Il Pane della Vita. Una riflessione sull’Eucarestia. R.S.
2 Ottobre 2023
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mentre la barca della Chiesa sembra sempre più in pericolo, a causa anche dei nocchieri che sembrano volerla condurre verso acque infide, offriamo alla vostra attenzione, come piccolo tentativo di consolazione, queste riflessioni di un fedele amico di Stilum Curiae, R.S., che ringraziamo di cuore. Buona lettura e meditazione.
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Gesù ha detto di essere il Pane della vita.
In questa forma si rende presente come sacramento.
Per rimanere sempre e realmente con noi, accessibile a molti, in molti luoghi, ha scelto genialmente una via incredibilmente semplice: transustanziarsi per opera dello Spirito Santo in forza di una preghiera sacerdotale.
Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello (Ap 19,9).
I miracoli eucaristici, numerosi nei secoli, sono prova dell’identità tra questo Pane e il Cuore di Cristo.
L’Eucaristia è il centro della vita cristiana perché Gesù la istituì proprio la notte in cui fu tradito e malgrado lo sapesse benissimo.
Non fu tradito solo da Giuda, al quale fino all’ultimo si rivolse chiamandolo “amico”.
Non fu tradito solo da Pietro, che gli promise fedeltà fino alla morte, ma poi lo rinnegò tre volte.
Non fu tradito dall’incapacità di capire il gesto di chinarsi a lavare i piedi dei discepoli.
Non fu tradito solo dagli apostoli, che discutevano tra loro su chi fosse “il più grande”.
Non fu tradito solo dagli apostoli che non vegliarono con lui al Getsemani, sonnecchiando.
Non fu tradito solo da chi per difenderlo seppe solo sguainare una spada.
Non fu tradito solo da chi lo baciò per farlo riconoscere ai gendarmi venuti ad arrestarlo.
Non fu tradito solo da chi lo accusò dicendo falsa testimonianza.
Non fu offeso solo dai Sommi Sacerdoti, incapaci di riconoscerLo nelle Sacre Scritture che citava.
Non fu percosso solo da chi fece la guardia alla sua cella.
Non fu sbeffeggiato solo da Erode Antipa.
Non fu richiesto di morte solo per l’odio del sinedrio nei suoi confronti.
Non fu abbandonato all’ingiustizia solo dal magistrato Pilato, scettico sull’esistenza della Verità.
Non fu ingiuriato solo da chi gli preferì il malvivente Barabba.
Non fu flagellato solo dagli incaricati di torturarlo.
Non fu provocato solo da chi lo sfidava a scendere dalla croce.
Non fu incompreso solo da uno dei due ladroni condannati con Lui.
No: viene tradito oggi, da chi passando davanti al Tabernacolo non sa nemmeno che Lui è lì.
Da chi consacra senza devozione.
Da chi riceve il Sacramento senza essere in grazia.
Da chi non è più capace di una vera elevazione o di una degna genuflessione.
Da chi la prende e la arraffa come un pezzo di pane, ritenendolo soltanto un simbolo.
Gesù si è fatto umile fino a farsi nostro nutrimento tanto quanto sappiamo fare a meno di Lui.
Si è unito a noi, tanto quanto noi lo allontanavamo: l’Eucaristia è il memoriale di questo sacrificio.
Un dono gigantesco, totalmente immeritato, viste le circostanze. Un dono che richiederebbe il rendimento di grazie ed altrettanta umiltà, insieme ad una profonda adorazione, per lodare Dio e servirLo, nelle creature che ci dona. Chiede di essere capaci come Lui di fare la Volontà del Padre, consegnandosi e fidandosi.
Chiede di avere la fede di Maria, per imparare da lei l’umiltà. La gioia è l’abito dell’umiltà. Lei ha davvero imparato da Gesù, che è mite ed umile di cuore.
Senza Dio l’uomo non può avere pace: e Dio è lì, in un’Ostia consacrata, e nel calice di vino che è il suo sangue, ancora un legame con il cuore.
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