intervallo fantasmagorico, del resto anch’esso possibile grazie alla Relazione Universale.
Anche la “visione poetica” non potrebbe darsi senza tale Relazione, ma essa veleggia in acque più pure, o, se vuoi, meno inquinate, verso l’Archè.
Piccola grande nota: è tragicomico come nel fugacissimo intervallo fantasmagorico che è la vita su questo granellino sperduto nell’Universo, gli esseri umani – ciascun essere umano – siano così impegnati, fin dalla notte dei tempi (pure nel Mito!) a riversarvi dispute, lotte di potere, confusione e violenza a vagonate!!! 😞
La causa è la mancanza di Sati, è la mancanza di consapevolezza della Relazione Universale.
Soltanto Sati – la Salus Infirmorum – può (potrebbe) guarire questa piaga.
Caro Enrico,
spiritualmente mi pare che il grosso dell’umanità viaggi
esclusivamente “in piccioletta barca”, Sati o Spirito sono proprio da auspicare con il condizionale…un condizionale
poetico che va preceduto da una terza S maiuscola: SE.
SE ! Stilumcuriale Emerito ???? 🙂 🙂 🙂
SE= al famoso “IF”. ..non esageriamo con l’antropologia autocelebrativa. 😂
Ahi, dura Terra, perché non t’apristi?!!
E c’è chi ancora parla di grazia, secondo l’opportunista invenzione paolina.
Citare i morti dà un grande vantaggio: i morti non possono rispondere.
Vorresti delucidare?
Grazie.
Non credo ce ne sia bisogno. E’ lapalissiano.
Pare che la discussione sulla percezione di sé nei bambini non abbia ancora raggiunto un punto di convergenza. Secondo alcuni, infatti, i bambini passerebbero da un’iniziale percezione indistinta e “senza confini” della propria fisicità ad una successiva consapevolezza fisico-spaziale; secondo altri, invece, si percepirebbero sin dall’inizio (ma non è chiaro quando si collochi questo “inizio”) come entità separate. Questione affascinante e con molte implicazioni. Un’aspetto interessante che, a mio avviso, emerge da questa superficiale indagine (non ho alcuna competenza in merito) è che, in ogni caso, pare che questa auto-percezione aumenti col passare del tempo (su questo le diverse posizioni sembrano concordare) e che sia più stimolata da fattori inattesi che da elementi che fanno parte di un panorama di consuetudini. Un altro aspetto interessante è che, comunque, la percezione di sé – che sia “iniziale” o “successiva” – passa dal corpo, pur se, ovviamente, con la mediazione del cervello e del sistema nervoso, ed è solo in un secondo momento che si svilupperebbe la consapevolezza di sé come soggettività pensante.
A proposito del bambino allo specchio…hanno fatto il medesimo esame con i cuccioli di scimmia, ottenendo, finora, risultati analoghi.
Per la prima volta da che ti leggo, e sono anni, accenni ad una prova, ad una esperienza. Ti domando: ma è mai possibile che ci siano persone come te, come il Matto, convinte che tutta l’intelligenza, la sapienza, la conoscenza umana si trovi in biblioteca?
Carissimo SE,
dolente di averti fatto equivocare, le mie dirette ed indirette esperienze con gli animali derivano dal mio connaturato pragmatismo di cui non faccio sfoggio in un blog dove si tende quasi unicamente a scrivere di “esperienze non certificate”, o si discute sulla verità di testi malamente o tendenziosamente tradotti e interpretati ad usum delphini. Comunque ti ringrazio per l’attenzione con cui leggi le mie povere cose, parallela a quella con cui io leggo le tue. Con viva simpatia, Adriana.
Dopo aver letto il commento di Alqis ho cercato di ricordare che cosa pensavo io da bambino. La mia prima esperienza con lo specchio la ricordo benissimo : ero davanti ad un grande specchio infisso nella porta dell’armadio della camera da letto dei miei genitori. Vedendo la mia immagine apersi la porta per andare a conoscere il bambino che stava dietro. Un’altra cosa che ritengo importante è che nei miei disegni spontanei non appariva mai la persona umana. I soggetti che non mancavano mai erano: una casa, un grande albero, un cavallo e una locomotiva a vapore. Se tra i lettori c’è uno psicoanalista mi piacerebbe sapere che cosa tutto ciò significa.
Caro SE.,
non sono psicanalista, ma il tuo disegno “spontaneo” diventò negli anni ’60 un test-modello della kultura amerikana psicologica cui il nostro paese si affrettò a dare un enorme risalto- come suo solito-. Ricordo che la temperatura affettiva del soggetto veniva indicata e misurata dalla quantità di fumo che usciva dalla casetta- che doveva avere un camino-. Se tu lo facevi uscire dalla vaporiera, voleva indicare che la tua attenzione, i tuoi affetti erano indirizzati al progresso tecnologico. L’albero sei tu, quindi da misurare la sua altezza, possanza e chioma, nonchè la sua vicinanza o lontananza dalla casa…c’erano anche le strade e, come vedi, la tua era ferrata: binari sicuri e desiderio di progredire. Per gli altri dettagli c’è abbondante documentazione. Ciao.
Cara Adriana, nell’esperienza di cui parlo nella risposta a SC Emerito i testi più interessanti che ho trovato ed utilizzato come riferimento non sono stati quelli di scuola statunitense, ma – molto più interessanti e non così deterministici – quelli francesi, con maggiore spessore culturale ed approccio interdisciplinare.
Cara Balqis,
grazie. Tutte nozioni ed esperienze sul campo molto interessanti.
Le locomotive che disegnavo erano sempre fumanti.
Ma a ripensarci avrà qualche significato il fatto che dei quattro oggetti due sono creati e due sono invenzioni umane ? Non è che per caso la locomotiva qualcuno potrebbe vederla come C.A. (Cavallo Artificiale) ?
Caro ES,
vedi “Il cavaliere elettrico”, vedi “L’inno a Satana” di G. Carducci.
Caro S.E., non sono una psicanalista né una psicologa e non so interpretare i suoi disegni spontanei. Però mi torna in mente un’esperienza di una decina di anni fa, poi accantonata perché del punto di vista sul mondo di bambini e ragazzini non importava niente a nessuno (che errore!). L’intento era capire come bambini e ragazzini percepissero il proprio ambiente di vita, cioè il proprio quartiere, cercando poi di arrivare a delle proposte di trasformazione concreta e fattibile che partissero dai loro effettivi bisogni.
La seconda parte progettuale si rivelò meno interessante perché dimostrava come i bisogni di bambini e ragazzini fossero pesantemente condizionati dal contesto consumistico (volevano tutti un McDonald vicino casa! e nel rappresentare l’interno della propria abitazione, la prima cosa che disegnavano era la televisione!!!), mentre quella descrittiva presentava spunti che avrei voluto approfondire.
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In primo luogo, i disegni (utilizzati insieme a testi descrittivi e racconti inventati) confermavano la letteratura specifica, secondo la quale fino ad una certa età (ed io ho constatato che questa età poteva anche arrivare a 11-12 anni) la capacità di astrazione logico-matematica, tipica del pensiero scientifico, non è ancora sviluppata. Infatti, così come, nell’apprendimento della scrittura, viene associato un suono ad un segno, nella rappresentazione della propria abitazione i bambini non la raffiguravano realisticamente, utilizzando i propri ricordi, ma disegnavano l’idea di casa, come se al suono “casa” si associasse un concetto generale di edificio composto da un quadrato o un rettangolo con un triangolo rosso sopra, cioè un edificio con tetto spiovente non presente nella periferia romana.
La cosa interessante è che ho ripetuto lo stesso “laboratorio” sia a Betlemme, con bambini e ragazzini arabi e a Baalbek, in Libano, cercando in questo caso di evitare il solito tema della guerra e del conflitto, in cui ci si aspetta che i piccoletti disegnino scene orribili grondanti di sangue per sbatterle sui giornali o allestire mostre: in certi contesti, infatti, il conflitto fa talmente parte della normalità che i ragazzini non ci pensano proprio a rappresentarlo, preferendo disegnare gli elementi che compongono il proprio mondo, con quelli più familiari e quotidiani (ad esempio: la scuola o le abitazioni di parenti e amici) più grandi di quelli meno conosciuti ed ancora da esplorare. Queste rappresentazioni riferite non alla realtà, ma ai legami affettivi, mi facevano venire in mente la Natività mistica dipinta da un Botticelli ispirato dal Savonarola e pentito di aver aderito ad una forma d’arte “pagana”, nella quale veniva rinnegata la scientificità della prospettiva dipingendo una Sacra Famiglia più grande delle altre figure, meno importanti, di pastori ed angeli.
In tutti e tre i casi (quello romano e i due mediorientali) ciò che balzava agli occhi era, inoltre, la similitudine con le rappresentazioni cartografiche antiche e medievali, in cui a contare era soprattutto la dimensione simbolica o, in alcuni casi, esperienziale (è questo il caso della Tavola Peutigeriana, che raffigura l’Impero Romano come percorso).
Comunque, anche in contesti così differenti, il risultato è stato sempre lo stesso: la casetta con il tetto rosso triangolare. Ho trovato questa cosa davvero singolare. Anche nei suoi disegni la casetta era di quel tipo?
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Un altro aspetto interessante è stato il fatto che, anche i ragazzini che avevano cognizione delle unità di misura lineari, misurassero le distanze in termini di tempo impiegato per raggiungere determinati luoghi. Ciò è apparso particolarmente rilevante nel caso di Betlemme, in cui il tempo impiegato per oltrepassare i checkpoint del (terribile) Muro di separazione rendevano lontanissime distanze spazialmente vicine.
Emergeva, però, anche un’altra unità di misura delle distanze, legata alle aspettative positive o negative insite nello spostamento: quello verso una situazione giudicata piacevole sembrava lunghissimo, mentre quello verso una destinazione spiacevole era terribilmente breve!!
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Provando a tirare le somme, ciò che veniva fuori da un lato era un percorso da un’idea generale (in un certo senso platonica) ad una presa d’atto della realtà concreta delle cose (dalla casetta col tetto triangolare rosso all’edificio reale); dall’altro un processo verso l’astrazione della misura oggettiva partendo dal corpo, dalle emozioni e dalle relazioni affettive. In qualche modo questi due percorsi sembravano confermare un’idea non oggettiva di spazio, caratterizzata dalle tre dimensioni dell’espace perçu, l’espace conçu e l’espace vécu, teorizzate da Henri Lefebvre (La production de l’espace, Anthropos,1974).
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Spero che gli esiti di questa piccola ricerca possano esserle utili per interpretare i suoi disegni di bambino (un’occasione per immergersi nell’esperienza della sua infanzia). 🙂