Don Alberto Strumia: Riflessioni e Giudizi sull’Accaduto. Giulia, Hamas, Ucraina.
8 Dicembre 2023
Pubblicato da Marco TosattiMarco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione queste riflessioni di don Alberto Strumia, pubblicate da Il Pensiero Cattolico. Buona lettura ee condivisione.
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Don Alberto Strumia:
Riflessioni e giudizi sull’accaduto
Abbiamo assistito anche in questi ultimi giorni alla triste scena della spettacolarizzazione mediatica del dolore per la morte di una giovane donna, una per tutte le altre, come una sorta di simbolo prescelto allo scopo. Un tempo la morte veniva censurata in un mondo materialista; oggi si riesce addirittura a spettacolarizzarla caricandola di messaggi ideologici, del tutto indipendenti dalle parti coinvolte. E questo può avvenire anche servendosi di una chiesa.
Quest’ultima brutta vicenda ha preso solo momentaneamente il posto della precedente spettacolarizzazione di una guerra (Russia-Ucraina e relativi stati sostenitori più o meno nascosti) e subito dopo di un’altra (Israele-Hamas e relativi stati sostenitori più o meno nascosti). E queste ultime avevano preso momentaneamente il posto, ma non del tutto, della questione del covid 19 con i relativi “vaccini”, e poi di quella dei “cambiamenti climatici” da imputare per forza alla presenza sempre solo nociva dell’uomo sulla terra. Questioni che rimangono comunque presenti come il fuoco sotto la cenere da riattizzare appena ce ne sia bisogno.
Si avverte molta ideologia dietro tutto questo modo di procedere della comunicazione, della politica, del pensiero della gente da orientare secondo gli interessi di chi ha in mano i poteri economici, finanziari, culturali, per condizionare e manipolare la gente. Si sprecano parole come “femminicidio”, “patriarcato”, “cause antropiche” dei “cambiamenti climatici”, “pandemia”, “migranti”, ecc, senza sapere nemmeno il loro vero significato. Ma, in fondo, che importa?
Basterà “educare” la massa, la gente ad obbedire ottusamente, o addirittura convintamente, a queste parole d’ordine, a queste ideologie per cambiare davvero qualcosa? Basteranno delle altre leggi a contenere il fenomeno di questo debordare di un male che non si riesce più a distinguere dal bene?
E chi dovrebbe essere il “soggetto educante”: lo Stato, il governo, o chi altro? La scuola dove, sempre più spesso, si finisce per non prendere severi provvedimenti verso quei bulli che per riempire un vuoto di significati si riducono a picchiare i coetanei o gli insegnanti, talvolta usando il coltello, come un fatto ormai normale? La famiglia come comunemente la si intende? Ma esiste ancora?
Quasi tutto quanto accade, ai nostri giorni, lo si percepisce almeno istintivamente, come “ingiusto” alla radice, come sbagliato. E si percepisce altrettanto istintivamente che non ci sono rimedi efficaci. Per quanto ci si ritrovi in manifestazioni, in fiaccolate, in raduni occasionati dai funerali, o altro si capisce che non basta. Ma ci si vuole illudere, almeno per un giorno, per qualche ora, che basti manifestare, sfilare con le fiaccole, parlare di “diritti e valori”, farsi intervistare da qualche canale mediatico per dire che si spera che, dopo questo evento che ha radunato tanta gente, da domani questa “ingiustizia” non si ripeterà più, che questa morte ingiusta sarà l’ultima… Ma non si tiene conto, e per questo ci si illude, che non basta dirlo per risolvere il problema. Prima o poi tutto si ripeterà uguale a prima.
La “domanda” di “giustizia”, di “riscatto” è autentica, ma bisogna portarla coerentemente fino in fondo, fino ad individuare le vere cause senza paura della verità, altrimenti, se ci si ferma a metà strada o ancora prima, non si arriva a nulla. Ed è questo nulla che mina il nostro mondo di oggi e si è infilato perfino negli ambienti ecclesiali ed ecclesiastici.
Il fatto è che, invece, ci si ferma sempre prima e non si va mai alla radice del problema. E la radice del problema è che oggi “tutto è diventato ingiusto”: è “ingiusto” il dover morire non solo per chi muore giovane perché viene ucciso, ma per ogni essere umano. È “ingiusto” stare male: il dolore fisico e non fisico. È “ingiusto” il modo di stare con se stessi e di conseguenza di stare con gli altri. Forse si è perso il senso della realtà?
Fino a qualche decennio fa c’era la scienza ad avere il senso della realtà per quello che è. Ti insegnavano che ci sono delle “leggi” della fisica, della chimica, della biologia, della matematica e della logica. E se non le rispetti e non ne tieni conto le tue macchine non funzionano, combini dei disastri, fai dei danni a te stesso e agli altri, e alle cose che hai attorno a te. E tutto finisce per rivoltarsi contro di te, invece di essere a tuo vantaggio. Oggi anche la scienza, almeno in parte, viene ricattata ideologicamente da chi vuole farle dire quello che decide lui: o dici che è scienza quello che dico io che ho il potere o ti taglio i finanziamenti. E molti stanno al gioco per opportunismo.
Una volta c’era la Chiesa che “educava” ad avere il senso della realtà, a riconoscere che ci sono delle “leggi” anche per il “comportamento” dell’essere umano, perché la sua vita sia più “giusta”, o almeno meno ingiusta fino a che siamo su questa terra, di quello che diventa senza rispettarle. Oggi anche negli ambienti ecclesiali si è smesso di dirlo, salvo rare eccezioni di qualcuno che viene prontamente represso dall’alto se dovesse emergere troppo.
Sono leggi – quelle che un tempo si chiamavano “morali” ed erano riassunte nei Comandamenti – che servono a regolarsi:
– Nel modo di comportarsi con il proprio corpo e la propria mente, per il loro positivo e durevole funzionamento;
– Nel modo di comportarsi con gli altri per non averceli contro o per saper gestire con razionalità l’aggressività che è un aspetto normale del carattere;
– Nel modo di comportarsi verso Colui che un tempo tutti chiamavano “Dio Creatore”.
Incominciando dall’accorgersi che Lui c’è e che se fai finta che non ci sia e ti metti tu al suo posto, finisci per non capire più niente. Più niente di chi sei e perché sei al mondo, più niente degli altri e del perché anche loro sono al mondo. È da questa dimenticanza che esplode la rabbia contro l’“ingiustizia” di una vita che ha perso il senso della sua origine, del suo scopo e finisce per distruggere e uccidere tutto ciò che può sfuggire al suo controllo. Per poi accorgersene solo quando è troppo tardi e provare una sorta di rimorso e bisogno di riscatto.
Una Chiesa che non spiega che questo infrangere il “giusto rapporto con Dio Creatore” è quello che si è sempre chiamato “peccato originale”, perché segna ogni essere umano singolarmente e l’umanità intera, è una Chiesa che viene meno al suo compito, al mandato che Cristo le ha assegnato. Peccato originale a commettere il quale l’umanità è stata istigata da colui che lo aveva commesso per primo, il demonio con i suoi angeli. E che l’uomo da solo non riuscirà mai a rimediare come causa primaria degli effetti negativi che produce distruggendo la singola persona, la famiglia e ogni forma di convivenza civile.
Benedetto XVI aveva sintetizzato tutto questo in due frasi lapidarie che offrono la lettura cristiana della condizione umana odierna:
– Il peccato dell’uomo di oggi è il peccato contro Dio Creatore (riportata da Francesco ai Vescovi polacchi, Cracovia 27-7-2016);
– Oggi occorre tornare a vivere come se Dio esistesse, dal momento che il vivere come se Dio non esistesse è risultato deleterio per il mondo contemporaneo, per tutti, credenti e non credenti (al Cortile dei gentili, 13-11-2012).
Di fatto solo Uno che è vero Dio e vero uomo, Cristo, offre il “riscatto”, la possibilità agli uomini per iniziare a tornare a vivere secondo la “giustizia originale”, già su questa terra, in attesa della sua completa restituzione nell’Eternità. Questa è la sfida ragionevole della fede! Quali altre alternative praticabili sono rimaste, che non abbiano già fallito? E quando anche i cristiani avessero fallito ciò è accaduto perché hanno messo in dubbio la loro fede in Gesù Cristo, unico salvatore dell’uomo.
Vogliono gli ecclesiastici che contano, e quelli che non contano, capirlo e aiutare l’umanità e i loro fedeli a capirlo, correggendo la rotta che si sta erroneamente seguendo?
Chi lo sta capendo perché ha conservato un po’ di fede e di ragione, non fa che pregare continuamente per questo. Perché i cristiani tornino a capirlo, chi lo deve insegnare torni a farlo, chi deve sfidare la cultura del mondo facendogli toccare con mano che l’alternativa cristiana è più umana delle sue ideologie lo faccia portando ragioni talmente evidenti che non si possono negare se non negando se stessi. Solo questo è il vero amore per il prossimo e il vero amore per se stessi.
Tocca alla Chiesa essere il “soggetto educante” e abbiamo bisogno che ritorni ad esserlo, con la ragione e con la fede, e preghiamo per questo.
Il Tempo di Avvento serva ad accompagnarci nuovamente ad adorare nel Natale del Signore, Colui che ha riaperto all’umanità l’accesso alla “giustizia originale” che era stata perduta. Non siamo ancora in Paradiso, ma il centuplo quaggiù (cfr. Mt 19,29) possiamo averlo, solo che vogliamo prendere sul serio Gesù Cristo e le Sue ragioni.
Dio ci benedica e ci protegga!
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Tag: cicchettino, giulia, hamas, pensiero cattolico, strumia, ucraina
Categoria: Generale
Per i mali di oggi, Dio – ancora! – ha dato, in aggiunta, Sua Madre e il suo Cuore Immacolato a rimedio.
La Madonna, a Fatima, ci ha forse avvisati invano?
Non ha detto la nostra Regina che il Santo Rosario potrebbe ottenere tutto?
Non ci ha indicato il suo Cuore come arca e sicuro rifugio?
Non ci ha esortati alla pratica dei primi 5 sabati, che poi Suor Lucia non abbandonerà più, facendo ogni quattro del mese anche la Novena alla Madonna di Fatima?
Se non siamo più capaci – come Chiesa! – di stare alla sequela di Cristo è perchè abbiamo lasciato la mano della Purissima!
Torniamo a Maria Santissima, nostra Madre e Regina, e la Tutta Santa ci riporterà infallibilmente al Suo Figlio!
don Alberto è un grande, perché sa ancora usare i mezzi semplici della ragione donataci dal Creatore, in particolare usa la logica, una perla rara oramai.
Come fa male vedere che siamo trascinati a vedere il male come prerogativa dell’altro e il vescovo recitante nella basilica di santa Giustina (violentando una santa atentica, Giustina), parla alla gente con le parole dell’ideologia (“odio di genere”) e non con le parole della fede e della dottrina, in primis del peccato originale dal quale nessuno è esente: da ciò deriva che uomini e donne nascono entrambi con la natura malata, o ferita come si usa dire oggi e che la risposta sta nell’incontro con l’unico Medico e Salvatore e non nei provvedimenti umani che sono solo a servizio di un’ ideologia.
Il primo Avvento di Gesù nella storia umana coincide con la “pienezza dei tempi” (Gal 4,4 ; Ef 1,10 ; Eb 9,26).
Si tratta di un periodo durato poco più di 34 anni, dall’incarnazione a Nazaret (fine inverno del 2 a.C.) all’ascensione di Nostro Signore (metà maggio del 33 d.C.).
Stiamo attendendo l’Avvento definitivo del Signore, il suo ritorno annunciato, che coincide con i tempi ultimi.
Un tempo che riguarda anche una beatitudine: “Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così!” (Mt 24,46 e Lc 12,37).
Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? (Lc 18,8).
Domanda alla quale se ne può associare un’altra: vivendo l’Avvento stiamo attendendo il ritorno di Qualcuno capace di sancire la fine di questi tempi oppure rievochiamo l’Avvento precedente senza aver mai compreso fino in fondo la pienezza di quei tempi così peculiari?
Perchè se oggi (dopo 2024 anni dalla notte di Betlemme nel 2 a.C. e dopo 1990 anni e mezzo dall’Ascensione) c’è una larga fetta di cattolicesimo propensa a non considerare più decisivo Cristo -e solo Lui- per la salvezza delle anime, non c’è da stupirsi che non si attenda più di tanto un ritorno che certamente non prevede un mero avallo (a 360°) dell’esistente.
La vera sfida del tempo di Avvento è quella di chi deve portare frutto: un frutto spirituale, ovvero i frutti dello Spirito. Nell’attuale traduzione della lettera ai Galati sono nove: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. Nella Vulgata latina la lista dei frutti ne conta dodici, aggiungendo modestia, generosità e castità. “Il frutto dello Spirito invece è carità, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, magnanimità, mitezza, fede, modestia, continenza, castità.”
Non sono dettagli per fissati, perchè Gesù ci ha lasciato una chiave interpretativa decisiva nel valutare chi si palesa nel Suo Nome: “Dai loro frutti li riconoscerete” (Mt 7, 16).
Dunque attenzione a che il nostro fico non sia carico solo di fogliame. La foglia di fico può servire a coprire qualche vergogna, ma è estremamente insufficiente per le aspettative di Nostro Signore.
Oggi ricorre il duemilaquarantesimo anniversario dell’evento dell’Immacolata Concezione di Maria.
Eravamo sul finire del 18 a.C. quando Dio operò una trasformazione mirata, una modifica all’ontologia umana, per creare un paradiso in terra, un angolo di Eden in cui poi, sedici anni dopo, il Verbo avrebbe preso carne umana nascendo da Maria, una giovane vergine di Nazaret.
Sono trascorsi 2040 anni dall’evento nascosto, ancor più discreto del Santo Natale in cui il cielo notturno rifulse di luce attirando l’attenzione dei pastori di Betlemme.
Dio ha preparato un essere umano preservandolo dagli strascichi del peccato originale. Maria ha ricevuto un privilegio che non le era noto, ma su quella grazia preventiva ha costruito una vita aperta a Dio, fino a dirgli un sì decisivo il giorno dell’annunciazione. Poi ha portato in grembo l’umanità gestante di Cristo, dandola alla luce in condizioni non facili, avendo accanto l’umilissimo Giuseppe, che non si fece scandalizzare dalle apparenze e dalle circostanze. Insieme crebbero quel figlio specialissimo, sapendolo più grande della loro stessa santità. Maria ne visse anche la passione e la morte crocifissa, mentre a Giuseppe questo dolore atroce fu risparmiato.
Se ricordiamo la redenzione è perchè ci fu il Natale, ma il Natale ebbe luogo grazie all’Immacolata Concezione.
La creatura umana partecipa all’iniziativa di Dio, che anticipa la nostra collaborazione.
Ecco: festeggiando l’Immacolata sappiamo che sono passati 2040 anni da quel giorno in cui l’umanità conobbe il dono della cancellazione del peccato originale in una creatura umana. E’ l’anticipo del Battesimo con cui il cristiano si immerge nella morte e resurrezione di Cristo, rinascendo dall’altro.
Possa la Beata Sempre Vergine Maria, Madre di Dio, associarci a lei nell’essere paradiso terrestre per Dio che vuole abitare l’umanità, redimendola e ricapitolandola in Cristo. Trasformiamoci con Lei, che fu trasformata all’atto del concepimento, amando la vita dal concepimento, perchè fin da lì Dio tesse la vicenda che lo implica ad ogni vita umana. Ancora sconosciuta al grembo stesso che la genererà, ancora invisibile allo sguardo chi l’allatterà, quella vita è già nelle mani di Dio e cresce nella madre che Dio ha scelto per farla nascere.
Siamo disposti al nostro sì, in questo progetto divino che transita da noi? Da servi inutili? Senza farcene padroni? E’ questa l’umiltà di Maria, nostra Madre.
Può anche finire in croce, ma per risorgere.