Ut Unum Sint. Unum Est Necessarium. Il Matto.

7 Ottobre 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, il nostro Matto offre alla vostra attenzione queste riflessioni su un tema centrale della fede. Buona lettura e condivisione.

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UT UNUM SINT UNUM EST NECESSARIUM

Se dici, infatti, che è verità, gli sta contro la falsità. Se dici che è virtù, gli sta contro il vizio. Se dici che è sostanza, gli sta contro l’accidente; e così via. Ma poiché egli non è una sostanza che non sia tutto e a lui non si oppone nulla, e non è una verità che non sia tutto senza opposizione, questi nomi particolari non possono convenire a Dio se non molto approssimativamente e a distanza infinita. Tutte le affermazioni, che pongono in Lui una parte del loro significato, non possono adattarsi a Dio che non è qualcosa piuttosto che tutto. Nicola Cusano

*

Per tutti sotto questo cielo, concepito il bello nasce (come correlativo) il brutto, fissato il bene prende forma il non-bene. Del pari: essere e non essere si intercondizionano, possibile e impossibile sono differenziazioni complementari. Grande e piccolo si caratterizzano a vicenda, l’alto si capovolge in basso, suono articolato e rumore s’integrano, “prima” e “poi” (oppure: “avanti” e “indietro”) si susseguono a circolo. Così l’Uomo Reale permane nel non-agire. insegna senza parlare, dirige senza toccare (senza comandare) forma (fa divenire, conduce a sviluppo) senza appropriarsi, compie senza fare (senza richiamar l’attenzione su ciò che fa). Essenzialmente: non risiedendo (nel dominio dei correlativi, là dove si svolge il gioco degli opposti), partecipa sempre (della forza originaria).

Lao Tze

* * * * *

«UT UNUM SINT (Giovanni), UNUM EST NECESSARIUM (Luca)».

Affinché tutti siano UNO, è necessario l’UNO. Si direbbe l’uovo di Colombo, ma fra i Terrestri non è affatto così.

Come illustrano Cusano e Lao Tze, l’UNO è l’OLTRE UMANO, la cui fascinosa e rassenerante immagine pacificante è nelle parole di Dostoevskij ne Le notti bianche:

«Il cielo era stellato, tanto che, dopo averlo contemplato, ci si chiedeva se sotto un cielo così, potessero vivere uomini senza pace».

Da circa una decina d’anni ciò che sollecita particolarmente il mio giocoso indagare è la dialettica. Giorno dopo giorno son venuto constatando sempre più lucidamente come il pensiero e la parola dipendano dal soggetto che pensa e parla in conseguenza di ciò che sa o crede di sapere, e pertanto il suo non può essere che un PUNTO DI VISTA che, a sua volta, determina un soggettivo comportamento. Si tratta di un processo eretico, se eresia significa «scelta, elezione, partito» (etimo.it), al quale nessun singolo o gruppo può sottrarsi proprio in quanto soggetto; un processo che costringe – e si riduce – al confronto tra pensieri e comportamenti inconciliabili e quindi generanti conflitti a profusione. Di fatto, la dialettica è discussione, disputa, disaccordo, divisione, ciò che rende il vivere umano un agone e la pace una chimera.

Umanamente, esclusi il Cristo e la Vergine, non esiste un soggetto puro, ossia totalmente incondizionato tanto da ciò che recepisce attraverso i sensi ed alimenta l’intelletto quanto dalle proprie passioni. La ricezione sensoriale, la conseguente elaborazione intellettuale e l’elemento passionale si intrecciano per il costituirsi di un soggetto fittizio che si sovrappone al soggetto puro, all’io primigenio, alla coscienza libera che vede il mondo così com’è, cioè oggettivamente, PRIMA di ogni AGGIUNTA elaborativa-descrittiva soggettiva che “ricrea” un suo proprio mondo. Così l’oggettivo è ricoperto dalla patina del soggettivo fittizio costituito dall’intreccio sensoriale-intellettuale-passionale, di modo che la dialettica si costituisce quale terreno del conflitto fra impure visioni soggettive, fra mondi fittizi, a tale riguardo risultando molto istruttivi i versi di Alda Merini:

«Anche se la finestra è la stessa, non tutti quelli che vi si affacciano vedono le stesse cose: la veduta dipende dallo sguardo».

Da qui in poi, i termini “soggetto”, “soggettivo” e “soggettivamente”, sono da intendersi in quanto fittizi, ossia sostanziati di percezione impura.

La situazione è la medesima – e si acuisce – se di mezzo vi è una dottrina religiosa, la quale, essendo creduta e gestita anch’essa soggettivamente, singolarmente o in gruppo, rende ancor più radicati ed esclusivi il pensiero ed il comportamento di ciascuno dei molteplici soggetti e gruppi di soggetti. Ciascun soggetto religioso, singolo o gruppo che sia, è convinto di essere nel Vero, ritiene che sia vero tutto e soltanto ciò esso crede e che il mondo dovrebbe modellarsi sul ciò che esso crede e pensa. Ossia, ciascun soggetto o gruppo di soggetti è convinto di possedere il Vero integrale mentre tutti gli altri, compresi coloro che non hanno la stessa “millimetrica” visione, sono nell’errore. Nessun soggetto è disposto a concedere che quel che crede e pensa è valido per esso e non per tutti. E così ciascun soggetto o gruppo non può evitare il separatismo, originandosi da ciò il pantano eretico della dialettica. Così il VERO, per definizione UNO, viene osservato da molteplici sguardi differenti e “gestito” differentemente e conflittualmente da molteplici soggetti.

Mi chiedo allora da molto tempo se sia possibile che una creduta (si badi, creduta, quindi non conosciuta) Oggettività divina, appunto l’UNO, possa attecchire in una molteplicità di soggetti facendo di questi una compagine coesa scevra da conflittualità: UNO PER TUTTI E TUTTI PER UNO (sublimazione del magnifico motto dei Moschettieri del Re!), restando inteso che tale compagine (composta insieme), non è da individuarsi in alcun gruppo separatista di soggetti fiduciosi del proprio sguardo e barricati dietro la propria creduta verità, con ciò separandosi (seppur illusoriamente) dal quell’UNO che pure professano, credendolo ma non conoscendolo.

Mi sovviene il detto circa l’Araba Fenice: “che vi sia, ciascun lo dice; dove sia, nessun lo sa”. Ecco: “ciascun lo dice” rappresenta perfettamente la dialettica, sennonché “nessuno lo sa”: infatti dove soggettivamente tutti sanno, nessuno oggettivamente sa, poiché l’oggetto del sapere e del credere (non del conoscere, si badi, ma del sapere e del credere), cioè l’UNO, è parcellizzato dai molteplici sguardi, cioè dalle e nelle molteplici eretiche soggettività.

Ciascuno “lo dice” credendo di saperlo secondo la propria fede, con ciò entrando in conflitto non solo con chiunque altro ha una fede diversa e si sente a sua volta sapiente senza conoscere, ma addirittura con coloro che hanno la stessa fede, e questo è ciò che è sempre accaduto e sta tuttora accadendo con particolare radicalità: l’attuale contrapposizione, alquanto confusionaria, fra credenti in seno alla Cattolicità riguardo al Papa ed alla Messa, è emblematica del soggettivismo separatista fideo-dialettico che non risparmia dalla faziosità nemmeno la fazione dei conservatori, che inneggiano tutti all’unica Verità ma se la gestiscono in gruppi separati (chiese separate?) che si ignorano o si biasimano o si scomunicano a vicenda. Paradossalmente, per avallare la propria posizione, le parti avverse, singole o di gruppo, si appellano alle medesime Scritture, al medesimo Cristo ed ai medesimi codici per attingere ciò che porta acqua al proprio mulino, ossia ciò che si confà al proprio sguardo, alla propria soggettiva, limitata, eretica visione, con ovvio vanto dell’esclusiva riguardo all’assistenza dello Spirito Santo es alla protezione della Vergine. Davvero Cristo è pietra d’inciampo!

Ora, CONOSCENZA significa UNIONE fra conoscente e conosciuto, mentre il credere mantiene la distanza tra credente e creduto. Perciò: o si conosce o si crede, e quindi si crede a ciò che non si conosce, la fede supplendo alla non conoscenza e però dando anche la stura al soggettivismo, dovuto, come già osservato, all’intreccio sensoriale-intellettuale-passionale che rende impuro il soggetto credente e pensante. Di fatto, la minuziosa, particolareggiata, complicata composizione dottrinale (ma davvero Cristo auspicava ciò?) che propone ciò che è da credere, cioè la teoria circa ciò che non si conosce, è foriera di complicazioni relazionali tra i credenti, i quali, poiché umani, sono soggetti impuri e perciò impossibilitati a cogliere il puro Oggetto, il VERO cui la dottrina non può che alludere: l’UNO.

Il superamento – per abbandono – del circuito dialettico (che è analisi) in favore dell’UNO (che è Sintesi) è perciò l’unica soluzione, ma ciò richiede la sparizione, alla lettera, dei soggetti o gruppi di soggetti che si sentono ciascuno dalla parte della verità, e perciò la sparizione dei soggettivi, limitati sguardi. L’UNO è OLTRE la dialettica, e prima di essere Parola è SILENZIO: dal Puro Silenzio la Pura Parola: UT UNUM SINT. È il Silenzio che pronuncia la parole, e le parole umane debbono tacere se vogliono conoscere il loro inizio (Alfa) e la loro fine (Omega), insomma l’UNO.

Occorre ribadire che credere non è conoscere, e conoscere non è da confondere con sapere. Si possono sapere e credere molte cose ma non per questo le si conosce. E non si può vantare ciò che non si conosce come vero assoluto. Per esempio: possiamo sapere e credere tutti i particolari sulla montagna e sulla tecnica della scalata perché le abbiamo lette o ci sono state raccontate, ma ciò non fa di noi degli scalatori che conoscono la montagna e il modo di scalarla per averla davvero scalata (con tutti i rischi che ciò comporta). Chi è salito sub specie interioritatis sul Monte Carmelo, e non ha soltanto “letto” l’opera di san Giovanni delle Croce, conosce tale monte e non si limita a sapere e credere di tale monte: il suo conoscere nasce dalla PRASSI e non dalla sola fede che, ci viene detto dall’UNO, «costruisce la sua casa sulla sabbia». Ci vuole, come dice l’UNO, il passare per la “porta stretta”, attraverso la quale non possono filtrare né il minimo pensiero né la minima parola né il minimo sguardo umano.

Si ritiene infatti per scontato che credere, cioè “sentirsi d’accordo” con quanto dice l’UNO ne sia di per sé una realizzazione, mentre invece ne è soltanto l’inizio. In maniera eminente ciò vale per il Vangelo e per le tre parole che indicano la sua sintesi ed il suo scopo: UT UNUM SINT. Chi s’incammina davvero verso la Vetta – che è UNA – non può farsi distrarre dalla presunzione che il sentiero che segue sia l’unico, poiché tale distrazione è già una diviazione dal sentiero ed un pericolo di caduta nel primo vizio capitale: la SUPERBIA, da cui il nemico e la guerra. Chi si sente un giusto è un evangelico fariseo che dovrebbe riflettere molto profondamente sulla impellente necessità di individuare un errante, un nemico, uno da additare al ludibrio, ciò che è segno inconfutabile della non realizzazione dello STATO INTERIORE DI NON BELLIGERANZA, in mancanza del quale la parola “pace” resta un orpello ciondolante dalla bocca di chi la apre e dà fiato. Chi è con l’UNO è in pace con se stesso poiché UNIFICATO e perciò non ha nemici né guerre da combattere. L’UNO non ha eccedenze né mancanze: è la «sfera infinita il cui centro è dappertutto e la circonferenza in nessun luogo» (“Libro dei XXIV filosofi”): sentenza inconcepibile dalla ragione e impossibile da ridurre a sistema dottrinale. Ragione e dottrina non possono attraversare la «porta stretta» che immette nell’Infinito.

La teoria conferisce il sapere, non il conoscere, che infatti richiede la prassi. Ciò vale anche e soprattutto per la verità religiosa, o, più precisamente, la verità spirituale: si possono sapere e citare tutte le Scritture e le relative formulazioni dottrinali, ma questo non fa conoscere ipso facto CIÒ di cui esse dicono, ed al quale possono soltanto alludere. Al limite, sapere e credere tutto senza conoscere niente: questa la tragedia.

Ciò che si sa e si crede lo si apprende tramite il RACCONTO: orale o scritto che sia, il raccontare, come dice l’etimo, è RE-AD-CONTARE: ripetere-verso. Il racconto è quindi il riferire di un fatto che per essere conosciuto, oltre che saputo e creduto, ha da essere messo in atto, cioè vissuto integralmente con anima e corpo. E tale conoscere non può che costituire un lavoro ognora in corso, vale a dire imperfettamente perfettibile.

Soltanto la consapevolezza della propria imperfezione imperfettamente perfettibile protesa verso l’UNUM – incarnato dal Cristo – può suscitare l’HUMILITAS, eccelsa nella Vergine, quale requisito dell’inveramento in sé dell’Oggetto cui allude il racconto, appunto l’UNUM, che esige nel soggetto lo scioglimento del grumo sensoriale-intellettuale-passionale, responsabile dell’individualismo dialettico, eretico e perciò divisore (vale a dire diabolico): operazione squisitamente ascetica che, occorre dirlo, di messa in atto ne gode poco o punto.

La SEMPLICITÀ del giglio del campo e dell’uccello del cielo, cui invita l’UNO incarnato, non è erudita, non sa nulla di miti, dottrine, codici, filosofie, teologie e scienze, la cui composizione minuziosa ed esasperatamente particolareggiata costituisce una complicazione per i soggetti che vi si rifanno. Così, il giglio e l’uccello sono con l’UNUM e l’UNUM è con essi senza che debbano preoccuparsi di filare e seminare, ossia di restare invischiati nell’elemento sensoriale-intellettuale-passionale, e perciò nella dialettica eretica ed inconcludente che ne deriva. Nel giglio e nell’uccello è da vedersi l’anima di cui ci dice il Poeta:

«Esce di mano a lui che la vagheggia prima che sia,

a guisa di fanciulla che piangendo e ridendo pargoleggia,

l’anima semplicetta che sa nulla,

salvo che, mossa da lieto fattore,

volontier torna a ciò che la trastulla».

L’anima, nella sua purezza primigenia, non ha e non può avere altro anelito che tornare «a ciò che la trastulla», e questo anelito è il suo puro moto naturale e soprannaturale insieme – la santa escandescenza! –, che non abbisogna di alcuna complicazione educativa, di nessuna “formazione”, che è poi una in-formazione, un riempimento, un condizionamento qualora si pretenda che, invece che propedeutico, esso sia esclusivo. Non si può formare ciò che non ha forma perché semplice: simplex, sine piega. L’anima è «semplicetta» e la sua ignoranza è la sua forza: essa non sa né le interessa “altro” poiché vuol tornare in «mano a lui che la vagheggia prima che sia», cioè all’UNUM. Le dottrine sono tanto utili quanto relative al percorso di ritorno. Nella Contemplazione Unitiva non c’è tempo e spazio per le dottrine. L’adesione dell’anima UNA all’UNO (la plotiniana «fuga da solo a Solo») può darsi soltanto al di là di ogni operazione cerebro-intellettuale. Al di là della «porta stretta».

L’UNUM è SIMPLEX: sine plica, senza piega, non complicato, quindi meno che mai può essere davvero s-piegato, poiché la es-plicazione presuppone una com-plicazione in parole che in nessun modo può raggiungerlo. Non si può spiegare, senza perderlo, ciò che non è piegato perché semplice. Di più, la spiegazione assume una forma orale o scritta, ancora una volta soggettiva, che non può non suscitare – come gli accadimenti dimostrano – la dialettica e quindi il separazionismo eretico, cioè fazioso.

L’UNUM non ha immagine. La Sua Incarnazione con assunzione di Figura a supporto dell’indigenza umana è durata appena 33 anni – un nulla rispetto all’Eternità – e sfugge alla conoscenza integrale della mente che necessita della fede e degli impulsi sensoriali da cui trarre l’elaborazione intellettuale che va ad intrecciarsi con l’elemento passionale. L’UNUM non può essere definitivamente creduto e pensato, quindi definitivamente indottrinato, perché credere, pensare, parlare e scrivere è un separare da sé, è un soggettivo oggettivare che a sua volta viene ri-assunto soggettivamente. Zenisticamente: la dottrina è la zattera necessaria per giungere sull’isola, quindi prima o poi va lasciata. Occorre essere consapevevoli che va lasciata. Se si rimane sulla zattera non si può porre piede sull’Isola di Unum che esige il SILENTIUM, perciò l’abbandono del soggettivismo per sua natura fittizio, eretico e perciò divisore.

Cosa possono le parole di fronte all’UNUM che è l’infinitamente piccolo (il granello di senapa) e l’infinitamente grande (l’arbusto)?

Solo nella conoscenza, i DUE – soggetto e oggetto – sono UNO.

«Or Adamo conobbe (cognovit) Eva sua moglie».

UNUM EST NECESSARIUM.

E infatti in principio era l’UNUM (Alfa) … UT UNUM SINT (Omega).

«IO SONO (YOD HE) l’Alfa e l’Omega».

Così il cerchio perfettamente inizia e si chiude. Il ritorno dell’anima all’Unum è il Santo Periplo. L’immagine ultra-dialettica proposta in incipit è molto più chiara di una “spiegazione” che si dilunghi e si disperda in un fiume di parole.

Del resto, basta il Vangelo: «Dove due o tre sono RI-UNITI nel mio nome, IO SONO (YOD HE) in mezzo a loro».

Dice «in mezzo» («in medio»), cioè al Centro.

TUTTO ruota intorno al Centro, all’UNO.

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36 commenti

  • Oscar Chiodini ha detto:

    Non ho alcuna intenzione di fare polemiche, benché potrei ribattere punto per punto ai miei interlocutori. Voglio invece ringraziarli perché, non considerandomi un intellettuale, mi piace ricordare che da bambini in Italia cantavamo in volgare “Mira il tuo popolo, bella Signora” e senza bisogno di virgolettare, sapevamo tutti chi essa era, mentre Cristina Campo, con tutto il rispetto che le è dovuto, era nota solo agli spiriti dotti. Ringrazio quindi Adriana 1 perché avevo dimenticato, o trascurato i primi verbali della visione ai tre pastorelli di Fatima, ben diversi dalla testimonianza successiva di Suor Lucia. Giustamente e molto acutamente viene insinuato che qualcosa, o anche molto, può essere stato manipolato nella vicenda di Fatima a scapito della Chiesa stessa. Questo mi sembra un buon contributo per approfondire la connessione tra il messaggio di Fatima e il cambio di passo nella Chiesa. Mi deludono invece le non risposte di Occhi Aperti. E’ perfettamente inutile accennare a toppe e buchi senza specificare in cosa io traviserei e mistificherei i messaggi della Beata Vergine. Probabilmente non sono riuscito a evidenziare il centro del discorso che verteva sulle circostanze e le motivazioni della “Sede Vacante”. Peccato: un’occasione mancata.

  • Oscar Chiodini ha detto:

    Per il Matto.
    Effettivamente non c’è un vero collegamento con l’articolo, ma sentivo il desiderio di comunicare urgentemente il mio pensiero su quanto Viganò sta dicendo con grande risonanza, postandolo qui come OT. Non leggo ancora però nessun elemento forte di discussione, né di assenso, né di contrarietà.
    Grazie.

  • Oscar Chiodini ha detto:

    Per Adriana, Occhi Aperti, altri.
    Resto sorpreso che la mia citazione sintetica, con una sfumatura di ironia, di “una certa bella Signora” sia stata riferita a Bruno Cornacchiola, o a Cristina Campo. Credevo fosse molto chiaro che alludevo a Lucia di Fatima, che dichiarò che la Bella Signora, come lei chiamava la Santa Vergine, aveva detto che il terzo messaggio si sarebbe dovuto divulgare nel 1960. Alla domanda “Perché nel 1960?” Lucia rispose che allora sarebbe stato più chiaro.
    Il seguito del mio discorso intendeva avvalorare ciò, in quanto gli insegnamenti ereticali e i gesti compiuti da Giovanni XXIII sarebbero risultati sufficienti per indicare che ci si stava già allontanando dalla retta dottrina. Ricordo che in gioventù ascoltai diverse voci testimoniare questa devianza con disappunto e sconcerto. La preoccupazione di restare acriticamente in linea con quanto usciva dal Vaticano insabbiò velocemente il dissenso fino a farlo scomparire quasi del tutto, ma non completamente. Ora non mancano gli elementi per riesaminare la vicenda, perché i frutti marci parlano chiaro di che natura fosse l’albero. Inoltre non dovrebbe essere difficile, alla luce della situazione attuale, capire il vero contenuto del testo mancante nel terzo segreto fi Fatima. C’è la visione, ma non c’è il messaggio. Se, come presumibile, parlava dell’apostasia nella Chiesa a cominciare dal più alto vertice, di una cattivo concilio e di una cattiva messa, era evidente che gli antipapi successivi a Pio XII, non avrebbero mai e poi mai pubblicato il terzo messaggio, perché si sarebbero autodenunciati. Scandaloso, ma oviio!

    • Adriana 1 ha detto:

      Visto che si rivolge anche a me, le rispondo che la sua sorpresa mi appare “incongrua”…primo: perchè testimonia che non ha preso atto della mia risposta a Occhi aperti; in secondo luogo perchè, avendo fatto riferimento agli anni sessanta e ad una particolare bella Signora neppure virgolettata, avrei facilmente potuto credere che si riferisse, per esempio, a una Grace Kelly, ma, per logica, restringendo il campo all’Italia di Giovanni XXIII, il riferimento calzante poteva esser quello rappresentato da Cristina Campo che si distinse nella battaglia tra i progressisti e i tradizionalisti. Quanto alla attribuzione che lei giudica ovvia alla Madonna di Fatima, gradirei sapere se le sia mai accaduto di leggere i verbali delle prime e spontanee testimonianze sulla “visione” dei tre pastorelli, assai differenti da quella, a distanza di decenni, data unicamente da Suor Lucia. E’ una fortuna che Fatima non sia stata dogmatizzata…” Hanno le Leggi e i Profeti, seguano quelli…”

    • OCCHI APERTI! ha detto:

      Perdoni, Chiodini carissimo, ma la toppa è peggiore del buco…

      Ad maiora!

  • Mimma ha detto:

    Eh, no!
    Caro Matto birbantello, non si fanno queste cose col Vangelo..
    Cominciamo dal titolo, frutto di una ” collatio ” di due testi diversi, assolutamente abusiva, che distorce il significato dei due brani originari , pr essere piegato, per servire all’assunto di chi scrive.
    Dice il brano di san Giovanni , 17 -11
    ” Pater sancte,serva eos in nomine tuo, quos dedisti mihi, Ut Unum Sint , sicut et nos “.
    È la sublime preghiera di Gesù durante l’ultima sera della sua vita mortale, nella quale chiede al Padre di salvare i suoi apostoli dalle insidie del mondo e di custodirli nell’unità dell’amore, quella stessa che tiene uniti il Padre e il Figlio.
    Vediamo adesso il passo di San Luca:
    Il contesto narra delle due sorelle di Betania delle quali una , Maria , sta ad ascoltare il Maestro, mentre l’altra , Marta , si lamenta perché deve sfaccendare da sola per servire gli ospiti.
    Gesù risponde a Marta che in verità a lei, come a tutti, serve una sola cosa: ” porro unum necessarium est ” …
    Ossia , ciò che serve per salvare la propria anima è la Parola di Dio, quella che sua sorella stava ad ascoltare con amore adorante ai piedi del Maestro. E metterla in pratica.
    La parte migliore, prosegue Gesù, che non verrà mai tolta a nessuno.
    Non c’entra nulla , come si vede, col tema a lei caro, gentile Matto, della unicità del Cattolicesimo.
    La Verità non è prerogativa umana. Ovvio.
    Ha ragione evidente quando afferma, che nessuno può vantarsi di possederla.
    I Cattolici non posseggono la Verità.
    La proclamano come l’hanno ricevuta da Dio attraverso Gesù Cristo, Dio fattosi Uomo , unico Mediatore tra gli umani e Dio, per il quale, ( mezzo ) tutto è stato creato e al quale (, fine, )tutto è orientato.
    Chi non crede a questo, non può comprendere questo discorso .
    Dovrebbe astenersi infatti dall’esprimete pensieri che diventano bestemmie e offese.
    Chi non é cattolico dovrebbe avere la carità di non pontificare sulla Chiesa e sui suoi dogmi che non condivide.
    Io non esprimo mai pareri sulle altre religioni.
    Non.mi interessano se non dal punto di vista culturale .
    Credere significa affidarsi.
    Quindi io, che credo profondamente in ciò che Cristo Gesù ha rivelato( ( rivelato, perchevnessun uomo mai sarebbe potuto giungere a comprendere certi misteri ) e testimoniato con la SUA Vita Morte e Risurrezione , sono abbandonata tutta a Lui.
    Tra le sue braccia sto come un bimbo svezzato in braccio a sua madre.
    Non può competere con me un miscredente o un ateo o uno di altra religione, semplicemente perche usa un linguaggio che non comprendo e un pensiero che urta con le mie convinzioni.
    Né è superbia la mia.
    È pura incomprensione, incapacità assoluta di entrare in quell’altra sfera mentale.
    Suppongo che sia così anche per un islamico o uno di altra religione.
    Ma a me dispiace per loro, perché so che Gesù Cristo e morto anche per loro nonostante il loro rifiuto.
    Posso, per riparare questo drammatico rifiuto, amare abbracciare aiutare chiunque avesse bisogno del mio aiuto concreto, ma non posso entrare in comunione spirituale con chi non riconosce Cristo o lo accetta in parte, correggendolo a suo uso e consumo.
    Condivido pienamente, d’altra parte, il suo discorso sulla necessità di annichilirsi, di svuotarsi per farsi vaso della divinità del Creatore , che altrimenti non può entrare in vera comunione con la sua creatura.
    Si tratta di un caposaldo del Cristianesimo, predicato e vissuto in primis da Cristo stesso, che annientando se stesso da Dio si fece servo e si umiliò fino alla morte e alla morte di Croce, poi da San Paolo Apostolo e da tutti gli altri santi e martiri e beati.
    Ma, sa, mio caro e comprensivo amico, non tutti siamo della stessa stoffa e tocca compatirci gli uni con gli altri.
    L’importante è avviarsi, stare in itinere come si dice, con l’aiuto di Dio della Vergine e di tutti i Santi, con l’unica intenzione di giungere alla patria celeste, da dove provenivano e dove tutti siamo attesi dal Padre di Bontà infinita.

    • Grazie signora Mimma! ha detto:

      Ancora una volta un commento saggio, equilibrato, caritatevole e soprattutto chiaro, senza inutili giochi di parole, che quando si parla di Dio, Somma Chiarezza e Luce, sono particolarmente inopportuni. Grazie gentilissima Mimma!

    • il Matto ha detto:

      Mimma carissima,

      che piacere riaverla nel mio matto recinto! Lo chiamo recinto e non salotto perché sono consapevole che chi vi entra non si trova per nulla a proprio agio, tuttavia c’è qui anche per lei un angolino per una tazza di tè, anche se soltanto ideale, che le offro con estremo ben volere!

      Da filonipponico, ho preparato del Kukicha (Tè Kuki) dal sapore morbido che spero sia di suo gradimento.

      Prendo atto di quanto da lei espresso e … non ho nulla, ma proprio nulla da obiettare.

      Mi spiego: ogni anima, dico OGNI anima, che lo sappia o meno, compie il suo percorso, in merito al quale nessuno può intromettersi. Si tratta di un rapporto diretto fra l’anima e Dio, più o meno accidentato ma sempre difficile. Tante anime, tanti percorsi e tanti tempi di percorso verso la Cima. Le dottrine sono propedeutiche e ancor di più lo sono le interpretazioni.

      Poco ma sicuro che il destino di OGNi anima lo conosce solo Dio, ciò che rende temerario il giudizio umano, soprattutto, ripeto soprattutto, se puntellato da una dottrina che si ritiene posseduta e compresa una volta per tutte.

      Recita il proverbio Sioux: “Prima di giudicare qualcuno, cammina per tre lune nei suoi mocassini”.

      A proposito: piaciuto il Kukicha? 😍

      Gradisca un omaggio: 🌹

  • Luca antonio ha detto:

    Caro Matto, articolo denso e interessante (specie per i rilievi che impone ) che in questa piccola agorà si può solo affrontare velocemente per punti – seguo lo scorrere del suo elaborato – :
    1) “. La ricezione sensoriale, la conseguente elaborazione intellettuale e l’elemento passionale si intrecciano per il costituirsi di un soggetto fittizio che si sovrappone al soggetto puro, all’io primigenio, alla coscienza libera…”. Gli studi delle neuroscienze più accreditati ritengono, che l’Io sia il prodotto del linguaggio (su tutti vedasi “L’errore di Cartesio” di Damasio, non esiste un Io puro, noi ci definiamo e siamo quello che riteniamo di essere solo per interazione con il mondo esterno che ci delimita e definisce.
    2) “E così ciascun soggetto o gruppo non può evitare il separatismo, originandosi da ciò il pantano eretico della dialettica.” Giusto ma non si tratta di cosa negativa, la dialettica, è infatti sigillo della Natura o di Dio che non esista neanche un solo filo d’erba uguale ad un altro, e questo è costitutivo di ogni forma vivente – e non solo, non esiste neanche un fiocco di neve o un granello di sabbia perfettamente identico ad un altro – che tende invariabilmente a differenziarsi (“Le forme viventi” Portman). “Il superamento – per abbandono – del circuito dialettico” è dunque impossibile in via generale a meno che, come giustamente da Lei evidenziato, non si rinunci al soggetto, che tuttavia non potrà mai rinunciare in toto ad ogni contrapposizione dialettica (pena la non esistenza), ma solo a quella, auspicata da ogni religione, tra “potere e amore” – rubo la perfetta definizione da Occhi aperti- che sposta lo stato interiore di belligeranza da esterno ad interno.
    3) L’eterna lotta con se stessi è ben rappresentata dal suo esempio della montagna, cui tuttavia va aggiunto a corollario che c’è un oppositore, la gravità, che di fatto impone sia una fatica sia un’assiologia dei comportamenti -c’è un modo “giusto” di piantare un chiodo, di mettere un moschettone, di fare una cordata e tanti sbagliati-.
    4) Modi “giusti” e “sbagliati” da approntare non solo sulla base dell’esperienza, il conoscere in senso strettamente empirico, ma anche, e soprattutto, sulla base del sapere. Il medico infatti è medico perché “sa” e questo sapere lo rende utile e superiore, nella scienza che esercita, al paziente che invece conosce, ha “esperienza”, del proprio male.
    Mi perdoni la brevità ma il tempo è tiranno, un caro saluto e grazie degli stimoli che riesce sempre a dare con i suoi scritti.

    • il Matto ha detto:

      La ringrazio del suo intervento, e, tenendo presente la sua visione del tema, non posso, dialetticamente, che confermare la mia.

      Non esiste un’ io puro? Dante avrebbe preso un granchio riferendo dell’ “anima seplicetta”?
      Le neuro scienze, come tutte le scienze, osservano il loro oggetto di studio dall’esterno e mai potranno coglierlo come soggetto puro per la semplice ragione che lo oggettivano e quindi non possono conoscerlo, se conoscere significa essere, ciò che è di competenza soltanto dei gradi più alti della Contemplazione, in cui l’io si libera degli orpelli cogitativi che complicano la sua semplicità: proprio perché travalica l’ambiente dialettico esso si libera dai dualismi e ritrova la sua Fonte che è l’Uno.

      «Nell’ultimo stadio, la stessa distinzione fra soggetto e oggetto scompare ed è proprio la Mente Quello che essa contempla. Viene trasceso anche il pensiero, e svanisce l’intero regno degli oggetti. A questo punto, in quanto soggetti, ci si conosce come parte, e ci si conosce come tutto». Dionigi l’Areopagita, La gerarchia celeste.

      Quanto al “modo giusto”, mi permetta di (non) risponderle zenisticamente: “ se non vai da nessuna parte, qualsiasi strada è quella giusta”. Ma questo è impossibile da “razionalizzare”. E’ questione di prassi apofatica.

      Un caro saluto.

      • luca antonio ha detto:

        L’anima semplicetta di Dante è proprio la conferma di quanto da me asserito, giunge alla conoscenza di sè confrontandosi col mondo circostante, e nulla sapendo si lascia facilmente incantare dalle sirene del mondo… “di picciol bene in pria sente sapore; quivi s’inganna, e dietro ad esso corre ,se guida o fren non torce suo amore”.
        SE GUIDA O FREN NON TORCE IL SUO AMORE. Occorre una guida, uno scalatore esperto, che insegni a fare le cose “giuste”, i passi “giusti” per arrivare alla vetta.

      • il Matto ha detto:

        Sulla guida convengo, anche se può o deve giungere il momento in cui si comincia a camminare con le gambe proprie assumendosi i rischi conseguenti, altrimenti la guida può diventare una dipendenza assai peggiore del rischio. E’ un argomento piuttosto delicato.

        Invece, confrontandosi con il mondo circostante, l’anima semplicetta non giunge alla conoscenza di sé, bensì , al contrario, allo smarrimento di sé, dato il suo identificarsi con le “sirene del mondo”, il cui elenco sarebbe arduo da compilare. Alla minima parola o concetto o desiderio cui si attacca e quindi si identifica, l’anima smarrisce se stessa, la propria libertà. appunto la propria semplicità.

        • luca antonio ha detto:

          “Sulla guida convengo”…miracolo …un piccolo passo ma che passo !, lasciamoci cosi’ Matto carissimo, alla prossima.

  • Marco Mattecci Matteucci ha detto:

    Bonum est diffusivum sui!
    (S. Tommazo D’Aquino)

    • il Matto ha detto:

      ” … con ovvio vanto dell’esclusiva riguardo all’assistenza dello Spirito Santo ed alla protezione della Vergine” ?

      Fuori del “piccolo resto” solo satanassi?

      • Adriana 1 ha detto:

        in psicologia: “imitazione corale”…dall’una e dall’altra parte.

      • Marco Matteucci ha detto:

        A ben vedere, essendo ieri il giorno più Santo del Signore, non me la sono sentita di creare altre divisioni e polemiche e ho preferito sorvolare, specie sulla sua ultima provocazione.
        Oggi invece che inizia una nuova settimana (di passione per tanti, me compreso) le risponderò così:

        È fortemente riduttivo ritenere che da quelle parti ci siano solo quelli che lei definisce biblicamente “satanassi”, infatti vi si possono nell’ordine annoverare:

        1. I vigliacchi – che la fede preferiscono rimpiangerla, piuttosto che difenderla e questi sono la maggioranza.
        2. I sapienti – che purtroppo, come la gramigna, spuntano fuori da tutte le parti.
        3. Gli opportunisti – e anche loro sono una gran bella fetta.
        4. Gli ipocriti – che quotidianamente “crocifiggono” Bergoglio, ma poi offrono il Corpo e Sangue di Nostro Signore “UNA CUM…”

        Poi, senza la ben che minima intenzione di volerla sminuire, ci sono “I MATTI” … categoria della quale lei non può certamente pretendere di poter rivendicare l’eclusiva.

        Saluti e baci

        • il Matto ha detto:

          Presumo, mi corregga se sbaglio, che con “da quelle parti” lei intenda tutti quelli che non fanno parte del “piccolo resto”, una sorta di nuovo “popolo eletto” i cui adepti, mi par di capire, già indossano le apocalittiche vesti bianco-rosse. Insomma una sorta di particolare chiesa di santi tra i quali non possono certamente annoverarsi vigliacchi, sapienti, opportunisti, ipocriti e … matti..
          Cordialmente.

          • Marco Matteucci ha detto:

            Lei sragiona, comprendo la bile … ma cerchi di contenersi!

          • il Matto ha detto:

            M smentisca, se ne è capace.

          • Marco Matteucci ha detto:

            IO HO SOLO FATTO VEDERE QUELLO CHE ALTRI PREFERISCONO SOTTACERE!

            In quanto al suo sermone simil-ebraico; Dato che le quattro lettere del tetragramma ebraico יהוה vanno lette da destra a sinistra, poteva anche scrivere “ONOS OI”, tanto la percezione del suo pensiero sarebbe stata la stessa …non le pare?

            Tuttavia visto che continua vomitare senza ritegno la sua volgare saccenza su un piccolo (mica tanto) resto cattolico e astiosamente definice “accoliti” una gruppo di oltre 3500 fedeli oranti, mi chiedo che fine abbia fatto quella carità cristiana che ostenta e da dove provenga tutta quella dotta sapienza teologico-mistica che lei esibisce, da Wikipedia …può essere? È proprio il caso di dire: “ROBA DA MATTI!”

            Saluti, baci e abbracci

          • il Matto ha detto:

            Grazie.

            Alla fine quello che conta sono i saluti, i baci e gli abbracci.

  • Adriana 1 ha detto:

    Oscar Chiodini,
    immagino che la Signora a cui fa riferimento sia Vittoria Guerrieri, in arte Cristina Campo. Secondo me, la sua fu una forma moderna di martirio, resa ancora più amara dal fatto che molti intellettuali “oculati” a lei vicini, sia laici che ecclesiastici, pur riconoscendone le ragioni, preferirono considerarla una specie di Cassandra. Mancò agli inizi, e oggi, con maggior evidenza, è venuto ulteriormente scemando il coraggio di distruggere quel telaio su cui era stato intrecciato un ordito e una trama che hanno prodotto una tela miserabile, insufficiente a rivestire la sacralità del Pontificato e delle Anime.

    • OCCHI APERTI! ha detto:

      Adriana carissima,
      Oscar Chiodini – potrei scommetterci – fa riferimento alla Vergine della Rivelazione (Le Tre Fontane!), chiamata da un bimbo del Bruno Cornacchiola “bella Signora”.
      Ma, ahimè, da quanto leggo nel commento, il Chiodini ne travisa e mistifica il messaggio…

      Un fraterno saluto e una santa domenica a tutti!

      • Adriana 1 ha detto:

        Occhi aperti,
        grazie per l’informazione. Sulle ” visioni con istruzioni di sostegno ” non desidero pronunciarmi. Con tutto il rispetto, non le ritengo essere ” il pane degli angeli ” opportuno per il nutrimento dell’anima.

    • il Matto ha detto:

      Mi sfugge il collegamento fra il contenuto del mio articolo ed il commento di OSCAR CHIODINI. Qualcuno può colmare la mia lacuna?

  • Adriana 1 ha detto:

    Caro Enrico,
    quanta carne al fuoco! Più che nelle ecatombi sumere, in quelle greche, romane, israelite, e quanto fumo sale da questi fuochi…

    Quante fiamme distruttrici devono venir accese per raggiungere quell’ irenismo ottimale capace di traghettarci dalla terra all’eternità, dalla storia cruenta alla divina pacificazione?
    La dialettica, concordo, è anch’essa una guerra dagli esiti infausti, sia quella hegeliana, sia quella post-hegeliana.
    Ma allora, dobbiamo eliminare la storia in cui siamo stati buttati a capofitto fin dalla nostra nascita? Quella Storia in cui si è incarnato Cristo stesso? E Lui con essa?
    Storia ed odio: il secondo è il motore della prima.
    ” E’ l’odio a far andare avanti le cose quaggiù, a impedire che la Storia resti a corto di fiato. Sopprimere la Storia significa privarsi degli eventi. Odio ed evento sono sinonimi. Dove c’è l’odio accade qualcosa. La bontà, al contrario, è statica: conserva, arresta, frena ogni dinamismo. La bontà non è complice del tempo, mentre l’odio ne è l’essenza. ” ( Emile Cioran ).
    Inoltre, per immergersi nella Divinità, per “indiarsi”-come scrive Dante-, per rifulgere luce in Luce nell’Eternità, quale bisogno ci sarebbe, quale necessità spingerebbe il singolo a cercare una compagnia adeguata? Forse che la compagnia, divenuta compagine, gli arrecherebbe maggior beatitudine di quella di trovarsi immerso nell’Essenza? Forse perchè l’individuo rimane comunque e dovunque un “animale politico”? Forse perchè la Divinità perfettissima ed eterna ne avrebbe una soddisfazione ulteriore?
    Una felice notizia ci giunge dagli scienziati che studiano lo spazio: il Tempo non esiste. Il telescopio spaziale James Webb sconvolge l’industria del settore, ma anche
    la vecchia weltanschauung. Ora ci diranno che è inutile anche praticare il wei wu wei. Basterà assumere una dose del nuovo siero Benevo ( come benevolenza ) per
    vivere in perfetto irenismo liberi dai pensieri disturbanti. I Lotofagi già sapevano come fare…Con affetto, Adriana.

    • il Matto ha detto:

      Bella sorpresa domenicale il tuo commento, Adriana! Grazie!

      Qualche veloce pennellata.

      Se il Fuoco è UNO può cuocere TUTTA la carne del mondo.
      È la carne del mondo che non vuol essere messa sul braciere.

      “La storia in cui siamo stati buttati a capofitto”: sembra che di ciò sia responsabile l’Uomo e non Dio, che al primo errore non ha dato scampo al ghiottone e gli ha dato il cartellino rosso dell’espulsione. Sembra che Dio non disponesse del cartellino giallo dell’ammonizione, che invece va per la maggiore nel campo della storia.

      Cristo si è incarnato nella storia per avvertirci che il Suo regno non è nella storia, ma, a quanto pare, in un modo e nell’altro, l’uomo fa della storia un motivo di vita e s’impelaga in questioni che la sua carcassa dovrà prima o poi mollare. E poi la storia non è che pensiero e … pensarci sopra lascia il tempo che trova.

      In giapponese il termine “isogashii” indica la “morte del cuore coinvolto nelle vicende umane”: ecco, direi che oggi isogashii la fa da padrone e nessuno, sottolineo nessuno può sottrarvisi.

      Thomas Merton ha scritto un libro dal titolo “Nessun uomo è un’isola”: la compagine ideale serve (servirebbe) a suggerire e confermare UNO PER TUTTI; TUTTI PER UNO: è il grado di nobiltà delle relazioni che dice se l’UNO è incarnato nel molteplice. E l’UNO non è una “religione”. Nell’UNO non vi sono scritture, dottrine e codici: ciò non può essere concepito dalla forma mentis parossisticamente dialettica che opprime e asfissia “questo mondo” di cui Cristo non è Re.

      Gli scienziati studiano lo spazio e il tempo da … scienziati, ovvero li osservano dall’esterno e dicono tante cose SENZA ESSERE, quindi SENZA CONOSCERE spazio e tempo. Per conoscere lo spazio e il tempo occorre dapprima USCIRNE: apofasi da tutto ciò che si “pensa” dello (e nello) spazio e del tempo. Un orrore per la dialettica.

      Penso che un inizio di Domenica più Matto di così …🤣

      Serena e Matta Domenica anche a te.

      • Adriana 1 ha detto:

        Beh…:” Una esistenza che non nasconda una grande follia
        è priva di valore “. ( Emile Cioran )…
        Quanto a Merton, è morto fulminato all’istante come Romolo…
        – felicemente-; non come il povero operaio dell’elettricità di mia conoscenza, condannato a due settimane di agonia durante le quali continuava a sputare pezzi di intestino…
        Essere “sublimi” conta?

        • il Matto ha detto:

          Una grande follia, dovuta ad uno scuotimento forse anche drammatico dell’essere, è inconcepibile in un mondo dove “in sicurezza” è diventato un dogma, puntualmente smentito dagli incidenti che hanno sempre violato il dogma e continueranno a violarlo.

          Se poi spostiamo l’obiettivo sul tema religioso, il dogma “in sicurezza” tracima dalla Dottrina e dal Codice di Diritto Canonico su cui si appoggia, evidentemente claudicante, una fede “sicura”. Peccato, però, che questa “sicurezza” ognuno se la canti e se la suoni. Altro che UNUM EST NECESSARIUM!

          Siamo in alto mare. Agitato. Agitatissimo.

          • Adriana 1 ha detto:

            Concordo, ma mi pongo la domanda su quanto può aver influito sulla “fede insicura” ( oltre alle tante altre ragioni )
            la libertà di accesso ai sacri testi e il loro studio e disvelamento che
            per secoli rimasero monopolio di pochissimi.

          • il Matto ha detto:

            Ti rispondo (si fa per dire!) con uno strano passo del Vangelo di Matteo:

            «Tutto ciò che è nascosto sarà messo in luce, tutto ciò che è segreto sarà conosciuto. Quello che io vi dico nel buio, voi ripetetelo alla luce del giorno; quello che ascoltate sottovoce, gridatelo dai tetti».

            Quello di cui pochi sono stati fatti partecipi, questi stessi pochi lo devono gridare coram populo.

            Perché questa intermediazione? Si tratta di una trasmissione orale esoterica che ha da essere proposta con modalità exoterica?

            Tu che ne dici?

          • Adriana 1 ha detto:

            Alle frasi misteriose dei Vangeli, alle contraddizioni interne ai medesimi – a cominciare da eventi cronologicamente risultati erronei- non ti so veramente rispondere. Quello che mi sembra provato è che una determinata Istituzione si è presa il fardello- e il potere- di
            decodificarne i testi per diritto ereditario “spirituale” auto-aggiudicandosi il titolo di ” Santa “,- titolo che nell’A.T. spettava unicamente al Tetragramma-, e, quindi, dichiarandosi permanentemente guidata e ispirata dal Tetragramma medesimo, se non, addirittura, essendo pari a Lui nel governo degli uomini,
            (nonostante la dottrina della medesima differisca per molti versi anche da quella di Gesù a cui essa, principalmente, si richiama.) .
            Caro Enrico, oltre alla frase che hai ricordato tu, mi intrigano quelle che riguarderebbero un Padre a cui il Maestro si rivolge e che nessuno prima di Gesù ha visto né conosciuto… Altro che non cambiare nemmeno una iota! Mi sembra evidente che senza determinati paraventi messi in piedi da una Tradizione oculata e codificata sarebbe stato impossibile “creare” una religione “compatta”.

          • il Matto ha detto:

            “Non ti so veramente rispondere”:

            Sei a un passo dall’Illuminazione! 👏👏👏

  • Oscar Chiodini ha detto:

    Commento a “Vitium consensus” di Mons. Viganò.
    Perché non dire, invece: “Vorrei che prendessimo in serissima considerazione la eventualità che Roncalli Angelo Giuseppe abbia voluto ottenere l’elezione con il dolo”? Pur condividendo le denunce e le constatazioni sullo stato catastrofico della chiesa, è inutile e falso gettare la m…a su Bergoglio, che è l’ultimo effetto e non la causa del disastro.
    Occorre l’onestà di riconoscere che già nel 1960, come aveva già detto una certa bella Signora, era riconoscibile che si era sulla strada sbagliata, ma quasi nessuno ebbe il coraggio di dirlo ad alta voce. Solo si udì qualche timida mormorazione, ma di nascosto. Più tardi qualche vescovo, seguito da non molti, si fece avanti, ma era troppo tardi. Il nuovo corso si era già imposto e chi non lo condivideva era mal visto, emarginato e perseguitato in vari modi. L’apostasia embrionale era già visibile nei primi atti di Roncalli. Il peccato originale, che inficia il pieno intelletto e la libera volontà, non era apertamente negato, ma astutamente dimenticato, quando si invitavano i fedeli, unici possibili utenti della grazia santificante, antagonista del predetto peccato, a collaborare coi non cattolici, o atei (leggi: comunisti) a realizzare la pace in terra e il benessere materiale, personale e sociale. Tutto ciò per dare un nuovo indirizzo e nuova finalità alla chiesa che non fosse la salute delle anime. A tale scopo si sarebbe dovuta usare la sola medicina della misericordia, rinunciando alla denuncia degli errori dottrinali e morali, cioè all’altra faccia della missione magisteriale. Da questa impostazione eretica all’apertura del concilio vaticano II, doveva e dovrebbe ancora riconoscersi tutta l’apostasia successiva guidata dagli ultimi sei antipapi e promossa, sostenuta e finanziata dal Deep State globalista fin dal conclave truccato del 1958 ad oggi. Basterebbe una sola prova, oltre ai mille indizi emersi: la ormai dimenticata lettera del giovane Roncalli all’amico Ernesto Bonaiuti, documento schiacciante di autodenuncia dell’ineleggibile eretico modernista e futuro non papa buono. Tanti vescovi e fedeli sanno queste cose, ma le tacciono, preferendo stracciarsi le vesti per i prevedibili, ipocriti e inutili scandali, anziché correre il rischio certo di perdere onori, cariche, favori, consenso, denaro e la stessa vita per testimoniare la verità. Così, di male in peggio, potrà arrivare anche il settimo antipapa e falso profeta.