Dello stato contemplativo. Il Matto.

8 Luglio 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, il nostro Matto offre alla vostra attenzione e meditazione queste riflessioni su un tema affascinante. Buona lettura.

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DELLO STATO CONTEMPLATIVO

 

«L’anima contempla se stessa nello specchio della divinità. Dio stesso è lo specchio che egli svela e vela a chi vuole … Nell’esatta misura in cui l’anima è in grado di oltrepassare ogni parola, in questa misura essa si avvicina allo specchio. È nello specchio che si compie l’unione come un’uguaglianza pura e indifferenziata».

 

Maestro Eckhart

* * * * * * *

 

Dice: «Nell’esatta misura in cui l’anima è in grado di oltrepassare ogni parola …».

 

Può accadere, per esempio, che si entri nello stato contemplativo anche stando seduti al bar, magari avendo di fronte uno scampolo della Natura: un piccolo boschetto di alberi dal verde scintillante sotto un cielo turchino striato di candide nuvole.

Lo stato contemplativo trascende le parole (e prima ancora il pensiero), e ne mostra con chiarezza l’irriducibile relatività.

Nello stato contemplativo l’io è vuoto, è un puro specchio incondizionato da qualsiasi contenuto ‘aggiunto’, cioè da determinazioni concettuali e impulsi passionali: nessun ‘sapere che’, nessuna curiosità (piuttosto uno stupore), nessuna pretesa, nessuna cultura, nessun pensiero pietrificato, nessuna ansia, nessuna agitazione e, non da ultimo, nessun ‘ideale’, dacché l’unico ideale è proprio l’io vuoto come puro specchio creato, che – il mirabile Gioco di Specchi! – riflette la Luce dello Specchio sacro. Alberi, cielo e nuvole non sono più nominati poiché nell’io vuoto e libero le loro forme sono anche i loro nomi.

D’altro canto, proprio perché trascende le parole, quindi anche i nomi, lo stato contemplativo, che è speculare e quindi in sé senza forma, appunto vuoto, non può essere esaustivamento descritto. Di fatto, il de-scrivere, cioè lo scrivere-di, costituisce la formalizzante e perciò limitata possibilità delle parole. Ogni descrivere è irrimediabilmente una circo-scrivere, un ruotare della molteplicità delle parole intorno all’oggetto-in-sé che è uno.

Essendo relative, le parole non possono conoscere l’oggetto in sé, che resta irraggiungibilmente ‘la’: ob-jectum, posto di fronte, e quindi non possono che indugiarvi intorno, appunto nominandolo, parlandone, descrivendolo, circoscrivendolo, analizzandolo dall’esterno poiché impossibilitate a raggiungerlo. Chiaro che nessuna analisi filosofica, teologica e scientifica può davvero conoscere l’ob-jectum che è uno, e che anzi l’analisi stessa disintegra nei particolari, con ciò allontanandosi dalla sua conoscenza (che non corrisponde alla somma dei particolari).

La conoscenza dell’oggetto, quindi l’unione con esso, dacché non può esservi vera – e vitale! – conoscenza senza unione tra conoscente e conosciuto, è possibile soltanto nello stato contemplativo, nel quale è trascesa tanto la molteplicità degli oggetti, ciascuno dei quali è uno, quanto la molteplicità-relatività delle parole (e prima ancora del pensiero) che ne dicono questo e quello.

Filosoficamente, teologicamente e scientificamente, la Verità descritta-circoscritta non è la Verità-in-Sé, la quale, primieramente, cioè «in principio», è il Verbo che è Vita e Luce: in Esso «era la vita e la vita era la luce degli uomini», e la Luce non è concatenazione di parole e concetti, non è analisi, non è sillogismo, non è forma, bensì è l’Oltre grazie a cui ed in cui tali molteplicità possono sussistere: «tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui è stato fatto di ciò che esiste».

 

Nella Luce, nel Verbo, nella Verità-in-Sé, che è assoluta, si ricompongono le  contraddizioni che si trovano nel relativo, forse prima fra tutte quella fra Giustizia e Misericordia, posto che la mente umana comune, cioè non fruente dello stato contemplativo (ma ne fruisce inconsapevolmente, dato che tale stato è la sua vita!), non può concepire da se stessa una perfetta Giustizia perfettamente misericordiosa ed una perfetta Misericordia perfettamente giusta.  Il tratto distintivo/unitivo fra Giustizia e Misericordia non è individuabile dalla mente umana comune che è fortemente condizionata dal fatale dualismo inerente al relativo. Perciò in «questo mondo», che è il regno del relativo, il bene implica il male, il buono implica il cattivo. Nel relativo di «questo mondo», il bene e il buono hanno necessità di contrapporsi al male e al cattivo. Ma nel «Regno che non è di questo modo», ovvero nel Regno dell’Assoluto, intuibile nello stato contemplativo, tale conflitto, come ogni altra divisione, è inesistente.

«Se ti sedessi su una nuvola non vedresti la linea di confine tra una nazione l’altra, né la linea di divisione tra una fattoria e l’altra. Peccato che tu non possa sedere su una nuvola». (Khalil Gibran).

Le parole dei Libri sacri sono vere perché fluiscono dalla Verità-in-Sé che è la Parola Una, la «bellissima donna ignuda» mostrata dall’iconografia di Cesare Ripa, che le parole sia parlate e scritte diluiscono e quindi velano. Perciò, il passare attraverso il velo della molteplicità delle parole per assurgere alla chiarezza della Parola Una Svelata (Aletheia) esige lo stato contemplativo, lo stato speculare, lo stato vuoto e incondizionato che trascende l’umano continuamente invischiato nel relativo, magnetizzato dal relativo.

Di più, se si ritiene che i Libri sacri siano tali perché ispirati dall’Alto, quindi redatti in istato contemplativo e perciò senza il condizionamento impuro dell’elemento umano, deve altresì ammettersi che soltanto in tale stato essi possono essere davvero intesi. Diversamente il loro intendimento resterà velato, approssimativo e irricomponibile nella Verità Una, cioè nella Verità-in-Sé, nel Verbo Uno, nella Luce Una. Di qui l’impossibilità di pretendere che una qualsiasi formulazione in parole, come pure una qualsiasi interpretazione, entrambe inevitabilmente relative, possano presentarsi come assolute. Mai la relatività del pensiero e delle parole possono cogliere – e porgere – l’Assoluto in Sé.

 

Le parole costituiscono il linguaggio, ed il linguaggio è metro, è misura necessaria alla comunicazione, ma, ancora una volta, la misura è relativa all’ob-jectum di cui parla e non può renderlo nella sua unicità, massime se l’oggetto è Dio, cioè l’Assoluto. La misura non può in nessun modo cogliere l’Immenso, ossia l’Infinitamente Piccolo ed Infinitamente Grande che resta fuori della portata della mente umana comune, peraltro escogitatrice delle convenzionali unità di misura: una rete che mai potrà contenere il mistero l’Universo (particolarmente patetiche le misurazioni del tempo passato in miliardi di anni, niente più che ipotesi fantasiose spacciate per “scientifiche” alla massa beota).

Di più, riguardo al comunicare c’è di mezzo il personale «mondo di cose» di cui in Pirandello, “Sei personaggi in cerca d’autore”:

«Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sè, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo d’intenderci; non c’intendiamo mai!».

Un «suo mondo di cose» che ciascuno ha dentro, nessuno escluso. E si tratta di un argomento spigolosissimo che riguarda l’essere umano, dal più geniale al più idiota, dal più colto al più ignorante, dal più religioso al più ateo, fin dal suo primo giorno di vita (e forse anche da prima).

E tuttavia c’è la specialissima «misura» cui accenna Maestro Eckhart in incipit, riguardante l’assimilazione – homoiosis theo – dello specchio dell’anima allo Specchio divino nel quale «si compie l’unione come un’uguaglianza pura e indifferenziata».

Uscendo dallo stato contemplativo risulta chiaro come tutto – tutto! – ciò che esula da tale unione non sia che la relativa, affannosa illusione di «questo mondo», luogo dell’impermanenza, del cambiamento.

«Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Tutto passa, solo Dio non cambia» (Santa Teresa d’Avila).

A proposito di Specchio divino, e da appassionato del Sol Levante, concludo citando uno stupendo passaggio shinto (ma in fondo universale) di Kitabatake Chikafusa (XIV secolo):

«Lo specchio non nasconde nulla, esso splende senza una mente egoistica, riflette immancabilmente ogni cosa, cattiva o buona, giusta o sbagliata. Lo specchio è la fonte dell’onestà perché possiede la virtù di rispondere a seconda della forma degli oggetti. Esso rivela la giustezza e l’imparzialità della volontà divina».

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88 commenti

  • Adriana 1 ha detto:

    Caro Matto e
    Caro Antonio,
    invito entrambi ( se non l’avete già fatto ) a leggere l’ultimo articolo di Blondet.
    http://www.maurizioblondet.it/horror-fati-il-rifiuto-della-realta/

    • luca antonio ha detto:

      Grazie per la segnalazione Adriana, ma il commento a questo ottimo articolo merita, tanto e’ ricco di spunti, altro spazio del tempo che ora posso dedicargli. Argomento caldo, si presentera’ l’occasione di riparlarne.
      Grazie di nuovo e alla prossima; si parlera’ di Hegel, Eraclito, assiologia, comunismo, novissimi e credo altro ancora, … sempre a Dio piacendo.

  • luca antonio ha detto:

    Davvero grazie cara Adriana e caro Matto,
    un abbraccio.
    Alla prossima, alle Muse piacendo.

  • il Matto ha detto:

    Adriana e Luca Antonio,

    nei vostri interventi avete evocato maestri giapponesi di Budo e ancora dojo e sensei.
    Ovviamente, come si dice, mi avete invitato a nozze!😄

    Allora, spero vi sia gradito questo sincero omaggio:

    https://www.taianokai.org/?p=3630

  • il Matto ha detto:

    Faccio i complimenti ad Adriana e a Luca Antonio per i loro scambi di fronte ai quali mi sento culturalmente annichilito e non posso fare altro che da spettatore. Infatti, non avendo i numeri, non potrei reggere il loro “ritmo” neanche per due minuti.

    Soltanto, mi sorge una domanda … che tengo per me. 😎

    • Adriana 1 ha detto:

      Enrico, credo di conoscere la tua domanda: ” A che pro? “.
      Al livello più ” basso ” per cercare di tenere allenata la propria mente.
      Salendo un po’.. ricorrere alla scrittura per cercare di allentare certi grovigli di domande che, comunque mi si annidano nel cuore/mente. Ne convengo: è un po’ come pattinare sul ghiaccio. La consolazione è che esistono precedenti…
      youtube.com/watch?v=s_GC3LjlxKM;- i Mandei-.
      Lezioni sullo gnosticismo, I puntata
      entrambe del prof.Edmondo Lupieri.
      Trovo la ricerca stimolante. Ciao.

      • il Matto ha detto:

        Carissima,

        lo sapevo che … sapevi la domanda.😄

        “Allenamento della mente”: certamente, ma l’allenamento può essere eccessivo, e da mezzo (limitatissimo) può diventare un fine, e così ci si soddisfa o addirittura ci si consola di starsene sul livello più “basso”.

        Molto, molto interessante: “I grovigli di domande che si annidano nel cuore e nella mente”. In altri termini, il … “ghiaccio” su cui si prova tantissimo piacere a “pattinare”.

        Personalmente (ma io sono Matto) ho sperimentato che grovigli di domande suscitano grovigli di risposte che a loro volta suscitano grovigli di domande, in un giro vizioso che non conosce requie.

        A proposito di precedenti: c’è la procedura apofatica (l’aphairesis plotiniana) di cui sai che sono un entusiasta anche se modesto seguace.

        Prima di cessare di tediarti mi concedo il solito, preziosissimo, apofatico riferimento estremorientale:

        «Non cercate di seguire le orme degli antichi saggi; cercate ciò che essi hanno cercato». (Matsuo Basho – 1644-1694).

        Qui i “pattini” non servono! 😁

        • Adriana 1 ha detto:

          Bravo Basho,
          ma: 1)” esercita la memoria, se non vuoi che essa diminuisca “…
          2) Cercare Troia e Micene furono un tormento e una gioia per Schliemann che durarono tutta la vita…
          3) Ognuno cerca il suo tesoro, il mistico occidentale in adorazione del sangue, così come il mistico orientale che aspira al distacco e perfino all’oblio di se stesso…
          4) Non so se quello che trovo a disposizione è oro o princisbecco, però il fatto che molti si siano posti i miei stessi interrogativi è consolante tanto, quanto per Schliemann deve esser stato il sentirsi a colloquio con gli eroi greci, o il credersi a…il che è lo stesso. ( Nota finale: le 2 conferenze indicate, le trovo stimolanti soprattutto perchè vertono sul problema del rapporto tra Dio e il Male, problema sul quale trovo assai poco soddisfacenti le risposte del Catechismo ).

          • il Matto ha detto:

            Tu mi provochi e io … 😅

            “Ognuno cerca il suo tesoro”: ma allora il Tesoro non è soltanto Uno? Non e Quello soltanto? Non è soltanto il “Ciò” di Basho? Non è il Principio che in quanto tale è Unico? I sentieri lungo la Montagna sono vari, ma la Cima non è forse la Medesima?

            Coloro che si sono posti il medesimo interrogativo hanno lasciato tracce, ma Basho dice di cercare Ciò che essi hanno cercato, e che verosimilmente è oltre le loro (e le nostre) tracce. Le tracce si lasciano sulla terra, e seguirle trattiene in terra, perciò occorre spiccare il volo, occorre dis-interrarsi, annullare la forza di gravità del pensum (quantità), cioè dal pensiero!

            Circa Dio e il male non trovi risposte soddisfacenti nel Catechismo? Nemmeno io. Ma se speriamo di trovarle altrove ci illudiamo. Il tema di Dio e del male, come anche del bene e del male, richiede, a mio avviso, uno stato di coscienza elevatissimo, sovrumano, quindi puro, nitido, incondizionato da checchessia.

            All’oblio di se stesso del mistico orientale corrisponde perfettamente il famoso e … obliato: “chi vuol salvare la propria vita la perderà”. E qui ci sarebbe da fare l’inventario di tutte le proprietà – d’ogni genere – con le quali si identifica il sé.

            Concludo ricordando l’altrettanto famoso, apofatico: “non accumulate tesori in terra” …

            Spero di non averti rotto le scatole.

            Buona serata.

        • Adriana 1 ha detto:

          Caro Enrico,
          tu non rompi mai, al contrario, amo la tua apertura mentale Le strade…e il traguardo: Conosci la lettera del Petrarca al fratello Gherardo ( che si farà frate )? Entrambi impegnati nella scalata alla vetta del monte Ventoso e…entrambi alpinisti. E’ ricca di osservazioni psicologiche e morali. Il fratello prende con foga la ” diretta “, il poeta, per indole e natura sua, sceglie il cammino a zig-zag, preferendo nel frattempo, incantarsi ad osservare il paesaggio e immergersi nell’analisi di se stesso. Egli si duole di non possedere la certezza, la forza della Fede che nell’altro appare, per così dire, prorompente, mai sfiorata da dubbi.
          Se ne fa, naturalmente, anche una colpa, eppure sa che ognuno è fatto a suo modo…e non sta scritto che, perciò, questo sia un male. ( Tra l’altro il monte è veramente ventoso, tanto che, vicino alla vetta la roccia appare sbriciolata dal soffio secolare o millenario dell’aria. Ne serbo un ricordo vivissimo ).
          Le frasi evangeliche che hai citato possiedono un sapore buddista, come anche quella riguardante i gigli dei campi più belli della veste di Salomone. Credo tu sappia che alcuni studiosi hanno asserito che sia in Egitto, sia in Palestina si fossero installate delle comunità buddiste. Oppure dobbiamo dire con Jung che queste coincidenze sono da attribuire allo spirito dei popoli? Frasi che da sempre avevano colpito anche me. Perchè? non so, Citando Totò direi che ci sono nata. Quanto alle IIlusioni…sono del parere del Foscolo. Del resto, anche l’esser sicuri che al “problema” non ci si può nemmeno avvicinare può essere soltanto un’illusione.
          Stammi bene…

          • il Matto ha detto:

            E se Petrarca e il fratello Gherardo sussistessero in un’unica persona?

            Credo non resti che continuare con i nostri amabili scambi che pur nella loro eterogeneità, o proprio grazie ad essa, nascondono il filo d’oro che ci unisce: cosa per me più che palese.

            Oyasumi nasai.

        • luca antonio ha detto:

          “Personalmente (ma io sono Matto) ho sperimentato che grovigli di domande suscitano grovigli di risposte che a loro volta suscitano grovigli di domande…”
          L’essenza dell’uomo ha la forma di una domanda scriveva Heiddeger, e se in virtù di ciò il circolo non fosse vizioso ma virtuoso; siamo così sicuri che la meta sia più importante del viaggio ?, o non è forse il viaggio stesso la meta ?. E in che misura possiamo capire il senso di questa nostra fatica?
          “Dai la cera, togli la cera” dice il maestro Miyagi ad un poco entusiasta allievo in un film che certamente ricorderà, e chi può sapere che gli “ordini” che Dio ci ha impartito e che guardiamo con tanto scetticismo non sia un “Dai la cera un togli la cera” per scopi di cui noi non abbiamo oggi contezza?.

          • Adriana 1 ha detto:

            La definizione di Heidegger ha la natura di un lampo che squarci la notte. E…sì: forse il senso dell’esistenza è racchiuso nel viaggio. Ma che straordinario viaggio!!!

          • il Matto ha detto:

            “O non è forse il viaggio stesso la meta?”

            Mi fa venire in mente il titolo di un libro di don Divo Barsotti: “La fuga immobile”.

            Che vogliamo fare? Risolvere questo koan pensandoci? Facendoci una caterva di domande? Adoperando la logica? Citando questo o quel filosofo?

            I miei ringraziamenti per i suoi poderosi e ponderosi contributi.

    • luca antonio ha detto:

      Il merito in gran parte è suo caro Matto, che propone gli argomenti e di interlocutori come Adriana decisamente sopra la media. Bella e interessantissima, conversazione…
      partita da uno specchio.
      Per quanto mi riguarda il pro per me è contenuto nella risposta sotto e da una insaziabile curiosità.
      Grazie.

  • luca antonio ha detto:

    Ariana, legga questo, nell’altro c’è un errore.
    “Mi ero limitata ad osservare che Céline non è un cultore della sofferenza redentiva cristiana.” Da qui si capisce l’inadeguatezza ,compresi i miei di fraintendimenti, di questo mezzo per comunicare realmente qualcosa. Quando mai ho affermato che Celine è un cultore della sofferenza redentiva cristiana?. Ho solo riportato la sua opinione dell’uomo, dell’uomo così com’è, senza nessun abbellimento ideologico, morale o religioso, per collegarlo poi al tentativo di certa cultura, improntata allo “psicologismo”, di partire dall’interno dell’uomo stesso per dare una qualche senso e dignità al suo “putridume”- sempre Celine-. Si parlava di foro interno ed esterno e, se non sono stato chiaro nel corso di interventi di anni, ribadisco che l’aver abbandonato la solida idea che l’uomo debba essere definito per quello che fa piuttosto che per quello che sente nel proprio “pantano psichico” -Marco Vannini- ha rappresentato e rappresenta la grande impostura e la grande catastrofe spirituale dell’ormai ex civiltà occidentale e della stessa Chiesa Cattolica. Tutto il mio discorso su Perugino, Caravaggio, Lutero, l’uomo vitruviano, Celine, va inquadrato in questo contesto. Partire dalla centralità dell’uomo anzichè dalla centralità di Dio è la stato causa di un malessere spirituale mai visto prima; malessere spirituale che poi, franando le le cose sempre dall’alto – già travolto l’intelletto, basti pensare al Gender, solo per fare un esempio tra tanti-
    si appresta a porre la parola fine, anche materialmente, a duemila anni di Storia.
    Un caro saluto e grazie per le preghiere, mai indegne.

    • Adriana 1 ha detto:

      Luca Antonio,
      sinceramente e per chiarezza il lascerei fuori i maestri della pittura che lei ha citato: l’uomo vitruviano è una proposta leonardesca al canone di Policleto e non invita più di altri suoi disegni all’indagine psicologica, né questa è sorgente di male. Tutto dipende dalle intenzioni e il cosiddetto psicologismo attuale non differisce per niente, secondo me, dal riscaldamento globale, dallo scientismo vaccinale, dalla pubblicità del gender ecc., ecc… “Secondo me”, ripeto, la bruttissima piega è iniziata con gli alchimisti autori della bomba atomica. Un fare, non solamente un concepire., e , se proprio vogliamo riferimenti all’arte,, pensiamo alla musica atonale o a pittori come Bacon che descrivono la confusione dell’uomo moderno.
      Sapeva che nei rioni più islamici della Francia esistono bambole e orsacchiotti per bambini privi di occhi e di lineamenti in nome della loro religione? E crede che questi orrori non spingano alla violenza dell’estremismo fin dall’infanzia?
      Violenza che è sicuramente un ” fare”. Ma di che genere?
      Est modus in rebus… Cari saluti.

      • luca antonio ha detto:

        Quante cose… si potrebbe parlare all’infinito…
        I riferimenti non sono altro che tessere, sono tutti leciti se servono a comporre un mosaico coerente, che poi il mosaico sia parziale, anzi molto parziale, è inevitabile, che piaccia o meno è ancora altra questione.
        La buona arte riflette le temperie culturali di un’epoca, la grande arte le anticipa, ma tutte le permeano; il rinascimento, ha rappresentato l’inizio della fine di quello che Kant chiamerà “stato di minorità”
        dell’uomo; uomo che progressivamente ha usato sempre di più il proprio sentire, oggi i propri deliranti capricci, per valutare il Mondo.
        Bouguereau era tecnicamente il più bravo, e il più pagato, di tutti, ma gli impressionisti avevano intuito che, appunto, il mondo
        – complice lo sviluppo esaltante ma anche disumanizzante della tecnica, ma questi sono fili che non possono essere tirati adesso –
        andava “reinterpretato” sulla base delle “impressioni” umane; l’espressionismo porta a conclusione il percorso utilizzando il mondo solo come pretesto per “esprimere” il proprio mondo interiore, che nel seguito diventerà, va da sé – la galera dell’Io non vede mai il sole – insensato incubo interiore;
        Bacon è solo il frutto di un naturale processo putrefattivo iniziato secoli prima.
        La musica atonale opera sullo stesso crinale, essa rappresenta, chiedo venia in anticipo per l’appesantimento delle citazioni ma meglio non saprei dire: “…il venire meno di una globale visione della realtà, delle cose, dentro la quale i secoli passati avevano fondato e organizzato i loro diversi, ma nella sostanza omogenei, orizzonti di senso. La visione …basata sulla convinzione che ci fosse un Essere certo e imperituro al fondo delle cose.” (Enrica Lisciani-Petrini Il suono incrinato ed. Einaudi) …e ancora, stavolta Adorno, Filosofia della musica moderna: “La prevalenza di elementi atomistici fa sì che si dissolva il concetto del nesso musicale senza il quale non si può parlare di musica.”, come, analogamente a mio avviso, in virtù dei medesimi ragionamenti, non si può parlare di pittura, se non in senso formale, per quasi tutta la pittura del novecento, in quanto dette “opere d’arte”
        – atomistiche e autoreferenziali creazioni di “artisti” elevatisi a Dio, “L’opera d’arte…non è più ancella ma padrona essendo divenuta creazione di un creatore pari a Dio…” disse una volta Paul Klee –
        rappresentano esclusivamente un riflesso narcisistico, un borborigmo della psiche infima, cui tutti son buoni e la frase, vera o no, di Andy Warhol sul quarto d’ora di celebrità qui calza a pennello.
        Un caro saluto e grazie.

        • Adriana 1 ha detto:

          Luca Antonio,
          confermo: i mutamenti sono innumerevoli e le cause pure. Per quanto riguarda la pittura, inoltre, bisogna tener presente la sostituzione dei colori organici con quelli chimici e quella degl antichi, affusolati pennelli di marora e visone con quelli piatti di setole di maiale…Voglio dire che la tecnica, o la tecnologia ha sostituito- e continua a farlo- il lavoro, frutto di una elaborazione lenta del pensiero, con la velocità e l’economicità dell’azione- qualunque essa sia- ed elaborata da qualsiasi creatura meccanica sia in grado di sostituire il lavoro umano.
          Mi dispiace per Klee, ma la nostra non è l’epoca in cui gli artisti sono dei privilegiati, al contrario, sono stati messi all’angolo dai nuovi tecnocrati e da coloro che detengono i capitali ( mai così enormi ) per farli agire a loro comando.
          La “mano” di Cattelan rappresenta una inane forma di protesta, preceduta, peraltro dalla ” merda d’artista ” di Carletto Manzoni… Pistoletto sguazza nella monnezza e il pubblico continua ad applaudire il Re nudo….ma anche i pupazzoni e le “bruttechiese” finanziate dal Vaticano. Questa non è psicologia, bensì piuttosto dissociazione intellettiva. Qualcuno ci vuole innocui come i protagonisti del film ” Idiocrathy ” e candidi come la povera pecora Dolly. Ce la faranno? Io mi auguro di no.

          • luca antonio ha detto:

            Sull’uso dell’arte per fini ormai puramente propagandistici e sulla misera fine degli artisti (o sarebbe meglio dire dell’arte? ), d’accordissimo.
            E basta sostituire “…nuovi tecnocrati e da coloro che detengono i capitali ( mai così enormi )” con fascismo e abbiamo, assieme al resto del Suo concetto, una buona sintesi de
            ” L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” di Walter Benjamin.
            Grazie.

          • Adriana 1 ha detto:

            Luca Antonio,
            dissento però sull’uso e l’abuso del termine ” fascista”.
            Perchè, invece, non parlare di un ” transumanesimo ” che si nasconde dietro a un malinteso prometeismo filantropico? L’ultimo
            ” lapsus ” di
            Kamala Harris mi pare più che eloquente ad illustrarlo.

  • Adriana 1 ha detto:

    Luca Antonio,
    mai riferito niente alla mia persona.
    Battute astratte…che significa? Ci sono battute concrete? Forse i pugni?
    Quanto al testo…lo conosco.
    Mi ero limitata ad osservare che Céline non è un cultore della sofferenza redentiva cristiana.
    Il non aver capito questo sono, però, affari suoi…molto aggrovigliati e poco rilassati.
    Mi stia bene. Farò una preghiera anche per lei- indegnamente-.

    • luca antonio ha detto:

      “Mi ero limitata ad osservare che Céline non è un cultore della sofferenza redentiva cristiana.”
      Da qui si capisce l’inadeguatezza ,compresi i miei di fraintendimenti, di questo mezzo per comunicare realmente qualcosa. Quando mai ho affermato che Celine è un cultore della sofferenza redentiva cristiana?. Ho solo riportato la sua opinione dell’uomo, dell’uomo così com’è, senza nessun abbellimento ideologico, morale o religioso, per collegarlo poi al tentativo di certa cultura, improntata allo “psicologismo”, di partire dall’interno dell’uomo stesso per dare una qualche senso e dignità al suo “putridume”- sempre Celine-.
      Si parlava di foro interno ed esterno e, se non sono stato chiaro nel corso di interventi di anni, ribadisco che l’aver abbandonato la solida idea che l’uomo debba essere definito per quello che fa piuttosto che per quello che sente.
      La ricerca di una qualche salvezza o certezza nel proprio “pantano psichico” -Marco Vannini- ha rappresentato e rappresenta la grande impostura e la grande catastrofe spirituale dell’ormai ex civiltà occidentale e della stessa Chiesa Cattolica.
      Tutto il mio discorso su Perugino, Caravaggio, Lutero, l’uomo vitruviano, Celine, va inquadrato in questo contesto.
      Partire dalla centralità dell’uomo anzichè dalla centralità di Dio è la stato causa di un malessere spirituale mai visto prima; malessere spirituale che poi, franando le le cose sempre dall’alto – già travolto l’intelletto (basti pensare al Gender, solo per fare un esempio tra tanti)- si appresta a porre la parola fine, anche materialmente, a duemila anni di Storia.
      Un caro saluto e grazie per le preghiere, mai indegne.

  • luca antonio ha detto:

    “Caro Luca Antonio,
    la disinvoltura con cui lei attribuisce ad autori, pensatori e ad artisti le sue aprioristiche convinzioni è la dimostrazione palese del relativismo delle proprie convinzioni.”
    E la disinvoltura con cui Lei, Adriana cara, attribuisce riferimenti e battute del tutto astratte alla sua augusta persona e’ la dimostrazione palese della propria insicurezza, si rilassi, e magari si compri Viaggio al termine della notte edizioni Corbaccio, li’, nell’appendice, Celine afferma in un’intervista quello da me semplicemente riportato, le sue convinzioni sull’uomo sono quelle, sono storia della letteratura, non ho attribuito a lui proprio niente che non fosse gia’ esplicitamente dichiarato da lui medesimo, l’uomo e’ davvero poca cosa. Per il resto, come ha gia’ detto il Matto, “words….words….words…”
    Come sempre, la mia stima e un caro saluto.

  • il Matto ha detto:

    Adriana carissima,

    confermo che i complimenti erano per il tuo intervento.

    Ritengo si possa affermare come la superfetazione sia implicita nel pensiero.
    L’essere umano pensa … pensa… pensa … e parla … parla … parla … e scrive … scrive … scrive … esattamente come, da Matto, sta facendo il sottoscritto.
    Ma dove giunge il pensiero? Per quel che mi consta … a niente!

    In ordine ad un determinato argomento, il pensiero pensa, e questo pensare non è che un girare intorno ad un oggetto senza poterlo mai raggiungere. Il pensiero pensa “di” una certa cosa e la parola parla “di” quella certa cosa.

    Nel pensiero e nella parola, per quanto mi riguarda, non vedo altra possibilità di suscitare una relazione fra coloro che pensano e parlano, ciascuno a modo loro, circa un oggetto. Ora, si tratta di vedere la QUALITA’ di tale relazione, etc. etc. etc. etc. etc. etc.

    • Adriana 1 ha detto:

      Matto caro,
      qualcuno, esercitando il pensiero, a qualcosa è arrivato…Archimede, Cartesio, Newton, Leibnitz, Bach, Buddha…
      anche la scommessa sulla Fede di Pascal non è male…e neppure la sua Pascalina.
      Il guaio accade quando il pensiero viene usato da sprovveduti alquanto vanagloriosi, o da malintenzionati che, per di più, usano parole improprie per sfornare dati fasulli. Se ne ottegono superfetazioni di Apocalissi ( Rivelazioni ) personalissime che impediscono ogni autentico ( almeno nelle intenzioni ) scambio di relazioni. Del resto l’uomo è “condannato” ad usare il linguaggio-sia esso lirico o matematico-. Auspicheresti un ritorno ai versi belluini? Quelli indirettamente suggeriti dalla attuale neochiesa che ne espose una cospicua ed ammirevole serie sul palcoscenico di S.Pietro?

    • Adriana 1 ha detto:

      Aggiungo…
      Caro Matto, rileggendo il tuo ultimo intervento, credo di aver capito che tu ti lagni, in fondo, dell’assenza nell’uomo della facoltà di creare ex nihilo un oggetto o una creatura a sua discrezione…lo so: è un antico corruccio che ora alcuni alchimisti-stregoni vogliono eliminare con mezzi che io giudico atroci ma che essi ritengono benefici.
      Più l’uomo vuole atteggiarsi a Creatore più cade in basso.
      Non sarà un caso che Dante abbia dato una fisionomia di stupida, immobile, congelata bestialità a Colui che domina il regno dei peggiori e più intelligenti e astuti traditori , il cui pensiero era e fu straordinariamente mobile in vita.

  • il Matto ha detto:

    Adriana, ti rispondo qui “in cima” ai commenti (per pur senso pratico).

    Il Creatore può stare in un piccolo tempio di pietra come nell’immenso tempio dell’universo. Lo PUŌ perché il suo potere è illimitato.
    Siamo ben oltre il dominio abbastanza ristretto della ragione, necessaria, sì, alla vita terrena, peraltro provvisoria, ma di ingombro per l’elevazione dell’anima, o, se vuoi, per uno stato superiore di coscienza.

    Lo Specchio non giudica: il giudizio è implicito nel modo d’essere dell’oggetto riflesso, massime per l’essere umano: il farabutto come il santo sono già giudicati dal loro modo d’essere che comporta “automaticamente” le rispettive conseguenze. Non c’è necessità di una punizione o di una gratifica da parte dello Specchio.
    Lo Specchio lascia libero il modo d’essere ma lo riflette con precisione assoluta perché lo trascende.
    Finisco con un accenno allo specchio in quanto strumento dell’esame di coscienza.

    • Adriana 1 ha detto:

      Caro Matto,
      concordo, ma…come la mettiamo con le ossecrazioni e le esecrazioni di matrice giudaico-cristiana?

      • il Matto ha detto:

        Il giudeo-cristianesimo non mi interessa.
        Io sono Romano e Cristiano in quanto Cristo è “Sacerdote in eterno dell’Ordine di Melchisedek”.
        Abramo paga la decima a Melchisedek. Chiaro?

        Dimenticato questo (e andato alle ortiche il silenzio contemplativo), lo sfacelo, come si vede, è alle porte.

        Che te ne pare come buongiorno? 😍

        • Adriana 1 ha detto:

          Caro Matto,
          ottimo!
          Rifarsi allo studio di elementi che pochi vogliono trattare, perchè teologicamente ed accademicamente “scomodi” è sempre affascinante, come pure può darsi che proprio in essi si individui il nascosto sentiero che porti a nuove-antiche scoperte di verità….allora, però, anche il testo enochiano diviene interessante, così come certi frammenti di Qumran.

          • il Matto ha detto:

            Dimenticato Melchisedek, dimenticato il Cristianesimo e vien fuori il Cristo “ebreo”, ovviamente … migrante.

  • luca antonio ha detto:

    Non c’è che dire, il Matto va sempre ringraziato per le sue riflessioni che aiutano a capire le temperie culturali di questi tempi e suscitare, grazie ad interlocutori all’altezza, altrettante stimolanti opinioni. Qui poi finiscono per confluire così tanti stimoli che si fa un po’ fatica a dipanare la matassa ed ho solo un quarto d’ora, ma proviamoci con delle domande:
    siamo sicuri che lo specchio è quello di cui ha bisogno l’anima? il mito di Narciso non insegna nulla?, o piuttosto l’anima ha bisogno di sentirsi vivere in Dio e grazie a Dio come la trota del fiume vive nell’acqua e grazie all’acqua?, trovandosi quindi , al di là di ogni titanica pretesa della mente, nell’impossibilità di oggetivizzare Dio?.
    Il kali yuga spirituale comincia da Narciso, dalla contemplazione di sé – Ma chi ti ha fatto sapere che sei nudo? hai mangiato il frutto che ti avevo proibito di mangiare?… la cacciata dal Paradiso dipende da questo come del resto la raccomandazione di Tiresia alla madre di Narciso è sulla stessa linea “non fargli mai conoscere se stesso” –. Tutto verte sulla perdita dell’innocenza, della contemplazione dell’anima che con occhi non contaminati dal pensiero di sé.
    Caravaggio, tra i pochi, non a caso, per i motivi che sotto brevemente accennerò, dipinge il Narciso.
    In questi giorni a Perugia si dà una bella mostra del Perugino che aiuta ad esplicare, spero, quanto intendo dire. Il Perugino attrae per la serenità e la luminosità dei suoi sfondi anche per inserire soggetti altamente drammatici (il trittico Galtzin ad es.), questo non è casuale, è una chiara interpretazione della spiritualità dell’epoca, lo sfondo rappresenta il contesto in cui si muove l’uomo, intende dire che per quanto la vita possa essere, anzi è, sofferenza, questa sofferenza trova la sua giustificazione all’interno della contemplazione della bellezza creata da Dio.
    Caravaggio, che risente pesantemente dell’eresia luterana in cui l’uomo sprofonda nel pantano psichico – come acutamente rilevato da Marco Vannini che ha scritto sull’argomento Lutero un intero libro –, con i suoi sfondi neri distacca l’uomo da un contesto superiore intellegibile, dalla contemplazione dell’opera di Dio, lasciandolo solo con il suo ego e con il suo, a questo punto insensato, dolore.
    Forse in questa ottica ben avevano visto gli iconoclasti che contestavano la riproduzione della figura umana – Ebraismo e Islam ancora oggi la proibiscono -, forse intuivano che si sarebbe arrivati ai selfie permanenti, con l’occhio eternamente puntato sull’inferno del proprio narcisismo.
    Scusatemi per la brevità un caro saluto a tutti.

    • Adriana 1 ha detto:

      Caro Luca Antonio,
      tanto fa piacere la sua venuta, quanto dispiace la sua dipartita, sempre improvvisa, rapida e veloce e tanto più mortificante in quanto mi pare che questo argomento meriterebbe un intervento assai più lungo e un’indagine più accurata…Non si scaglia il sasso nell’acqua di Narciso per poi andarsene, nascondendo la mano che l’ha lanciato.
      Innanzitutto: non è affatto dimostrato che l’autore di questo quadro sia il Caravaggio. Lo scrisse Longhi, però molti critici dopo di lui lo attribuirono, con ottime ragioni, ad altri, ( Spadarino, Gentileschi, Torioli ). Non attribuiamo al Merisi il mito di artista maledetto solo perchè i suoi sfondi sono prevalentemente scuri, nè, per il medesimo motivo, è lecito farne un seguace del Kattivo Lutero. Al contrario, nessun pittore prima di lui sembrò amare e ritrarre tante volte il Cristo…Amava sicuramente una forma di Cristianesimo pauperistico, ma…sulle orme di S.Filippo Neri- che conobbe e ammirò- e di cui, assistette, molto probabilmente a certi fenomeni estatici, tanto da rinnovare, in pittura, l’iconografia dell’estasi cristiana.
      Il mito di Narciso risale, almeno, a Conone (II sec. a.C.) ed affascinò molti artisti, anche perchè Narciso non viene presentato come un giovanetto sprovveduto, ma come un giovane crudele che induce molti suoi spasimanti, non (castamente e perciò crudelmente) ricambiati, al suicidio e la povera Ninfa Eco ad esaurirsi in un’unica voce, adorante e replicante quella di lui, come meravigliosamente narra Ovidio…
      Inoltre varie furono le interpretazioni allegoriche di questo quadro, tra cui, quella di un uomo che cerca la conoscenza di se stesso e quella della conoscenza di Dio attraverso se stesso. Guarda un po’!…
      Inoltre, per favore, non dia ragione agli iconoclasti di vario tipo: prima di tutto perchè , una volta che Cristo ha assunto forma e sostanza umana è lecito cercare di ritrarla al meglio della propria cultura e sensibilità; secondariamente, perchè l’iconografia ha contribuito, forse meglio di tanti trattati, a diffondere la religione cristiana (Pensiamo ai versi di Francois Villon dedicati alla madre in contemplazione delle istoriate vetrate delle chiese).
      Ultima nota a piè di pagina: cerchi di osservare bene gli sfondi scuri dei quadri del Merisi…c’è sempre un pulviscolo dorato che ne illumina anche le tenebre più cupe…Sa, la luce divina penetra da per tutto…

      • luca antonio ha detto:

        Ha ragione Adriana cara, ben altro spazio meriterebbero questi argomenti. Grazie per la sua disamina sul Merisi, ma e’ mia opinione che non sia un caso che sia stato rivalutato, dal citato Longhi, solo bel secolo scorso in concomitanza con l’imporsi della truffa freuidiana. Volendo coinvolgere nel discorso anche Leonardo ho sempre pensato che debba gran parte della sua fama all’uomo vitruviano eletto a “marchio” del rinascimento, la centralita’ dell’uomo rispetto all’universo che mi ricollega a Narciso e alla Sua relata “….quella di un uomo che cerca la conoscenza di se stesso e quella della conoscenza di Dio attraverso se stesso.”; ma il problema qui – massimalizzo sempre volendo lanciare un elemento di riflessione senza pretesa di esaustivita’, – e’ proprio questo : la pretesa dell’uomo di conoscere Dio partendo da se stesso, dalla sua “coscienza”, anziche’ dal foro esterno che ordina, delimita e definisce il suo, dell’uomo, stare nel mondo. Sul portale del tempio di Delfi era scritto “conosci te stesso”, bella frase di cui ho sempre ascoltato l’interpretatazione sbagliata, quella della frase su Narciso sopra riportata, svincolata totalmente dalla seconda epigrafe posta sotto alla prima “Mai niente di troppo” a chiarire e significare invece “Conosci i tuoi limiti … mai niente di troppo per Te, umile creatura sottoposta ad ogni gioco della natura e del Destino”; interpretazione, questa mia, confermata dalla ferma condanna del mondo greco dell’ ybris, il tentativo di uscire dai limiti della propria costituzione umana, Icaro e Prometeo sono ancora li’ a ricordarcelo, e acclarata dalla tragedia greca tutta.
        Sul fatto che la pittura, meravigliosa pittura!, sia stata nei secoli passati veicolo del messaggio cristiano nulla da eccepire, ma faccio notare che l’apice della pura fede si e’ toccato nel 1200 quando la grande pittura era da venire e che forse, nei secoli successivi, l’Avversario abbi trovato sempre piu’ redditizio spingere sull’antropizzazione di Dio, sino a far coincidere l’uomo, l’abbiamo tutti sotto gli occhi, con Dio stesso, e la 2a lettera ai Tessalonicesi aveva previsto tutto.
        Ho lanciato altri sassi che meriterebbero altro spazio Adriana, ma l’importante e’ gettare dei semi di riflessione, poi ognuno li fa maturare secondo le sue inclinazioni e i suoi meriti.
        Un grazie di cuore per il suo bell’ intervento e un caro saluto.

        • Adriana 1 ha detto:

          Caro Luca Antonio,
          mi compiaccio del modo gentile di affacciarsi dal podio della disputa che, seppur non vuole convertire nessuno, può esser utile, a ragione, a dare la stura a riflessioni non del tutto banali.
          Il problema della ” misura ” mi è molto caro. Infatti lo pseudonimo mio su disqus è proprio tratto dai famosi versi : ” Sunt certi, denique, fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum ” ( Orazio, Satire, V ). ( esistono, infine, determinati limiti, al di là e al di qua dai quali non può stare in vigore nulla di giusto ).
          Infatti, in origine, la Moira ( ingl. doom, destino avverso, condanna ) corrispondeva a 1 grado della circonferenza. Nell’Odissea viene ricordato Egisto che per due volte compie atti ” sopra la moira “, oltre il grado, cosicchè egli eccede di misura ed inficia il destino proprio ed altrui.
          Come si comprende il concetto è moto antico e l’architrave del tempio di Delfi non fa che ribadire l’avviso di non ” sconfinare “, lo stesso che Apollo rivolge ad Achille e a Diomede nell’Iliade, perchè ” gli uomini non sono altro che miseri mortali che, come le foglie, ora fioriscono in pieno splendore, mangiando i frutti del campo, ora languiscono e muoiono “. Poi…arriva Platone e, soprattutto, Plotino che individua sia il percorso mistico sia quello di evoluzione intellettiva diretti al congiungimento con la propria essenza divina. Da cui S. Agostino : ” Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas “: bisogna tornare all’esame della nostra profondità per attingere alle idee platoniche di perfezione, ma, stavolta, non per reminiscenza, bensì per illuminazione operata direttamente da Dio. Qui siamo alle origini del pensiero cristiano che tanto deve a quello greco, ma anche, come è facile capire, all’origine del pensiero del frate agostiniano Martin Lutero, per cui solo alcuni sono scelti da una Potenza assoluta- al di là, o al di qua del concetto di Moira.-
          Il ” foro esterno ” è dunque costituito da alcuni “illuminati” da Dio- Padre riuniti in gruppo? A questi soli si deve totale obbedienza? Ma Gesù non disse che nessuno, prima di Lui aveva visto in faccia il ” Padre “? Eppure Abramo e Mosè lo videro, gli parlarono e “contrattarono” con Lui. A forza di stargLi vicino Mosè arrivò a bruciarsi il volto che dovette tener coperto…
          Quanto all’arte nei secoli, è ovvio ed interessante che ognuno mantenga le proprie preferenze. Per me, per esempio, il ” celestiale ” appartiene al domenicano Beato Angelico, il ” tremendum ” a Michelangelo. Quanto a Freud e ai sogni ricorrenti di Leonardo, non mi preoccuperei. In fondo Freud sembra svolgere l’analogo ruolo che il suo bis-bi-bisavolo Giuseppe interpretò in Egitto.
          Grazie della pazienza nella lettura, saluti, Adriana.

          • il Matto ha detto:

            I miei complimenti. 🥰

          • luca antonio ha detto:

            Mi associo al Matto per i complimenti e finisco con due annotazioni,
            1) per foro esterno, forum, teatro esterno, non mi riferisco solo a persone illuminate ma sopra tutto ai limiti, ai confini -rappresentati da uomini, leggi, cose, circostanze, insomma il mondo come Dio lo ha fatto- che l’uomo incontra alla ricerca del “reale”, del vero; limiti che a spesso si fanno sentire con “dolore” ma che al tempo stesso forgiano l’anima e la definiscono
            ( “…forse è proprio questo che cerchiamo nella vita, la maggior pena possibile per diventare se stessi prima di morire.” il già citato Celine, ricorda Adriana? ) ;
            2) l’anima illuminata da Dio non viene illuminata, e quindi salvata, per predestinazione – tesi questa condannata fermamente, “…anathema sit”, dal concilio di Trento – ma, per attenta “pulizia” della stessa da parte del suo proprietario, solo cercando di diventare “specchio” – qui sì, ma non per vedere se stessi ma per riflettere agli altri la Luce di Dio- e affaticandoci a pulire e a tener pulita l’anima/specchio possiamo ricevere la luce, l’illuminazione.
            Un rinnovato grazie e un caro saluto a tutti.

        • Adriana 1 ha detto:

          Caro Luca Antonio,
          mi complimento per il modo gentile di affacciarsi al podio della disputa che, seppur non sia intesa a convertire nessuno, può a ragione esser utile per dare la stura a riflessioni non del tutto banali.
          Il problema della ” misura ” mi è molto caro. Infatti il mio pseudonimo su disqus è tratto dai famosi versi: ” sunt certi, denique, fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum “. ( Orazio, Satire, V ). (esistono, infine, determinati limiti al di là e aldi qua dei quali, nulla di giusto può sussistere ).
          Infatti, in origine la Moira ( destino, fato negativo ) era una semplice (!) misura: 1 grado dei 360 della circonferenza. Nell’Odissea viene ricordato Egisto che per ben sue volte commette atti ” sopra la Moira “: oltre il grado, cosicchè egli eccede di misura e inficia il destino proprio e quello d’altrui.
          Come si comprende, il concetto è molto antico e l’architrave del tempio di Delfi non fa che ribadire l’avviso di non ” sconfinare “, il medesimo che Apollo rivolge ad Achille e a Diomede nell’Iliade, perchè- egli afferma-: ” Gli uomini non sono altro che miseri mortali che, come le foglie, ora fioriscono in pieno splendore…ora languiscono e muoiono “.
          Poi….arriviamo a Platone e alla perfezione divina degli archetipi, poi ancora Plotino che individua sia il percorso mistico, sia quello intellettivo dell’umo, necessari al congiungimento di lui con la propria essenza divina…da cui S. Agostino e la sua raccomandazione cogente:
          ” Noli foras ire, in te ipsum redi,, in interiore homine habitat veritas “. Bisogna, dunque, immergerci nella nostra profondità per attingere alla perfezione delle idee,
          ( già platoniche ),stavolta, però, non per reminiscenza, bensì per l’illuminazione operata direttamente da Dio.
          E qui siamo veramente alle origini del pensiero cristiano,
          che tanto deve a quello greco, ma anche, come è facile da capire, all’origine del pensiero di un frate agostiniano- Martin Lutero- per il quale solo alcuni vengono scelti dalla Potenza Assoluta- al di qua e al di là del concetto di Misura.-
          Ci si chiede: ” il foro esterno “è dunque costituito esclusivamente da un gruppo di ” illuminati ” da Dio/Padre? Solamente ad essi bisogna portare obbedienza?
          Gesù affermò che nessuno mai, prima di lui, aveva visto in faccia il ” Padre “.
          Eppure Abramo e Mosè Lo videro, Gli parlarono, ” contrattarono con Lui…Mosè Gli stette tanto a lungo vicino che ne ebbe la faccia bruciata…
          Quanto a Freud e alla sua indagine sui sogno ricorrente di Leonardo, non me ne preoccuperei. In fondo non fa altro che svolgere il medesimo ruolo che il suo bis-bis-bis
          avolo, Giuseppe, interpretò in Egitto.
          Noticina finale: il ” Beato Angelico per il ” celestiale “, per il ” tremendum ” Michelangelo. Ognuno ha le sue preferenze, come è giusto che sia.

        • il Matto ha detto:

          “Mai niente di troppo” .

          Come (orrore!) … nello zen 😊

          • Adriana 1 ha detto:

            Caro Matto,
            se i complimenti sono diretti al mio intervento ti ringrazio.
            Quanto al principio della misura, della essenzialità, della consapevolezza dell’esistenza di confini che non si devono superare, gli antichi Greci così come quelli dell’Estremo Oriente svilupparono concezioni, per certi versi, analoghe.
            Come a te è caro il rilevare le affinità tra un certo pensiero cristiano ( quello più arduo ) e lo Zen, altrettanto caro a me è il riconoscerne le sue innegabili radici greche. Quel che ha da emergere emerga, al di là delle superfetazioni concresciute nel tempo- specie in questo ultimo tempo, che è quello della ignoranza-. Un caro saluto.

        • Adriana 1 ha detto:

          Caro Luca Antonio,
          grazie della ultima risposta…e dei complimenti.
          Strana questa citazione di Céline nel contesto di una serie di affermazioni che si svolgono all’insegna dell’ottimismo ( spirituale ).
          Non è facile, no, il vivere consapevoli di noi stessi. Come egli stesso scrisse: ” La gran fatica dell’esistenza non è, forse, insomma, nient’altro che questo gran darsi da fare per restare ragionevoli 20, 40 anni o più, per non essere semplicemente, profondamente se stessi, cioè immondi, atroci, assurdi. ”
          Forse ci salva la superficialità…il passare disinvoltamente dall’idola fori all’idola tribus, oppure ci può salvare l’Arte di cui, nonostante tutto, Céline ebbe il culto e per cui, in realtà, fu capace di sacrificare la propria vita.

          • luca antonio ha detto:

            👍🏻 …. e se non lo conosce legga il suo “Mea culpa”, il libricino europeo piu’ irriverente e schietto del secolo scorso. Aveva Il merito di andare al fondo mortale delle cose, dell’essere umano e della sua meschinita’ e finitezza, spoglio di tutto.
            La frase da Lei riportata e’ la perfetta rappresentzione del foro interno a cui una serqua sterminata di azzeccagarbugli dell’ anima vorrebbero attribuire chissa’ quali magnificienze…”La risposta e’ dentro di Te” diceva Quelo/ Guzzanti … ” ma e’ sbagliaaata ! 😁”.

          • Adriana 1 ha detto:

            Caro Luca Antonio,
            la disinvoltura con cui lei attribuisce ad autori, pensatori e ad artisti le sue aprioristiche convinzioni è la dimostrazione palese del relativismo delle proprie convinzioni.

    • il Matto ha detto:

      Come al solito, piacerissimo di risentirla, caro Luca Antonio.
      La ringrazio per il contributo, come sempre sostanzioso.

      Una sola cosa. Lei domanda “siamo sicuri che lo specchio è quello di cui ha bisogno l’anima?”

      Ma l’anima È lo specchio! 😊

  • Adriana 1 ha detto:

    Più, il Caravaggio, naturalmente.

    • il Matto ha detto:

      Adriana,

      non mi riferisco alla penombra nell’arte, bensì a ben altra penombra: quella dove allignano gli spiriti turbolenti della “pace”, della “bontà”, della “verità”. Insomma al “sottosuolo” che sfugge alla coscienza ordinaria e ci induce a credere nel nostro “libero arbitrio”.

  • Adriana 1 ha detto:

    Fisiologicamente e teologicamente occhi e orecchie non sono strumenti passivi…e neppure il cuore, come insegnavano i Maestri del Dolce Stil Novo.
    Occhi vuoti di Dio? Strano, in O.Wilde l’Anima del Pescatore, per poter tornare da lui attraversa il mondo alla ricerca del tesoro più significativo del globo. Lo trova- ben custodito e nascosto- in un tempio…è uno specchio ed è esso Il dio autentico.

  • CAGI41 ha detto:

    Leggendo l’articolo de il Matto, con grande fatica per il “razionalismo contorto, fumoso, che non approda mai a nulla”, mi è tornata in mente la fatica provata nel dover leggere per motivi culturali qualche testo degli gnostici moderni, che sanno tutto, discuisiscono di tutto in modo apparentemente razionale, molto razionale, ma che non approdano a nulla, perchè prescindono dalla Rivelazione, o meglio convinti di saperne di più, molto di più! Avete mai sentito Gesù che si richiama (Faccio solo un sempio) a un detto di un Kitabatake Chikafusa qualunque oppure a Khalil Gibran, magari per spiegare il suo insegnamento? Noi cristiani abbiamo la Verità in casa ed è fuorviante rifarsi a misere intuizioni di qualche uomo che era o è tuttora alla ricerca della Verità ma non è la Verità a cui potersi rifare in qualche modo! Gesù: “Io sono la Via, la Verità, la Vita!” e “Uno solo è il vostro Maestro!”. Gesù è insuperato e insuperabile. I cristiani hanno tutta la Verità, anche se purtoppo non ne sono coscienti e cercano in vano di arrampicarsi sugli specchi di fronte ai quali perdono il tempo ad ammirare se stessi!
    Secondo me, la contemplazione consiste nell’ammirare Dio in se stesso e nelle sue opere! In Se Stesso contemplando ammirati la Sua opera nel rivelarsi all’uomo, a ogni uomo, nella Sua grandezza anche se l’uomo è così limitato e ingrato. Nelle Sue opere, che sono di una bellezza mozzafiato! Basta guardare un fiore, un qualsiasi fiore per rimanere senza parole perché il fiore, quel fiore, nella sua singolarità, è una meraviglia mozzafiato che si riproduce da solo, in esemplari infiniti, ed è fatto per me! I fiori – per non parlare di ogni singola creatura – hanno un che di infinito in se stessi e nel numero di varietà che compongono la specie! Basterebbe, secondo me, rendersi conto di questa realtà e tutto il resto svanirebbe nell’insignificanza!

    • il Matto ha detto:

      Carissimo Fratello,

      poiché, giustamente, nel tuo commento hai ripetuto due volte e giustamente “secondo me”, ti invito a tenere presente che anch’io, da Matto, scrivo, anche se implicitamente, “secondo me”. Siamo quindi sullo stesso piano soggettivo che, evidentemente, non prevede il prevalere di una soggettività sull’altra. Siamo, cioè, sul piano di uno scambio meramente culturale in cui la “vittoria” e la “sconfitta” dei partecipanti non ha alcun senso.

      Tu dici: “Noi cristiani abbiamo la Verità in casa”, e lo dici con disprezzo delle “misere intuizioni di qualche uomo etc”. Ecco, è proprio questo atteggiamento di superiorità personalizzato – ripeto personalizzato – che ha provocato, sempre secondo me, la reazione che sta sfaldando la Chiesa cattolica.

      Di poi, concludi il tuo intervento con: “basterebbe guardare un fiore etc.” forse non accorgendoti, tutto preso dalla foga del replicare, che dici la stessa cosa che riferisco in apertura del mio articolo.

      Infine, se per te è una “fatica” leggere ciò che non quadra con quello che hai in mente, perché lo leggi? Chi te lo fa fare?

      Un cordiale saluto.

      • CAGI41 ha detto:

        “Ecco, è proprio questo atteggiamento di superiorità personalizzato – ripeto personalizzato – che ha provocato, sempre secondo me, la reazione che sta sfaldando la Chiesa cattolica.” La sua diagnosi mi pare piuttosto errata. Se cosi fose il primo ad aver allontanato l’uomo da Se Stesso sarebbe Gesù perchè è proprio Lui che ha avuto un “atteggiamento di superiorità personalizzato”! Secondo Lei, è questa “ostentatà superiorità” dello stesso Gesù ad allontanare le persone da Se Stesso e dalla Sua Chiesa?
        Un’altra cosa che trovo errata è che Lei mi dica: “Infine, se per te è una “fatica” leggere ciò che non quadra con quello che hai in mente, perché lo leggi? Chi te lo fa fare?”
        Domanda: “Lei legge solo i suoi libri … per non affaticarsi”?

        • il Matto ha detto:

          Ritengo dovrebbe tenersi presente che altro è il Cristo e altro è il Cristiano. Non credo che l’abisso che li separa sia colmabile. Neanche dal santo più santo dei santi. Per quanto un Cristiano si impegni ad imitare Cristo, una identificazione frai due resta impossibile. Pertanto, altro è l’atteggiamento del Cristo e altro quello del Cristiano: in nessun caso quest’ultimo può personalizzare, ossia fare suo, l’atteggiamento del Cristo, non solo perché gli è impossibile, ma anche perché il montare in superbia è dietro l’angolo (la pagliuzza e la trave …).
          Io non leggo solo i miei libri (del resto leggo pochissimo) ma leggendo i libri altrui non provo alcuna fatica. Non mi sento affatto turbato dal leggere pensieri diversi o contrari ai miei.
          Tutto rientra nella dialettica umana che non giunge a niente.

          Ovviamente secondo me.
          Ma chi è che nn parla secondo sé?

    • Adriana 1 ha detto:

      Si, davanti a un fiore ben riuscito si rimane senza parole…ma anche davanti a umani condannati dalla nascita a malattie terribili o a deformità insostenibili…

      • il Matto ha detto:

        Più che brevemente: lo Specchio riflette imparzialmente il fiore e lo sterco, il sano e il malato, il santo e il farabutto, la donazione e il furto, la letizia e l’afflizione, insomma tutte le dualità che accadono e passano in “questo mondo”.
        Vorrei continuare ma mi astengo.

        • Adriana 1 ha detto:

          Matto,
          lo Specchio “è un dritto che non ricorda niente” ( cit. Guido Oldani ).

          • il Matto ha detto:

            Esattamente!

            Pensa ai casini che succedono perché gli specchi umani ricordano tutto e, in un modo o nell’altro, come si dice, “se la legano al dito”.

            Più che “dritto”, lo Specchio è intelligente: sa che il trattenere è fonte di scatenamento delle passioni umane (i famosi vizi capitali).

            Mi sono espresso velocemente e sinteticamente. L’argomento dello Specchio è un pozzo senza fondo.

  • Ilaria ha detto:

    LJC proprio da un eretico prender spunto per meditare (?) sulla contemplazione, con tutti i santi che abbiamo?

    • il Matto ha detto:

      “Nell’ultimo stadio, la stessa distinzione fra soggetto e oggetto scompare ed è proprio la Mente Quello che essa contempla. Viene trasceso anche il pensiero, e svanisce l’intero regno degli oggetti. A questo punto, in quanto soggetti, ci si conosce come parte, e ci si conosce come tutto.“
      Dionigi l’Areopagita La gerarchia celeste.

      Anche l’Aeropagita (santo) è un “eretico”?

  • Astore ha detto:

    Molto interessante e molto pericoloso.
    Certe affermazioni vanno chiarite e interpretate secondo la sana dottrina, che non è relativista.
    La contemplazione cristiana non ha nulla a che vedere con le religioni orientali. L’incontro con Dio non svuota e non spersonalizza, ma riempie perché è un rapporto d’amore tra l’anima e Dio. Non siamo noi che ci svuotiamo, ma è Dio che ci svuota del nostro egoismo per riempirci di lui, se glielo permettiamo.
    La Parola si serve di parole e le parole della Parola hanno un significato che può essere “tradotto”, per quanto possibile, anche coi criteri della logica umana, altrimenti di Dio non si potrebbe dire nulla e invece la Chiesa ne parla.
    E’ come nell’Eucaristia: l’Infinito si è fatto finito e si è messo a portata dell’uomo.
    Comunione con Dio non significa confusione: noi rimaniamo noi e Dio rimane infinitamente più di noi. Noi possiamo però conoscerlo, ma senza capirlo fino in fondo e, anzi, più si conosce Dio, più se ne evidenzia il Mistero.

    • il Matto ha detto:

      ” è Dio che ci svuota del nostro egoismo per riempirci di lui, se glielo permettiamo”. Esattamente!!!

      Ora il tema (pratico è: che vuol dire ” se glielo permettiamo”? COME SI FA a svuotarsi del proprio egoismo?

      • Astore ha detto:

        L’importante è chirire gli equivoci

      • Adriana 1 ha detto:

        Caro Matto,
        mi sembra che anche nel Cristianesimo un certo egoismo sia ben accetto…per esempio quello di voler portare avanti la propria esistenza nel migliore e più decente modo possibile. Qua si aprono abissi vertiginosi…

        • il Matto ha detto:

          Dici bene: “Qua si aprono abissi vertiginosi”.
          E già, perché si tratta di capire qual è il “migliore e più decente modo possibile”.

          Ho una difficoltà gigantesca creatami dal terribile precetto: «siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro che è nei cieli». Talmente assurdo da essere vero!

          La Divina Perfezione! Il mio divino assillo!
          Altro che dottrina e diritto canonico!

          • Adriana 1 ha detto:

            Matto caro,
            ma se l’uomo è imperfetto e carnale per sua natura, come potrà essere perfetto come un Creatore che vive nell’etere?
            Mi sembra, più che altro, una aspirazione prometeica…o una tentazione diabolica (v. transumanesimo), oppure…
            un errore di trascrizione.

          • il Matto ha detto:

            Hai sollevato due ipotesi terrificanti:
            – l’evangelista è stato ispirato da Prometeo o tentato dal diavolo;
            – nel Vangelo c’è un errore di trascrizione.

            E mò? 😄

            Ma poi: il Creatore vive soltanto nell’etere?
            Non vive anche nel filo d’erba non essendo filo d’erba?
            Non vive ache nella stella non essendo stella?
            Non vive anche nel vento non essendo vento?
            Non vive anche nel fuoco non essendo fuoco?
            Non vive nel sangue non essendo sangue?
            Insomma non vive in tutto non essendo niente?
            Altrimenti che Creatore è?
            Che mi dici? 😎

          • Adriana 1 ha detto:

            Caro Matto,
            manca il rispondi ai tuoi 2 ultimi interventi…
            Sullo “specchio saggio” posso esser d’accordo, ma per questo non bisogna aspettarsi da LUI un intervento terreno punitivo, né una grazia specialmente miracolosa…
            Su dove Egli sia, già Salomone si chiedeva come fosse possibile contenerLo ristretto in un piccolo edificio templare….il bis-bis-bis….nipotino di Salomone fu del medesimo parere praticamente – piaccia o non piaccia-: si chiamava Baruq Spinoza.
            Tra le tante cose da apprendere sugli specchi c’è anche quell’effetto particolare per cui 2 specchi posti ad una certa distanza si attraggono…”Amor che a nullo amato amar perdona”???

    • CAGI41 ha detto:

      Grazie Astore. E’ bene che chi ne ha la competnza metta i puntini sulle i! Grazie.

    • Stilobate ha detto:

      “La contemplazione cristiana non ha nulla a che vedere con le religioni orientali.” Sì e no, Astore, sì e no. / C’è persino chi (per esempio Étienne Couvert) è convinto che buddhismo e taoismo siano filiazioni spurie e maliziosamente retrodatate del cristianesimo. Tale tesi è eccessiva, anche se suggestiva, ed è smentita sia dai resoconti tradizionali che dal profilo cronologico dei più antichi documenti buddisti e taoisti in nostro possesso. Ha però il pregio di porre in luce alcune curiose analogie fra il cristianesimo, specie in certe sue elaborazioni a elevato quoziente gnostico (absit iniuria verbo), e alcune delle più importanti e profonde tradizioni sapienziali dell’Estremo Oriente. / P.S. Un saluto a tutti, in primis a Marco e agli amici con cui ho in passato avuto il piacere di interloquire. Torno al silenzio.

  • Titti ha detto:

    Grazie! Questo invito ad un vuoto che permette di rispecchiarsi è prezioso. Non si creda però sia facile “vuotarsi” ; è molto più facile usare centinaia di parole per descrivere e discettare su Dio che non di farne esperienza, quell’esperienza che si può realizzare appunto solo “vuotandosi”.
    In questo senso apprezzo davvero tanto il suo avvicinare esperienze cristiane ad esperienze orientali.
    Ancora grazie.

    • il Matto ha detto:

      Grazie a Lei per il contributo.

      “Non si creda però sia facile “vuotarsi”: Lei ha messo il dito sul punto dolente per noi esseri umani.
      Il vuotarsi implica un impegno personale piuttosto strenuo e … quotidiano!

      Insomma, non è che fa tutto Dio. Come recita il detto: “Aiutati che Dio t’aiuta”.

      Forse si può dire che il mondo è in crisi perché ci si sente tutti pieni di sé, ed è questa pienezza di sé che fa sentire di essere senz’altro nella verità, quando invece non si tratta che di un’illusione.

      Personalmente, mi piace accostare lo svuotarsi di sé al chicco di grano cha ha da morire se deve fruttificare.

      Buona domenica … vuota😊

  • R.S. ha detto:

    Lo specchio riflette la luce senza trattenerla.
    Lo specchio “rimbalza” la luce.
    L’occhio (aperto e sano) invece la luce la “vede”.
    Si attivano una serie di stimoli che portano a far “entrare” quella luce insieme a tutte le cose che fa vedere illuminate.

    Un cristallo invece si riempie della luce che l’attraversa.
    Anche l’occhio (aperto e sano) fa entrare la luce.

    L’occhio non crea luce, ma la rileva.
    C’è luce e luce e c’è occhio e occhio.
    Ogni occhio è adatto a vedere una specifica luce.

    La luce del sole la vedono quelli che non sono ciechi.
    Ma se guardi direttamente il sole ti accechi.

    La lumiere degli illuministi è la ragione.
    Dio solo sa quanti ne ha abbagliati, fino ad accecarli.

    La luce di Dio è un’altra cosa, visibile solo da un cuore puro. Con che occhio vede il cuore? Eppure ce l’ha.

    Per contemplare la divinità e il soprannaturale a poco vale un gran ragionare pieno di superbi pensieri: lo dice anche la preghiera del Magnificat che il Signore disperde i superbi in quei pensieri disorientati.
    Dio non sta in una nostra idea, o in un nostro ragionamento, per cui il contemplare passa da uno svuotarsi delle nostre idee, per riempirsi di Grazia.

    Ancora la Madonna: lei l’ha fatto. Non se n’è servita, ma l’ha meditato conservandolo nel cuore, divenendo capace di stare con il Figlio sotto la croce, corredentrice.

    Non senza conseguenze: la Sempre Vergine Madre di Dio dopo la morte è assunta in Cielo in anima e corpo.

    Che cosa se ne fa della luce del sole colei che del sole è vestita? E’ la creatura umana trasfigurata, come era prima del peccato d’origine (lei è anche Immacolata). Che cosa se ne fa della luce della ragione un’umile ancella del Signore? In lei, beata, l’Onnipotente compie meraviglie, lei lo magnifica e il suo spirito esulta in Dio.

    Allora noi siamo specchi della luce o immagini dell’immagine, il Logos che ha detto di essere la Luce?
    Siamo riempiti della luminosità della Grazia, per assimilarci a Dio e alla sua incarnazione, come la Madre, o ci mettiamo a fare storie come Lucifero, che portatore di luce divina la rimbalzò senza farsene servitore?

    Sono domande che contemplano il mistero, tenendo a freno la velleità di trattenerlo in un ragionamento, attingendo a tutta la luce che c’è, per farsene riempire.
    Certo il rischio è grosso: “avere occhi e non vedere”.
    Sentirsi dire: “se foste ciechi non avreste alcun peccato; ma siccome dite: noi vediamo, il vostro peccato rimane”.
    Essere vergini, ma con lampade spente, senza olio, tanto da sentire lo sposo che dice “non vi conosco”.

    Quanta luce nell’oscurità. Quanta cecità nella luce.
    Quanto poco si sente il grido di chi chiede di guarire!

    • il Matto ha detto:

      Soltanto la luce può vedere la luce, e il buio non può vedere che il buio.
      La luce non illumina il buio ma lo annienta, sicchè c’è solo luce.
      Non può darsi alcun buio illuminato, come non può darsi alcuna una luce affetta da buio.
      La penombra è ambigua e caotica.
      L’occhio ha già in sé la luce e per questo può vederla.
      Come l’orecchio ha già in sé il suono, e per questo può ascoltarlo.
      Occhio e orecchio non sono soltanto passivi, bensì anche attivi.
      Si tratta, piuttosto, dello stato del centro di ricezione interiore, che, se non è vuoto, ossia libero da qualsiasi forma – come lo specchio che può riflettere tutte le forme perché in sé non ha forma, cioè è vuoto – interferisce con la pura ricezione e la deforma proiettandovi sopra le forme che lo occupano e la opprimono.
      L’ occhio vuoto e l’orecchio vuoto sono l’occhio e l’orecchio di Dio.

      • R.S. ha detto:

        Grazie per l’approfondimento.

        Svuotarsi (diminuire) perchè Dio possa crescervi è una delle opere della libera volontà della creatura capace di Dio. Un compito d’umiltà per la natura limitata per poter ricevere consapevolezza e coscienza dell’Illimitato.

        C’è una scala tra la terra e il Cielo e ci si può muovere nei due sensi, salendo o scendendo. L’umiltà toglie peso, favorendo la salita; viceversa la superbia, il cui peso trascina in basso e può fracassare i pioli su cui sta il piede.

        Fissando la luce si può perdere la vista, ma in quel buio i misteri semplici, assoluti ed immutabili della teologia vengono svelati nella tenebra luminosissima del silenzio: là dove c’è più buio essa fa
        brillare ciò che è oltremodo risplendente, per quanto
        puoi abbandonati senza più conoscere all’unione con ciò che è al di sopra di ogni essere e di ogni
        conoscenza e una volta staccatoti da tutto lasciati portare verso l’alto.

        Ci sono molte luci e si parla delle facoltà di vari occhi.
        Però la luce e il suono NON sono nell’occhio o nell’orecchio. Occhio e orecchio possono vedere e sentire ciò che ricevono. Non è una differenza da poco.

        La causa prima di tutte le cose sensibili non è nessuna cosa sensibile. La causa per eccellenza di tutte le realtà intellegibili non è nessuna realtà intellegibile. La Causa perfetta di tutte le cose è al di sopra di ogni affermazione; superiore ad ogni negazione.

        • il Matto ha detto:

          Grazie a Lei.

          Su di un punto la “vediamo” diversamente.

          L’occhio e l’orecchio non sono soltanto passivi, cioè non si limitano a ricevere.
          Al fondo di essi c’è lo specchio della coscienza che ri-crea gli oggetti e i suoni.
          Senza lo specchio interiore della coscienza ri-creatrice, quindi attiva, il mondo esteriore resterebbe
          conchiuso in se stesso e perciò perderebbe di senso.
          In altri termini, le onde sensoriali fecondano la coscienza che li riceve per subito attivarsi nel ri-crearli.
          L’onda sensoriale è attiva quando entra nella coscienza, ma è passiva in quanto ri-creata dalla stessa.
          C’è sempre in atto – consapevole o meno che sia – il gioco del maschio e della femmina.

          • R.S. ha detto:

            Queste sono certezze che non affondano nella scienza e tanto meno nella Rivelazione. Si presentano molto apodittiche nel loro impianto umano, pensato da un io.
            Con tutto il rispetto ne diffido.

          • il Matto ha detto:

            Prendo atto del suo diffidare.

            Intanto, scientificamente, constatiamo che la pellicola della macchina fotografica ri-produce QUI, l’oggetto che l’obiettivo coglie LÀ.
            Senza pellicola nessuna fotografia. Quindi, senza coscienza nessun oggetto.
            Poiché la pellicola-coscienza ri-produce l’oggetto, vuol dire che in essa v’è tanto una facoltà passiva (ricettiva) quanto una facoltà attiva (ri-producente).

            Evangelicamente: Il chicco di grano penetra nella terra che si attiva avendo in sé l’energia per “ucciderlo” affinché nasca la spiga (argomento squisitamente ascetico).

            Perdoni la pignoleria 😊

          • R.S. ha detto:

            La pellicola però non contiene l’immagine, ma resta impressionata da quella che riceve. L’esempio non è calzante.

      • Adriana 1 ha detto:

        L’occhio e l’orecchio non sono meramente passivi…e neppure il cuore, secondo i principi mistico-fisiologici dei Poeti del Dolce Stil Novo.
        Qui saremmo di fronte ad occhi “vuoti”, quindi ” divini “. Strano, strano…O.Wilde nel suo racconto:
        ” Il pescatore e la sua anima ” fa compiere all’Anima il giro del mondo per individuare il più grande tesoro esistente sulla terra che si trova, nascosto e coperto, in uno sconosciuto tempio orientale dove viene venerato come il dio…è uno specchio.

      • Adriana 1 ha detto:

        ” La penombra è ambigua e caotica “…ma che bella censura su Leonardo, Caravaggio, Rembrandt et alii.

      • Adriana 1 ha detto:

        ” La penombra è ambigua e caotica “…ringraziano:
        Leonardo, Rembrandt, Beccafumi, Gherardo delle notti, Vermeer et alii.

  • Dino Brighenti ha detto:

    La Mamma di Gesù è apparsa a tre bambini che la hanno riconosciuta senza tutte ste ciacoe