Il Papa da Copertina Patinata e da Souvenir Esiste Davvero? E se Sì, Come? Mastro Titta.
6 Maggio 2024
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Mastro Titta offre alla vostra attenzione queste riflessioni appa entemente giocose, e profondamente amare sull’effetto che Francesco ha svolto nel ridefinire l’immagine del pontefice. Buona lettura e condivisione.
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MASTRO TITTA: IL PAPA ESISTE? DUBBI
Figuratevi un tizio che prende un Frecciarossa Milano-Roma la mattina alle sei, trafelato e con un caffè doppio bruciato in corpo. Si accomoda alla carrozza 6 posto 43 corridoio, godendosi il panorama umano delle persone che sbattono come particelle subatomiche avanti e indietro cercando di penetrarsi vicendevolmente alla ricerca del proprio soglio sibilando “signora, il posto che occupa è il mio”.
Mentre il treno prende velocità, detergendosi le cispe prende in mano la rivista ufficiale La Freccia, prodotto tipografico che pare masticato da un facocero all’interno del quale si trova quella forma d’arte che assume il nulla commerciale: la mostra di qua, il librino di là, le ceramiche decorate da artigiani amanuensi di Gabicce, il personaggio del mese, il profumo e la cravatta anonimi che se non sei Fassino puoi prenderti il disturbo di acquistare sul treno, e via dicendo. E chi trova in copertina? Papa Francesco.
Un tempo nei luna-park c’era il gioco in cui dovevi prendere a martellate il pupazzo, in genere una talpa, che sempre più velocemente spuntava a caso da una serie di fori. L’altra variante era un cavallino con una pistola montata sulla testa, dal quale sparavi a cowboy e indiani che ti scorrevano davanti dentro una teca i quali, una volta colpiti, cadevano nel nulla per ripresentarsi qualche secondo dopo sulla sinistra, sani come pesci e bellicosi. Potrei ricordare anche il tunnel dell’orrore, con Dracula e i morti viventi che nel buio ti balzano addosso ghignanti fra zaffate di fumo chimico e lampi rossastri, ma non penso sia necessario. Ognuno da qualche parte nel suo passato conserva esperienze simili.
La sensazione è la stessa. Posticcia, inevitabile. Col tempo Bergoglio ha assunto di suo una certa aria bambolottosa anche se, diciamolo, partiva avvantaggiato. Questo aspetto saliente del personaggio è stato fulmineamente colto dai produttori di cianfrusaglie nel sudest asiatico: i pupazzi con la sua effige non si contano. Ne esiste persino uno – del tipo bobblehead, letteralmente “testa ponpon” – col testone esagerato basculante su una molla: gli dai un pillotto con le dita e il testone ondeggia, e finis. Mi aspetto un giorno di trovare Francis smontato e miniaturizzato dentro un ovetto Kinder, o vederlo sorridermi da una scatola di cereali integrali, bio e senza olio di palma.
Com’è noto nelle dittature o nei regimi a forte connotazione autocratica, l’effige del dittatore compare ovunque accanto ai simboli del suo potere. L’intero spazio vitale, pubblico e privato, è saturato da queste immagini. Questo fa sorridere noi occidentali democratici, ricchi (ma davvero?) emancipati e inclusivi: com’è possibile che i poveri disgraziati oppressi da regimi medievali non si ribellino, e soprattutto siano caduti nella truffa?
In realtà l’Occidente capitalista ha trasferito le stesse prerogative ai prodotti di consumo. Quanto più sono ludici, inutili, superflui e indesiderati, tanto meglio. Quale messaggio deve passare? Che la figura rappresentata è positiva e innocua. Non credo – ma bisognerebbe fare uno studio più accurato sul punto – che nella storia esista una figura più riprodotta di Bergoglio sotto forma di paccottiglia assortita o pubblicazioni da parrucchiera di provincia. Quella dell’immagine di Bergoglio è un’industria che produce a tutto vapore, e probabilmente a fatica copre le perdite. Per quale motivo?
È Francesco stesso a dirlo in una recente udienza davanti, guarda caso, a settemila bambini: “Saper stare accanto all’altro lasciando che rimanga se stesso”. La formula è icastica, a suo modo perfetta. Perché essere così ossessivamente presenti, se l’altro deve restare come un cappone nel brodo? Perché è falso che l’altro resti com’è. Gli viene tolto qualcosa.
Le altre due falsità che posso smontare al riguardo sono l’idea che “il brand papa piace” – di qui l’esigenza di riprodurlo anche sulla carta igienica, volendo – e “il papa vende”. Che il papa piaccia alla gente è una bubbola: la gente se ne infischia del papa, e mica dal 2013. Proprio la frenesia nella produzione di migliaia di tonnellate ci ciarpame col faccione cicciobelloso di Francesco lo dimostra: tale ciarpame, che siano libri o pupazzi e soprammobili, resta largamente invenduto, producendo rifiuti che feriscono la madre terra casa comune.
Anche il linguaggio che usa Bergoglio è minimo, infantile, a tratti bizzoso come quello di un bambino. Perché dai bambini, o meglio da adulti infantilizzati, deve essere inteso. Gente che va a Roma e acquista un souvenir, un barattolo per lo zucchero con la faccia di Francesco, per “avere il papa vicino”. È lo stesso meccanismo che spinge le persone a fotografare le lasagne: l’incapacità, strutturalmente indotta ed educata, di individuare il senso delle cose, trattenerlo, elaborarlo, e trasmetterlo.
Non mi resta che accennare una risposta alla prima domanda: se devo restare lo squallido orsetto ciccione che sono, perché farlo con Bergoglio accanto? Perché proprio Bergoglio e non Biden, Draghi o la Meloni?
Prima di tutto, la natura del potere autentico è spirituale. Biden e Von der Leyen sono potenti finché la gente crede che lo siano. Un tratto distintivo del potere moderno è il rifiuto dell’origine divina del medesimo il che, almeno in Occidente, lo ha reso rabbioso e traballante. In questo senso il vicario di Cristo è una figura chiave per recuperare l’aspetto fideistico del potere, il solo capace di renderlo assoluto. Nessuno meglio del vicario di Cristo può incarnare questo aspetto.
Certo, è indispensabile che Bergoglio osservi perinde ac cadaver l’agenda: il gender fluid e l’omosessualismo, il vaccinismo senza se e senza ma, i cambiamenti climatici, l’ideologia green, una fratellanza e una pace fumose, il migrazionismo scriteriato, lo scassinamento della dottrina oscurantista, la rimozione di Cristo – ormai generico suggello a qualsiasi vaccata ci passi per la testa – ma soprattutto la cancellazione del papa, sostituito da “Francesco”. Togliere di mezzo il papa, svuotando e l’autorità a suon di ninnoli.
Francesco non è il papa e non deve esserlo. È il niente che ti fissa sorridendo da una copertina, il portachiavi, il cavatappi, il videogioco. Ti insegue, ti dà la caccia con discrezione, senza pretese. Ma è lì, è sempre lì accanto a te a farti compagnia. Non come papa: come Francesco, tutto preso ad ammorbarti coi suoi ricordini nostalgici, le sue rampogne zuccherose, i pii desideri da nonno. Tutta robaccia che serve a cancellare l’identità sacra del pontefice, trasferendola a chi conta davvero.
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Categoria: Generale
Solve et coagula, gli ” amici ” in grembiulino sono accreditati professionisti sul tema.
Che stridore con la sacralità dei veri papi, quelli preconciliari, preroncalliani, come Pio XII, San Pio X, ecc. Il compito di dissacrare l’ istituzione pontificia ( uno dei tanti assegnati al clero modernista dai vertici della massoneria, politica o clericale pico importa) lo ha svolto molto bene, il signore biancovestito di Santa Marta : ” un papa secondo i nostri bisogni” si auspicavano i massoni italiani ottocenteschi nelle note ‘Istruzioni per l’ altra vendita” e ci sono riusciti finalmente
Mi fa piacere che abbia scritto “veri papi”. Perché questo non lo è, a norma delle leggi della Chiesa. Se, dopo tutte le prove canoniche fornite e il linguaggio in codice di Ratzinger che poi era il preludio a determinati eventi, non lo si vuole ancora capire, allora è inutile continuare a discutere. Se qualcuno ci ha fatto caso, nessuno dei contestatori di Don Minutella e di Andrea Cionci fornisce dei controargomenti quando discute il tema della sede impedita. Da non dimenticare, infine, che Monsignor Genswein davanti a un gruppo di alti presbiteri in conferenza disse che la risposta del gesto di Papa Benedetto XVI era in Isaia e Geremia. Aggiunse anche che non avrebbe svelato il capitolo, ma che, trovandosi di fronte a un pubblico preparato, era intuibile. Chi ha studiato il Vecchio Testamento ci arriva facilmente. Parole di Genswein, non di Dan Brown! Serve altro?
Mi domando che senso abbia non voler prendere atto che alcuni non condividono la teoria della sede impedita.
In genere funziona così: una teoria viene enunciata, alcuni la condividono ed altri no. Questo martellamento sta diventando
imbarazzante, così come la solita tiritera sulle argomentazioni, come se uno fosse obbligato ad imparare a memoria il ben noto Bignami, che si arricchisce ogni giorno di nuove incredibili fantasie, che non fanno che aumentare le perplessità e le inevitabili prese di distanza.