Lo Stato Disperato dell’Informazione in Italia, Mario Draghi e altri Mostri, di Vincenzo Fedele.
20 Aprile 2024
Informazione, Draghi e altri mostri
L’informazione denota la civiltà di un Paese. Guai a parlare male dell’informazione: si correrebbe il rischio di essere informati.
Bisogna quindi ampliarla il più possibile per dissimulare bene la verità dei fatti. Come un albero, visibilissimo in un deserto, diventa quasi invisibile in una foresta, così amplificando le notizie, meglio se commentate da esperti, si possono nascondere i fatti che ci sono dietro.
Qualche esempio pratico sulle ultime chicche e con mini commenti di nota:
La conferenza dei rettori universitari ha detto “NO” al boicottaggio di Israele. La scienza deve andare oltre il contingente e la cultura accomuna i popoli anche, e soprattutto, nei periodi di crisi. Sono certo che è così, però mi chiedo se qualche collaborazione tecnica non abbia poi sbocchi in ambito militare o di supporto economico ad un regime tacciato di genocidio. Qualche anno fa mi sembra che per musicisti, ballerini, direttori d’orchestra, sportivi ed altra “fauna russa” (il termine rende l’idea) non si siano seguiti gli stessi ragionamenti. Anche Dostoevskij ed altri suoi colleghi vennero emarginati dalle università insieme ad opere teatrali o musicali che certo non potevano avere valore bellico o economico. Sembra l’anno scorso, ma forse erano secoli fa.
Una volta alla polizia era vietato entrare nelle università. Soprattutto dal fulgido ’68 in poi l’autonomia degli atenei era sacra. Anche durante il COVID diverse irruzioni della polizia si sono verificati nelle chiese, ma mai nelle università. Va bene che ormai di sacralità le chiese hanno poco, visto che molte sono state trasformate in dormitori, mense, sale danza e in sede di mostre blasfeme. Comunque, ripeto, mai nelle università. Poi qualche studente ha pensato di protestare contro il genocidio a Gaza scoprendo che parlare del genocidio perpetrato dagli ebrei verso i palestinesi è più dannoso che perdere l’autonomia degli atenei. Quindi, per reprimere i contrari al genocidio, si può manganellare anche all’interno delle università. Quando si dice il progresso!
Grande giubilo per la continua fornitura di armi all’Ucraina che così, con il mercato nero, tenta di risollevare la propria economia rivendendole sottobanco prima che Putin le distrugga. Non gli dura niente la roba! A margine pochi hanno visto che il 78 % delle armi fornite da noi provengono da acquisti che facciamo fuori dall’Europa. Una volta si diceva “cornuti e mazziati”. Oggi non si può dire e noi non lo diciamo. Ma almeno valutare di dare lavoro dalle nostre parti non era meglio? Che so: alla Oto Melara; acquisire acciaio dall’ex ILVA di Taranto per qualche carro armato; far produrre di più Leonardo; qualche pistola dalla Beretta; qualche jeep e blindato da Stellantis che tanto ci sta aiutando nell’aumentare l’occupazione e la produzione in Italia. Magari qualche Maserati per Zelensky e gli oligarchi. Niente. Visto che molta merce sparisce ancora prima di arrivare a Kiev, forse si preferisce operare estero su estero. Si risparmia anche sui trasporti.
I giornalisti RAI protestano contro il Governo Meloni. Le motivazioni ufficiali sono diverse: l’azienda vuole accorpare GR-PARLAMENTO sotto un’altra direzione, mi sembra quella sportiva, per avere economie dirigenziali. Tenendo conto che questo è il servizio che aveva storicamente svolto Radio Radicale, profumatamente pagata, e che si concretizza nel lasciare un microfono aperto con un regista e un giornalista a spiegare nome e gruppo parlamentare dell’oratore di turno, non mi sembra un grosso attentato all’autonomia giornalistica. Poi c’è l’ipotesi che RAI News 24 trasmetta, proprio come faceva Radio Radicale, i congressi dei partiti o grosse manifestazioni politiche, senza filtri e in diretta. Quando lo faceva radio radicale era sintomo di libertà, oggi che si propone di farlo fare alla RAI è anticamera della dittatura. Non mi sembra che in passato ci siano state molte proteste per lottizzazioni ben più selvagge e invasive con giornalisti assunti in base alla tessera e che passavano direttamente dagli studi televisivi agli scranni parlamentari, in particolare del PD (vedi il povero Sassoli o la Gruber e molti altri). Non mi sembra che quando Fratelli d’Italia era l’unico partito all’opposizione e, pur dovendo guidare per Legge la Commissione di vigilanza RAI, era tenuto fuori Commissione, vi furono scioperi o vesti stracciate per la palese illegalità. Non mi sembra ci siano state proteste quando l’inviato RAI a Mosca è stato sostituito, due anni fa, perché osava citare e commentare con buon senso i comunicati del Cremlino. Pur essendo a Mosca doveva limitarsi a leggere le veline approvate da Roma o Washington, come fanno i corrispondenti adesso. Non dimenticheremo mai la cara Giovanna Botteri trasmettere dalla Cina gli aggiornamenti del COVID, bloccata nel proprio albergo eppure leggendo non solo le veline cinesi, ma anche le notizie delle agenzie relative a Turchia, India ed al mondo intero, compresi gli USA. Visto che le agenzie che arrivavano in Cina era comunque filtrate dal Governo di Pechino non si può dire che fossero reali o che fossero di prima mano. La stessa lettura erudita, effettuata da Roma, sarebbe stata più realistica, tempestiva e veritiera, oltre che più economica. Ma forse il vero giornalismo nostrano è questo, quindi viva la protesta RAI.
Ilaria Salis, l’insegnante detenuta con l’accusa di complicità nell’aggressione ad alcune persone, sarà candidata alle prossime elezioni europee. Fermo restando che, da garantista, ritengo che tutti siano innocenti sino a dimostrazione contraria supportata da sentenza di colpevolezza, penso che alcune riflessioni siano da fare, se non altro verso chi che ci presenta come eroina una potenziale picchiatrice. Il padre della cara Ilaria si è più volte lamentato del, a suo dire, “abbandono” della figlia da parte delle autorità italiane, tacendo quando gli è stato fatto notare che, a volte, la diplomazia può operare, ma solo in silenzio e dietro le quinte, non sui palcoscenici mediatici. Tacendo quando gli è stato fatto notare che, per avere gli arresti domiciliari, occorrerebbe almeno richiederli ed i suoi avvocati, dopo un anno di detenzione della figlia, non avevano mai avanzato tale richiesta al tribunale ungherese. A parte questi aspetti è da considerare che prima delle malefatte che le vengono imputate all’estero la Salis aveva collezionato decine di segnalazioni e fermi, oltre a qualche arresto, anche da parte delle nostre forze dell’ordine. Oltretutto si sconfina quasi nella comicità nel constatare come l’UE imputa all’Ungheria di non avere una magistratura indipendente, accusa rigettata con forza dal Governo ungherese, e poi pretendere di agire sul potere politico per condizionare la magistratura di quel Paese. Anche ammesso che ci sia un affiancamento magistratura-Governo, gli ungheresi non lo ammetteranno mai e, mettendo la vicenda sotto i riflettori internazionali, non fare pressioni sui giudici è il modo migliore per gli ungheresi per dimostrare l’indipendenza della propria magistratura. Del resto sanno tutti che anche da noi la magistratura è indipendente. Ma l’atto più rilevante è la candidatura politica della Salis. Smentita sdegnosamente sia da Bonelli che da Fratoianni sino a ieri, ed oggi confermata con enfasi convinta. Candidatura che sarà uno specchietto per le allodole, come a suo tempo avvenne per il difensore degli immigrati Soumahoro, eletto a furor di stivali e subito scaricato come sconosciuto all’apparire dei noti guai giudiziari di famiglia. Candidata, oltretutto, da un partito che avrà notevoli problemi a superare la soglia del 4 % per avere anche un solo eletto per Bruxelles. Il padre di Ilaria dovrebbe forse domandarsi, oltre a che tipo di educazione abbia impartito alla figlia, se veramente vuole aiutare la figlia ad uscire dal carcere.
La notte del 19 aprile qualche ordigno in libera uscita ha colpito il territorio iracheno. Gli israeliani non hanno fatto commenti né rivendicato nulla. Sembra che l’attacco non sia partito da Israele ma dall’Azerbaigian, o dall’Azerbaigian iraniano, che è una regione interna all’Iran. Cioè potrebbe darsi che agenti infiltrati abbiano lanciato i droni dall’interno stesso dell’Iran in modo da risultare invisibili ai radar e proprio per accecare questi ultimi, forse in preparazione di un attacco ben più corposo. Però qui vorremmo limitarci alla gestione della notizia che il 19 aprile è rimbalzata su tutti i video giornali con questi tenori: Israele ha risposto all’attacco iraniano della notte di sabato 13 dimostrando la sua capacità di arrivare a bersaglio senza colpo ferire. L’attacco è stato chirurgico e, bontà sua, non ha provocato morti. Le notizie sull’Iran, invece, sono del tenore opposto. L’Iran esce sconfitto da questo confronto. Il suo attacco ingiustificato (ingiustificato?) con centinaia di droni è stato respinto da Israele ed adesso l’Iran è anche obbligato a far finta di nulla negando anche che ci sia stato un attacco. Il TG1, addirittura, sia nell’edizione delle 13.30 che in quella madre delle ore 20, dopo aver informato correttamente (Israele non commenta, ma gli USA confermano l’attacco cui non hanno partecipato), con un servizio, firmato da Carmela Giglio, cerca di ridicolizzare l’Iran dicendo che fa finta di nulla. L’Iran si limita a dire che i droni sono stati abbattuti e non ci sono vittime. Degrada l’attacco come una vittoria delle difese iraniane. Il regime fa giocare i bambini con aeroplanini di carta per esorcizzare i droni che sono invece arrivati e hanno fatto male. Come dire: il regime iraniano non sa come reagire e minimizza i danni arrecati alle strutture di Isfahan. A Isfahan c’è realmente una delle basi radar a protezione dell’impianto di arricchimento dell’uranio e tutta la zona pullula di fabbriche militari e di produzione di droni. Forse è stato danneggiato uno dei radar operativi, ma nessuna fabbrica è stata colpita. Non una parola sulla moderazione dimostrata dall’Iran al seguito delle richieste dei paesi del G7 e sulla volontà di minimizzare per evitare proprio quella escalation che tutto l’occidente teme. Si enfatizza che Israele ha colpito chirurgicamente, come aveva anticipato, e che l’Iran non è in grado neanche di replicare verbalmente subendo anche lo sfregio della data stessa in cui l’attacco israeliano è stato sferrato: il compleanno di Khamenej. Certo che con giornalisti di questa portata la guerra è assicurata. Tutto il mondo si sbraccia per calmare le acque, cercare di evitare una reazione forte da parte di Israele che innescherebbe una controreazione iraniana di elevato livello e il canale ufficiale italiano ridicolizza gli sforzi iraniani per chiudere qui il discorso e non reagire. Proprio un bel servizio al tentativo di pacificazione. Che poi questa moderazione israelo-iraniana sia stata sponsorizzata dagli USA con il tacito accordo di consentire l’attacco israeliano a Rafah, che sarà subìto da centinaia di migliaia di civili palestinesi è un altro discorso. Si danza sulla bocca di un vulcano e si gioca sulla vita delle persone come fossero meno che marionette. Preghiamo e speriamo di non dover commentare queste notizie a breve, ma le speranze arrivano più dalle preghiere che dalle azioni israeliane o dai commenti dei nostri giornalai.
Ma lasciamo gli altri mostri e veniamo ai Draghi
Draghi si rimette in gioco autocandidandosi per ricoprire il ruolo di futuro Presidente di qualche Commissione europea e le considerazioni possono essere tante, visto che si vota a Giugno. Proponiamo le prime che ci vengono in mente, ben sapendo che occorrerebbe un articolo a parte anche solo per sfiorarne il contenuto:
Una frase che tutti riportano compiaciuti è “Serve un cambiamento radicale”. Io non ho capito se è un invito a votare per la Bonino a giugno, oppure è un’allerta per la burocrazia europea. Io sarei per la prima ipotesi visto che sino a un anno fa rampognava chiunque ipotizzava la necessità di aggiornamenti alla linea europea;
Altro concetto espresso nel programma è, semplificando, che occorre aumentare gli stipendi per far muovere i consumi e riprendere competitività con USA e Cina. Peccato che anche su questo punto, in passato, era di parere esattamente opposto e richiedeva morigeratezza salariale per rivitalizzare l’economia dopo la crisi dello spread. Parliamo del 2011. Chi se lo ricorda più che proprio a causa dell’appoggio di Draghi alle politiche salariali restrittive saltò il Governo Berlusconi?;
Le citazioni potrebbero essere molte altre ma, solo per non dimenticarle, ci limitiamo ad alcune chicche:
L’invio di armi a Kiev favorisce la pace, protegge la vita degli ucraini e consente una controffensiva per spazzare via la Russia;
Le sanzioni manderanno la Russia in bancarotta; da un +5% l’economia di Mosca sarebbe crollata ad un -10% annuo; la guerra avrebbe distrutto l’industria russa delle armi palesemente sovrastata dalla NATO; le sanzioni avrebbero anche fatto crollare il consenso interno a Putin il cui rovesciamento era imminente;
Da scolpire sull’acqua le famose dichiarazioni in ambito COVID: “non ti vaccini, ti ammali, muori” insieme ai peana sul green pass ed alle alternative sulla scelta vitale fra aria condizionata e libertà riferita all’appoggio all’Ucraina, al blocco del gas russo ed all’aumento dei costi energetici.
Per valutare le reazioni politiche a tanta esternazione autoreferenziale non è inutile ricordare che sotto il suo Governo la Benzina era oltre i 2,2 Euro/litro e nessuno muoveva un dito o una corda vocale per protestare, mentre adesso si strilla perché sta superando gli 1,8 – 1,9 Euro/litro.
Per le ultime considerazioni rimaniamo in ambito politico e reputiamo sorprendente (evitiamo altri aggettivi) una auto-candidatura che non prevede le urne, a breve scadenza, pur riempiendosi la bocca di democrazia, e che sbaglia totalmente i tempi, immemore dello stesso errore fatto per la corsa al Quirinale. Anche dalla sponda politica non vedo segnali di serietà nel discutere del nulla. Neanche accenno a Letta, che gli fa da spalla a Bruxelles, parlo dei partiti italiani. Commentano questa fulgida auto-candidatura, ad iniziare dalla Meloni, senza neanche riflettere che le elezioni sono di la da venire. Che dovrebbe essere il popolo a decidere chi andrà a rappresentarci in Europa e che solo dopo le elezioni si conosceranno le composizioni dei gruppi parlamentari. Capisco che ormai il voto popolare è un fatto che attiene al folklore, ma almeno un po’ di decenza non sarebbe disdicevole verso chi è chiamato a scegliere chi lo rappresenti. Sapere che i giochi si stanno svolgendo prima, mostra solo l’abisso, per chi lo voglia vedere, in cui è caduta quella che chiamano ancora “democrazia”. Oltretutto, poi, si chiedono perché la gente non vada a votare!
Sempre in tema di “democrazia” e dei Draghi di turno, le anticipazioni sul prossimo libro di Salvini, “Controvento” che uscirà a fine aprile, parlano dei tentativi della Merkel e di Macron, nel luglio 2022, per mantenere in sella Draghi ed evitare le elezioni. Telefonate che si rincorrevano da Francia e Germania al capo della Lega, ed a Berlusconi per Forza Italia, per mantenere la fiducia al Governo Draghi senza condizioni. Se pensiamo che la Merkel all’epoca (luglio 2022) non era più cancelliere nel Governo tedesco possiamo apprezzare meglio i giochi internazionali per interferire nelle vicende di casa nostra. Sia la Lega che Forza Italia avevano dato il loro appoggio al governo in difficoltà, ma chiedendo l’esclusione dei 5 stelle. A suo tempo avevamo raccontato su Stilum qualche retroscena il 29 luglio 2022, ( vedi qui ) ma le interferenze, per quanto ipotizzabili, erano sempre rimaste sotto traccia. Il centrodestra rimase compatto, mantenendo il punto e Mattarella fu costretto ad accettare le dimissioni di Draghi e indire nuove elezioni. Il vizietto di interferire in modo pesante nelle vicende nostrane non cade mai di moda dai sorrisetti maliziosi verso Berlusconi di Sarkosy e Merkel (c’è sempre lei di mezzo), ma nessuno ne parla e sovranismo non è difesa degli interessi nazionali, ma una brutta parola nel vocabolario del politicamente corretto.
Vincenzo Fedele
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Tag: draghi, fedele, iran, israele, salis
Categoria: Generale
secondo me l’unico modo per dissentire senza violenza e’ astenersi dal voto