Cancel culture in salsa ecclesiale. Luca Del Pozzo.
11 Luglio 2023
Marco Tosatti
Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione, con il permesso dell’autore, che ringraziamo di cuore, queste riflessioni di Luca Del Pozzo apparse su Incontri. Buona lettura e condivisione.
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Cancel culture in salsa ecclesiale
Di segnali che da qualche fessura il fumo del politically correct fosse entrato anche nel tempio di Dio ne erano già arrivati parecchi. Basti pensare, per dirne uno, a come in ambito ecclesiale viene spesso (mal)trattato il tema, pure importante, dell’ecologia, con accentuazioni non di rado più in sintonia con il paganeggiante mainstream ambientalista, che espressione di una genuina visione cattolica (sarà per questo che a Greta Thunberg è stata conferita dall’università di Helsinki niente meno che una laurea in teologia…). Laddove per cattolica s’intende ovviamente la visione secondo cui il creato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il creato. Che poi questo non autorizzi alcun disinteresse né tanto meno alcun atteggiamento predatorio nei confronti del creato è altrettanto vero, ci mancherebbe. Ma un conto è avere cura e attenzione all’ambiente, tutt’altra faccenda è fare dell’ambiente un feticcio o peggio un idolo per portare avanti – sulla base del (falso) assunto che è colpa di quell’agente tossico chiamato uomo se il pianeta rischia il collasso – politiche di contrasto al climate change cosiddetto a dir poco miopi, col rischio di risolversi in una toppa peggiore del buco che si vorrebbe coprire. Anche per questo certe iniziative – come quella del digiuno dai combustibili fossili lanciata all’inizio della scorsa Quaresima da un’autorevole testata cattolica – lasciano il tempo che trovano. Per tacere della presenza di personaggi come Jeffrey Sachs, noto guru della sostenibilità e convinto sostenitore delle politiche neo-malthusiane di controllo delle nascite, tra i membri della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. “L’importanza dell’ecologia – diceva Benedetto XVI parlando al Reichstag di Berlino il 22 settembre 2011 – è ormai indiscussa. Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente. Vorrei però affrontare con forza un punto che – mi pare – venga trascurato oggi come ieri: esiste anche un’ecologia dell’uomo. Anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea sé stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli rispetta la natura, la ascolta e quando accetta sè stesso per quello che è, e che non si è creato da sé. Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana”. Un concetto, questo dell’ecologia dell’uomo, che fa tutt’uno con quello di “sviluppo umano integrale” formulato da Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate, lontano anni luce dal politicamente correttissimo “sviluppo sostenibile” in nome del quale vengono attuate, soprattutto nei paesi poveri, politiche aggressive di controllo delle nascite mediante utilizzo su scala industriale di aborto e sterilizzazione. Sempre, beninteso, per le magnifiche sorti e progressive dell’ambiente e della natura, posto che secondo la vulgata ambientalista più siamo e peggio è (il che è una delle tante panzane, ma lasciamo stare). Una lezione quanto mai attuale del compianto pontefice e teologo tedesco, che svela il paradosso e la follia di un mondo che si erge a paladino della natura ma che non rispetta, e anzi si diverte a manipolare a suo piacimento, la propria, di natura, senza farsi scrupolo di uccidere i suoi figli a colpi di oltre 50 milioni di aborti l’anno.
Ma per non farci mancare nulla ora è sorto un problema ulteriore. E neanche tanto piccolo, visto che ha a che fare con la famigerata cancel culture. E’ di qualche settimana fa la pubblicazione di una nota congiunta da parte dei dicasteri per la Cultura e l’Educazione e per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, avente per oggetto la cosiddetta “Dottrina della scoperta”. In estrema sintesi, si tratta della dottrina giurisprudenziale, elaborata nell’Ottocento dai tribunali occidentali, che legittimava l’esproprio, bonario o tramite conquista, delle terre dei popoli indigeni da parte dei coloni che quelle terre le scoprivano. Poiché secondo alcuni studiosi alla base di quella teoria vi sarebbero documenti papali, la nota ha voluto precisare senza mezzi termini che la succitata dottrina “non fa parte dell’insegnamento della Chiesa”. Dov’è il problema? Il problema non tanto è il rigetto in sé della dottrina, quanto le considerazioni al contorno. Considerazioni che sembrano risentire, neanche troppo velatamente, di certi stereotipi della “leggenda nera” – ossia della (falsa) ricostruzione della storia delle missioni in America, frutto della propaganda anti-cattolica elaborata a tavolino dagli ambienti protestanti anglofoni – col rischio di avallare la condanna senza appello, la cancellazione, appunto, di una storia giudicata a posteriori disdicevole in quanto espressione di una mentalità colonizzatrice. E dire che già oltre trent’anni fa Vittorio Messori aveva messo in guardia: “le anime belle che inveiscono contro i malvagi usurpatori nelle Americhe dimenticano (tra l’altro) che, al loro arrivo, quegli europei trovarono ben altri usurpatori. L’impero azteco e quello inca erano stati creati con la violenza ed erano mantenuti con sanguinaria oppressione da popoli invasori che avevano ridotto in schiavitù i nativi” (Pensare la storia, 1992).
Insomma, la questione avrebbe forse meritato un supplemento di indagine tenuto conto che, per dire, i Maya tanto civili ed evoluti erano che erano soliti praticare sacrifici umani, come si vede con dovizia di particolari nel film Apocalypto dell’attore e regista Mel Gibson. Anche per questo lascia oltremodo perplessi quando il documento in scia ad una frase di Francesco – “Mai più la comunità cristiana potrà lasciarsi contagiare dall’idea che una cultura sia superiore alle altre, o che sia legittimo ricorrere a modi di coercizione degli altri” – dice sostanzialmente che tutte le culture sono uguali. Non scherziamo. Un conto è affermare il principio che nessuno può esercitare violenza su un altro, singolo o gruppo che sia; tutt’altro discorso è dire che tutte le culture si equivalgono. Se si parte dal presupposto, che in ambito cattolico dovrebbe essere scontato ma che a quanto pare scontato non è, che ciò che definisce una cultura è il rispetto per la dignità della persona, si fa fatica anche solo a definire cultura, e men che meno civiltà, il modo di vivere di certi popoli del passato (e del presente, anche). Ma soprattutto basta con questa continua autoflagellazione della Chiesa e dell’occidente.
Luca Del Pozzo
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Tag: cancel culture, chiesa, del pozzo
Categoria: Generale
Bravo, Nippo !
Cordiali saluti
Non scriviamo da colonizzati-liberati anglo-americani.
Scriviamo in italiano: cultura della cancellazione.
Sì, va bene…ma da quando Paolo VI si congratulò pubblicamente perchè la Chiesa era diventata ” quasi l’ancella del mondo “, il mondo- che conta- persegue il suo progetto di “cancel culture” e la Chiesa si è affrettata a cancellare anche quel “quasi” per non irritarli.