Il tredicesimo grado del silenzio.

20 Giugno 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, il nostro Matto vi parla del silenzio. Buona lettura e meditazione.

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IL 13° GRADO DEL SILENZIO

 

Facciamo come dice il profeta: “Ho detto: Custodirò le mie vie per non peccare con la lingua; ho posto un freno sulla mia bocca, non ho parlato, mi sono umiliato e ho taciuto anche su cose buone”.

Regola di San Benedetto

 

*

 

Non quello che entra nella bocca ma quello che esce dalla bocca rende impuro l’uomo!

Vangelo

 

*

 

Non si può servire meglio il Verbo che tacendo e ascoltando.

Giovanni Taulero

 

*

 

 

C’è una voce che non usa le parole.

Ascolta!
Djalal-al Din Rumi

 

 

*

 

Esiste qualcosa di più grande e più puro
rispetto a ciò che la bocca pronuncia.
Il silenzio illumina l’anima,
sussurra ai cuori e li unisce.
Il silenzio ci porta lontano da noi stessi,
ci fa veleggiare
nel firmamento dello spirito,
ci avvicina al cielo;
ci fa sentire che il corpo
è nulla più che una prigione,
e questo mondo è un luogo d’esilio.

Kahlil Gibran

 

* * * * * * * * * * * *

 

Cito dal sito it.aleteia.org

 

Suor Maria-Amata di Gesù, al secolo Dorothée Quoniam (Normandia 1839, Parigi 1874) carmelitana, fu autorizzata dal suo ordine a comporre un’opera alla quale fu messo il titolo di “Notre Seigneur Jesus Christ dans le Saint Evangil”, rimasto manoscritto fino al 1909, data della sua pubblicazione.

 

Suor Maria-Amata individua dodici gradi del silenzio, che portano, in un crescendo  di ascesi, alla perfezione del cuore, all’esperienza mistica più completa ed elevata. Scrive la nostra, come premessa al suo insegnamento:

 

«La vita interiore potrebbe consistere in questa sola parola: Silenzio! È il silenzio che prepara la santità, la comincia, la continua, la perfeziona.

Dio, che è eterno, non dice che una sola parola: il Verbo. Similmente sarebbe desiderabile che tutte le nostre parole esprimessero, direttamente o indirettamente, Gesù».

 

1° grado: silenzio della lingua

2° grado: silenzio del corpo

3° grado: silenzio dell’immaginazione

4° grado: silenzio della memoria

5° grado: silenzio del dialogo interiore

6° grado: silenzio del cuore

7° grado: silenzio dell’amor proprio

8° grado: silenzio della mente

9° grado: silenzio del giudizio

10° grado: silenzio della volontà

11° grado: silenzio con se stesso

12° grado: silenzio con Dio

 

 

* * * * * * * * * * * *

 

Si può comprendere come un programma del genere, se preso in seria considerazione e non letto a scappar via, possa lasciare interdetti se non addirittura impauriti. Non è un caso che la disciplina (sì, disciplina!) del Silenzio sia quasi completamente caduta nel dimenticatoio. Si tratta infatti di un azzeramento di tutte le funzioni dell’agglomerato umano, il quale si sente vivo identificandosi ad esse che invece sono dei mezzi. E l’azzeramento dei mezzi è necessario per accorgersi che essi sono … mezzi!, e l’uomo, nella sua essenza più pura, trascende tali mezzi.

 

Non parlare e non muoversi: bastano questi due primi gradi per trovarsi di fronte a due bocche di cannone fiammeggianti. Per non dire del non immaginare, non rammentare, non pensare, non giudicare, non volere: un fuoco di sbarramento degli automatismi che per essere superati richiedono una vera e propria eroicità. Dove sono, oggi, gli eroi della santità? Dove sono coloro che ingaggiano il certame interiore? (ben altro che le dispute teologiche!). Tutti sanno, tutti parlano, tutti giudicano, tutti danno soluzioni e intanto il caos aumenta e si consolida in uno schiamazzo planetario costellato di guerre. Persino le persone religiose si fanno prendere dalla mania di parlare, loro che dovrebbero essere testimoni prima di tutto del Silenzio, ossia della Contemplazione dalla quale, soltanto, può scaturire il retto pensare ed il retto agire.

 

È il Silenzio e non la dottrina (pur relativamente necessaria) che può cambiare l’uomo e quindi il mondo, poiché il mondo esteriore non è altro che il riflesso del mondo interiore. Quanto è il subbuglio interiore, tanto è il subbuglio esteriore. Si possono conoscere e ripetere a menadito Scritture, dottrine e codici, ma senza la REALIZZAZIONE del Silenzio si è punto e a capo. E non è che questa sia una faccenda di sola pertinenza monastica.

 

E poi il Silenzio ha un’importanza universale: basti pensare ai Pitagorici, i cui apprendisti erano tenuti ad un periodo iniziale silenzio per cinque anni (non giorni o mesi: anni!) e ad Arpocrate, dio egizio del silenzio di cui un’effige è conservata nella  Biblioteca dell’Abbazia di San Michele a Montescaglioso (Mt), ed il cui cartiglio recita: «Silentium sit vobis charum ut utinam non sit amarum»: il Silenzio vi sia caro per evitare che in futuro il tacere non debba essere amaro. E con un salto di India ricordiamo un aforisma di Chanakya (IV secolo a.C): «Colui che riesce a rimanere in silenzio per un anno intero è degno di mille anni di lode in paradiso».

 

Ed infatti è il Silenzio – dice suor Maria-Amata – «che prepara la santità, la comincia, la continua, la perfeziona». E ancora, notevolissimo e dirimente: «Dio, che è eterno, non dice che una sola parola: il Verbo». UNA SOLA PAROLA, non un torrente di parole in cui l’uomo finisce per annaspare: una sola parola che non può intendersi se non nel perfetto Silenzio.

 

Il Verbo è UNO, e ribadendo quanto dice suor Maria-Amata: «sarebbe desiderabile che tutte le nostre parole esprimessero, direttamente o indirettamente, Gesù». E Gesù è il Verbo incarnato che non cessa di proporre Se stesso in quanto UNO, seppur attraverso le molteplici parole che risultano dal Vangelo. «C’è una voce che non usa le parole», dice il sufi Rumi, e questa Voce è il Verbo. Pertanto, dalla molteplicità delle parole occorre risalire all’Uno, alla Voce senza parole, alla Somma Vibrazione, e ciò non può operarsi se non attraverso il Silenzio che azzera, in una prima e difficile fase del processo ascetico, le facoltà umane, ma che già, come dice Gibran, «ci porta lontano da noi stessi e ci avvicina al cielo». Il Silenzio rende vuoti di sé: «Un anziano disse: Dio abita in colui nel quale non penetra niente di estraneo» (Detti dei Padri del deserto). Perciò è il Silenzio che permette di «conservarsi puri dal mondo» (Lettera di san Giacomo), e, ancora, «l’uomo che si è distaccato da se stesso è così puro che il mondo non può sopportarlo (Maestro Eckhart, Sermoni).

 

L’auto-affermazione dell’ente fittizio che sotterraeneamente sibila «io, io, io» impadronendosi delle facoltà umane è il bersaglio dei 12 gradi del Silenzio. Chiaro che tale ente, sempre in prima fila, sicuro di sé, farisaicamente prontissimo a scagliare la prima pietra, falsamente umile se occorre, culturalmente preparato all’occasione, corazzato di dottrine e codici, non può accettare di buon grado di essere screditato e spodestato. È questo il punto dolente: l’io fittizio non può essere individuato e dominato finché, grazie all’erompere del Silenzio (che è Dio) non lo si costringe a palesarsi in tutta la sua albagia, vero e proprio (illusorio) rovescio della medaglia dell’io puro, della pura anima di cui canta deliziosamente il Poeta:

 

«Esce di mano a lui che la vagheggia

prima che sia, a guisa di fanciulla

che piangendo e ridendo pargoleggia,

l’anima semplicetta che sa nulla,

salvo che, mossa da lieto fattore,

volontier  torna a ciò che la trastulla».

 

«L’anima semplicetta che sa nulla»! Non le importa si sapere chissacché: ciò che la muove, da ignorante, è il tornare a «ciò che la trastulla»! E ciò che la muove non può mai essere il pensiero, dunque la formula, la mediazione, la relatività: silenzio del cuore e della mente la mente (6° e 8° grado), al cui riguardo può risultare prezioso quanto recita il “Sutra del cuore” (anche ai fini dell’esame di coscienza):

 

«Quando i pensieri distratti sorgono dentro di me, quando ho desiderio di criticare gli altri, oppure sento nascere in me orgoglio o arroganza, quando nasce in me l’intenzione di sottolineare gli errori degli altri, riprendere vecchi rancori, oppure trarre in inganno gli altri e tutte le volte che sono bramoso di elogi, propenso alla maldicenza, presuntuoso e litigioso ecco che in questi momenti debbo riflettere e rimanere immobile come un pezzo di legno. Ogni qualvolta sorga il desiderio di muovermi o di pronunciare parole, debbo prima accertare che la mia mente sia tranquilla ed agire di conseguenza in maniera appropriata. Ogni volta che nella mia mente sorga il germe dell’ira, o vi è attaccamento, io non devo in questi momenti né agire né parlare, ma rimanere immobile come un pezzo di legno».

 

Prima di avvviarmi alla conclusione, propongo un brano illuminante di Marguerite Yourcenar, che sento di poter confermare avendo superato le 74 primavere, e senza scomodare il vecchio bambino Lao Tze:

 

«Più invecchio anch’io, più mi accorgo che l’infanzia e la vecchiaia non solo si ricongiungono, ma sono i due stati più profondi che ci è dato vivere. In essi si rivela la vera essenza di un individuo, prima o dopo gli sforzi, le aspirazioni, le ambizioni della vita […]

Gli occhi del fanciullo e quelli del vecchio guardano con il tranquillo candore di chi non è ancora entrato nel ballo mascherato oppure ne è già uscito.

E tutto l’intervallo sembra un vano tumulto, un’agitazione a vuoto, un inutile caos per il quale ci si chiede perché si è dovuto passare».

 

Il «tranquillo candore»: stupendo!

 

E senza dover insistere sul fatto che il ballo mascherato, il vano tumulto, l’agitazione a vuoto e l’inutile caos sono il “capolavoro” dell’io fittizio, usurpatore (illuso) del trono del sovrano interiore, l’egemonikon degli Stoici, non troppo sorprendentemente affine al Regno dei cieli che è dentro di noi e di cui era già rivelatore l’arcaico oracolo delfico:

 

«Ti avverto, chiunque tu sia. O tu che desideri sondare gli arcani della natura, se non riuscirai a trovare dentro te stesso quello che cerchi, non potrai trovarlo nemmeno fuori. Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie? In te si trova occulto il Tesoro degli Dei. O uomo, conosci te stesso e conoscerai  l’Universo degli Dei».

 

«Fermati, dove corri? Il cielo è dentro di te. Se lo cerchi altrove, in interno lo perderai». (Angelo Silesio).

 

Invece, non passa giorno che l’uomo non si protenda fuori di sé andando …  fuori di sé! “Progredendo”, dopo la Luna vuole andare ad infestare Marte; approntando mezzi sempre più sofisticati dimentica di essere sulla Terra e si perde nel cielo esteriore scrutando, da iper pigmeo, buchi neri e galassie; orgoglioso delle sue scoperte accumula conoscenze che non cessano di essere infime rispetto all’Universo (manifestazione dell’Uno) e tuttavia lo inducono a proseguire nel suo incosciente smarrirsi nell’Infinito; più si dissipa nel cielo esteriore e più si allontana dal Cielo interiore; l’analisi del cielo esteriore gli fa obliare il Cielo interiore, altrettanto infinito ed al cui centro sfolgora l’Infinito Eterno Sole.

 

L’Infinito Eterno Sole STA.

Muto, non abbisogna di parole.

Oltre l’umano pensiero Esso STA.

Il Suo Splendore è la Sua Unica Parola.

Estasi del Perfetto Silenzio: 13° grado.

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5 commenti

  • alessio ha detto:

    Non credo che il silenzio sia
    sempre d’oro , soprattutto per
    tanti di noi che non sono
    monaci ,e monaco significa
    ” da solo ” , quindi è più facile stare zitto , da parte mia
    ringrazio di non esserlo , perché sono tanti coloro che
    infestano i posti d’onore , nella
    Chiesa ,
    mentre noi sappiamo che il
    Signore Gesù al suo Ritorno
    li metterà all’ultimo posto .
    Penso soprattutto ai gerarchi
    vaticani come Braz de Aviz che
    vuole mettere la museruola
    al bue che trebbia , ossia
    costringere i monaci ad
    un’obbedienza cieca ed a
    una preghiera sterile e vuota
    come quella inclusiva del
    pontefice di Santa Marta ,
    e poi abbiamo il cardinale
    Roche che vigila affinché si
    arrivi all’espianto della Messa
    Tridentina ,che è Viva e vegeta,
    ma lui , dottore degli eretici ci
    dice che è meglio se muore ,
    tanto c’è il cuore vivo della
    messa nuova , che la capiscono
    tutti .
    A me pare buona cosa , di questi tempi , non essere
    costretti , noi laici al silenzio ,
    sapendo che se non gridiamo
    noi grideranno le pietre ; ci
    gridino contro , quelli della setta
    conciliare che dobbiamo
    abbassare Gesù per metterlo
    all’ altezza del mondo consumista, frivolo ed effeminato , ma
    il Cuore Immacolato di Maria
    Santissima Corredentrice
    trionferà , preparando il
    ritorno del Signore .

    • il Matto ha detto:

      Caro Alessio,

      nell’articolo ho trattato (per quel che ne sono capace) del Silenzio come pratica ascetica, non del tacere di fronte agli scempi che hai elencato.

      Può darsi, però, che star sempre dietro agli scempi suddetti possa comportare il pericolo della distrazione dall’ «Unum est necessarium».

      Proiettarsi spesso e volentieri all’esterno di sé, per rilavare puntualmente gli errori degli altri, va a scapito del raccoglimento interiore e della rilevazione degli errori propri. Si tratta di una tentazione a cui la natura umana cede molto facilmente.

      E non è questione di essere monaci o meno.

      Serena giornata.

  • Milly ha detto:

    Molto interessante! Grazie!

  • il Matto ha detto:

    Rettifica.

    Il brano citato dalla Tradizione orientale non è tratto dal “Sutra del cuore” bensì da “La Via del bodhisattwa” del monaco buddhista Shantideva (VIII secolo).