Mosé ha scritto il Pentateuco? Aurelio Porfiri.
27 Luglio 2023
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il maestro Aurelio Porfiri offre alla vostra attenzione queste riflessioni sul testo sacro per eccellenza. Buona lettura e diffusione.
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Mosè ha scritto il Pentateuco?
Non v’è dubbio che uno dei terreni di scontro privilegiati tra la modernità e la Chiesa cattolica è stato quello della Bibbia. L’avanzare del sapere scientifico come strumento privilegiato di interpretazione della realtà ha causato di conseguenza che anche la Bibbia fosse sottoposta allo scrutinio dell’investigazione scientifica. Queste tendenze si svilupparono principalmente grazie agli studiosi protestanti e a quelli infervorati da idee illuministe. Poteva la Chiesa far finta di niente? Certamente non poteva, anche perché da alcuni questo “metodo storico-critico” cominciò ad essere usato per mettere in dubbio alcuni elementi sempre tenuti come veri riguardo la Scrittura.
Certo i Papi non potevano dire che l’investigazione filologica o letteraria della Scrittura non era permessa in quanto in questo modo si sarebbe scoperto che in realtà la Bibbia non è un libro affidabile. Fu proprio un Pontefice a dichiarare che la Chiesa non deve aver paura della verità storica e il motivo è abbastanza semplice: se quello che la Chiesa annuncia è la verità assoluta, allora non c’è indagine che può cancellare questa verità che è oggettiva. Se essa annuncia una menzogna, allora l’indagine storico critica non può che aiutare a scoprirla meglio.
Però bisogna anche stare attenti quando la ricerca storico critica non vada a cercare la verità delle cose, ma una verità preconcetta, cioè parta da alcuni presupposti già sfavorevoli alla Chiesa. Inoltre, la stessa scienza che accusa la Chiesa di essere dogmatica, si è fatta dogmatica a sua volta, cercando di sostituire un tipo di fede ad un altro. Paul Feyerabend ed altri pensatori hanno fatto i conti in tasca alla scienza per scoprire che il suo dogmatismo non è poi così solido.
Per carità, dobbiamo essere grati alla scienza per le tante conquiste che hanno migliorato la nostra vita, ma essa non può essere una fede, questo sarebbe completamente al di fuori dei suoi scopi. Fede religiosa e scienza non possono essere in contrasto. Lo aveva ben spiegato il papa Giovanni Paolo II nella sua Fides et ratio quando diceva: “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. È Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso”.
Ora, una delle critiche per delegittimare la Scrittura riguarda l’autore dei primi 5 libri, chiamati Pentateuco (questa parola significa “cinque astucci”). Secondo la tradizione l’autore di questi cinque libri è Mosè. I primi cinque libri sono Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Gli ebrei chiamano questi cinque libri la Torah, l’insegnamento. E in effetti questo insegnamento è di grande importanza perché va dalla storia della Creazione fino alle vicende degli ebrei in Palestina. Una certa critica biblica dice: nella Bibbia si afferma che Mosè è l’autore del Pentateuco ma l’investigazione storico critica ha dimostrato che questo non è possibile; quindi tutta la Bibbia sarebbe inaffidabile. Ma le cose non sono così semplici.
Cominciamo col dire che il primo, o tra i primi, a negare che Mosè fosse l’autore dei libri del Pentateuco fu proprio un autore di origine ebraica (pur se considerato quasi un eretico dai suoi stessi correligionari), il filosofo Baruch Spinoza (1632-1677). Ma l’impulso decisivo a questa teoria relativa a Mosè e ai primi cinque libri della Bibbia venne dallo studioso protestante Julius Wellhausen (1844-1918). Con i suoi studi offre nuove datazioni ad alcuni libri della Bibbia, inclusi quelli del Pentateuco, ed essendo questi stati redatti dopo la morte di Mosè non lo possono avere come autore. Il ragionamento in effetti sembra sensato. Wellhausen introduce la teoria delle quattro fonti. Secondo questa teoria ci sarebbero quattro fonti del Pentateuco, che egli chiama anche sulla scorta di studiosi precedenti Javista, Eloista, Deuteronomista e Sacerdotale. Queste fonti sarebbero rappresentanti non solo dei diversi autori, ma anche delle diverse sensibilità che sono dietro la redazione dei testi, il che escluderebbe l’opera di uno solo, il nostro Mosè. In effetti vengono messe in luce alcune apparenti incongruenze nel testo, come ad esempio i due racconti della creazione, il racconto della monarchia in Israele che non esisteva al tempo di Mosè e il racconto della morte dello stesso Mosè, che lui difficilmente avrebbe potuto fare…da vivo. Insomma, questi (ed altri) sono ostacoli non da poco per ipotizzare un’origine mosaica del Pentateuco.
Ma allora abbiamo un problema, neanche troppo piccolo. Leggiamo questo passaggio del Vangelo di Marco 12: “Gli mandarono però alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso. E venuti, quelli gli dissero: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. È lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?”. Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: “Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda”. Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: “Di chi è questa immagine e l’iscrizione?”. Gli risposero: “Di Cesare”.
Gesù disse loro: “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. E rimasero ammirati di lui. Vennero a lui dei sadducei, i quali dicono che non c’è risurrezione, e lo interrogarono dicendo: “Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che se muore il fratello di uno e lascia la moglie senza figli, il fratello ne prenda la moglie per dare discendenti al fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie e morì senza lasciare discendenza; allora la prese il secondo, ma morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Infine, dopo tutti, morì anche la donna. Nella risurrezione, quando risorgeranno, a chi di loro apparterrà la donna? Poiché in sette l’hanno avuta come moglie”. Rispose loro Gesù: “Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio? Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. A riguardo poi dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe? Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore””. Gli citano Mosè come autore dei libri della Bibbia e Gesù che fa? Lo cita pure lui. Ma attenzione: se Gesù si sbaglia qui, perché non sbaglia pure altrove? Allora possiamo fare a pezzi la Bibbia non essendo sicuri di quello che possiamo credere e quello che non possiamo credere. E non potremmo probabilmente dare la colpa ad una interpolazione, in quanto la risposta in cui cita Mosè come autore, in questo caso, dell’Esodo è fatta in risposta ai Sadducei che pure lo citano. Allora?
In effetti Oswald T. Allis nel suo classico testo sull’autore del Pentateuco significativamente chiamato The five books of Moses affronta questo problema proprio in riferimento alla figura di Gesù, dicendo correttamente, come abbiamo osservato sopra, che il problema dell’autore del Pentateuco è in realtà una questione che riguarda il Nuovo Testamento, in quanto tocca alcuni temi molto importanti, come il fatto se Gesù sia correttamente citato nel Nuovo Testamento, se Gesù accetta una tradizione pur sapendo che è falsa oppure se fosse semplicemente ignorante del fatto che Mosè non fosse l’autore del Pentateuco. In tutti questi casi abbiamo un problema molto importante con cui fare i conti, pensiamo ad esempio al fatto che Gesù possa essere stato citato incorrettamente, se lo è stato nei passaggi in cui cita Mosè come autore del Pentateuco, perché non potrebbe esserlo stato anche negli altri? In che cosa dobbiamo credere dunque? Lo studioso Thomas D. Dozeman ci allerta anche sul fatto che lo stesso Antico Testamento non ne uscirebbe bene nel caso l’autorità mosaica sul Pentateuco non fosse confermata, in quanto rimuovendo l’autorità mosaica in un certo senso si rimuoverebbe anche l’autorevolezza dei testi.
Bisogna capire bene i termini della questione. Innanzitutto si dovrebbe comprendere con il termine “autore”. Per molti l’autore è colui che si chiude in una stanza e scrive un testo (se ci riferiamo all’autore di un testo letterario). Ma dovremmo stare attenti a non incatenarci a questa definizione che in realtà non è veramente completa. Cioè non in tutti i casi il termine “autore” serve come identificativo univoco del responsabile per la redazione di un testo. Prendiamo un esempio dall’attualità. Il testo del principe Harry, Spare. Il minore, un grande successo editoriale, ha inequivocabilmente il principe Harry come autore in copertina, non solo con il suo nome, ma anche con la sua faccia in primissimo piano. Ma in realtà il libro lo ha scritto un’altra persona, un ghostwriter, J.R. Moehringer, che ha anche rivelato le tensioni fra lui e il Principe durante la stesura del testo. Eppure nessuno penserebbe di non attribuire ad Harry la paternità del libro, in quanto si parla della sua vita e lui lo ha promosso come suo ed avallato con la sua autorità. Come si risolve la contraddizione? Si risolve con il riconoscere che in alcuni casi l’autore di un testo è colui che, appunto, con la sua autorità (autorità/autore) lo avalla.
Ma pensiamo all’esempio dei Papi. Scrivono loro tutti i documenti che escono a loro nome? Certamente no, sappiamo bene che esistono persone incaricate di scrivere questi documenti, nel caso che il Pontefice non potesse farlo di persona, ma diventano documenti papali quando il Pontefice come tali li approva.
Qui posso comprendere il problema che viene sollevato da alcuni: come poteva Mosè approvare documenti redatti molto dopo la sua morte? Una obiezione certamente legittima.
Lo studioso americano dell’Antico Testamento di confessione presbiteriana, William M. Wood, dice che Mosè è l’autore “sostanziale” dei cinque libri, cioè che alcune parti di questi testi egli possa averli commissionati ad altri e quindi essere stati compilati dopo la sua morte. Questa può essere una spiegazione.
Ma un’altra che credo potrebbe essere ancora più convincente è quella che fa capo a quella che possiamo chiamare la “tradizione mosaica”. In effetti sembra questa essere l’idea adombrata dalla Pontificia Commissione Biblica nel 1906 quando, pur riconoscendo che Mosè non avesse scritto da capo a fondo, sostanzialmente attribuisce a lui il Pentateuco. Riprendendo questo documento, la stessa Pontificia Commissione Biblica nel 1948 affermava che bisognava dire “che Mosè «nel comporre la sua opera si è servito di documenti scritti o di tradizioni orali» e ammettere anche modifiche e aggiunte posteriori a Mosè. Non c’è più nessuno oggi che metta in dubbio l’esistenza di queste fonti e che non ammetta una progressiva amplificazione delle leggi mosaiche dovuta alle condizioni sociali e religiose dei tempi posteriori, fenomeno che si riscontra anche nei racconti storici. Tuttavia, anche tra gli esegeti non-cattolici, si professano oggi opinioni assai divergenti riguardanti la natura e il numero di questi documenti, i loro nomi e la loro data. Non mancano neppure autori, in diversi paesi, che per ragioni puramente critiche e storiche, senza alcuna intenzione apologetica, rifiutano risolutamente le teorie fin qui più in voga e cercano la spiegazione di certe peculiarità redazionali del Pentateuco, non tanto nella diversità dei documenti supposti, quanto piuttosto nella speciale psicologia e nei singolari procedimenti, oggi meglio conosciuti, del pensiero e dell’espressione degli antichi orientali, o ancora, nel diverso genere letterario postulato dalla diversità di materia. Ecco perché invitiamo gli studiosi cattolici a studiare questi problemi senza alcun partito preso, alla luce di una sana critica e dei risultati delle altre scienze coinvolte in queste materie, e un tale studio riuscirà senza dubbio a stabilire la grande portata e la profonda influenza di Mosè come autore e come legislatore”.
Insomma, il dato importante, più che pensare che Mosè possa aver scritto tutto il Pentateuco è inquadrare la redazione di questo documento nel contesto di una tradizione mosaica che vede non solo lo stesso Mosè come autore prevalente ma anche coloro che nella sua scia possono aver compilato porzioni del testo su indicazione o meno del condottiero di Israele.
Del resto esiste anche una tradizione confuciana per cui alcuni testi sono attributi a Confucio pur se il grande filosofo non può essere stato il responsabile per la loro compilazione. Certo che per accettare questo bisogna avere un’idea positiva sul concetto di “tradizione” e non vedere questa parola come un ostacolo al progresso, quando in realtà ne è la premessa.
Bibliografia
- Oswald T. Allis (1943). The five books of Moses. Philadelphia: The Presbyterian and Reformed Publishing Company
- Monika Bajić (2016). Authorship of the Pentateuch. Kairos: Evangelical Journal of Theology.
- Thomas D. Dozeman. The authorship of the Pentateuch. Dialogue: A Journal of Mormon Thought.
- Yury Leveratto. Il Pentateuco fu veramente scritto da Mosè?
- André Wénin (2008). Erranze Umane. Da Adamo ad Abramo. Bologna: Edizioni Dehoniane
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Tag: mosé, pentateuco, porfiri
Categoria: Generale
Non c’è da scervellarsi tanto: basta leggere le introduzioni generali al Pentateuco e ai singoli cinque libri su qualunque edizione recente della Bibbia (es. la Gerusalemme) e lo dicono chiaro che il Pentateuco non è stato scritto da Mosè e spiegano perché e percome; e dicono che quei libri sono stati composti dal VI secolo a.C in qua: Mosè si colloca almeno seicento anni prima.
Il livello storico della sacra scrittura è importante, ma non esaurisce affatto il contenuto.
Non lo esaurisce nemmeno un approfondimento sul contenuto morale, di indicazioni sul da farsi nella vita.
Va ancora più in là: a livello allegorico permette al lettore e ascoltatore di ritessere legami recisi tra l’umanità e Dio (togliti i calzari=torna a relazionarti con me).
A contare è l’esito di tutti questi approfondimenti propedeutici: la contemplazione del mistero di Cristo, presente in ogni versetto, poichè tutto l’A.T. dice e rivela il volto del Figlio (il Verbo incarnato) e tutto il N.T. dice e rivela -da Gesù il Cristo- il volto del Padre con lo Spirito Santo a ricordarci le parole del Figlio.
Solo così l’ascolto della Parola di Dio si solleva dallo studio e il teologo o l’esegeta non sono dei vivisezionatori di un cadavere, ma gli adoratori del Dio vivente!
Semplicemente, la questione è mal posta.
Dicendo “il libro di Mosè”, Gesù non poneva neppure la questione di chi fosse l’Autore. Ciò che interessava Gesù (come è corretto che sia) era l’autorevolezza del testo mosaico, non dibattere su chi fosse l’Autore.
Ciò si evince anche dal fatto che, nella pericope citata, Egli si rivolgeva ai Sadducei, i quali consideravano autorevoli soltanto la Torah e non i Profeti né gli altri Scritti che per gli altri ebrei facevano invece tutti parte e a buon diritto della Scrittura nel suo complesso.
La lettura anacronistica (quella cioè che non tiene conto della cultura né delle sfumature linguistiche dell’epoca) è contraria sia alla retta teologia, sia alla stessa indagine storico-critica che può, anzi deve, rintracciare e comprendere cosa sia dietro ad eventuali incongruenze – presunte o reali – contenute nel testo.
Ma, a prescindere da chi fosse Mosè e in quale epoca fosse esattamente vissuto, io darei maggiore importanza al sigillo finale del suo ritratto dove sta scritto che fu un grande perchè attuò il “terrore” di Yahwè…
“Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo”.
Genesi 9, 2 – Bibbia Cei
Certo che questo “terrore” fa pensare.
Enrico,
se poi lo ritrovi in Esodo, Deuteronomio, Numeri, Giosuè, libro dei Re, terroristicamente sanzionato e, soprattutto, applicato…i “pensierini” si accumulano.
Enrico,
dimenticavo il Levitico.
🥵
Non prescindiamo troppo dai fatti accertabili, altrimenti poi la sacra scrittura diventa opinione… sarà un caso, ma la storia assegna alle date degli appuntamenti prodigiosi tra le vicende umane e gli interventi divini… poi le nozioni degli storici dell’ egittologia incontrano i “miti” biblici confermandosi a vicenda: dunque la Bibbia non è mitica… se il faraone annega con tutti i cavalieri ti tocca servire la faraona! Se poi Giuseppe gestisce bene le vacche grasse e magre proprio al tempo in cui il potere passa a principi stranieri (asiatici) e se Mose’ rischia di morire esattamente negli anni in cui la XVIII dinastia cerca di sfoltire i ranghi dei maschi di etnia ebraica, le coincidenze sono davvero troppe per continuare con miti saghe e leggende…
Mosè c’entra tantissimo, ma proprio tanto, perché fu strumento di Dio e non di se stesso.
Salvato dalle acque al tempo in cui gli Egizi da nomi assonanti (Ahmose, Kamose) avevano messo nel mirino gli ebrei e protagonista del miracoloso passaggio del Mar Rosso che segnò la difatta dei regnanti, al tempo di Tuthmose II.
Mosè dà modo infatti di parlare del regno egizio.
E’ vero che in Genesi si parla di “faraone” già dai tempi in cui Giuseppe, figlio di Giacobbe, ne fu uno stimato consigliere. Gli israeliti scesero in Egitto al tempo di una grave carestia, accolti da Giuseppe.
A quel tempo tuttavia il termine più corretto però sarebbe “re”, usato per i monarchi egiziani fino alla metà della XVIII dinastia durante il Nuovo Regno, attorno al 1570 a.C., quando si utilizzò correntemente la dicitura “faraone”, considerato un dio in terra dal popolo.
Dalla morte di Giuseppe ai tempi di Mosè, per 200 anni, l’Egitto conobbe anche la presenza ingombrante degli Hyksos, gli “asiatici”…
Hyksos è un grecismo di Hekau Khasut, cioè “Principi dei paesi stranieri”, cioè i sovrani di origine non egizia.
Non invasero l’Egitto, ma lo abitarono da stranieri, fino a diventarne i re. La denominazione vale solo per i governanti, perché i popoli asiatici del Delta del Nilo erano detti Aamu.
Gli Hyksos furono al potere dal termine della XIII dinastia (circa nel 1730 a.C.), praticamente subito dopo la morte di Giuseppe. Il potere centrale egizio era in crisi e la frammentazione in autorità locali permise, nell’area del delta, l’affermazione di un’élite di origine straniera, già presente in loco.
Le cose, come spesso accade, presero una piega differente quando gli egiziani seppero riprendersi il potere. Ahmose, iniziatore della XVIII dinastia, proseguì la vittoriosa campagna di “riconquista” del predecessore Kamose, dando vita al Nuovo Regno.
Guarda caso la prima famosissima donna faraone, Hatshepsut, compare in scena al tempo più probabile per individuare il termine delle piaghe d’Egitto e la morte dell’esercito e dei suoi condottieri travolti dalle acque del Mar Rosso dopo il passaggio di Mosè e del popolo ebraico. Il faraone regnante aveva anche compiti militari, e il predecessore maschio di Hatshepsut poteva benissimo essere tra coloro che perirono. Ed era anche molto irata verso gli “asiatici” del delta che regnavano senza Ra”.
Il Pentateuco potrà forse essere stato riscritto nei secoli successivi, ma quello che accadde ai tempi di Mosè è tutto fuorché leggendario, con solidissimi riscontri storici per collocarlo cronologicamente.
La Parola di Dio è … di Dio.
Interessante articolo.
La chiave di tutto credo sia in Esodo 34,27 dove è detto che il patto tra Dio, Mosè e il popolo di Israele (La Torah scritta) si fonda sulla tradizione orale.
Dio stesso ordina a Mosè di “scrivere” quelle Parole. Che poi Mosè si sia servito di alcuni “scrivani” questo mi sembra naturale. Ma la FONTE originale è sicuramente Mosè, Ispirato dallo Spirito Santo.
tempo perso.nel cilindro di ciro il grande non c’è traccia degli ebrei
Non si è neppure sicuri che sia mai esistito un signore di nome Mosè; d’altronde, se la sua esistenza è dedotta da libri dove si racconta che costui aveva l’abitudine di parlare a tu per tu con un Dio come noi parliamo con le altre persone, e che questo Dio gli dava in prima persona degli ordini tipo lapidare un uomo che raccoglieva legna di sabato, ciò non depone molto a favore della storicità del tutto🙂
Se Mosè non fosse esistito, bisognerebbe mettere in dubbio anche la veridicità di tutti e tre i Vangeli sinottici, i quali sono concordi nel riportare che Mosè apparve (con Elia) nella Trasfigurazione.
Mi chiedo poi per quale motivo si continui a mettere (pregiudizialmente) sotto esame secondo criteri pseudo-scientifici sempre e soltanto le Scritture, che sono comunque fonti storiche oltreché testi sacri per gli ebrei e per i cristiani.
Lei sa, ad esempio, quanti testi ci sono pervenuti da parte dei contemporanei di Alessandro Magno? Zero. Mi sa spiegare perché nessuno storico ha mai messo in dubbio l’esistenza del Macedone? E la stessa cosa vale per migliaia di altri personaggi storici di cui nessuno ha mai messo in dubbio l’esistenza. Si faccia qualche domanda…
DA DILETTANTE , ma innamorata della Sacra Scrittura.
Ricordiamoci chi fosse Mose’. Ebreo si, ma… educato come un principe egizio e quindi… ripieno della sapienza (umana , solamente umana) dell’antico Egitto.
Tutti noi sappiamo che gli antichi monumenti egizi erano ricoperti di geroglifici. E sappiamo anche che la conquista islamica aveva sommerso le civilta’ precedentì. Fino alla decifrazione dei geroglifici stessi da parte di Champollion (sperando di averlo scritto bene). Siamo, a occhio, nel 1800.
Esisteva la scrìttura presso gli ebrei ? Probabilmente esisteva prima del diluvio, fenomeno certamente esistente tanto che sull’Ararat sembra ci sia l’impronta dell’arca di Noe’. Ma Noe’ era considerato un cretinetti dai suoi contemporanei. Oltre agĺi animali salvo’ anche qualche rotolo delle sacre Scritture ?
Non tutto quello che e’ accaduto fu scritto nella Bibbia.
Ma sappiamo che in Africa fino a tempi abbastanza vicini a noi , venivano tramandate a voce , cioe’ a memoria, le genealogie familiari. Vi ricordate il romanzo RADICI ?
E a noi sono pervenute nella Genesi molte genealogie con tanto di nomi e della durata della vita di ciascun patriarca. Ragion per cui ipotizzare una tradizione orale accanto o in alternativa a quella scritta non e” una ipotesi cosi peregrina.
E la tradizione orale era tenuta in gran conto anche nel monachesimo primitivo, dove i monaci erano ben felici di imparare il Salterio a memoria.
L’argomento è inestricabile.
“se quello che la Chiesa annuncia è la verità assoluta, allora non c’è indagine che può cancellare questa verità che è oggettiva. Se essa annuncia una menzogna, allora l’indagine storico critica non può che aiutare a scoprirla meglio”.
Cos’è la “Verità assoluta”? Cos’è “oggettivo”? Qui entra in ballo la fede, la quale ha da prendere il pacchetto intero senza se e senza ma, quindi senza alcuna “indagine”. Tuttavia:
– Si può credere – che non vuol dire conoscere – che esista una Verità assoluta, oggettiva, stabilita una volta per tutte, proposta (o imposta?) da un’Istituzione;
– si può non credere che esista una Verità assoluta, oggettiva, stabilita una volta per tutte dall’Istituzione, ciò che da la stura alle “indagini”;
– Si può credere – che non vuol dire conoscere – che esista una Verità assoluta, oggettiva, proposta da diverse Istituzioni, ciascuna secondo la lor forma.
Al riguardo, molto interessante quanto scrive Donna:
“si parla di ‘ri-velazione’, il mistero riguardante il divino è destinato a rimanere tale, la Verità si disvela solo in parte”.
Si conferma perciò come l’argomento resti inestricabile poiché concernente il Mistero. Tanto più se si tiene conto del fattore “traduzioni”, se è vero che non solo che già il tradurre è un po’ tradire, ma che la traduzione, in senso lato, non può non risentire della soggettività del traduttore.
Qualche problemino- e anche grosso- rimane…
altriocchi.com/h_ita/pi5/tomba/morte_mose.html/
Pubblico qui il commento di un lettore che non riesce a pubblicare:
Da Clemens Brentano, Biografia di Duelmen, Testi della beata Anna Katharina Emmerich, Settembre e Ottobre 1822, Editore: Jozef De Raedemaeker
Molti ebrei possedevano estratti di singoli libri delle Sacre Scritture portati con sé durante la cattività babilonese. Una volta – lo sapete bene. – No! – la porta di Gerusalemme si aprì da sola durante l’assedio e molti pii ebrei entrarono nel campo babilonese con gli scritti sacri. Poi le scritture furono trattenute lì e loro furono rimandati in città. Ciò che era rimasto in città quando fu presa fu bruciato e distrutto.
Esdra, quando i Giudei tornarono, raccolse tutti gli scritti sacri che erano conservati presso di loro. Ma c’erano molti estratti e alcuni mancavano. Anche gli originali furono in gran parte distrutti. Elkan, il padre di Susanna, aveva ancora molti dei Proverbi di Salomone e vari Salmi. La storia di Giobbe, così come era stata organizzata da Mosè, Salomone e Isaia, aveva uno studioso, di cui non ricordo il nome, che era stato catturato con Sedecia. Il Cantico di Salomone non fu scritto da Salomone stesso, ma un profeta lo aveva scritto per lui. All’inizio Tobia aveva scritto da solo. Ma quando divenne cieco, suo cugino scrisse. Il fratello di sua moglie mise in ordine il suo libro.
Tutti gli antichi libri sacri erano in grande disordine, anche gli scritti dei profeti
Ho anche visto che in una visione un angelo diede a Esdra una pozione da bere simile al fuoco, e che in seguito fu in grado di distinguere tra tutto ciò che era vero e ciò che era falso nelle Scritture, e di aggiungere ciò che mancava. Poi dettò agli scribi dai rotoli e aggiunse ciò che mancava grazie allo Spirito Santo che aveva.
Ho visto anche un volto che Esdra aveva durante il viaggio.
Interessante, ma credo un aspetto destinato a rimanere senza una definitiva risposta.D’altra parte si parla di “ri-velazione”il mistero riguardante il divino è destinato a rimanere tale, la Verità si disvela solo in parte.
Personalmente mi trovo d’accordo con la sua conclusione “…Insomma, il dato importante, più che pensare che Mosè possa aver scritto tutto il Pentateuco è inquadrare la redazione di questo documento nel contesto di una tradizione mosaica che vede non solo lo stesso Mosè come autore prevalente ma anche coloro che nella sua scia possono aver compilato porzioni del testo su indicazione o meno del condottiero di Israele.”
D’altronde è scritto”…Le verità divinamente rilevate, che nei libri della Sacra Scrittura sono contenute ed espresse, furono scritte per ispirazione dello Spirito Santo….Per la composizione dei Libri Sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo Egli in essi e per loro mezzo, scrivessero, come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che Egli voleva fossero scritte…( Introduzione Bibbia CEI 1974)
L’introduzione alla bibbia Cei é una citazione della Dei Verbum.
Le conclusioni di Porfiri sono giuste, applicabili per esempio a Isaia.