Cronache dal genocidio armeno nell’Artsakh-Nagorno Karabagh.
29 Agosto 2023
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questo articolo apparso su Korazym.org, che ringraziamo per la cortesia. Buona lettura e condivisione.
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259° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Il crudele e malvagio genocidio è originato e alimentato dall’empatia zero
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 27.08.2023 – Vik van Brantegem] – Per caprie la crudeltà e la malvagità di colui che ha ordinato e fomenta il demoniaco e mostruoso genocidio armeno 2023, ci aiutano due libri: La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme di Hannah Arendt (Feltrinelli 2003. Edizione originale: Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil, 1963) e La scienza del male. L’empatia e le origini della crudeltà di Simon Baron-Cohen (Raffaello Cortina Editore 2012. Edizione originale: The Science of Evil. On the Empathy and the Origins of Cruelty, 2011).
«Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso». Il Male che Eichmann incarna appare a Hannah Arendt “banale” e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori più o meno consapevoli non sono che piccoli, grigi burocrati. I macellai di quel secolo non hanno la “grandezza” dei demoni: sono dei tecnici, si somigliano e ci somigliano.
I nazisti trasformavano la pelle gli Ebrei sterminati in paralumi e il copertine per album di foto. Il neuropsichiatra Simon Baron-Cohen Questo evidenzia che questo significa che erano in grado di trattare degli esseri umani come oggetti. Questo tipo di atteggiamento verso gli altri è quello che, generalmente, è descritto come “crudeltà”, chiamando “malvagio” chi compie l’atto in questione. Ma, argomenta Baron-Cohen, né “crudeltà” né “malvagio” possono essere considerati dei termini scientifici, dotati di potere esplicativo. Per questa ragione, “la scienza del male” viene connotata da Baron-Cohen come l’opera che tenta di ricondurre questi concetti a più solidi termini scientifici. A fornire la chiave di lettura della teoria è la definizione di “empatia” come capacità di passare dall’attenzione rivolta ad un singolo soggetto (se stessi) ad una rivolta a due, ovvero, come l’abilità di effettuare un processo che permette di riconoscere i pensieri e le emozioni dell’altro per poi essere in grado di agire di conseguenza.
Simon Baron-Cohen ha individuato sette livelli di empatia da 0 a 6. Le persone a empatia zero descritte da Baron-Cohen, incapaci di provare empatia, non hanno considerazione di nessuno, disinteressate agli altri, fredde e calcolatrici, che non hanno a cuore la vita umana, macchine per uccidere. La “erosione empatica” è presente in coloro che sono portatori di vendetta, di rabbia incontenibile, di odio, di un vero e proprio desiderio di fare del male all’altro o nella migliore delle ipotesi di considerare una persona solo un mezzo per soddisfare i propri bisogni. Le persone che rientrano in questa categoria possono essere definite come persone con “empatia spenta o zero”, sintonizzate esclusivamente sulla “modalità io” che li spinge a rapportarsi ad altri come se fossero cose e non essere viventi con un’anima e sentimenti.
Lo stato d’animo di una persona al grado zero di empatia non è transitorio ma permanente, è incapace di provare empatia. È sempre nella “modalità io”, imprigionato nell’essere concentrate su di sé, sprovvisto di strumenti adeguati per guardarsi dentro e conoscersi. Non ha consapevolezza di come ci si relaziona con gli altri, non comprende le ragioni per cui i rapporti non funzionano e sviluppa un profondo egoismo, pensieri e sentimenti altrui non vengono intercettati e percepiti e si preoccupa solo delle proprie ragioni come chiusa in una bolla impermeabile. Crede di essere completamente nel giusto circa le proprie idee e convinzioni e giudica in errore chiunque non le condivida. Vive un’esistenza solitaria, una vita condannata all’insegna del fraintendimento e dell’egoismo, senza freni al proprio comportamento, libera di perseguire qualunque comportamento e desiderio, inconsapevole delle conseguenze delle proprie azioni e parole, e non prova alcun rimorso. Può diventare violento e aggressivo, non solo a parole ma commettere atti di crudeltà, essere insensibili verso gli altri, socialmente isolati e arrivare a commettere crimini.
Le persone al grado zero di empatia sono definite “negativo zero” poiché non hanno nulla di positivo di cui vantarsi, sono cattive verso chi soffre e verso coloro che le circondano. Le persone negativo zero sono possono essere del tipo borderline, narcisista o psicopatico.
La persona negativo zero del tipo psicopatico condivide con quella del tipo borderline una totale preoccupazione per se stessa, ma a differenza del borderline, lo psicopatico è disposto a fare qualunque cosa pur di soddisfare i propri desideri. Mostra reazioni violente di fronte al più piccolo ostacolo o può essere freddo e crudele pur di raggiungere i suoi obiettivi. Le sue aggressioni sono provocate non da una minaccia ma dal bisogno di dominare o di ottenere ciò che vuole, completamente distaccato dai sentimenti degli altri, a volte con il piacere nel vedere soffrire qualcuno. Lo psicopatico mostra una totale mancanza di empatia e di comprensione dell’impatto del proprio comportamento sull’altro, connotato da un totale egocentrismo. È una persona amorale, non mostra reazioni emotive di fronte al disagio degli altri e non teme le punizioni.
Con questo è stato tracciato alla perfezione il ritratto di colui che ha ordinato il crudele e malvagio genocida #ArtsakhBlockade, all’interno di un’architettura, che permette di valutare in modo scientifico, quindi oggettivo, le parole e le azioni di colui che incarna il Male a.D. 2023 nel Caucaso meridionale e sarebbe stato invidiato da Stalin, Hitler e Pol Pot, degno erede dei Tre Pascià del genocidio armeno 1915.
Ilham Aliyev sotto pressione
Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha fatto capire di ricevere forti pressioni, dopo l’intervista con Le Point del Presidente francese, Emmanuel Macron [QUI]. In questa intervista Macron ha criticato aspramente la politica anti-Artsakh dell’Azerbajgian, che ha portato alla fame 120.000 Armeni nell’Artsakh. Ha condannato il blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian, definendolo inaccettabile. Ha sostenuto la sovranità del popolo e che non è più il momento della diplomazia. Ha osservato che il ruolo della Francia nell’accesso umanitario è quello di esercitare pressioni. «Continuiamo ad adottare misure per garantire la consegna di cibo e medicine e mantenere il libero accesso al Nagorno-Karabakh. Inoltre, i confini dell’Armenia sono a rischio», ha affermato Macron.
Oltre alla Francia, anche l’Unione Europea ha annunciato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che la strada di Aghdam non può essere un’alternativa al Corridoio di Lachin. Dal 12 dicembre 2022 ad oggi, il Segretario di Stato statunitense, Anthony Blinken, ha più volte parlato con il Presidente dell’Azerbajgian e lo ha invitato ad aprire il Corridoio di Lachin. Gli Stati Uniti hanno ribadito al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite l’appello ad aprire il Corridoio di Lachin, aggiungendo “e un punto” alla fine della frase.
Aliyev ha dichiarato che Baku ha installato il checkpoint nel Corridoio di Lachin (nei pressi del ponte Hakari) in conformità con il “diritto internazionale” e ha ammesso che a causa di questa mossa, l’Azerbajgian era sotto pressione. «Ce l’abbiamo fatto, dimostrando ancora una volta volontà, coraggio, fiducia in noi stessi», ha detto Aliyev in un discorso durante una visita nella regione di Lachin occupata. Ha detto che a causa dell’apertura del checkpoint, l’Azerbajgian ha dovuto affrontare forti pressioni e minacce: «Questo continua ancora oggi. Nell’ambito di varie organizzazioni internazionali, l’Armenia e altri Paesi simili stanno ordendo varie cospirazioni contro di noi. Ma niente può farci deviare dal nostro percorso». Ha affermato ancora una volta che l’istituzione del checkpoint nel Corridoio di Lachin è «un completo ripristino dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian». Ricordiamo che questa decisione è una violazione della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e dell’ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, di garantire la libera circolazione di persone, veicoli e merci in ambedue le direzioni lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin) tra Armenia e Artsakh.
Con le sue affermazioni, Aliyev ha esternato che è orgoglioso della sua volontà e del suo coraggio, grazie ai quali ha potuto resistere alle pressioni dei Paesi occidentali. È un classico modo di pensare autocratico e negativo zero, come abbiamo illustrato prima. Ciò dovrebbe dare agli Stati Uniti, all’Unione Europea e ad altri Paesi del mondo occidentale un motivo per riflettere sulle proprie posizioni. Un’autocratico negativo zero come Aliyev scredita i loro sforzi per risolvere un problema umanitario. Il Presidente dell’Azerbaigian vuole significare che è capace di resistere alle richieste degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
Aliyev scredita l’Occidente.
Aliyev scredita le norme del diritto internazionale quando la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite gli ha ordinato di aprire il Corridoio di Lachin, e l’Azerbaigian non la rispetta.
Aliyev scredita la sua propria firma all’Accordo trilaterale del 9 novembre 2020.
Aliyev scredita il diritto umanitario internazionale.
Le azioni (non solo le parole) di Aliyev sono è una sfida al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, i cui membri hanno l’obbligo di garantire l’esecuzione delle decisioni dei tribunali.
Insieme ai Russi e i Turchi, Aliyev si fa beffe dell’Occidente e non vengono prese contromisure. Sono necessari passi concreti, energici e risolutivi, se l’Occidente non è d’accordo con la prospettiva di essere screditato dall’Azerbajgian, dalla Turchia e dalla Russia.
«Una delle migliaia di storie tristi del blocco dell’Artsakh. Arsen, 13 anni, il 25 agosto ha scritto per la terza volta il suo nome sulla lista della fila per il pane. Purtroppo tornò a casa senza pane. Nella foto sono le 01.42 ma non c’è ancora pane, aspettando il suo turno al numero 252. P.S. Ieri è nelle prime pagine della coda, avantieri era al numero 1.620» (Ani Abaghyan, giornalista di Artsakh).
Chiedo: trovate normale che un ragazzo di 13 anni deve stare in fila notte dopo notte per una pagnotta di pane per decisione dello psicopatico di Baku? E se non lo trovate normale, perché rimanete fermi e non fate niente? PS non basta esporre la bandiera dell’Ucraina per essere buoni.
«Questa nonna ha avuto la fortuna di comprare 2 pagnotte di pane oggi, dopo aver aspettato in fila tutta la notte. Adesso sta riposando per poter tornare a casa a piedi, dato che i trasporti pubblici non funzionano a causa del blocco dell’Artsakh» (Vahagn Khachatryan, giornalista di Artsakh).
«La mia mattinata insonne è bella. Ho preso il pane» (N Sarkisian, studente di Artsakh).
«Stare in fila per ore sotto la pioggia solo per prendere del pane. #ArtsakhBlockade giorno 258» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance di Stepanakert).
Una delle migliaia di storie di resilenza del blocco dell’Artsakh. «Gli abitanti della città di Chartar nella provincia di Martuni hanno inviato a Stepanakert la loro terza spedizione di doshab (sciroppo denso a base di gelsi o uva) e korkot (grano spezzato). Doshab e korkot sono stati assegnati a 200 famiglie di via Sasuntsi Davit a Stepanakert. Ogni famiglia ha ricevuto 1 kg di korkot e 0,5 l di doshab. Lo sforzo è stato reso possibile grazie all’assistenza sia degli impiegati del comune di Chartar, che di volontari. Condividono quel poco che hanno dei frutti del raccolto, nella fame e nella sofferenza dell’Artsakh assediato.
«I residenti di Chartar condividono il loro korkot e doshab con i residenti di Stepanakert» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance di Stepanakert).
«Ritorno dal XXI secolo al passato. #ArtsakhBlockade. Gli abitanti dei villaggi portano i loro raccolti a Stepanakert per la vendita» (Irina Hayrapetyan, giornalista della Repubblica Invisibile).
Fila per l’acqua a Stepanakert. Ormai, si fa la fila per tutto in Artsakh. L’avete capito ormai, spero.
Traduzione italiana dall’arabo della “Dichiarazione del battaglione Nubar Ozanyan degli Armeni di Rojava [*] contro il #ArtsakhBlockade organizzato dall’Azerbaigian in cooperazione con la Turchia per respingere l’assedio del Karabakh”
“Dall’Artsakh e l’Armenia al Rojava, gli Armeni hanno lo stesso nemico!”
In nome della forza militare armena e in nome del popolo armeno nella Siria del Nord-Est, dichiariamo di stare a fianco del nostro popolo armeno nell’Artsakh assediato.
Dopo che l’Azerbajgian fu in grado di occupare gran parte dell’Artsakh e di separare completamente la regione dallo Stato armeno, rimase solo un corridoio per la popolazione dell’Artsakh nella regione (il Corridoio di Lachin, unico collegamento con l’Armenia degli oltre 120.000 Armeni che vivono nell’Artsakh). Da lungo tempo, lo Stato azerbajgiano ha imposto un blocco soffocante all’Artsakh assediato e ha chiuso il valico di Lachin, impedendo l’ingresso di cibo e forniture mediche ai residenti dell’Artsakh.
Lo Stato azerbajgiano persegue in questo modo la sua politica disumana realizzando le sue intenzioni malvagie, che mirano ad eliminare l’Artsakh ed espellere gli Armeni dalle loro terre, facendoli morire di fame e impedendo l’ingresso di generi alimentari, occupando così le terre e minacciando la capitale Yerevan.
Lo Stato azerbaigiano persegue una politica di blocco contro il popolo armeno senza tener conto delle norme e delle leggi del diritto internazionale. Il secondo principio della Convenzione del 1948 intende prevenire e punire il crimine di genocidio, così come garantire il diritto internazionale umanitario, che impedisce ai conflitti armati di colpire i civili che non partecipano alle ostilità, oltre al diritto internazionale che protegge la vita umana individuale e collettiva. Lo Stato azerbaigiano ignora tutte queste leggi e continua a bloccare e impedire l’arrivo di generi alimentari e a imporre la fame e lo sfollamento agli Armeni dell’Artsakh, nonché operazioni militari intermittenti, cecchini che minacciano la vita dei civili con l’obiettivo della pulizia etnica. Tutte queste pratiche sono considerate crimini contro l’umanità, e queste pratiche non sono più solo un tentativo di sterminio, ma sono ormai nella fase di esecuzione di un genocidio. La continuazione dello status quo porterà ad una catastrofe umanitaria e il mondo sarà testimone nel XXI secolo di un nuovo genocidio contro il popolo armeno. Pertanto, gli autori di questi crimini devono essere puniti e l’aggressore deve essere fermato.
Dichiariamo ancora una volta, in nome della forza militare armena nella Siria del Nord-Est e in nome del martire Tokay Nubar Ozanian, di stare a fianco del nostro popolo armeno nell’Artsakh e il nostro rifiuto della politica azera di assedio dell’Artsakh.
Libertà per il nostro popolo armeno.
Forza militare armena martire Tokay Noubar Ozanyan
[*] L’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord-Est, anche nota come Siria del Nord-Est o Rojava (che in lingua curda significa Occidente), è una regione autonoma de facto nel nord-est della Siria, non ufficialmente riconosciuta dal governo siriano. Si trova ad ovest del Tigri lungo il confine turco e confina con il Kurdistan iracheno a sud-est. Costituitasi a partire dal 2012 inizialmente in aree a maggioranza curda, nel contesto della guerra civile siriana, la regione si estese progressivamente anche ad aree a maggioranza araba, assira e turcomanna precedentemente occupate dallo Stato Islamico, integrandone le comunità.
L’organo legislativo di Rojava è rappresentato dal Consiglio Democratico Siriano, mentre le Forze Democratiche Siriane ne rappresentano l’ala militare, nel cui ambito il 24 aprile 2019 è stato costituito il battaglione Nubar Ozanyan, forza di autodifesa armena composto da donne e uomini.
Nel gennaio 2020 è stato formato il Consiglio Armeno come organizzazione civile del popolo armeno in Rojava. Assiste gli Armeni musulmani, che furono assimilati arabi o curdi dopo il genocidio armeno e che hanno bisogno di imparare la propria lingua madre e conoscere la propria storia. Il Consiglio svolge un ruolo importante nel riportare in vita la cultura armena, organizzando sia gli Armeni cristiani che gli assimilati musulmani. Mira a organizzare il proprio popolo e collaborare con la rivoluzione del Rojava, nell’ambito dell’autodifesa e della conquista democratico-culturale.
Il secondo aereo di Yevgeny Prigoozhin, che è atterrato a Baku
Come abbiamo riferito il 25 agosto 2023 [QUI], il secondo business jet di Yevgeny Prigozhin, che era tornato a Mosca dopo lo schianto del primo nella regione di Tver, poi si è diretto a Azerbajgian, il 24 agosto è atterrato a Baku, senza comprende ancora cosa significa e chi era a bordo.
Ieri, 26 agosto 2023, il sito Avia-pro.it ha riferito [QUI]: «La famiglia di Prigozhin lasciò il territorio della Russia, volando in Azerbaigian
Secondo fonti non ufficiali, la famiglia del defunto fondatore della compagnia militare privata Wagner, Yevgeny Prigozhin, avrebbe potuto lasciare la Russia. Queste informazioni lasciano più domande che risposte, soprattutto considerando che la famiglia Prigozhin ha sempre evitato l’attenzione del pubblico. “Il contatto con la sua famiglia è sempre stato il più limitato possibile”, — sottolineano gli addetti ai lavori. Si è anche saputo che i soci di Prigozhin, Andrei Troshev e Andrei Bogatov, sono sotto la supervisione delle forze dell’ordine. Tuttavia, si dice che “non siano isolati o detenuti”. Nel contesto di queste informazioni, è particolarmente degno di nota il fatto che l’aereo, precedentemente associato a Yevgeny Prigozhin, abbia volato da Mosca a Baku. Non è ancora stato confermato se a bordo fossero presenti membri della sua famiglia. È importante notare che tutte queste informazioni non hanno conferma ufficiale e finora rimangono nell’ambito della speculazione. Tuttavia, il loro aspetto può indicare possibili cambiamenti all’interno delle strutture».
A questo possiamo aggiungere, che ci è stato riferito che – secondo fonti informati – «da alcuni mesi la famiglia di Prigozhin ha lasciato la Russia». Rimane il mistero chi era a bordo di quell’aereo atterrato in quel posto e il perché.
Segnaliamo
– Guardate al Nagorno-Karabakh! di Ronya Othmann – Frankfurter Allgemeine Zeitung, 26 agosto 2023 [QUI]: «Non c’è quasi nulla di più terribile del genocidio. Ecco perché è anche conosciuto come il “crimine di tutti i crimini”. E poiché non c’è quasi nulla di più terrificante, il termine è molto potente – e quindi talvolta viene abusato. Putin, ad esempio, sostiene che in Ucraina è in corso un genocidio contro i Russi, giustificando così una guerra di aggressione propagandistica che viola il diritto internazionale. Gli estremisti di destra Turchi, invece, non solo negano il genocidio degli Armeni, ma diffondono anche la voce che in realtà è avvenuto il contrario: gli Armeni hanno ucciso i Turchi, mentre i Turchi avrebbero dovuto difendersi. È una difesa contro la colpa e un’inversione carnefice-vittima. Per la storica americana Deborah Lipstadt, la negazione è la fase finale del genocidio. Dice: “Ci sono fatti, ci sono opinioni e ci sono bugie”. Ora il genocidio è un fatto, un dato di fatto. E non è una questione di prospettiva. (…) È anche un dato di fatto che gli Armeni sono già stati vittime di un genocidio che Turchia e Azerbajgian negano fino ad oggi. Negli ultimi anni il dittatore azerbajgiano Aliyev ha pronunciato frasi come questa: “Li cacceremo come cani” – intendendo gli Armeni. Tutto ciò, si potrebbe pensare, dovrebbe essere un motivo sufficiente per lanciare l’allarme. “C’è pericolo di genocidio?”, titolano i media tedeschi. Che ci sia o meno una minaccia di genocidio, la situazione nel Nagorno-Karabakh è insostenibile. Bloccare le forniture umanitarie e le ambulanze è un crimine. Con la prevenzione è così: se puoi buona ragione chiamare qualcosa genocidio, è sempre troppo tardi».
Ecco, l’ultima frase all’attenzione di coloro che, come il Presidente francese Macron, che nell’intervista con Le Point invita di evitare “di usare questo termine [genocidio] affrettatamente”. Ovviamente, finché non è troppo tardi per evitarlo e Macron è d’accordo di usare il termine genocidio. Speriamo, perché se non si muove per evitarlo, sarà complice.
– Prigionieri politici in Armenia di Davit Beglaryan – 301.am, 26 agosto 2023 [QUI]: «Sebbene c’è poco o nessun aggiornamento relativo ai prigionieri di guerra armeni tenuti prigionieri a Baku per oltre 1.000 giorni, il governo armeno ha tranquillamente riempito le proprie prigioni reprimendo qualsiasi forma di opposizione politica. Oggi ci sono più di una dozzina di prigionieri politici dei partiti di opposizione detenuti con accuse futili, più di quelli dei due precedenti governi messe insieme. All’inizio di quest’anno, sia Google che Apple hanno avvertito che il governo armeno sta utilizzando attivamente il software di hacking telefonico israeliano Pegasus per spiare personaggi politici nel Paese.
I principali media in Armenia hanno fornito poca o nessuna copertura sullo status e sull’enorme numero di prigionieri politici detenuti dal governo armeno. Oltre agli arresti, a oltre una dozzina di leader politici e comunitari che hanno criticato l’inerzia del governo armeno in relazione al disastro umanitario nell’Artsakh è stato impedito l’ingresso nel Paese. Tuttavia, organizzazioni straniere come Freedom House continuano a considerare l’Armenia come “libera”.
Oggi diverse persone, tra cui Mamikon Aslanyan, Suren Manukyan, Mikayel Arzumanyan, Grigory Khachaturov e Armen Ashotyan, sono tenuti prigionieri politici in Armenia.
È importante notare che prigionieri politici sono persone che sono stati incarcerati o detenuti a causa delle loro convinzioni, attività o affiliazioni politiche piuttosto che per qualsiasi comportamento criminale. Sono spesso detenuti da un governo o da un’autorità dominante come mezzo per reprimere il dissenso, l’opposizione o l’attivismo che sfida l’ordine politico costituito. La detenzione di prigionieri politici è generalmente considerata una violazione dei diritti umani e una violazione di principi quali la libertà di espressione, riunione e associazione».
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]
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Tag: armeni, artsakh, genocidio, korazym, nagorno
Categoria: Generale
La “mitica” ONU che fa? I caschi blu sono in vacanza? Qui occorre intervenire duramente contro gli azeri per liberare il corridoio di Lachin. Punto.
Basterebbe un decimo del “decisionismo” dimostrato da Macron e dai suoi “fratelli” nei confronti dei manifestanti/scioperanti in Francia.
Diteci come possiamo aiutare questa povera gente, questi fratelli in Cristo. Dateci un’indicazione pratica, sennò si sta qui a guardare e basta.
https://www.silvanademaricommunity.it/2023/08/20/armenia-e-mongolfiere/
Cherchez le psychopathe. https://en.wikipedia.org/wiki/Open_Society_Foundations%E2%80%93Armenia
-Il 5 giugno 2019, un gruppo di quasi 70 società civili e ONG hanno firmato un memorandum a sostegno delle attività di OSF Armenia. Il memorandum elogia gli sforzi di OSF Armenia e i suoi numerosi contributi. La coalizione ha sostenuto i risultati della rivoluzione armena del 2018 e ha chiesto una maggiore libertà di espressione e tutela dei diritti umani. Nel frattempo, alcuni partiti politici filo-russi in Armenia, come l’Unione per i diritti costituzionali, hanno accusato le organizzazioni gestite da George Soros di essere dietro la rivoluzione del 2018. Partiti marginali come Voce della Nazione e il Partito Verso la Russia hanno accusato il Primo Ministro Nikol Pashinyan di essere controllato da George Soros.-
Senza il loro -unico- alleato e protettore gli armeni sono carne da macello turco. Come nel 1915. Judas Goat Soros.
https://www.corriere.it/esteri/18_maggio_02/rivoluzione-velluto-paralizza-armenia-33c099b0-4e48-11e8-98a3-3b5657755c11.shtml
-Armenia armata. Sei giorni per evitare (o scatenare) il caos. Sull’orlo di un’altra Ucraina. Uno dei Paesi più immobili del vecchio impero sovietico, dove dagli anni Novanta la benedizione di Mosca fa governare sempre gli stessi, martedì prossimo proverà a darsi un nuovo premier e una nuova politica: sull’autocandidatura di Pashinyan, 42 anni, t-shirt e berretto, ex giornalista già finito in galera per le sue contestazioni, alla fine della giornata di scioperi dice d’essere d’accordo anche il suo grande nemico Serzh Sargsyan. Il Partito repubblicano che comanda in Armenia, e che ha permesso a Sargsyan di regnare nell’ultimo decennio, alla fine accetta il cambio di stagione. (…)
La crisi è finita o è solo all’inizio? Protettorato putiniano, l’Armenia deve guardarsi da vicini ostili (i turchi del Medz Yeghern, il grande genocidio, più gli azeri del gas e del conteso Nagorno-Karabakh) e soprattutto dalle attenzioni russe. Le idee di Pashinyan non piacciono a Mosca: l’aspirante premier vuole un riavvicinamento all’Ue e alla Cina, più dialogo con gli Usa e qualche mese fa ha proposto di rivedere gli accordi economici coi russi.
Dal Cremlino sono arrivate telefonate preoccupate: «Spero in una soluzione rapida», ha raccomandato lo Zar. E i deputati della Duma si sono presentati subito a Yerevan in delegazione.-
Il silenzio sulle violenze in Armenia è la cartina di tornasole delle priorità dell’Occidente, anzi, per meglio dire, della distanza tra proclami e realtà.