Babilonia, dove l’Uomo non ha Valore. Giungerà il Redde Rationem…R.S.

3 Novembre 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione questa riflessione di un amico del sito, R.S., che ben conoscete, ispirata dall’omelia di mons. Viganò per la festa di Ognissanti. Buona lettura e condivisione.

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Il problema dell’umanità è di essere diventati dei cittadini di Babilonia.

 

Nella rivelazione/Apocalisse di San Giovanni Babilonia è nominata per la prima volta al capitolo 14, nel quinto segno (i tre angeli), uno dei quali ne annuncia la caduta.

Che male ha commesso Babilonia, la città terrena? Il suo problema è banalmente quello di “agire dal basso”: l’istituzione tende a Dio attraverso progetti e programmi, politici e pastorali, opera dell’uomo.

Questo però in qualche modo impedisce l’azione della Grazia per il cui tramite il Cielo invia lo Spirito Santo per condurre l’umanità a Dio.

Il problema è che chi è del mondo non può comprendere (non è ciò che desidera e vuole); semplificando, il centro non è affatto il Cristo-agnello, ma tutt’altro, qualsiasi altra cosa! O ci convertiamo (noi per primi), accettando di esistere così, oppure è tutto inutile, proprio perchè rivolto altrove. Viceversa il somigliare alla Piena di Grazia: così piena che non c’è spazio per altro.

Ebbene la Babilonia che avvince, affascina e attira a sè, abbeverando i popoli con le sue statue e i suoi idoli, è destinata a cadere. Qui si dice (Ap 14,8) che è caduta.

Al capitolo 16, la settima coppa, è detto che Dio si ricordò di Babilonia per darle da bere il calice dell’indignazione.

Le coppe sono i catini che al tempio servivano per raccogliere il sangue degli agnelli immolati. Le coppe raccolgono le piaghe, come lo fu per le piaghe d’Egitto.

Le piaghe sono richiami salutari per chi sta perdendosi, per ravvedersi: Dio castiga coloro che ama.

Siamo nella città prototipo dell’AntiTrinità: il drago più due bestie.

Domanda: volete uscire di lì?

 

Al capitolo 17 Babilonia è descritta come la madre delle meretrici e delle abominazioni della terra… Tutto al contrario della “donna vestita di sole etc” del cap. 12.

 

Babilonia non brilla di sole, ma si adorna di apparenza: vestita riccamente di gioielli e paccottiglia, ebbra del sangue dei santi e dei martiri. Ha il nome sulla fronte.

La fondazione della prima città dell’uomo risale a Genesi 4,17; quando l’uomo perde la grazia sente il bisogno di organizzarsi con altri come lui. Non è male in sè (tutti intraprendenti, fraternità dal basso), ma scaturisce dall’aver perso la Grazia: un’idea buona minata alle fondamenta dalla pretesa di potersi fare dio (il progresso) senza Dio. La città di fatto soffoca l’uomo, che finisce con il servire lei e i re che si renderanno necessari, con le loro tasse, IMU, ICI, guerre etc etc.

Anche dopo il diluvio, i superstiti in breve giungeranno alle grandi torri di Babele (tutti uniformati a costruire torri) e Dio per svelarne l’inganno e sopirne l’orgoglio umano confonderà le lingue. Il nome di Babele è “la cima tocca il cielo”: un assalto alla signoria di Dio, il quale non ha in antipatia l’uomo, ma lo redarguisce se pensa di fare da sè, sapendo chi altri c’è a farglielo pensare per precipitarlo nella disumanità, disorientata dall’incontro con Dio e nel riceverne la Grazia.

 

Chiunque regni la città, non farà che pretendersi migliore di quello che sostituisce, ma sempre con la centralità dell’uomo burattino di Satana.

 

E’ o non è attuale Apocalisse?

 

Al capitolo 18 per Babilonia è tempo di redde rationem.

Covo di demoni e carcere. Che si sbricioli dovrebbe essere una buona notizia. Piangeremo su questa caduta, certo, ma avremo anche la Grazia di sapere che aveva mercificato tutto, anche noi.

La città di Dio è tutt’altro. Ma ci crediamo? Ci interessa Cristo come re o ci va bene qualche sostituto umano di quello che non ci piace? Diciamo con San Michele “chi come Dio” o preferiremo “chi come la città dell’uomo”?

Eccoci allora alla svolta: la Gerusalemme celeste che scende dal Cielo. Una soluzione letteralmente calata dall’alto, ma non da un branco di assatanati sedicenti illuminati appartenenti ad un gotha autoproclamatosi benefattore dell’umanità… No: proprio dall’ALTO.

L’apertura dei sigilli è giunta al termine.

Alleluja! Lodate Dio! Sia lodato Gesù Cristo! Amen!

Meglio così: il nostro mondo è/era una galera bestiale.

Un’assurdità legalista piena di ipocrisia e di menzogne dove per salvare l’istituto/istituzione si sacrifica la vita umana. Anche per cercare di salvare una certa chiesa-istituzione, un’organizzazone in crisi, si pensa che la soluzione giusta sia dal basso, sinodaleggiando: così una gerarchia impone le sue idee, non quelle di Dio.

Il re è conseguenza diretta della città di torri e mattoni.

E il mondo chiede alla chiesa le tasse del re del regno terreno, non certo la penitenza e la conversione a Dio.

Babilonia siamo noi. Sono io.

La Gerusalemme celeste potrei essere io: voglio quella ciottadinanza? La stessa dei santi? Dei nostri defunti che sono giunti al riposo eterno della pace beata?

Lì il re è Cristo, un re differente da tutti gli altri.

Un re che può riportarci alla volontà iniziale di Dio, grazie alla pazienza di Dio, per soddisfare i desideri buoni degli uomini: le nozze dell’Agnello, la sposa pronta. La sposa è la città trasfigurata, è Babilonia toltasi di dosso la maschera che la deturpa e la prostituisce. Anzi peggio: una prostituta riceve denaro per darsi al mondo; invece l’umanità ha pagato per darsi al mondo!!!

E’ una vicenda plurale, di popolo, di umanità, non di un “me, che se la cava in proprio”.

La sposa ripulita, compimento della storia.

Avverrà per intervento del Cielo, trasfigurante l’oggi.

Beati gli invitati… E’ così in ogni Santa Messa.

La salvezza viene dal sangue dell’Agnello.

Potenzialmente è per tutti. Sarà per molti. Ci vuole l’abito. O vai col drago o vai col Re.

Dio ricongiunge il Suo amore con le attese umane purificate.

Anche la città non sarà più luogo che conduce lontano da Dio, ma trasfigurata in dono alla sposa (l’umanità redenta). Tutto trasfigurato, anche i materiali preziosi con cui è costruita (capitolo 21), senza economia per soddisfare i parametri di qualche ideologia. La dimora dell’uomo ricapitolato in Cristo, rivestito di Luce che conversa con Dio (relazione mai stanca, il paradiso non è noioso) .

Dopo millenni di vana ricerca di paradisi in terra, dal basso, finalmente ritorna un paradiso, come in Cielo così in terra, ma dall’Alto. L’Alfa e l’Omega è l’artefice.

Un tempio giardino, una città giardino con l’albero della vita dopo secoli di scelte di morte; un giardino medico con medicamenti salutari alla portata dei residenti.

Una città che non bisogno di essere illuminata, perchè la luce è Dio. Un popolo di sacerdoti in relazione con Dio. E stupiremo di chi ci precederà dentro quelle mura.

Il libro della vita non è un’anagrafe umana o canina.

Chi scriverà il nome sul libro della vita?

Dovrebbe essere la questione principale.

Lo è se l’uomo non sta al centro. Quella è Babilonia.

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