Iniziative ed Eventi in Emilia Romagna da Oggi a Domenica 18 Febbraio. E Online.

10 Febbraio 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione questo elenco di iniziative ed eventi segnalatoci da un amico del prof. Giovanni Lazzaretti. Buona lettura e diffusione.

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 INIZIATIVE

[1] PUIANELLO DI QUATTRO CASTELLA (RE),  SABATO 10 FEBBRAIO 2024, 15.00, GIOVANNI VANNI FRAJESE, “PICCOLE LUCI NEL BUIO”
Il professor Frajese, voce nota nella battaglia sulla cattiva gestione del covid, viene intervistato da Giovanni Mazzoni direttore di Teletricolore. Ingresso a offerta consapevole fino a esaurimento posti, senza prenotazione.

[2] CORREGGIO (RE), GIOVEDI’ 15 FEBBRAIO 2024, 20.30, MARIA RACHELE RUIU,”ESSERE DONNA OGGI”
Sottotitolo “Difficoltà, cause, prospettive”. Iniziativa del Circolo Frassati con la presenza di Maria Rachele Ruiu, già “ragazza del Family Day” (30 gennaio 2016), ora moglie, mamma di due bambini, ammalata di tumore e attiva protagonista di “Pro Vita & Famiglia”.

[3] MIRANDOLA (MO), GIOVEDI’ 15 FEBBRAIO 2024, 21.00, FABIO TREVISAN, “LA DSC COME ANNUNCIO DI CRISTO NELLE REALTA’ TEMPORALI”
Prima lezione della già annunciata scuola di Dottrina Sociale della Chiesa “Mater et Magistra”. Nel rilancio precedente mancava la segnalazione di mail e telefono per informazioni, presenti invece nel PDF allegato.

[4] VIA INTERNET, DA VENERDI’ 16 FEBBRAIO 2024, 16.00, CORSO “DARE SENSO AL MONDO”
Sottotitolo “Desideri, affetti, motivazioni nel processo educativo”. Corso con Maria Teresa Moscato, don Rosino Gabbiadini, Chiara Sirk, Alberto Spinelli, Michele Caputo. Nonchè Giorgia Pinelli, tre volte presente al Circolo Maritain.

[5] MARINA DI RAVENNA (RA), DOMENICA 18 FEBBRAIO 2024, 15.15, TOMMASO SCANDROGLIO, “QUANDO LA BIOPOLITICA NEGA LA NATURA UMANA”
Seconda lezione del corso di dottrina sociale “Tornare alla natura. Sì, ma quale natura?”.

[6] MODENA, DOMENICA 18 FEBBRAIO 2024, 15.30, MARIA MARTINEZ GOMEZ, “DOPO TUTTO… C’E’ SPERANZA”
Sottotitolo “Aborto e misericordia passando dall’Himalaya”. Testimonianza di Maria Martinez Gomez “infermiera, fisioterapista e figlia di Dio”.

TESTI, NOTE & CONTRIBUTI

[1] VIDEO “IL GUSTO DEL QUOTIDIANO, LAVORO E COMPIMENTO DI SE’ DA SAN BENEDETTO AD OGGI”
Dopo la conferenza di Benvenuta Plazzotta mi è arrivato questo messaggio da una persona presente:
“Ciao Giovanni, dopo l’incontro di ieri sera  volevo condividere il video sulla mostra presentata al Meeting quest’anno. Un saluto.”
Il video lo trovate qui.
https://youtu.be/wWXuJyrjBo8
Breve nota a commento.
Impresa Persona Agroalimentare ha realizzato, in partnership con il Consorzio del Grana Padano, una mostra al Meeting di Rimini 2023 dal titolo  “IL GUSTO DEL QUOTIDIANO, LAVORO E COMPIMENTO DI SE’ DA SAN BENEDETTO AD OGGI”. La mostra ha avuto uno straordinario successo, e per questo motivo abbiamo deciso di condividere ciò che è successo a Rimini attraverso la realizzazione di un video.

[2] ALFREDO MANTOVANO, “IL SUICIDIO DELL’OCCIDENTE”
Intervento di Alfredo Mantovano al convegno “Il suicidio dell’occidente”, 31 gennaio 2024, presso il Senato. Il testo è stato pubblicato dal Centro Studi Livatino.
Convegno “Il suicidio dell’Occidente”
Alfredo Mantovano, intervento al convegno, 31 gennaio 2024
Riportiamo di seguito l’intervento del
sottosegretario Alfredo Mantovano al Convegno Il
suicidio dell’Occidente, tenutosi questa mattina, 31
gennaio 2023, presso il Senato della Repubblica.
Il suicidio dell’Occidente non è espressione nuova:
la usò una quindicina di anni fa Roger Scruton
come titolo per un suo libro. Più di recente – con
una variante, Suicidio occidentale – l’ha ripresa, per
una pubblicazione, Federico Rampini, mentre – se
intendiamo restare nell’area concettuale, non solo
terminologica, di una civiltà che sta scomparendo –
è trascorso oltre un secolo dall’uscita dell’opera di
Oswald Spengler Il Tramonto dell’Occidente.
‘Suicidio’ è parola più efficace di ‘tramonto’ per
qualificare la volontarietà dell’autolesionismo di una
civiltà. Lo sottolinea Luciano Violante, in un suo
recente intervento[1]: oggi “la morte si presenta
come ragionevole alternativa alla vita, anche fuori
dei casi di gravi intollerabili patologie”; Violante
ricorda una ricerca del maggio 2023, secondo cui in
Canada, parte qualificata dell’Occidente, il 28% dei
cittadini consentirebbero a una richiesta di suicidio
assistito se proveniente da una persona senza
dimora, e il 27% se l’unico motivo di afflizione fosse
la povertà, senza alcuna malattia in corso.
In Olanda si è passati dalle 2000 eutanasie
praticate nel 2002 alle 10.000 di oggi, anche sui
bambini. In Italia, come confermano le cronache
delle ultime settimane, esistono le basi culturali,
giuridiche e politiche per percorrere la strada della
morte a richiesta: il dibattito è concentrato non già
su come affiancare e aiutare il disagio del paziente
o dell’anziano (ciò a cui inizia a provvedere la
recente legge sugli anziani), ma su come garantirgli
di porre fine alla propria esistenza. La morte viene
prospettata quale soluzione obbligata per uscire
dalla solitudine collettiva nella quale siamo immersi.
2. Non sono un filosofo, come il presidente Pera, né
un teologo, come il card. Bagnasco. Ho trascorso
gran parte della mia vita a fare il giudice penale.
Poiché nel penale il fatto è centrale, vorrei partire,
e far ruotare le mie riflessioni, da un fatto concreto,
accaduto poche settimane fa in Inghilterra: la
vicenda di Indi Gregory. Non la ripercorro nel
dettaglio, è conosciuta da tutti voi, ma comincio
con elencarne i protagonisti, come nella locandina
di una tragica rappresentazione teatrale:
* Indi, appunto, una bambina nata il 24 febbraio
2023, affetta da una seria patologia mitocondriale;
* la sua famiglia, composta dai genitori, Dean e
Claire, e da due sorelle più grandi di lei;
* i medici del Queen’s medical center, l’ospedale
dove la piccola era ricoverata, che hanno deciso
non soltanto che Indi non dovesse ricevere più
alcuna cura ma che, oltre che da loro, lei non
potesse averla da nessuno,
* i giudici di varie corti britanniche, ai quali i
genitori di Indi si sono rivolti perché fosse garantita
la salute e il mantenimento in vita della figlia,
* l’opinione pubblica e i media,
* il governo italiano e un importante ospedale della
S. Sede che ha sede in Italia, il Bambin Gesù.
3. Chi è, anzi chi era, Indi, la protagonista centrale?
Un malato terminale, nei cui confronti ogni
trattamento sanitario sarebbe stato sproporzionato?
Il dato obiettivo non permette di dire, come
qualcuno in Italia ha sostenuto, che fosse un caso
di ‘accanimento terapeutico’. Era una disabile,
affetta da una patologia per la quale ancora non
esiste una terapia convenzionale efficace: in grado
di interagire con chi la avvicinava – per es.
stringendo con la manina il dito della mamma o
dell’infermiera -, come hanno mostrato tanti video
che la ritraggono.
Qui apro una parentesi, per avvicinarmi al tema del
nostro incontro. L’Occidente è stato descritto come
la sintesi fra la filosofia greca, che ruota attorno
all’uomo, il diritto romano, centrato sulla realtà
dell’essere, e il personalismo cristiano; la prima
conseguenza di questa sintesi è la considerazione
della persona come unica e irripetibile: è uno dei
pilastri della cultura occidentale.
È stata la civiltà occidentale ad aver superato la
visione dell’uomo, propria di tanti imperi pre
cristiani, quale parte di un meccanismo, da scartare
se è inidoneo a contribuire al successo di una
collettività. Ma questa visione è stata nuovamente
ribaltata con l’irruzione del darwinismo nelle scienze
sociali, e col conseguente ingresso di una scienza
biologica, che è diventata dottrina politica, e che ha
teso a cambiare radicalmente la condizione umana
in una prospettiva di selezione artificiale dei più
adatti al progresso della società.
L’eugenetica sociale fondata sull’evoluzionismo
ritiene che per garantire il progresso autentico è
necessario prevenire la riproduzione dei soggetti
inadatti, degli unfit. Tra la fine del XIX sec. e l’inizio
del XX l’ideologia eugenetica si è sviluppata
parallelamente in Germania e in area anglosassone.
Non è rimasta allo stadio teorico: nel 1927 negli
USA ebbe notevole rilievo la sentenza della Corte Suprema – i giudici sono da sempre centrali in
queste vicende – che ritenne rientrante nei poteri di
polizia dello Stato (nella specie la South Virginia) la
sterilizzazione forzata di una giovane donna, Carrie
Buck, della quale era stata accertata una maturità
inferiore a quella effettiva. Per la cronaca la bimba
avuta da Carrie prima della sterilizzazione, Vivian,
frequentò poi brillantemente la scuola. Quando si
parla di eugenetica imposta per legge o per
sentenza si pensa alla Germania nazionalsocialista:
ma fino alla fine degli anni 1930 negli USA sono
state compiute legalmente circa 20.000
sterilizzazioni forzose.
Non è stato necessario attendere l’avvento del
nazismo per assistere al diffondersi di correnti
ideologiche eugenetiche. Altri Stati europei, come la
Svezia nel 1934, introdussero leggi di sterilizzazione
dei malati di mente e delle persone mentalmente
disturbate.
I frutti più coerenti della politica biologica di
derivazione darwinistica furono però l’eutanasia e il
sostegno attivo al suicidio. Le tappe di questa
espansione ideologica e delle sue ricadute
normative sono bn descritte nel volume Il “diritto”
di essere uccisi: verso la morte del diritto?, edito
da Giappichelli, curato dal prof. Mauro Ronco e dal
Centro studi Livatino[2]. Il libro è interessante
perché consente di cogliere radici non recenti, che
elaborano già dalla seconda metà del XIX secolo
categorie quali quelle delle vite senza valore, delle
vite non degne di essere vissute.
4. Il nesso fra l’eugenetica evoluzionistica e
l’eutanasia è sempre stato evidente, non solo sul
piano teorico. Il 12 novembre 1915 in un ospedale
di Chicago avviene un episodio che costituisce uno
spartiacque nel passaggio da misure eugenetiche
preventive ad atti propriamente eutanasici. Una
donna di nome Anna Bollinger partorisce un
bambino. L’ostetrica avverte il capo dello staff di
chirurgia dell’ospedale che il piccolo presentava una
serie di anomalie, anzitutto una ostruzione anale. Il
medico, Harry Haiselden rifiuta di costruire
artificialmente un’apertura anale al bambino, e lo
lascia morire, pur potendolo salvare, perché quello
era “il miglior interesse” del neonato: sarebbe
sopravvissuto, ma sarebbe stato infelice.
Nei due decenni successivi negli USA il tema
dell’eutanasia si concentra non tanto sul dolore
insopportabile o sull’autodeterminazione del
paziente, ma sul valore della vita di soggetti deboli
mentalmente o malformati: costoro sono visti come
una minaccia dalla quale la società deve difendersi.
Lo sterminio nazionalsocialista di tanti disabili ha
fortemente rallentato la strada verso l’eutanasia
intrapresa nei decenni successivi alla Seconda
guerra mondiale all’interno di non poche
democrazie occidentali, a cominciare dagli USA, e
ha provocato il passaggio da una motivazione
eugenetica di derivazione darwinista alla
rivendicazione del diritto a morire come diritto di
libertà. Non si parla più di mercy killing, bensì di
living will, che verrà introdotto in quasi tutti i Paesi
occidentali.
La prima legge eutanasica negli USA è quella dello
Stato dell’Oregon, a seguito di un referendum
favorevole tenuto nel 1994, che permetteva ai
medici di uccidere con droghe letali i pazienti che
manifestavano intenti suicidiari. Nello stesso
periodo leggi eutanasiche sono state introdotte in
Belgio, in Olanda e in Lussemburgo: è storia dei
nostri giorni, fino al famigerato protocollo di
Groningen, una serie di criteri per autorizzare a
uccidere i neonati gravemente menomati,
concordato dall’Università con la locale Procura, e
varato nel 2005 quali linee-guida dall’Associazione
olandese per le cure pediatriche[3].
5. Torno a Indi e provo a chiarire la ragione della
digressione appena compiuta. I medici inglesi
l’hanno ritenuta unfit, e – come già accaduto per
casi analoghi, da Charlie Gard ad Alfie Evans –
hanno sancito che le risorse del loro ospedale non
dovessero andare “sprecate” per lei. Non hanno in
alcun modo tentato di sottoporla a cure
sperimentali, nonostante i recenti progressi
scientifici nel campo delle patologie
mitocondriali[4].
Sulla scena della tragedia entrano allora due
ulteriori protagonisti: i genitori di Indi. Ho avuto la
fortuna di conoscerli personalmente, ricevendoli a
Palazzo Chigi poco prima di Natale insieme con le
altre due bambine: sono persone semplici, non
medici né giuristi. Quello che hanno fatto per la
loro ultima figlia è stato non rassegnarsi a una
decisione di morte di cui all’evidenza non
coglievano alcuna ragione.
Si sono scontrati col ceto sanitario e con i giudici: i
quali – come già accaduto per casi analoghi, da
Charlie Gard ad Alfie Evans – hanno respinto le loro
istanze. Lo hanno fatto i giudici inglesi, e poi la
Corte europea per i diritti dell’uomo, adita
anch’essa.
Anche qui, come per i medici, non accade per caso.
Ho ricordato prima come negli USA, e in più d’una
nazione Europa, la legittimazione della deriva
eutanasica è avvenuta per sentenza, poi per
protocolli, quasi mai passando per le scelte dei
Parlamenti. In tutto l’Occidente il superamento
della norma di legge da parte del giudice è
diventata prassi consueta. L’“invenzione del diritto”,
per riprendere il titolo del libro di un ex presidente
della Corte costituzionale italiana, è ormai una categoria ideologica e una forma di controllo delle
scelte della politica.
Vi è un’ulteriore domanda: medici e giudici negano
le cure nell’ospedale dove la bambina era
ricoverata; ma perché impedire che lei fosse curata
altrove? L’alternativa era stata prospettata in
concreto da due altri attori intervenuti sulla scena:
il governo italiano che – come già accaduto nel
2018 per Alfie Evans – ha riconosciuto la
cittadinanza italiana a Indi per permettere alla
nostra rappresentanza consolare in UK di
interloquire con medici e giudici inglesi, e l’ospedale
Bambin Gesù che, esaminati i dati clinici della
piccola, si è reso disponibile ad accoglierla.
6. La resistenza dei genitori di Indi, e l’iniziativa
della presidente Meloni e del Consiglio dei ministri
non hanno salvato la vita della piccola: Indi, privata
anche del respiratore, è morta la notte del 13
novembre 2023. Ma resistenza e iniziativa non sono
state vane.
In tutte le tragedie vi è un coro. In UK all’inizio esso
è mancato: i media britannici hanno quasi del tutto
ignorato il caso, quelli italiani ne hanno parlato a
seguito dei passi operati dal governo. Per
paradosso una vicenda consumata in Inghilterra ha
avuto un rimbalzo mediatico in Italia, e ha fatto
aprire un dibattito oltre Manica; un gruppo di
medici operanti in UK ha chiesto a che serve una
ricerca scientifica avanzata – e sappiamo tutti che lì
è fra le più avanzate al mondo -, se poi i suoi esiti
non sono calati proprio per affrontare i casi più
difficili e sfidanti. E ha aggiunto che, pur se le
terapie per la grave malattia che affliggeva Indi non
erano ancora disponibili, comunque vi erano delle
proposte sperimentali, e quindi il suo
mantenimento in vita avrebbe permesso di
guadagnare tempo, e di incentivare studi mirati di
ricerca.
Che si apra una crepa in un muro ideologico che
appariva intangibile è un passo che è stato reso
possibile dall’amore di un padre e di una madre per
la propria figlia, e dalla scelta politica di un governo
nazionale orientato alla vita: segno che ci sono vari
modi per non condividere la deriva suicidiaria
dell’Occidente.
7. Certo, l’azione di un governo non basta. La
battaglia è anzitutto culturale e pre-politica, e
quindi deve muoversi sul terreno dell’elaborazione
scientifica, filosofica e giuridica: senza farsi
intimorire dalla desertificazione intervenuta
soprattutto negli ultimi anni, ma considerando
questo deserto parte della sfida da raccogliere. Lo
stop alla proposta di legge regionale eutanasica in
Veneto è l’esito di una mobilitazione culturale e di
un lavoro che hanno privilegiato l’argomentazione
ragionevole al semplicismo ideologico.
Vorrei essere chiaro, al limite della rozzezza. La
sfida da raccogliere è quella di non demordere
nonostante l’irrilevanza di quel che rimane del
popolo cattolico italiano, e comunque di un popolo
antropologicamente ben orientato; nonostante la
difficoltà che esso ha di trovare guide al suo
interno; nonostante il drastico abbassamento del
suo profilo. Sono trascorsi 20 anni
dall’approvazione della legge n. 40/2004, che ha
posto ragionevoli argini alla fecondazione artificiale:
quella legge è stata poi stravolta dalla
giurisprudenza, ma il suo varo aveva mostrato la
capacità di quel popolo, e di chi lo rappresentava,
di giocare in attacco, e di non limitarsi a una pur
importante opera di interdizione di proposte ostili.
Che cosa è accaduto in vent’anni a quel popolo, che
era anche riuscito nel 2005 a vincere il referendum
abrogativo, per ridursi a frangia marginale,
nemmeno riconoscibile? Certo, gli spunti
disorientanti si moltiplicano, e non risparmiano il
recinto ecclesiale. Non compete a me parlare di
recenti documenti che hanno generato lo sconcerto
di intere conferenze episcopali, in primis quelle
africane, le più esposte al martirio e alla
testimonianza.
Pongo solo un quesito, limitandomi al dibattito
italiano sull’eutanasia: ma possibile che con tanti
organismi, accademie e atenei di area ecclesiale,
cui sono demandate l’elaborazione culturale e la
riflessione anche giuridica, questo mondo non è
riuscito a dire nulla sulla vicenda di Indi? possibile
che sull’argomento l’ultima frontiera su cui
attestarsi – la sola proposta che viene avanzata –
sembra essere la trasposizione in legge della
sentenza della Corte costituzionale del 2019?
possibile che questo mondo non sottoponga, come
è doveroso, il percorso argomentativo di quella
sentenza a necessario vaglio critico, per cogliere le
anomalie che non pochi commentatori hanno
rilevato? e per cercare strade diverse rispetto a
questa rincorsa senza fine verso l’eutanasia fra
pronunce giurisprudenziali e leggi dello Stato?
8. Vi è una espressione cara all’attuale Pontefice:
“non esistono i vescovi-pilota”. Che cosa vuol dire?
Che per le questione sociali e politiche la
responsabilità all’interno della Chiesa è tutta dei
laici. Non mancano sul punto gli insegnamenti:
abbondano fra i documenti del Concilio Vaticano II.
La confusione da parte delle guide non può
trasformarsi in un alibi: non ci sono altri che
assumono le responsabilità che toccano a noi.
I genitori di Indi non hanno atteso che qualcuno
ricordasse loro il magistero ecclesiale sulla vita per
difendere con tutta la loro forza la loro piccola. Il
loro sacrificio ha portato alla loro conversione,
tanto che hanno chiesto e ricevuto il battesimo.
L’Occidente nasce dalla conversione dei popoli e dal loro battesimo. La nostra storia e la nostra fede si
fondano sul sacrificio di un bambino: qualche
settimana fa, facendo il presepe, lo abbiamo
ricordato. Giorgia Meloni e il governo italiano non
hanno ricevuto sollecitazioni da nessuno per dar
loro una mano; siamo pronti a darla, per quello che
si può, a chiunque lavori per la vita, purché
avvenga con intelligenza, senza ridursi a slogan o a
provocazioni. Poco, non basta, ma dice qualcosa:
che non condividiamo la prospettiva del suicidio.
9. Nel Signore degli anelli il re Théoden esce dal
torpore, si riprende, grazie all’intervento di Gandalf,
che smaschera Vermilinguo e lo rivela per quello
che era: uno strisciante servitore di Saruman. Dopo
quest’aiuto il Re fu soprannominato Ednew, che
vuol dire “rinato”. Seguendo i consigli di Gandalf,
Théoden decide di affrontare le forze di Saruman, e
vince.
Il torpore che assale il re è il simbolo dell’accidia di
chi è dalla parte giusta, ma resta fermo. Il nostro
mondo è popolato da persone ‘buone’ che
dormono, dai non pochi Theoden, privi – talora per
propria volontà – delle forze necessarie per
combattere il male: su di essi paiono prevalere gli
epigoni di Saruman e di Vermilinguo, che operano a
tutti i livelli, in politica, nel mondo del diritto e in
quello della medicina.
Qualche settimana fa la parte di Galdalf l’ha
assunta una bimba di sette mesi: quella sua piccola
mano protesa verso chi le stava intorno ha fatto
uscire tanti dal torpore e ha convinto che
l’alternativa al suicidio esiste, ed è un’azione
responsabile e di sacrificio. Il nostro sacrificio, non
soltanto quello di Indi e dei suoi genitori.
Perché questo è giusto fare. E questo, con l’aiuto di
Dio, faremo.
NOTE
[1] Luciano Violante, La cultura di morte nel nostro
tempo in Studi cattolici, 2023/ pp. 775 ss.
[2] Il volume per un verso completa e rende
organico un lavoro avviato da tempo sul tema dal
Centri Studi Livatino con numerosi workshop e con
l’atto di intervento nel giudizio costituzionale nel
quale è stata emessa l’ordinanza n. 207; per altro
verso non si accontenta della mera lettura, se pur
accompagnata dal richiamo ermeneutico delle Corti
nazionali e delle Corti europee, delle norme
interessate, e della verifica della loro adeguatezza
rispetto a pretese innovazioni sanitarie. Va oltre,
nella ricerca delle radici ideologiche della
disponibilità della vita umana e della c.d.
autodeterminazione. Ricostruisce così il filo
ideologico e in senso lato culturale che lega il
darwinismo ottocentesco, l’eugenismo del XX
secolo, alla base di regimi e prassi totalitari, e
l’attuale collocazione dei confini alla vita alla
stregua di una pretesa “qualità” della vita stessa.
[3] Il protocollo individua 3 scenari: 1) neonati
senza prospettiva di sopravvivenza, per essi la
regola è l’astensione da cure mediche futili; 2)
neonati con necessità di cure intensive per
sopravvivere , con previsione di qualità della vita
modesta; 3) neonati la cui sopravvivenza non
necessita di cure intensive ma che agli occhi dei
genitori e del team medico paiono soffrire in modo
intenso (es. i neonati che soffrono per la spina
bifida, pur in presenza di interventi chirurgici che
possono dare vantaggi significativi). Per il
Protocollo di Groningen anche i neonati della 2^ e
della 3^ categoria sono da sopprimere se genitori e
medici concordano sulla prognosi della scarsa
qualità della vita, e quindi della morte come scelta
migliore della prosecuzione della vita. Le critiche al
Protocollo sono state tante: come si fa a ipotizzare
la futura qualità della vita per un neonato? come
rendere un giudizio così impegnativo sul valore di
una vita ancora tutta da vivere? come negare
l’esperienza di tanti disabili che attribuiscono alla
propria vita un valore pari a quello degli altri esseri
viventi? qual è il parametro della sofferenza
insopportabile per un neonato? la si misura
all’esperienza, del tutto diversa, dell’adulto? o alla
percezione che ne ha l’adulto, in assenza di criteri
scientifici di validazione?
Il Protocollo di Groningen ha trovato applicazione
per circa 10 anni, in assenza di una base normativa
di riferimento. E’ stato superato dal New regulation
of late-term abortions and Terminations of lives of
neonates del dicembre 2015, presentato dal
Ministro della Giustizia e dal Ministro della sanità. Ci
sono due deroghe alla legge sull’aborto, che
permettono di sopprimere il nascituro oltre i termini
previsti, e una deroga al divieto di interruzione della
vita di un neonato, in linea col Protocollo di
Groningen. Riepilogando. La disciplina relativa alla
soppressione degli infanti fino a un anno di età è
stata dapprima introdotta con un accordo fra un
centro universitario medico e una procura locale;
dopo un decennio è stata generalizzata con un
regolamento interministeriale. Il Parlamento non ha
mai trattato la materia. Il tutto è stato calato
dall’alto senza rispettare le regole di formazione
delle norme.
[4] Jerome Lejeune ricorda come “da secoli la
medicina si è sempre battuta in difesa della vita e
della salute, contro le malattie e contro la morte.
Se cambiamo questi obbiettivi, cambiamo la
medicina. Il nostro dovere non e’ quello di
infliggere la condanna ma di commutare la pena”.

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1 commento

  • Rolando ha detto:

    Esattissimo:
    “il nostro dovere non e’ quello di
    infliggere la condanna ma di commutare la pena”.
    Infliggere una condanna dal Potere di sempre annientando la libertà di scelta ( commutare la pena) essenza della dignità individuale: “ibis ad crucem”.
    Quanta ipocrisia in nome di un falso amore di fede che commuta quello umano! Deus in adiutorium meum intede. Domine ad adiuvandum me festina. “Ab homine iniquo et doloso erue me, quia tu es Deus fortitudo mea!” (Salmi)