Nel silenzio si sente meglio l’aura del divino. Il Matto.

25 Luglio 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, il nostro Matto offre alla vostra attenzione queste riflessioni sul silenzio, e i suoi pregi. Buona lettura, e condivisione.

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A BOCCA CHIUSA

SI SENTE MEGLIO L’AURA DEL DIVINO

 

Forse solo il silenzio esiste davvero.
José Saramago

 

*

Qol demamah daqqah

Sibilus aureae tenuis

Mormorìo di un vento leggero

Voce di un silenzio sottile

Libro dei re

 

* * * * * * *

 

Dal riordino dei miei matti ritagli di giornale e appunti è emersa la recensione, ne Il Sole-24 Ore del 25 maggio 2003, di Carlo Ossola a Linda Bisello, Sotto il “manto” del silenzio, storia e forme del tacere (Secoli XVI-XVII), Olshiki, Firenze 2003.

 

A distanza di vent’anni, oltre ad averlo di nuovo e più profondamente gustato da filosilente sempre più convinto qual sono, ho il piacere di proporlo come intervallo  rinfrescante agli accaldati (luglio si fa sentire) Partecipanti di Stilum Curiae, tutti presi, forse un po’ troppo, dai transeunti accadimenti terreni e da tenzoni dialettiche che confermano ogni contendente nella propria inespugnabile zona di conforto. Ma, avverte Paolo, «passa la figura di questo mondo», in piena e per niente sorprendente sintonia con la nipponica impermanenza (mujo), nonché coll’induistico samsara (“scorrere insieme”), indicante il ciclo di vita, morte e rinascita, e per questo motivo non a caso spesso raffigurato con la Bhavacakra (“Ruota dell’esistenza”), e senza dimenticare l’eracliteo panta rei (“tutto scorre”).

 

Nella figura: Fernand Khnopff, Il silenzio (1890).

 

Ma ora, largo alla recensione.

 

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A BOCCA CHIUSA

SI SENTE MEGLIO L’AURA DEL DIVINO

 

«Il silenzio è d’oro», e aurea la sua figura, un dito sulle labbra. Il silenzio è quel punto a cui si torna dopo aver consumato tutte le figure della retorica: «L’aposiopesi è un modo di trattenere, allorquando si richiama indietro il corso di un dire appena cominciato, sì che una sua parte si intenda come non detta» (Audomari Talaei [Omar Talon] Rhetoricae libri duo, Basileae 1569, cap. XV: De Epanorthosi et Aposiopesi). Non molti hanno praticato questa difficile figura e i suoi pochi cultori riposano nella valle di Josaphat (san Giovanni Damasceno, san Teodoro d’Edessa, e appunto Giovanni il Silenziario). La tradizione ci racconta che, private di segni, le loro ossa ancora esalano «un parfum indéfinissable» (W. Deonna, L’odeur suave des dieux et des élus, Aragno 2003).

 

Perché c’è un equilibrio e una politica dei sensi: a chi rinunci al più fragoroso, la bocca, al rimuginìo della lingua e delle labbra, al tendersi della gola e delle sue vene (sino all’esorbitare dell’urlo e dell’invettiva) natura concede il compenso dei registri più fini: un’acuità del vedere, un annusare rischi e avvertire profumi, un ascoltare la pausa del ritmo, tutta l’innumere vita che passa nel cenno, nello sguardo, nella movenza, nell’accenno.

 

Quando, rinunciando al dire, si entri in queste radure, il panorama è pieno di sorprese; intanto ci si accorge che altro è il tacere, altro è il silenzio. Se tacere è un atto controllato, un astenersi dal dire, esso non ha sostantivo, cioè una forma dell’essere, se non una lontana derivazione (un po’ cupa, un po’ malinconica), la taciturnitas, da cui il nostro taciturno. Mentre il silenzio viene da quell’attesa che ci fa muti, e che precede una rivelazione, una stupefazione, l’aura del divino. Sileant omnes, ricorda a tutti il caudatario del rito, o il silentiarius degli alti palazzi. Dai Libri dei Maccabei, ad apertura, quando si parla delle conquiste di Alessandro: «Siluit terra in conspectu Alexandri», sino al Napoleone manzoniano che quella fonte riscrive: «Così percossa, attonita / la terra al nunzio sta / muta pensando all’ultim’ora dell’uom fatale» (Il cinque maggio), il potere del sacro è sigillo.

 

Percorre quell’affascinante traccia, tra tacere e silenzio, il bel libro di Linda Bisello che si accentra in particolare sulle forme dell’hesuchisme del Cinquecento e del Seicento. Molti studiosi hanno scritto su quel calcolato ritegno, su quella riserva, che certo fu di molti «nicodemiti»: schivare i pesi dell’autorità con un reticente riserbo, serrando nel foro interno i barlumi e la coscienza di verità. Un incedere notturno tra le ruses della Dissimulazione onesta (Torquato Accetto), vestiti del manto di prudenza «per ischermirsi dalle nevi e piogge del tempo del verno», del Principe e della corte, della censura e dell’Inquisizione (Camillo Baldi, Politiche considerazioni, 1623). Noli altum sapere, sed time, sembra essere la divisa di un’epoca e molti libri – sulla scia del Machiavelli – ci hanno richiamato i sinistri bagliori del governare reprimendo e del servire tacendo.

 

Eppure, da Erasmo a Juan de Valdés, da questi a Vittoria Colonna, a Bartolomeo Arnigio, una generazione intera dell’Europa umanista si è fondata su quella «confidenza senza timore» nella quale riposa l’interna voce dell’Annuncio. È la persuasione di Pantagruel, tutto volto all’ascolto: «Plus persévérions ecoutans, plus discernions les voix». Poiché se l’orizzonte della parola è la comunicazione, non farà che crescere il rumore che ci assedia, la babele dei messaggi, il consumo delle voci.

 

Ma se l’orizzonte della presenza umana è la comprensione, allora la sua aura è il silenzio, il suo frutto quell’armonia in cui si compone il ritmo di un comune sentire, secondo la voce stessa del primo annuncio: «Et in terra pax hominibus». La vera intesa tra gli uomini non ha bisogno di parole: un cenno d’intesa passa da La Bruyère a Proust, da Proust a Barthes: «Essere  con le persone che si amano, questo basta; sognare, parlare, non parlare affatto, pensarli o pensare a cose insignificanti ma accanto ad essi, è la stessa cosa» (La Bruyère, Du coeur). Ci hanno abituati a “spiegare”, non a “comprendere”: il filo si dipana, s’ingarbuglia, a forza di dispiegare la massa è disfatta.

 

Dall’altro capo, da Griselda a Félicité a Bartleby, il rumore del mondo è attraversato da coloro che hanno fatto del loro cuore sordina, restituendo – come le foglie l’ossigeno – silenzio al vivere umano: «I movimenti del suo cuore rallentarono uno a uno, più indistinti, più dolci, come una fontana si smorza, come un’eco dispare» (Flaubert, Trois contes).

 

Il silenzio è allora il segno di un’altra economia: che il mondo è già tutto scritto, nei cieli e in terra, di stelle e di caratteri, di forme e di libri, e che la «lettura di un’onda» – come ricorda il Palomar  di Calvino – è infinita come le onde che si susseguono e la cancellano e la rinnovano.

 

Deonna ha scritto pagine molto fini sul «Silence, gardien du secret», e verso quest’arte sapienziale e iniziatica si sono volte molte letture, dal pitagorismo greco in poi. Ma il silenzio è anche il custode dell’evidenza, dello stupore che lascia appunto «a bocca aperta», senza parola, come il pastore dei presepi provenzali e napoletani: a braccia aperte sta le ravi, rapito e felice, perché infine non ha più niente da dire.

 

* * * * * * *

Ritengo valga la pena riproporre alcune righe (difficile la scelta) che ai miei occhi di filosilente risultano particolarmente preziose per l’attualità confusionaria che impazza, e sulle quali mi permetto di invitare Lettrici e Lettori a meditare con calma, magari ritornandoci più volte:

se l’orizzonte della parola è la comunicazione, non farà che crescere il rumore che ci assedia, la babele dei messaggi, il consumo delle voci.

Ma se l’orizzonte della presenza umana è la comprensione, allora la sua aura è il silenzio, il suo frutto quell’armonia in cui si compone il ritmo di un comune sentire, secondo la voce stessa del primo annuncio: «Et in terra pax hominibus».

* * *

 

Insomma, prima di tutto c’è il Silenzio, nel quale tutto è già scritto e in cui risiede il senso d’ogni pensiero e parola. Di fatto, nessuna sfilza di pensieri e di parole (comprese le presenti!) possono innalzarsi a cogliere il Silenzio. Il processo è esattamente il contrario: è il Silenzio che coglie il significato di pensieri e parole. In nessun tomo zeppo di pagine e in nessuna biblioteca zeppa di tomi, può trovarsi la “spiegazione” del Silenzio, che, solo, come sospetta Saramago, «esiste davvero».

 

Si può allora fruire di una doppia e unica aura: quella del Silenzio in cui spira l’aura del Divino: qol demamah daqqah, sibilus aureae tenuis, mormorìo di un vento leggero, voce di un silenzio sottile.

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18 commenti

  • Adriana 1 ha detto:

    E…dopo 7 anni di meditazione silenziosa, solitaria e distesa sull’alto e desolato
    Plomb de Cantal, Grénouille ( da cui gli uomini si tenevano confusamente a distanza ) scopre di non avere odore…”quell’odore umano che ha una nota fondamentale di sudore grasso, di formaggio acidulo, ugualmente propria a tutti gli uomini, e al di sopra della quale, più raffinate e più isolate aleggiano le nuvolette di un’aura individuale”.
    Quindi per “affetto” umano egli se ne fabbricherà uno, ancora rozzo, ma efficace…
    Caro Matto, sarebbe da leggere con estrema attenzione ( se non vi hai già provveduto ) ogni riga del “Profumo” di Suskind.
    Un testo dallo spessore inconfutabile , ma soprattutto, supremamente e spiritualmente apofatico.

    • il Matto ha detto:

      Al sudore grasso e odore di formaggio acidulo aggungerei moccio, cerume, pustole, foruncoli, urina e feci. Insomma l’essere umano “naturale” è una ghiandola immonda che secerne lo schifo dello schifo e intanto … pensa, elucubra, creando mondi ghiandolari.
      Adesso spruzzo un po’ di Profumo.😉
      Ciao.

      • Adriana 1 ha detto:

        …per dire che non so se Grénouille è più “puro” prima ( ossia “dopo” la meditazione ascetica) quando scopre che la sua natura è priva dalla nascita di umano odore- o dopo tale scoperta ( frutto di meditazione), che lo indurrà a crearsene uno capace di indurre i presenti a ritenerlo uno di loro, in attesa di giungere all’ambito capolavoro: creare un’essenza che induca il prossimo ad amarlo “disperatamente”, come un dio.
        Qualora voglia usarli anche tu, ti posto gli ingredienti del profumo numero uno che comunque, presi di per sé e per l’effetto che essi producono, dicono molto sull’indole umana.
        “…mezzo cucchiaino di merda di gatto, alcune gocce d’aceto e sale pestato…un pezzetto di formaggio grande quanto l’unghia di un pollice, abbastanza vecchio e decomposto…dal coperchio del barile delle sardine grattò via qualcosa che sapeva di rancido, lo mescolò con uovo marcio e castoreo, ammoniaca, noce moscata, limatura di corno e cotenna di maiale ridotta in briciole minute: Vi aggiunse…una porzione piuttosto consistente di zibetto… fece macerare il tutto in alcool e lo filtrò…
        Il liquido…puzzava di cloaca, di putrescenza…su questa base atroce, che in sé aveva un odore più simile a quella di un cadavere che non di un uomo Grénouille applicò uno strato di aromi freschi: menta, lavanda, trementina, limone acido, eucalipto e…un bouquet di olii di fiori raffinati come geranio, rosa e fior d’arancio…Il puzzo latente…la nota disgustosa erano diventati quasi interessanti e, stranamente, non si percepiva più nulla della putrefazione…Al contrario, sembrava che il profumo emanasse un forte aroma pieno di slancio vitale “.
        Anche le strade della sublime meditazione nascondono insidie…

        • il Matto ha detto:

          Io sono giunto all’11° gradino della Scala Matta, e quando non mi vedrai più apparire su questo blog vorrà dire che son salito sul 12° che è quello della Mattitudine Arcaica.

          Al contrario di Grénouille, sono libero dalla necessità di essere amato, e quindi di trovare il profumo adatto ad attrarre il prossimo. Semmai, guardo se e come sono capace d’amare l’altro da me.

          In ogni caso, già dall’attuale gradino su cui mi trovo, la merda e il fiore, la puzza e il profumo sono particolari che mi riguardano fino a un certo punto. La Mattitudine Arcaica, lo intravedo seppur ancora debolmente, è infinitamente oltre.

          • Adriana 1 ha detto:

            Matto,
            ma se- dall’alto del tuo gradino- ( o del tuo piano, o del tuo pianerottolo )- la puzza e il profumo ti riguardano solo molto vagamente, come fai a vedere o a capire se e come sei capace di amare un altro da te ( del medesimo piano o di quello inferiore o superiore )?
            Sono una rompiscatole, lo so.
            A proposito: oltre ai gradini esistono anche gli ascensori.
            Oppure sono veicoli proibiti alle anime sportive?

          • il Matto ha detto:

            Ma quale rompiscatole!
            Ci facciamo squisitamente da sponda con le nostre considerazioni, in questa sala d’attesa che è la vita terrena.

            Sai che sono un patito dello Specchio, a mio parere il Simbolo dei simboli.
            E che fa lo specchio? Riflette imparzialmente tanto lo sterco quanto la rosa.

            Non è che dallo specchio esce una mano che respinge lo sterco e agguanta la rosa.

            E siccome, lo si voglia o no, e lo si comprenda o no, ognuno è uno specchio, ecco che occorre auto-osservarsi con cadenza regolare per constatare l’imparzialità dello specchio che ciascuno è.

            Lo specchio ama tanto lo sterco quanto la rosa, ma questo è un punto ostico da capire (e da realizzare) perché, lo dico alla romanesca, “tutti li fregnoni so’ boni a lassa’ lo sterco e piasse la rosa” (risonanza evangelica indiscutibile).

            Quindi, lo specchio non giudica. E ciò perché il giudizio è implicito nell’oggetto specchiato: un santo è un santo e lo specchio lo riflette; un corrotto e perverso è un corrotto e perverso e lo specchio lo riflette. Il giudizio di entrambi è già in ciò che sono.

            Temo che per l’argomento trattato non vi siano ascensori. Occorrono gambe in spalla.

      • Adriana 1 ha detto:

        Matto,
        molto gentile da parte tua.
        Vista l’importanza del ” culto ” dello specchio, cerca la cupola della cappella di Fontanellato, dipinta dal Parmigianino. Al centro si trova ” Lo specchio “: Interessante.

        • il Matto ha detto:

          Sì, è stupendo.

          Il Parmigianino doveva essere anche lui un patito dello specchio, visto anche il suo autoritratto in … uno specchio.

          Quel giovanile, enigmatico volto …

      • Adriana 1 ha detto:

        Caro Matto,
        approfitto dell’unico-Rispondi- rimasto per segnalarti
        youtube.com/watch?v=Xqc_v357kh
        -Le origini di Ponzio Pilato- ( il povero calunniato dalla tradizione ) Di mio ci aggiungo: 1) la “stranezza” dell’invio da parte sua di una coorte ( da 300 a 600 uomini ) per catturare 4 o 5 innocui ” figli dei fiori”;
        2) La stranezza della scelta demandata- democraticamente- al popolo tra Gesù e Bar-Abba ;
        3) La stranezza dell'” incursione” di un “unico” individuo ( Gesù) nel recinto del tempio e del mancato- tempestivo- intervento delle truppe di Pilato che abitava nella Torre Antonia ( posta accanto al tempio proprio per sorvegliare che non accadessero disordini nell’area del medesimo ).
        Una ipotesi- tra le tante- è che il Bar-Abba fosse uno dei rivoltosi del gruppo che accompagnava e faceva capo al Gesù evangelico, catturato proprio perchè, in quell’occasione, implicato in un omicidio.
        La cattiva fama di Pilato- come dice anche il presentatore Trizio- dipende dalla “tradizione” cristiana, e…nemmeno da tutta.
        Spero di aver reso una piccola giustizia a Pilato e a te…Un caro saluto, ciao.

        • il Matto ha detto:

          Molto spesso, su argomenti del genere sono costretto al solito “che ti debbo dire?”. La facoltà di riflettere e di ricerca, a mio parere, non chiarisce bensì complica l’oggetto di riflessione e ricerca, dato l’aumento delle ipotesi che ne nascono, le quali, a loro volta, forniscono occassione per critiche, contro-ipotesi etc. etc.

          Ecco perché sono sempre più convinto che la via apofatica sia necessaria allo sfrondamento del parapiglia che va sempre più moltiplicandosi. Non è nel proliferare dei pensieri e parole che può trovarsi almeno un barlume di quella Verità che, necessariamente, è oltre i pensieri e le parole.

          E poi c’è il riflettere dello Specchio che è agli antipodi del riflettere cogitativo.

          Ti ringrazio anche da parte di Pilato.😊

  • E.A. ha detto:

    Certo, il silenzio è una prerogativa imprescindibile del cuore umano, da cui matura e si sprigiona la Grazia Divina, che ti indica e ti suggerisce anche i tempi per parlare e quelli per tacere, e ti dona La Sapienza per concretizzarli e metterli a frutto ( una lingua sapiente per parlare ed una bocca silente per meditare nel proprio cuore).

  • Federico ha detto:

    Nostro Signore si ritirava a pregare nel silenzio, per nutrire la sua intima relazione con il Padre; questo però avveniva dopo che aveva predicato nelle piazze e nelle assemblee. Spaventoso e sicuramente contrario agli insegnamenti di nostro Signore (“andate e predicate a tutte le genti!”) questo invito a seguire una religione intimista, anche se ammantata di buoni sentimenti e dolcezza. Di fatto questo invito al silenzio è il comando più frequente di Bergoglio ( e prima ancora lo era dei regimi comunisti!), soprattutto dopo che ne ha combinato qualche grossa…
    Non ci siamo proprio. Il silenzio serve a riflettere e a ricaricarsi ma in vista della predicazione e della testimonianza, senza le quali si vive altro dal cristianesimo.

    • il Matto ha detto:

      La lascio alla sua convinzione.
      Ma il Silenzio non è una “religione intimista”. E’ il Silenzio.
      E risulta “spaventoso” a chi crede di essere vivo in quanto pensa e parla.
      Bergoglio c’entra come i cavoli a merenda.

      Le pongo una domanda: il Cattolicesimo è agli sgoccioli perché c’è Bergoglio (il prezzemolo buono per tutte le salse) o perché non ci sono più i Cattolici?
      Prima di rispondere le consiglio un quarto s’ora di Silenzio, ovviamente “spaventoso”.😂

      • Federico ha detto:

        Comprendo ciò che vuole porre in evidenza; e allora le rispondo che Bergoglio c’entra. Come può pensare che chi si trova al vertice della gerarchia non sia importante (anzi, fondamentale)?
        Quello di Bergoglio è un ruolo spirituale e morale talmente determinante che, se non si comprende questo, non si sta parlando neppure di Chiesa cristiana ma di altro.
        Voglio dire: il silenzio è vitale per l’uomo e per la società, ma lo è anche la denuncia quando accadono cose gravissime, come chiusura delle Chiese, imposizioni vaccinali di evidente carattere criminale, stravaganze dottrinali o liturgiche spinte sino all’intollerabile del decoro e persino della decenza, persecuzioni di enti religiosi secolari di specchiata fedeltà evangelica, ecc.
        Tralasciare la situazione eccezionale in cui stiamo vivendo, dove la stessa vita dei singoli e delle famiglie cristiane è in pericolo e sotto diretto attacco (anche attraverso capillari sistemi di controllo e di informazione) non credo possa essere contrastata con il silenzio. Perché, in realtà, è proprio quello che vogliono in questo momento i nemici di Cristo e della Chiesa.
        In parole povere: se suo figlio piccolo sta correndo in direzione di un burrone, che fa: gli urla di fermarsi o sta zitto attendendo che faccia le sue normali esperienze?

        • il Matto ha detto:

          Un padre che urla per evitare al figlio di precipitare nel burrone è cosa istintiva e scontata. Tuttavia, prima o poi, il figlio dovrà vedersela da solo perché non avrà sempre di dietro il padre che lo avverte dei pericoli cui si troverà davanti. E’ la legge della vita, che difficilmente, o forse mai, si riduce ad una serena passeggiata, anzi.

          Mi permetta di insistere: sto trattando del Silenzio ascetico, ovvero di una vera e propria PRATICA, che, appunto, non c’entra niente con Bergoglio.

          Il Silenzio quale pratica non guarda se sul trono di Pietro c’è un santo o un diavolo (che in ogni caso stanno entrambi lì con il beneplacito di Dio), poiché concerne l’intimo sé, ovvero la singola anima che ha da purificarsi per salvarsi (o, secondo altra interpretazione, per svegliarsi).

          Poi, certamente, c’è anche il momento della denuncia. Ma resta il fatto che la purificazione per salvarsi (o svegliarsi) parte dal singolo. E’ il singolo che si purifica e si salva (o si sveglia), non certamente la massa, per sua natura predisposta alla manipolazione dei disonesti.

          Per quel che posso dirne dopo 50 anni di Pratica del Silenzio, c’è una via di salvezza (o di risveglio) che non necessariamente passa per l’Istituzione, specialmente se questa dimentica i propri capisaldi. E se tra questi capisaldi dimenticati c’è … il Silenzio.

          Sof. 1, 7. “Silenzio alla presenza del Signore Dio, perché il giorno del Signore è vicino”.
          Ab. 2, 20: “Il Signore risiede nel suo santo tempio. Taccia davanti a lui tutta la terra”,
          Zac. 2,27: “Taccia ogni carne dinanzi a Dio.

          • miserere mei ha detto:

            Il più grosso problema dell’uomo è di essere frammentato, disperso nei pensieri del cuore e di insuperbire inseguendoli da schiavo, perdendo l’orientamento alla Verità, la cui conoscenza -solo quella- rende liberi.

            Come ricondurre ad unità questa tentazione/prova?
            Come rientrare in se stessi dopo esserne usciti credendosi capaci di cercar gloria mondana lontana dal Vero?

            Il silenzio è certamente una via preziosa, se si tratta di un silenzio pregato… un silenzio al mondo per ascoltare Dio e rivolgersi a Lui. Un silenzio ammutolito o isolato, peggio ancora irato o indifferente alla croce non sarebbe lo stesso, non sarebbe così prezioso.

            Allora il riportare lo spirito ad unità, unito in comunione all’Uno e Trino è una via -necessariamente crocifissa, ovvero che passa dalla croce- che sceglie liberamente di affidarsi a questo deserto.

            La promessa di Dio (essenziale per dar senso alla scelta, che è una risposta, un dono ricevuto e non un prendere qualcosa o un escogitare inediti) fa sì che da questo silenzio scaturiscano tutte le virtù e i frutti spirituali che mettono nell’animo la capacità di amare: bontà, grazia, pace, pazienza, gioia, dominio di sè, magnanimità…

            E’ un silenzio che suona musiche celestiali, un silenzio che sa dire le parole dei migliori poeti, colorandosi di tinte luminose, riscaldandosi di un calore sconosciuto alla freddezza del ghiaccio…

            Non ogni silenzio è uguale, come non ogni parola dice lo stesso, anche ripetendo a vanvera quelle del vangelo.

          • il Matto ha detto:

            “un silenzio al mondo per ascoltare Dio e rivolgersi a Lui”.

            Esattamente.

            Grazie.