Panorama geopolitico N. 8 – Economia e Finanza. Vincenzo Fedele.

20 Febbraio 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Vincenzo Fedele, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione questo articolo su geopolitica e finanza. Buona lettura e diffusione.

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Panorama geopolitico N. 8 – Economia e Finanza

Continuando la carrellata sul crollo dell’impero USA, dopo aver visto gli armamenti e la situazione politico-diplomatica, valutiamo gli aspetti economici e finanziari in cui siamo pesantemente e drammaticamente coinvolti anche noi.

Per capire dove siamo, e dove stiamo andando, dobbiamo vedere da dove veniamo.

Dalla fine della seconda guerra mondiale il mondo è girato attorno al Dollaro, in base agli accordi di Bretton Woods e della convertibilità del Dollaro con l’oro. Con Nixon questa conversione venne annullata e la correlazione del biglietto verde con l’economia venne regolata da quelli che vennero denominati petrodollari. Il petrolio veniva commercializzato solo in Dollari USA e la quotazione fissava il valore del biglietto verde e delle altre valute mondiali rispetto ad esso.

In realtà la FED, la Banca centrale americana, ha stampato dollari senza, per usare un eufemismo, un reale controllo internazionale e gli USA hanno sempre inondato il mondo di biglietti verdi facendo pagare al resto del mondo il loro benessere casalingo.

Non sempre queste pratiche scorrette hanno avuto risvolti deleteri, a riprova che è sempre l’uso che si fa di una pratica a decretarne la bontà o la malvagità. Nel primo dopoguerra, infatti, queste pratiche scorrette hanno comunque permesso lo sviluppo di Europa e Giappone dalle ceneri della seconda guerra mondiale.

Già prima della crisi COVID il sistema era al collasso, soffocato dall’eccessiva carta verde che aveva invaso il mondo. Serviva una motivazione forte che giustificasse le anomalie non più digeribili e il COVID, oltre agli altri deleteri e ben noti aspetti,  è stato un ottimo paravento per evitare il rientro dei Dollari in eccesso, permettendo anzi ulteriori emissioni di biglietti verdi con la scusa di stimolare l’economia penalizzata dalla pandemia.

Trilioni di dollari aggiuntivi hanno invaso il mondo creando inflazione. La FED ha allora alzato i tassi per far rientrare più dollari possibile, ma lasciandone comunque troppi in circolazione.

La BCE le è andata dietro pur sapendo che l’inflazione nell’area Euro non è causata da eccesso di moneta, come negli USA, ma da carenza di offerta, soprattutto nel campo energetico e materie prime.

Il rifiuto dei biglietti verdi sta provocando la de-dollarizzazione sia per allontanare carta moneta con valore nominale senza corrispettivo in beni tangibili e negoziabili che per le alternative credibili di valute nazionali più solide e scambiabili, ad iniziare da Yuan cinese e Rublo russo.

L’esposizione è molto semplificata, ma è quello che sta accadendo.

Non soltanto il mondo ma anche il mercato interno USA è stato inondato di Dollari cercando di stimolare i consumi per contrastare, secondo la FED, la crisi del COVID mentre non pochi reputano che i blocchi del COVID fossero stati creati proprio come copertura per nascondere la crisi già in atto e giustificare le notevoli iniezioni di liquidità aggiuntiva necessarie a sostenere l’economia USA.

E’, in scala maggiore, quello che a casa nostra è stato fatto con il Quantitative Easyng. La BCE di Draghi che assorbiva qualsiasi emissione di titoli di Stato europei arrivando, alla fine, a confondere l’inflazione da eccesso di liquidità con quella derivante dalla scarsità dei beni disponibili.

Nonostante il forte aumento dei tassi USA, l’inflazione era quasi arrivata al punto di non ritorno oltre al quale nessuna azione della FED sulla base monetaria avrebbe consentito un rientro pacifico.

Intanto negli USA, finiti i sussidi, si è assistito, come prevedibile, ad un impoverimento con forte aumento di mancati pagamenti degli allegri acquisti, della copertura delle carte di credito, delle rate dei mutui immobiliari, automobili, elettrodomestici, telefonini, ecc.

Oltre ai mancati pagamenti si è registrato anche una forte contrazione degli acquisti con patimenti anche nel periodo natalizio. In America le insolvenze e i pignoramenti stanno salendo ovunque. I colossi dei trasporti stanno fallendo, perché non c’è nulla da trasportare. Amazon faceva affari, come da noi, in periodo di COVID, perchè la gente era costretta a rimanere tappata in casa. Adesso, con le carte di credito al limite e senza soldi per i rimborsi, non ci sono acquisti e c’è poco da trasportare. Convoy, una start up digitale di trasporti fondata da ex dirigenti Amazon, che valutava la propria attività 3,8 miliardi di dollari, ha messo sul mercato la sua tecnologia, software e proprietà intellettuale per non morire.

I costruttori edili sono disperati ed oltre il 60 %, pur di vendere qualcosa, propone sconti o incentivi all’acquisto, ma nonostante questo la vendita di abitazioni è crollata del 36 % lo scorso anno, tornando a valori da anni ’70 del secolo scorso.

Il debito delle carte di credito è aumentato del 14 % e quello che è conosciuto come credito rotativo, cioè il credito da ripagare mensilmente, ha sforato gli 1,3 trilioni di Dollari.

Oltre all’aumento dei debiti fa anche riflettere il mix di acquisti. Sono in crescita gli acquisti alimentari, per aumento dei prezzi da inflazione e non per volume d’acquisto, mentre sono in netto calo gli acquisti nel settore elettronico. Gli americani spendono di più per i settori in cui non hanno scelta, energia, alloggi, cibo, assicurazioni, sanità, cioè l’indispensabile. Assolto questo, con crescente difficoltà, non hanno soldi per vivere da agiata classe media.

Chi aveva potuto usufruire di credito, finiti i sussidi COVID ha dovuto accettare un lavoro sottopagato. Nessun sussidio per andare avanti ne per onorare i debiti contratti nel periodo dello scialo di Stato. Occorrerà trovare una nuova scusa, passato il COVID, per immettere nuova liquidità nel sistema e farlo girare e non è detto che non la stiano già attuando.

In realtà è arrivata nuova liquidità, ma solo per alcune aziende energetiche e del settore ecologico, visto che la crisi europea dell’energia ha fatto alzare i prezzi ed ha consentito agli USA di vendere a noi, a prezzi gonfiati, parte di quello che prima arrivava dalla Russia a basso prezzo.

Se questo ha consentito forti guadagni alle corporation, però, ha ulteriormente impoverito l’americano medio che ha visto arrivare il boomerang degli aumenti inflazionati.

In attesa del voto di Novembre la FED sta correndo ai ripari, ha abbassato i tassi ma non può annullare l’inflazione pregressa ed il malcontento è il pane quotidiano.

I repubblicani non consentono più sforamenti nel bilancio federale e in questo panorama di povertà diffusa e prezzi aumentati si aggiunge l’invasione del Texas da parte di milioni di diseredati messicani che, oltre a fornire manodopera in nero e sottopagata, hanno al seguito droga, alcol, prostituzione e delinquenza a buon mercato.

Se questo, per grosse linee è il panorama interno USA, quello internazionale non è migliore. Evitiamo di parlare dell’Euro, visto che ormai è una moneta che circola solo all’interno della UE.

Quella che viene definita de-dollarizzazione è da tempo in atto e procede a passo spedito.

Da quando Cina e Arabia Saudita si sono accordati per accettare i pagamenti petroliferi in Yuan cinesi e Putin ha preteso il pagamento delle merci russe (gas, petrolio, grano, fertilizzanti, minerali, ecc.) in Rubli, l’allontanamento dal Dollaro ha fatto passi da gigante.

A riprova che i fatti economici si intrecciano sempre con quelli politici e la nemesi storica presidia gli snodi epocali, si può ricordare una connessione che nessuno collega e riporta:

Un certo Boris Johnson, nel marzo del 2022, era appena ritornato da Kiev dove aveva bloccato (ma si è saputo solo dopo), il trattato di pace già stipulato a Istanbul tra Russia e Ucraina. Tuonando contro il ricatto putiniano sull’energia al grido che non si tratta con i bulli russi che non sanno cosa siano i diritti umani, ha subito chiamato Ryad per un aumento delle forniture saudite di greggio. Proprio la stessa Arabia Saudita che, nello stesso week end,  aveva fatto registrare il record storico di esecuzioni capitali eseguite in un solo giorno: 81. Ci accordiamo con il boia per fermare il bullo.

Intanto la  settimana prima, nei negoziati nucleari di Vienna, la Russia aveva preteso di inserire una clausola che le sanzioni dell’occidente non avrebbero avuto ripercussioni sui rapporti bilaterali fra Mosca e Teheran. Per non bloccare i negoziati gli USA avevano dato il loro assenso, sentito anche Israele, mandando su tutte le furia l’Arabia Saudita che non si era ancora riappacificata con l’Iran tramite la mediazione cinese. Mentre Boris Johnson era ancora in viaggio per Ryad, le agenzie internazionali informavano che Saudi Arabia accettava dalla Cina il pagamento del petrolio in Yuan invece che in Dollari, ponendo così fine all’esclusiva del Dollaro nel trading petrolifero e decretando la morte dei petrodollari. Come si diceva una volta : cornuti e mazziati.

Un colpo fatale agli USA da parte del loro alleato più fedele dell’area mediorientale.

Subito dopo viene il famoso decreto di Putin: o pagate in rubli oppure i rubinetti del gas saranno chiusi. L’Europa si è dovuta adeguare e pagare in rubli finchè Biden non ha chiuso per sempre i rubinetti facendo saltare pochi mesi dopo i gasdotti Nord Stream nel nostro totale silenzio.

Comunque, oltre alla forte azione di Cina e Russia, tutti i Paesi BRICS+, fanno sentire il proprio peso nel commercio mondiale ed il fatto che il Dollaro sia in crollo totale sembra la versione attuale del ragazzo che grida che il Re è nudo.

Del resto i BRICS erano nati, fra i sorrisini delle elite, proprio per creare un credibile contrappeso a Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale ed altri enti che avrebbero dovuto garantire il multilateralismo ed invece sono schierate a difesa degli interessi neocoloniali dell’occidente con il Dollaro come valuta di riferimento.

E’ vero che finora non hanno creato vere strutture alternative, non c’è all’interno dei BRICS+, un leader indiscusso, non hanno una propria moneta, ma questo è uno dei loro punti di forza e non certo di debolezza. Il sud del mondo, specie l’Africa, guarda a loro fiducioso proprio perché non c’è un legame ideologico, ma un affiancamento commerciale, cementato dalla comune avversione al comportamento occidentale, che si traduce in una progettualità comune a difesa dei propri interessi.

Dal 2015 hanno una loro banca, la New Development Bank (NDB), prima conosciuta come BRICS Development Bank, per finanziare progetti di sviluppo e infrastrutture nei paesi emergenti, senza sottostare ai diktat dei vari FMI.  Se tanti Paesi, di tutti i continenti, si coordinano per allontanarsi dal Dollaro è perché ne stanno toccando con mano la debolezza ed il declino.

L’Egitto, ad esempio, a corto di liquidità ben prima che gli Houthi riducessero gli introiti dal transito delle navi a Suez ed il genocidio di Gaza ne azzerasse il turismo, si è potuto finanziare fuori dal Dollaro senza soffrire pressioni sulla propria valuta.

L’approccio multilaterale è anche garantito dal considerevole peso dei Paesi aderenti e dai differenti approcci che ognuno di loro ha, sia nel contesto BRICS che al loro esterno.

L’India, ad esempio, non accetta la contrapposizione frontale alle strutture occidentali, come vorrebbe la Cina, preferendo un colloquio senza sudditanza. All’ultimo incontro del G20 a New Delhi il Primo Ministro indiano ha fatto approvare il comunicato finale recependo tutte le richieste dei paesi non allineati, cioè del sud del mondo.

Per essere chiari, questo complica le cose e non le rende certo più semplici.

Prima della caduta dell’URSS e del Muro di Berlino vi erano due possibilità: allearsi con gli USA oppure gravitare nell’orbita sovietica.

C’era anche la terza possibilità di essere tra i non allineati, ma in ogni caso tutti i Paesi dovevano pagare dazio a questi due schieramenti con fedeltà più o meno conclamate e costi conseguenti.

Dopo la caduta del muro è sembrato che le alternative fossero sparite, ma gli USA non hanno saputo gestire questo monopolio insperato debordando in un delirio di onnipotenza che li ha condotti alla crisi attuale dove le alternative, di nuovo due, sono fra un blocco granitico occidentale governato dagli USA e dal Dollaro, con il supporto militare della NATO, ed un mondo “altro” senza un capo precostituito, multilaterale, senza un organismo militare cui aderire e prestare giuramento di fedeltà.

Nella puntata precedente parlavamo della Turchia, che continua a giocare su due tavoli, fa parte della NATO ma non ha imposto sanzioni alla Russia. A volte sembra alleata della Russia, come adesso in Medio Oriente, a volte ne è accanita avversaria, come in Siria o in Libia.

La stessa India, pur alleata della Russia che gli fornisce gli armamenti, aderisce all’alleanza del Quadrilateral Security Dialogue (QUAD) con Stati Uniti, Giappone e Australia.

Sempre l’India ultimamente ha stipulato accordi con gli USA per armamenti e tecnologia militare per non dipendere totalmente dalla Russia con cui rimane alleata. Potremmo fare altri esempi, ma chiarito che il mondo è più complesso di prima, torniamo alle analisi economiche che ci siamo prefissi.

Dicevamo che l’incontrollata stamperia di biglietti verdi, oltre ad appianare i deficit USA, ha consentito la ripresa occidentale dai disastri bellici e sia l’Europa che il Giappone hanno risollevato le proprie economie divenendo esportatori netti verso gli USA pur se a fronte di valuta gonfiata.

La ricerca spasmodica di produzioni a basso costo ha spinto gli USA a far entrare la Cina nell’Organizzazione Internazionale del Commercio (WTO) facendo diventare Pechino la manifattura del mondo e ricevendo in pagamento cambiali americane per diversi trilioni di Dollari e più di un altro trilione in titoli americani, pure denominati in Dollari.

In pratica la Cina ha sostituito Europa e Giappone come esportatore netto verso gli USA ricevendo in pagamento la carta verde supervalutata che prima arrivava da noi.

Oggi ai Dollari, immessi nel mondo al valore facciale, tornano a sostituirsi i beni che dovrebbero essere dietro al valore stampato e che, nel caso del Dollaro, non ci sono. Il risultato è che Cina, India, Africa e Asia utilizzano le materie prime russe a valori fortemente scontati, mentre noi dobbiamo comperare, a prezzi maggiorati, le stesse materie prime che prima comperavamo a sconto.

L’inflazione e l’aumento dei costi abbatte le nostre economie mentre gli USA, come visto, se ne avvantaggiano nel breve periodo, ma adesso il boomerang è arrivato anche a casa loro.

Forse questo potrebbe farci capire la differenza tra il denaro ed i beni che ci sono dietro.

Il denaro non si mangia e non ci riscalda. In fondo questa è la differenza fra “noi” e “loro”. Un mondo fatto di denaro senza valore, stampato su rotative a ciclo continuo, ed un altro fatto di beni reali e commodities come gas, oro, petrolio, grano, mais, fertilizzanti, Nichel, Litio, terre rare, ecc.

Tralasciando, a malincuore, gli aspetti etici e limitandoci a quelli economici, questo è il motivo della recessione in atto in Europa. Gli USA, che l’hanno causata, sono riusciti finora ad evitarla drogando l’economia per pilotare la situazione in vista delle elezioni di novembre. Noi italiani ci siamo dentro in pieno ed abbiamo poco da gioire guardando al nostro misero +0,7 % rispetto al segno meno della Germania. La Russia, con guerra e sanzioni sulle spalle, è a + 3,6 %.

Subito prima dell’inizio della sua “operazione speciale” Putin aveva incontrato Xi ottenendone l’appoggio incondizionato, ma le esportazioni cinesi verso la Russia erano inferiori a 70 miliardi di dollari mentre quelle cinesi verso Europa e USA superano il trilione di Dollari. La Russia esportava in Cina, fino a quel momento, circa 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno tramite un gasdotto, Power of Siberia, che di miliardi poteva trasportarne 38. In ogni caso la Cina, da sola, non poteva sostituire l’Europa che ne aveva assorbito 175 miliardi l’anno precedente.

La Russia, che doveva cadere in ginocchio e che riciclava i chip dalle lavatrici per farci i missili, vede un aumento del PIL del 3,6 % ed un tasso di disoccupazione ai minimi storici del 2,9 %. Non è questione di complimentarsi per i successi economici della Russia, ma di essere spaventati dagli imbecilli che ci governano e che sbagliano tutte le previsioni.

Si dirà che la Russia sta investendo pesantemente nell’industria militare. E’ vero ma, anche qui, andiamo ad analizzare i dati di dettaglio.

L’economia tedesca ha un segno meno da diversi trimestri, segno di recessione in quella che era la locomotiva europea. A fronte di questo, però, l’ultimo trimestre ha visto un segno + nel settore metalmeccanico, che pur non è stato sufficiente ad eliminare il segno meno a tutta l’economia. Questo dato positivo, però, deriva da un segno negativo a doppia cifra per il settore trasporti (quindi Wolksvagen, BMW, Audi, Mercedes, ecc.) e ad un segno positivo di oltre il 150 % per la categoria “altri trasporti” che includono gli armamenti, carri armati, obici, aerei da combattimenti, ecc.

Nell’analogo settore, la Russia ha visto aumentare la propria industria pesante (spinta dal militare), del 7,5 %, non del 150 % come per la Germania. Il risultato finale, come detto, è che la Russia aumenta in tutti i settori mentre la Germania, anche con il militare alle stelle, è un Paese in recessione.

Le banche russe stanno incamerando utili a più non posso. Nel 2023 l’indotto bancario russo ha generato utili per 37 miliardi di Dollari. Utili, non fatturato.

La sola Sberbank ha contabilizzato utili per 17 miliardi, più di Unicredit, Intesa e BPM messi insieme. Un quarto del PIL dell’intera Ucraina.

Abbiamo descritto la pessima situazione interna USA. In Russia, per fare un paragone, i prestiti sono schizzati in alto del 34 % ed i motivi sono duplici: anzitutto il Governo ha stimolato i crediti alle famiglie abbassando i tassi e favorendo giovani coppie e famiglie numerose. In contemporanea, molte società hanno chiesto e ottenuto prestiti per acquistare, a prezzi da fallimento, le società costrette a lasciare il Paese a causa delle sanzioni occidentali. Pur erogando i prestiti richiesti, le banche incamerano utili e sono pronte a fronteggiare eventuali nuove sanzioni.

Oltre al Dollaro come moneta, anche i titoli di Stato americani sono alle corde. I Paesi BRICS hanno ridotto fortemente le loro esposizioni, ad eccezione dell’India che fra il 2022 e il 2023 ha aumentato da 221 a 232 miliardi la propria esposizione in titoli USA.

La Cina, invece, ha disinvestito. Da oltre 1.600 miliardi, massimo storico del 2013, ha varcato la soglia dei mille miliardi ed è scesa sotto gli 800 miliardi di Dollari. Oltre la metà dall’esposizione massima

La Russia ha ridotto le sue esposizioni in modo ancora più aggressivo. Nel 2018 aveva titoli USA per circa 15 miliardi ridotti mese per mese ed ora il Paese non ne ha praticamente più. Gli ultimi dati disponibili davano ancora circa 30 miliardi di titoli in mano a privati russi ma, anche a fronte dei rischi di confisca, è credibile che siano azzerati.

Il Brasile ha pure ridotto le sue partecipazioni, tra 2022 e 2023, da 232 a 227 miliardi di dollari ed anche il Sudafrica è sceso dagli oltre 21 miliardi di Dollari a meno di 15 di titoli USA.

Secondo il portale Gold Switzerland, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica rappresentano attualmente meno del 4,% dei titoli di Stato americani circolanti nel mondo mentre nel 2012 questo valore era pari ad oltre il 10,%. Un calo di oltre il 60%.

Non solo i BRICS si allontanano dal Dollaro. Tutto il resto del mondo ha ridotto la propria esposizione verso gli USA, anche se più lentamente. Nel gennaio 2012 circa il 22% del debito americano circolava al di fuori degli USA. Adesso è inferiore al 19 %.

Questa disaffezione mette in notevole difficoltà il tesoro americano ad emettere nuovi titoli per coprire i continui sforamenti del deficit federale. A questo si affianca la minor richiesta di Dollari non più necessari nelle transazioni commerciali internazionali ed il quadro dello sfacelo è completo visto che alla crisi interna, che viene oscurata, si somma quella estera, sotto i riflettori che mostrano le macerie.

Eppure quando, pochi mesi fa, una agenzia di rating si è permessa di accennare al fatto che il re è nudo, abbassando  la valutazione dei titoli USA da AAA+ a AAA tutti gli operatori finanziari si sono premurati di bollare come pazzi, incoscienti e incompetenti i valutatori che, in realtà, avrebbero dovuto almeno togliere una delle “A” per rimanere aderenti alla realtà.

Questo è lo stato economico attuale dell’impero americano. Uno sfacelo da cui si sta distanziando la stragrande maggioranza delle economie mondiali con lentezza e oculatezza, perché nessuno vuole un crollo drastico che distruggerebbe i propri fondi investiti nel tempo, ma il fenomeno sembra irreversibile.

In futuro gli Stati BRICS continueranno a ridurre i titoli americani nei propri portafogli e molti dei paesi in via di sviluppo li seguono allontanandosi sempre più dal Dollaro in caduta libera.

Il nuovo ordine mondiale non è come lor signori lo avevano immaginato e gli USA, insieme a tutto l’occidente,  non sono attrezzati per gestire un mondo multipolare, dopo aver fallito quando erano l’unica stella del firmamento nel mondo unipolare.

Non hanno la leadership negli armamenti, non hanno i buoni rapporti politici del passato e sono in caduta libera nel settore economico e finanziario. Ormai, come visto, l’unica opzione USA è imporre con la forza quello che una volta si cercava di ottenere per via diplomatica, soprattutto rispetto ai piccoli Paesi che erano classificati fra i “non allineati”, quindi isolati. Emblematico è il caso dell’Africa che, oltre ad allontanarsi dagli USA, si rivolta soprattutto contro la Francia. Lo vedremo la prossima volta.

Vincenzo Fedele

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1 commento

  • Andrea ha detto:

    Disamina interessante e realistica.
    Impietosa, sullo stato dell’arte, riguardo la lungimiranza della nostra civiltà occidentale, sul piano della proiezione politica ed economica-finanziaria che prevede anche ip vampirismo sull’Europa degli USA che cercano di sopravvivere ai mutamenti degli equilibri in cui si leggono margini di miglioramento più ampio per altri soggetti e attori antagonisti.

    Sul piano dei valori, della fede, mi sembra esserci un decadimento analogo, un declino di civiltà dove l’eclissi di Dio è sempre più palese.