Tutto da Maschio e Femmina. Il Matto.
13 Gennaio 2024
(Antonio Canova, Creazione dell’uomo)
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il nostro Matto offre alla vostra attenzione queste riflessioni su Maschio e Femmina. Buona lettura e diffusione.
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TUTTO DA MASCHIO E FEMMINA
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«Dio disse …».
Genesi I, 3
«L’infinito, grazie a un mistero dei più inaccessibili, colpì lo spazio con il suono del Verbo, sebbene le onde sonore non siano trasmissibili nel vuoto. Il suono del Verbo funse, dunque, da origine alla materializzazione del vuoto».
Zohar (Libro dello splendore) I, 15
«Il vuoto, che concettualmente rischia di essere scambiato per il puro nulla, nei fatti è il serbatoio di infinite possibilità».
Daisetsu Teitarō Suzuki
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Per iniziare, prendo in considerazione la composizione del corpo umano, chiedendo venia per le lacune:
– acqua, grasso, proteine, minerali, carboidrati.
– ossigeno, carbonio, idrogeno, azoto, fosforo, zolfo, potassio, calcio, sodio, nitrogeno.
– sistema e/o apparati: respiratorio, circolatorio, nervoso, scheletrico, endocrino, muscolare, tegumentario, – urinale, riproduttore, digerente.
– organi interni: encefalo, tiroide, cuore, polmoni, stomaco, fegato, reni, intestini, vescica.
Si potrebbe continuare entrando nelle particolarità che darebbero ancor più conto della complessità del corpo umano, ma ai fini della presente riflessione quanto elencato può essere più che sufficiente.
Ora, tanto il Mito quanto l’immaginazione artistica di Canova (come ogni altra immaginazione artistica) ci presentano la sintesi esteriore dell’atto creativo, il fatto compiuto, nel quale, però, è implicita la complessità ideale ed organica sopra descritta.
Il Mito racconta inoltre che l’Uomo è un’immagine somigliante di Dio, ciò che evidenzia una più che straordinaria, doppia intimità fra Dio e l’Uomo, che fa di quest’ultimo, si potrebbe dire, un subordinato alter ego divino.
È opportuno focalizzare al massimo il significato di “immagine e somiglianza”.
“Immagine” deriva: «dal lat. IMAGINEM quasi IMITAGINEM (come dice Porfirio), o meglio MIMAGINEM, della stesa radice del gr. MIMOS imitatore, MIMEOMAI imito. Ritratto, sembianza, ombra, spettro, idea» (etimo.it).
“Somiglianza” è detta per «SIMIGLIANZA, parere, sembrare» (etimo.it), e indica: «L’essere somigliante, simile, sia nell’aspetto esteriore sia per aspetti, qualità, caratteri intrinseci» (treccani.it). E poi c’è il greco SOMA (SOMIglianza) che significa CORPO, iltermine “somatica” indicando appunto il corpo, sia nell’aspetto esteriore che in quello interiore del suo sistema.
Alla luce di tutto quanto sopra, si arguisce come l’Uomo sia un’idea complessa di Dio. Complessa, cioè «CUM insieme e PLECTO attorco, intreccio» (etimo.it): un prodigioso amalgama teantropico.
Al riguardo, un interessante inciso ortodosso:
«L’Ortodossia è Ortodossia attraverso il Teantropo (Cristo). Noi ortodossi, confessando il Teantropo testimoniamo indirettamente il carattere cristico dell’uomo, la sua divina superiorità e nello stesso tempo il valore divino e l’insormontabilità della persona umana. In sostanza, la lotta per il Teantropo è una lotta per l’antropo [= l’uomo]. Non sono gli umanisti, ma gli uomini della teantropica fede e vita ortodossa che si battono per l’uomo vero, quell’uomo simile a Dio e simile a Cristo». (metropoliamilano.com).
Creando l’Uomo, Dio esteriorizza un’immagine somigliante-simigliante di Sé, quasi una somatizzazione di Sé. Si direbbe che Dio si specchia nell’Uomo non meno di come l’Uomo, una volta vivificato, prende (dovrebbe prendere) a specchiarsi in Dio: specchiamento reciproco il cui cominciamento traspare dalla scultura del Canova. Di più, si direbbe che il primo anelito a specchiarsi in una Sua somigliante-simigliante immagine sia proprio di Dio che sente di volersi dotare di umanità, come del resto accade eccellentemente nell’Incarnazione del Verbo.
Ecco allora il Divino che si riflette nell’umano come l’idea si riflette nell’atto e nel fatto; come l’immaginazione artistica si riflette sulla tela, nel marmo, sul foglio; come lo spirito si riflette nella materia; come l’astratto si riflette nel concreto, come il bianco si riflette nei colori, come l’invisibile si riflette nel visibile, come l’assoluto si riflette nel relativo. Trattandosi, è da precisare, di un riflettersi distintivo non separativo.
Si comprende che abbiamo definito “complessa” l’idea che Dio ha dell’Uomo poiché anche tutti gli elementi fisici e chimici, i sistemi, gli apparati e gli organi che compongono il corpo umano non possono essere anch’essi che idee di Dio. Allorché Dio pensa l’Uomo, l’idea complessa divina prende la forma complessa umana nello spazio. L’Uomo occupa uno spazio. Dio si riflette nella forma umana.
«Dio disse», cioè proiettò la sua idea complessa di Uomo nello spazio, ossia nel nulla che è l’ambiente vuoto, anch’esso nella mente di Dio, in cui nasce la forma dell’Uomo e di tutte le cose create. Ogni forma necessita di un vuoto in cui espandersi, come il feto si espande nel vuoto dell’utero materno. D’altronde, il nulla non può esistere di per sé, altrimenti si porrebbe come un’entità altra di cui Dio avrebbe necessità per creare e perciò risultandone dipendente, facendo oltretutto sorgere la domanda circa la sua origine. Il termine “nulla” non può quindi essere inteso se non nel senso che nulla può darsi di autonomo a latere di Dio.
Più precisamente: nel momento stesso che si pensa (e si scrive e si dice) “nulla”, si presuppone un ente, ovvero un nulla che è qualcosa. Nominare è oggettivare e quindi riconoscere l’esistenza di ciò che si nomina. Quindi, agli effetti della creazione anche il nulla è un ente, ossia qualcosa di cui Dio abbisognerebbe per creare, ciò che pregiudicherebbe il suo essere Assoluto (ab-soluto, cioè sciolto, libero). Di qui l’opportunità di considerare il nulla come esistenza implicita in Dio, quindi come vuoto, come utero divino auto-fecondato che “partorisce” l’universo.
A proposito del vuoto e della somiglianza fra Dio e l’uomo, notiamo soltanto di passaggio quanto, da autentico maestro zen, afferma Blaise Pascal:
«Nel cuore di ogni uomo c’è un vuoto che ha la forma di Dio».
Vuoto cui allude senza dubbio anche un Detto dei Padri del deserto:
«Un anziano disse: Dio abita in colui nel quale non penetra niente di estraneo».
Non si dovrà pertanto insistere sul fatto che, come l’Uomo, anche l’Universo è compreso nell’idea complessa di Dio: ogni terra, ogni monte, ogni fiore, ogni sole, ogni stella, ogni pianeta e ogni galassia è un’idea di Dio. Il solo pensare che una tale immensità sia contenuta in nuce nella Mente di Dio dovrebbe provocare un salutare corto circuito nella mente umana abituata ad ingorgarsi nei complicanti meandri filosofico-teologici, incapace di intuire, a meno di un atto apofatico, un nulla inoggettivabile e reale che si sottrae ad ogni tentativo di inquadramento sistemico ed è contenitore e fonte di tutto l’oggettivabile, cioè di ogni componente del pieno, secondo l’osservazione di Daisetsu Teitarō Suzuki in esergo:
«Il vuoto, che concettualmente rischia di essere scambiato per il puro nulla, nei fatti è il serbatoio di infinite possibilità».
Ora, a proposito dell’Uomo, il Mito racconta: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza […] E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò».
Notiamo quel «LO (ILLUM) creò» e quel «LI (EOS) creò» che evidenziano come l’Uomo sia creato androgino. Nel secondo racconto della creazione dell’Uomo si legge: «Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente».
Il soffio di Dio esterna la complessa idea divina sul modello d’argilla e l’Androgino si anima: al suo primo respiro – il respiro dell’Uomo è il Soffio di Dio! – l’Uomo è maschio e femmina: distinti, non separati e complementari. Non per nulla l’inspirazione – il famoso yang/maschio – e l’espirazione – il famoso yin/femmina – sono entrambe indispensabili al vivere con la loro complementarietà: non può esservi l’una senza l’altra. Come non può nascere un nuova vita dal solo maschio o dalla sola femmina (scoglio mitico/storico su cui si frantuma inesorabilmente l’ideologia gender che non può sperare in nessun futuro e in nessuna … “benedizione”).
Pertanto Dio, creando l’Uomo a Sua immagine e somiglianza, si rivela anch’Esso Maschio e Femmina. Recita infatti lo Zohar nel brano in incipit:
«L’infinito, grazie a un mistero dei più inaccessibili, colpì lo spazio con il suono del Verbo […] Il suono del Verbo funse, dunque, da origine alla materializzazione del vuoto»,
onde si evince come lo spazio-vuoto – il nulla – che il Verbo colpisce-feconda sia l’utero divino, ricordando, come sopra già osservato, che lo spazio-vuoto, il nulla, non può esistere come entità altra da Dio che così ne avrebbe avuto necessità per creare. La creatio avrebbe bisogno del nihilo? Nessuna creazione senza il nulla in quanto altro da Dio?
Dio soffia androginicamente nel Primo Uomo e questi prende vita recando in sé la Prima Donna, la sua zelah, cioè la sua metà (la traduzione “costola” è riduttiva). Poi «il Signore Iddio plasmò in donna la costola (la zelah/metà) che aveva tolto ad Adamo», ma originariamente la Prima Donna è interiore al Primo Uomo, è la sua Donna nascosta, intimamente protetta, si noti, ciò che il mondo “progredito” ha voluto dimenticare, con i risultati che si vedono.
Al numero 358 del Catechismo della Chiesa Cattolica, è citato il seguente passo da Il dialogo della Divina provvidenza di santa Caterina da Siena:
«Quale fu la ragione che tu ponessi l’uomo in tanta dignità? Certo l’amore inestimabile con il quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei; per amore infatti tu l’hai creata, per amore tu le hai dato un essere capace di gustare il tuo bene eterno».
Dice «hai guardato in te medesimo la tua creatura»: Dio guardò IN SE STESSO la sua creatura androgina, se ne innamorò e, a Sua «immagine e somiglianza maschio e femmina lo/li creò», con ciò dando fondamento all’amore sponsale fra uomo e donna. Ovvero: il matrimonio è implicito in Dio. L’innamoramento postula la complementarietà maschio/femmina.
D’altronde, se Dio è l’Essere Totale, ossia Pienezza d’Essere comprendente tutte le perfezioni possibili e senza limiti, per cui, secondo l’Aquinate,
«nel dire essere s’intende l’attualità di tutti gli atti e la perfezione di ogni perfezione» (De Potentia),
Esso possiede anche la perfezione del Primo Uomo e della Prima Donna.
E poi, un Uomo senza macchia che è anche Dio potrebbe nascere da altro che da una Donna senza macchia che è anche Dea? E infatti, secondo sant’Anselmo:
«Dio che creò ogni cosa, fece Se stesso da Maria e così tutto rifece».
Precisamente, Dio «FECE SE STESSO» in quanto Uomo-Dio «DA MARIA» in quanto Donna-Dea quale incarnazione della Sua Zelah!
Dunque, tutte le varietà che si presentano ai nostri sensi sono l’espressione dell’idea complessa di Dio. Nulla esiste dell’Uomo e dell’Universo che fin nel minimo particolare non proceda da un’idea di Dio. L’Uomo e l’Universo sono l’opera d’arte concepita da Dio. Il nulla non è nulla bensì il vuoto di Sé che Dio (auto)feconda per la nascita dell’Uomo e dell’Universo.
«COME IN CIELO COSÌ IN TERRA»: la legge che vige IN BASSO rivela la legge che vige IN ALTO. Nulla può darsi in basso che già non sia alto. Il maschio e la femmina umani originano dai loro Archetipi divini.
Al riguardo, può risultare utile considerare quanto si trova nella recensione al Libro della santissima Trinità, Libro I (1419), del francescano tedesco Ulmanno.
«Molte le novità che Ulmanno introduce sul piano teologico, tra cui la singolare affermazione che Dio è Padre e madre, maschio e femmina, affermazione che solo nel 1978 ha fatto San Giovanni Paolo II e che in seguito è stata inserita nel Catechismo della Chiesa Cattolica all’articolo 239: “Questa tenerezza paterna di Dio può anche essere espressa con l’immagine della maternità”, con la differenza che nella Chiesa tale dichiarazione assume un significato quasi emotivo e sentimentale, mentre Ulmanno ne sottintende un’interpretazione ben più profonda, il Dio Padre come Androgine.
Altrettanto importanti sono i ripetuti e chiari riferimenti di Ulmanno alla concezione dell’unità di Maria con il Figlio, unità spesso indicata con le parole “Maria Gesù Cristo” scritte senza segni di interpunzione, in quanto creata da Dio prima di tutti i secoli già pura come lo è il Figlio, anticipando così quello che solo nel 1854, dopo quattro secoli e più, diventerà il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria. Scrive ad esempio Ulmanno: “Maria è la persona più rassomigliante al suo divino Figlio e noi non possiamo credere in modo migliore; la luminosa e nascosta concezione e nascita di Maria è stata celata e non possiamo avere su questo pensieri più santi, certi, puri e precisi” (vedi il testo integrale a p. 84 del libro)».
Per l’intera recensione:
E non sarà un caso che la Messa dell’Immacolata Concezione preveda la lettura – stupenda! – dal Libro della Sapienza (Proverbi 8, 22-35). Sono parole attribuite alla Vergine, evidentemente più che un’idea di Dio, poiché dice:
«DALL’ETERNITÀ IO FUI STABILITA E AB ANTICO, PRIMA CHE FOSSE FATTA LA TERRA […] IO ERO CON LUI DISPONENDO OGNI COSA».
Dice «dall’eternità», quindi senza un “prima” in cui Essa non era e senza un “poi” in cui iniziò ad essere. E infatti dice «CON Lui disponendo ogni cosa».
Eternità della mascolinità-femminilità di Dio. Di conseguenza l’Uomo/Dio, per mezzo del Logos spermatikos o seme del Verbo, s’incarna nella Donna/Vergine che a sua volta, come già osservaro, è incarnazione «tutta pura» della Zelah di Dio.
Universali assonanze:
«Lo spirito della valle non muore,
è la misteriosa femmina.
La porta della misteriosa femmina
è la scaturigine del Cielo e della Terra
[…]
Il mondo ha un’origine
che è considerata la madre (母 mu in cinese) del mondo».
Tao Te Ching
«E l’Eterno Femminino, sempre più in alto ci attira».
Goethe, Faust
Ciò che ben si integra con quanto afferma John Campbell in Dee: i misteri del divino femminile, alludendo al Cavaliere sulla cui lancia è legato il velo della Dama Celeste, Sedes Sapientiae e Virgo Potens (due attributi dalla profondità insondabile):
«La donna, nel linguaggio pittorico della mitologia, rappresenta la totalità di ciò che può essere conosciuto. L’eroe è colui che arriva a conoscerlo».
Il Mistero della Donna e dell’Eroe: primordiale connubio.
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Categoria: Generale
Una delle cose più belle che ho letto negli ultimi mesi…
Grszie
Grazie lei per l’attenzione.
Molto lieto di risentirla.
A LORENZ.
Nella sua arci-iper articolatissima risposta a Rolando mi ha sconcertato il finale, specialmente dopo la faticaccia che ho fatto per seguirla :
“che dire … chi vivrà vedrà”.
Cordialmente, s’intende.
Eh sì…nel finale mi concedo con leggerezza una chiosa ironica, nel rispondere alla conclusione di Rolando, rispetto alla quale in realtà ne scioglievo il preteso dilemma assumendo tutta l’assurdità, di che la donna non dovesse “essere redenta”…e in questo senso ho mostrato di concordare…appunto con un pizzico di divertimento…
E dopo tante iperdeclinazioni uno in effetti non se l’aspetta…me ne rendo conto. Chiedo venia.
Non c’è di che.
Caro Matto,
l’interpretazione univoca del mito è un’assurdità, visto che i miti rappresentano “archetipi” che, per così dire, emanano “energie” plurime e potenti…perciò il dio androgino è facilmente accettabile. Meno lo è il trasformarlo, poi, in una specie di Lohengrin o di Parsifal disinteressatamente, ma “virilmente” impegnato a salvare la vergine, oppure a redimere la maliarda.
Certamente.
Comunque, approfitto per accennare al simbolismo cavalleresco/ascetico inerente la liberazione della “donna/vergine” (cosa simboleggerà mai?).
In più di una rappresentazione di san Giorgio, patrono della Cavalleria, si può vedere una figurina femminile “in attesa” dell’esito del combattimento fra il Cavaliere e il Drago. Ciò che si riallaccia (non entro nei particolari) a quanto accenno nell’articolo riguardo al Cavaliere che ha come sua Patrona la Sedes Sapientiae e Virgo Potens.
Chiaro che si tratta di un argomento squisitamente aristocratico.
Caro Matto,
come nel “prezioso” e misterioso dipinto di Paolo Uccello e in quello, altrettanto misterioso, del Carpaccio…ma non bisogna dimenticare che S. Giorgio, il drago e la Principessa sono la versione cristiana di Bellerofonte, il mostro marino e Andromeda…Potenza dell’ archetipo!
Nemmeno Paolo VI, depennando S.Giorgio dall’elenco dei Santi è riuscito a obnubilarne la forza, ( e per fortuna ).
👍👍👍
Caro Matto,
ti posto un curioso link sul S. Giorgio di Paolo Uccello.
Sono certa che troverai una spiegazione acconcia e, soprattutto, personale dei possibili significati di tale meravigliosa immagine
https://www.senzadedica.blogspot.com/2014/04/un-drago-al-guinzaglio-il-sangiorgiodi.html
Ho visto che non funziona, peccato…allora, se vuoi, puoi cliccare su : 1) immagini,2) Paolo Uccello, S.Giorgio e il drago e troverai l’articolo sul blog sopra indicato.
Ti ringrazio.
L’argomento ha molto a che vedere con la Via della Spada (ma rimanga fra noi) e a cui mi dedico da più di quarant’anni.
Particolare molto importante: la non uccisione del Drago che vien tenuto al guinzaglio dalla Donna, e che trova riscontro nella Vergine che “schiaccia” la testa del Serpente senza ucciderlo, cioè tenendolo a bada, insomma … al guinzaglio!
Etc. etc. etc. etc. etc. etc. … 🤠
Caro Matto,
vero 👍👌😉
Osservo che il titolo “Sedes sapientiae” prima di essere attribuito alla Theotokos, alla vergine madre del figlio di Dio cristiano, era il titolo onorifico della città di Atene, cara alla dea Atena, generata dalla testa di Giove. Essa infatti era ritenuta anche da Roma, capitale dell’impero, la sede degli studi e quindi del sapere per eccellenza: Sede della Sapienza. E ben prima del libro biblico della Sapienza! Niente o poco di proprio nel cristianesimo, se non l’invenzione del peccato che ha reso l’uomo più triste come pensava T.Tasso.
m
Suggestiva coerenza che si pone in alternativa al senso autentico dell’interpretazione cristiana. Nella rivelazione si ripete due volte il plurale distintivo dell’essere creati: ad immagine somigliante e secondo il genere. Non si tratta di un androgino, Il Catechismo accenna a che la metafora delle viscere in Dio rinvii ovviamente alla maternità ma non appunto parla di una SUA maternità riguardo a Dio. Maria santissima è preservata dal peccato originale e resa dunque degna della divina maternità non certo per una sua preesistenza ma al contrario per la prevenienza redentrice di quella che sarà la sua partecipazione alla morte salvifica del suo Figlio, Il Nulla da cui tutte le cose sono tratte, senza di cui non sarebbero fatte, è già la terra informe e vuota di cui si dice che è creata insieme al cielo. Non è già più qui l’Abisso su cui appena si librava lo Spirito, ciò che la precedeva e che non era affatto il Nulla, che anzi era Dio stesso nella sua pienezza. Piuttosto, è vero che la terra informe e vuota è bensì creata, ma però antecede tutto il resto che è il mondo che Dio ormai non crea ma soltanto fa. E allora sì, quell’immagine ancor poi anteriore dell’Abisso primordiale è una metafora anche della generazione intradivina del Verbo in cui le Creature ad immagine di Dio sono state sorprendentemente già scelte prima della creazione del mondo, Delle creature spirituali allora dunque sì, ma non sarà immagine preesistente di tutte inoltre le realtà operate da Dio materialmente che saranno fatte lungo la sua Opera in funzione dell’uomo stesso e quali che non ne servirà che a Dio come tali esse ritornino, già che in Dio originariamente NON vi erano in alcun modo. Quello che il soprascritto MATTO intende circa la preesistenza di una matrice femminile autonoma rispetto all’opera redentrice di Cristo Uomo-Dio non andrà ricercato in senso cristiano nei due opposti estremi di una preesistente divinità sapienziale o di una originaria innocenza autonomamente divina di Maria santissima. Al contrario molto semplicemente va come tale riconosciuto nella innocenza creazionale originaria della vergine Eva che come tale era vista in Dio e perciò viene infine anch’essa redenta. E Maria santissima non è semplicemente un archetipo di eterno femminino, ma è cifra di redenzione comune dell’uomo e della donna, così come lo si può dire, passivamente, per Adamo stesso. Mentre Cristo, sì, è l’immagine stessa dello Sposo e salvatore, Si tratta dunque di comprendere che nella rivelazione giudaico cristiana autentica, non cabalistica o palingenetica, la preziosità assoluta del femminile non sta in una sua immanenza divina preesistente ma al contrario nella sua indispensabilità creazionale umana che come tale segna una stabile centralità tra l’abisso divinamente paterno e l’abiezione miseramente virile che si configurerà nell’Anticristo con i suoi reprobi e traditori, nonché tutti i demoni, tutti quanti maschili e tutti da ultimo sottoposti alla condizione escatologica della donna, persino quando questa sia interessata dalla condanna. Gli elementi del quadro si ritrovano, ma la cornice è tutta diversa. Ma questo certamente il suddetto “Matto” davvero non lo ignora.
La ringrazio per il poderoso intervento che ho considerato molto attentamente.
Resto convinto che quando si tratta di “interpretazione” del Mito ci si inoltra, anzi si tenta di inoltrarsi nella Terra del Mistero: Terra meravigliosa e affascinante ma anche infida, ragion per cui le certezze possono non essere univoche, data la diversità di sensibilità e capacità dei diversi interpreti.
Al riguardo, è emblematico il francescano Ulmanno col suo “Libro della santissima Trinità” che interpreta Dio Padre come Androgine.
Va da sé che la pretesa (e l’imposizione?) di un’interpretazione univoca è una contraddizione in termini.
Caro Lorenz, mi sono soffermato sulla comprensione del pensiero espresso con queste tue parole:
“comprendere che nella rivelazione giudaico cristiana autentica, non cabalistica o palingenetica, la preziosità assoluta del femminile non sta in una sua immanenza divina preesistente ma al contrario nella sua indispensabilità creazionale umana che come tale segna una stabile centralità tra l’abisso divinamente paterno e l’abiezioaico-cristiana a partene miseramente virile che si configurerà nell’Anticristo con i suoi reprobi e traditori, nonché tutti i demoni, tutti quanti maschili e tutti da ultimo sottoposti alla condizione escatologica della donna, persino quando questa sia interessata dalla condanna. Gli elementi del quadro si ritrovano, ma la cornice è tutta diversa.”
Quindi:
1) per il femminile neghi la sua preziosità assoluta nella immanenza della divina preesistenza.
2) tuttavia la ammetti come indispensabile nella creazione umana.
Ossia con questa indispensabilità poni limiti all’Onnipotenza del Creatore.
Poi, siccome parli di “rivelazione giudaico cristiana autentica” vi aggiungi anche “l’abisso divinamente paterno” in contrapposizione “all’abiezione miseramente virile” di “tutti i demoni, tutti quanti maschili”.
Non ti resta che scrivere apertamente se questo tuo Dio Paterno sia “virile” e “maschio”, e tale mascolinità sia divinamente preesistente, ed abbia quindi pure bisogno di essere redento ed amato dalla donna nella sua identità virile masculina. Is 45,7 avrebbe una spiegazione più che sgangherata, farsesca.
Assurdità o verità per il Parsifal in cui la donna non può essere redenta?
Bibbia giudaico cristiana a parte.
Mi dai l’opportunità di articolare il fatto che sì, non ci sarebbe una preesistenza divina immanente del femminino sapienziale, ma perché c’è essa preesistenza divina sapienziale non in quanto immanente ma bensì perché manifestata nella luce e nella vita della Incarnazione di Cristo che precede non in via cronologica ma teleologica tutto il resto della creazione di cui è centro.
Per il resto è meno difficile raccogliere le tue osservazioni: la rivelazione certamente mostra un Dio paterno, e in tal senso originariamente non mascolino o virile come invece si richiede a partire dal senso di alterità sessuale che si accompagna alla creazione, ma tanto meno femmineo e maternale. Ho poi già acconsentito alla acuta tua ulteriore considerazione, ossia che si dia un ruolo al femminile per la redenzione: in effetti c’è da implicare la promessa fatta ad Eva, non ad Adamo, di una redenzione, e c’è questa dimensione su accennata di una ricomprensione escatologica del femminile in Dio entro la comunione intima che il Cristo capo instaura nella carità con la sposa che è la sua stessa carne divinizzata, e in tal senso ha luogo la presenza corredentrice della vergine madre di Dio avvocata di Eva la quale, questa, rimane il termine estremo dell’azione redentrice sponsale di Cristo nuovo-adamo. Per tornare alla difficoltà iniziale, c’è che per quanto mi è dato di comprendere, l’origine sostanziale principiante in Dio è appunto paterna non sessuata e tale da non richiedere, non esigere, che dovesse creare per completarsi, ma anche mi appare sempre meno inverosimile che la generazione poi stessa intratrinitaria, pur e proprio non essendo in se stessa – nell’immanenza – per nulla sessualizzante, abbia liberamente e gratuitamente implicato, adesso però sì, la predestinazione e l’elezione glorificante nel Figlio di tutte le creature spurituali chiamatene quindi ad esser create a partire dall’Incarnazione del Figlio la quale sottende ad attingere la simultaneità causale con la generazione ipostatica intratrinitaria attraverso la compresenza ultima, nel disegno divino ormai creazionale, e di essa Incarnazione epifanica e della glorificazione escatologica. Il tuo riferimento wagneriano ci sta tutto, nel senso che l’estremo della perdizione sembra in effetti dover riguardare di più la pseudovirilità demonica di quanto comunque non attinga anche ad una perdizione umana pur poi anche femminile. Concordo: la perdizione non è altro che l’interfaccia deficitario della glorificazione. Che dire….chi vivrà vedrà. Grazie dei rilievi.
Platone più ateo di Aristotele? O tutti e due inconsci e poco lontani, dato il tempo evolutivo, precursori di Darwin?
E poi… lo stesso termine “dio” , che non è un nome proprio, è lo stesso Platone che lo fa derivare da un verbo, greco ovviamente, che indica movimento.
Quindi potrebbe essere pura evoluzione eterna.
Caro IL MATTO.
E Dio disse… E l’uomo maschio disse….e l’uomo femmina disse….
Disse. Pensò. Immagine. Somiglianza….
E se non corrispondesse assolutamente ad alcun pensiero o desidero che ogni umano abbia mai processato e mai processerà nel suo cervello?.
Se così, neppure MATTO è!
Carissimo Matto,
tutto ciò è molto bello, ma…non hai mai follemente pensato che Dio fosse semplicemente Matto?
Sai, qualcuno mi ha raccontato che le particelle subatomiche si
comportano in maniera assolutamente imprevedibile…e folle🥴.
Beh, se Dio è Matto, posso dire di essere sulla buona strada! 😊
Le particelle subatomiche si comportano in maniera imprevedibile e folle?
Se è lo Spirito che le muove, o se sono esse stesse una forma dello Spirito, che c’è di stupefacente? Non sta scritto che lo Spirito è come il vento che soffia dove vuole e non si sa donde venga dove vada?
Si può acchiappare il vento? Si può acchiappare lo Spirito? Starei per dire: si può ingabbiare lo Spirito?
E poi non dice: «così è di chiunque è nato dallo Spirito»?
Intuirai certamente che universo incatalogabile e da capogiro, insomma da Matti, si spalanca di fronte a queste poche osservazioni!
👌Appunto.
L’uomo gioca con le parole e con i propri pensieri come il gatto fa quando prende un topo Ma per mangiarsele.
Dio o l’energia delle particelle elementari che determinano la massa del nucleo atomico….che processano pensiero…
E se Dio e/o Natura giocasse con l’uomo che ardisce pensarlo somigliante a se stesso, come il gatto col topo?
Scriveva Cicerone che sarebbe forse venuto un giorno che nuovi credenti avrebbero perfino mangiato Dio! E venne.
Ma se fosse il contrario?