L’Apocalisse. Scritta Molto Prima di Quanto si Creda?

17 Maggio 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, un amico fedele del nostro sito, R.S., ci ha scritto questo messaggio, che doverosamente giriamo alla vostra attenzione, e che propone un’ipotesi molto interessante sulla datazione del libro dell’Apocalisse. Buona lettura e condivisione.

… propongo in allegato un breve approfondimento sul libro dell’Apocalisse.
A qualcuno immagino che farà storcere il naso; agli altri mi auguro possa servire da spunto per confutare -se il caso- in modo argomentato. 
Trovo ragionevole la datazione ipotizzata, dato che non ci sono ragioni migliori per le cronologie apoditticamente proposte, successive al 90 d.C.  
Conseguenze? Principalmente una: buona parte delle profezie di San Giovanni si sono già realizzate.  
Naturalmente restano le rimanenti, in special modo il finale: le nozze dell’Agnello nella città di Dio, la Gerusalemme celeste.
Beato chi sarà invitato. Il rischio di restare fuori c’è, ma la meraviglia di un invito di Dio mette le ali ai piedi.  
Grazie dell’attenzione. 
Un abbraccio a tutti. 
R.S.  

§§§

 

Datazione del libro dell’Apocalisse in base ad evidenze interne ed esterne

Giovanni è sull’isola di Patmos, che si trova vicino alla costa non lontano da Efeso (circa 50 Km)

Giovanni visse presso Efeso con Maria fino alla data della morte ed assunzione della Madre di Dio.

Giovanni scrive da Patmos dicendosi in prigione. Chi l’aveva imprigionato? Probabilmente i Romani che associavano i profeti e le profezie a pratiche magiche contrarie al bene comune, specie se con implicazioni politiche. Le piccole isole delle Sporadi erano perfette per isolarvi dei potenziali mestatori (così Plinio nelle Storie, 4.69-70 e Tacito negli Annali, 4.30).

Patmos ha perciò una storia come carcere romano.

 

Nei tre anni vissuti da San Paolo ad Efeso (53, 54 e 55 d.C.) non c’è menzione di suoi contatti diretti con Giovanni.

Da Efeso San Paolo scrive le lettere ai Corinti, in una delle quali si menziona Luca come già noto per il suo vangelo.

San Paolo aveva sperimentato in quegli anni più di un procedimento legale nei suoi confronti, comparendo una prima volta davanti al fratello di Seneca, Junius Gallius Annaneus (Gallione in At 18,12), rappresentante l’autorità romana in Acaia dal 1/7/51 al 30/6/52 d.C. (è un dato certo, estrapolabile da iscrizioni a Delfi, scoperte nel 1905, datate con riferimenti al regno di Claudio), un anno e mezzo dopo essere giunto a Corinto al termine di una serie di tappe che avevano impiegato al minimo altri 6 mesi. Circa un lustro più tardi fu imprigionato a Cesarea (per due anni), prima di ottenere l’invio a Roma per sostenere la propria posizione di cittadino romano davanti a Cesare, sorbendosi un altro paio d’anni agli arresti domiciliari.

La persecuzione anticristiana, sobillata principalmente dalle sinagoghe, era dunque in atto ben prima di culminare in ostilità molto più pesanti sul finire del regno di Nerone e successivamente con Domiziano.

Inizialmente i cristiani -che derivavano direttamente dagli Ebrei sia da un punto di vista territoriale, sia come radici della fede- ebbero i primi scontri proprio con i Giudei e non con i Romani. I magistrati romani, a cui si rivolgevano i Giudei nel tentativo di togliere di mezzo i loro rivali, non erano molto interessati a dispute teologiche di cui non comprendevano né l’essenza né le sottigliezze. In tale situazione, sebbene in semiclandestinità, i cristiani poterono espandersi nell’impero.

I primi veri fastidi per l’imperatore -dovuti alle questioni tra giudaizzanti e cristiani, anche nell’Urbe- portarono l’imperatore Claudio ad emettere un decreto di espulsione dei Giudei da Roma nel 50 d.C.

Le cose malgrado ciò peggiorarono finchè sotto Nerone, dopo l’incendio di Roma (64 d.C.) di cui vennero accusati i cristiani, iniziò una vera persecuzione che condusse al martirio di San Pietro e San Paolo. Tacito descrive i supplizi a cui i cristiani furono sottoposti per opera di Nerone. Comunque, nonostante la loro presunta colpevolezza, i cristiani suscitavano pietà poichè puniti non per il bene pubblico, ma per la crudeltà di uno solo (Annales). Anche Svetonio conferma che Nerone aveva mandato i cristiani al supplizio e li definisce “una nuova e malefica superstizione”, senza però collegare questo provvedimento all’incendio di Roma. La persecuzione neroniana fu comunque limitata alle mura di Roma.

Più tardi, sotto il regno di Domiziano (81-96 d.C), i cristiani furono accusati di ateismo e “adozione di usanze ebraiche” che conquistavano sempre più anche importanti notabili romani. Ma questo è storia soltanto qualche decennio dopo.

Le chiese dell’Asia senza menzione del catastrofico terremoto che le colpì.

Tra le sette città alle cui chiese si rivolge il messaggio di Apocalisse c’è anche Laodicea. Secondo Tacito (Annales) il terremoto disastroso che la rase al suolo fu nel settimo anno di regno di Nerone (60-61 d.C.). Anche nella lettera di San Paolo ai Colossesi c’è un esplicito riferimento anche alle due città che sarebbero poi state distrutte (Laodicea e Gerapoli) nel medesimo istante. Anche nella lettera agli Efesini, databile al tempo della prigionia di San Paolo a Roma, c’è un riferimento a Laodicea, sempre in assenza della notizia della catastrofe. Questo indizio spinge a ipotizzare una composizione di Apocalisse di molto anteriore a quella solitamente considerata, dal momento che c’è uno scritto rivolto a Laodicea senza menzione alcuna al sisma.

La setta dei Nicolaiti

Cacciati da Efeso, costoro erano attivi nelle restanti città dell’area e vengono nominati relativamente ad altre due delle sette chiese di Apocalisse: Pergamo e Tiatira. Mangiavano cibo offerto agli idoli, contraddicendo il minimo richiesto ai cristiani ed erano dediti alla fornicazione e al libertinaggio, risultando trasgressivi rispetto ad Atti 15,29 (“astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla impudicizia. Farete cosa buona perciò a guardarvi da queste cose”). Si fa riferimento ad un culto di Baalam. Il problema è che costoro erano degli gnostici (sedicenti conoscitori delle profondità del mistero) che propalavano un loro insegnamento (avevano i loro apostoli e i loro profeti e profetesse) in antitesi all’annuncio del vangelo, rendendo un culto misterico a Satana, equiparato per divinità al Dio rivelato da Cristo. Si tratta di quei “falsi dottori” di cui parlano altre lettere cattoliche che possono logicamente risalire allo stesso periodo storico e alla stessa area.

Peculiarità del testo di Apocalisse

Gli scritti apostolici di questi anni si fanno eco vicendevolmente per alcuni dettagli, evidentemente di attualità e significativi sotto il profilo storico, geografico e culturale, come ad esempio la spada a doppio taglio (Apocalisse 1,16 – 2,12 e 19,15 ed Ebrei 4,12), presente anche in Efesini 6,17 con reminiscenza di Isaia 49,2.

Comune a molte lettere apostoliche di questi anni è un gran parlare di angeli: in Ebrei, 1 Pietro (3,22 e 4,7), Efesini (cap. 1,2,3 e 6) e Colossesi. In Apocalisse c’è una grandiosa presenza di angeli: il vocabolo (come angelo/angeli) si trova una settantina di volte, che sono moltissime se si pensa che in tutta la Bibbia sono circa 320.

Molto frequente l’utilizzo della parola Agnello, evidentemente collegato al suo sacrificio che salva. In Apocalisse il vocabolo ricorre 36 volte, distribuite in quasi tutti i capitoli; nel restante Nuovo Testamento compare 4 volte di cui 2 nel vangelo di San Giovanni. L’Agnello è ostia-vittima (quindi un riferimento eucaristico), è mangiabile (rimanda “al mangiare la pasqua” di Gesù con i discepoli), è mansueto nell’immolazione e rinvia alla prima predicazione (Filippo e l’eunuco, citando Isaia)…

“Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello!” (Ap 19, 9).

 

In Apocalisse ci sono le beatitudini legate alla ricezione del testo, in particolare gli invitati al banchetto nuziale dell’Agnello.

Inoltre il riferirsi a Gesù come l’alfa e l’omega (tipico di Apocalisse), il principio (tipicamente giovanneo, con rimando al prologo del quarto vangelo) e la fine, il primo e l’ultimo, colui che era, che è e che viene, il Vivente (espressione frequente anche nella lettera agli Ebrei). Giova ricordare che la lettera agli Ebrei è anteriore alla morte di Giacomo il minore. Notevoli le immagini della falce, dello stagno di fuoco e zolfo, del dragone, della corona della vita, della stella del mattino (c’è anche nella seconda lettera di San Pietro) e dell’albero della vita, con un potente rimando a Genesi, per un’icona fortemente mariana affidata alla difesa dei Cherubini dopo la cacciata da Eden e promessa quale grembo per il Verbo fatto carne.

Interazione con altri scritti del Nuovo Testamento 

San Paolo scrive da Efeso ai Corinti, nel 54-55 d.C., invitandoli a guardarsi da scismi ed eresie.  Malgrado fossero trascorsi solo una ventina d’anni dalla Pasqua di resurrezione il problema c’era già, e grosso.  La Chiesa aveva già dovuto convocare il primo concilio (49 d.C.) per dirimere alcune questioni molto divisive.

In quegli anni circolava già l’Evangelion: la buona notizia scritta. Riguardo a quello di Luca ne troviamo traccia già nella seconda lettera ai Corinti (8,16-18): “con lui abbiamo inviato anche il fratello che ha lode in tutte le chiese a motivo del vangelo”. La seconda lettera ai Corinti è scritta poco dopo i tumulti di Efeso. Se Luca è già famoso come autore del vangelo nel 55 d.C., è presumibile che il suo scritto circolasse da qualche anno. Luca attesta anche di non essere il primo a scrivere un vangelo; e osservando sinotticamente i vangeli di San Luca e San Giovanni si può notare una certa complementarietà.

  Giovanni Luca
Battesimo di Gesù Estate del 30 d.C. 1,29 3,21
Inizio predicazione di Gesù (già trentenne) Estate del 30 d.C Non c’è 3,23
Tentazioni di Gesù nel deserto (40 giorni) Fino al Kippur, Sett. 30 d.C., 3791, XVII di Tiberio Non c’è 4
Gesù a Nazaret (discorso da anno giubilare) Settembre del 30 d.C. Non c’è 4,14
Gesù in Galilea e va ad abitare a Cafarnao Fine del 30 d.C. Non c’è 4,31
I discepoli di Gesù sono del Battista Fine del 30/inizio del 31 d.C. 1,35 Non c’è
Nozze di Cana Febbraio/marzo del 31 d.C. 2,1 Non c’è
Prima Pasqua in Gv e 1° cacciata mercanti 14 nisan = 24/3/31 2,13 Non c’è
46 anni tempio: coincide con l’età di Maria. Il tempio inaugurato nel 17 a.C. 2,20 Non c’è
Gesù in Giudea Primavera del 31 d.C. 2,22 Non c’è
Giovanni Battista libero (Ennon-Salin) Inizio aprile 31 d.C. 3,24 Non c’è
La samaritana (messi biondeggianti) Aprile 31 d.C. 4,1 Non c’è
Gesù in Galilea Aprile 31 d.C. 4,43 Non c’è
Arresto di Giovanni il Battista Aprile 31 d.C. Non c’è (3,19)
Primi discepoli Aprile 31 d.C Non c’è Cap.5
Ancora Cafarnao e a casa di Pietro Aprile 31 d.C. Non c’è 4,38
Secondo miracolo di Cana Aprile 31 d.C. 4,54 Non c’è
Vocazione di Matteo (Levi) Aprile 31 d.C. Non c’è 5,27
Il sabato nel campo di grano Aprile 31 d.C. Non c’è 6,1
Istituzione dei 12 apostoli Aprile 31 d.C. Non c’è 6,12
Discorso “della montagna” Inizio Maggio del 31 d.C. Non c’è Cap. 6
Gesù a Gerusalemme (una festa) e in Giudea Pentecoste del 31: metà maggio 5,1 Non c’è
I messi del Battista (in arresto) da Gesù Giugno 31 d.C. Non c’è 7,18
Tempesta sedata Giugno 31 d.C. Non c’è 8,22
Sull’altra riva (Gerasa) Giugno 31 d.C. Non c’è Cap.8
Episodio figlia di Giairo Estate 31 d.C. Non c’è 8,40
Parabola del seminatore Dopo il 4/9/31 d.C., 1 tishri 3792,  XVIII di Tiberio Non c’è Cap.8
Missione dei dodici Ultimi mesi del 31-primi del 32 Non c’è 9,1
Giovanni il Battista nominato (ma già morto) Inizio Marzo del 32 d.C. Non c’è 9,7
Prima moltiplicazione pani e pesci Inizio primavera del 32 d.C. 6,5 9,12
Seconda Pasqua in Gv (non a Gerusalemme) 14 nisan 3792 =12/4/32 6,4 Non c’è
Gesù cammina sulle acque 6,16 Non c’è
Cafarnao-Gennesaret 6,22 Non c’è
Confessione di Pietro a Cesarea Settembre 32 d.C. Non c’è 9,18
Trasfigurazione Settembre 32 d.C. Non c’è 9,28
In Giudea Yom kippur: 2/10/32 d.C. 10 tishri 3793, XIX Tib. 7,2 Non c’è
Festa delle capanne Arrivo a metà della festa  (metà ottobre) 7,10 Non c’è
L’episodio della donna adultera Ottobre 32 d.C. 8,1 Non c’è
Festa della dedicazione (d’inverno) Dal 25 kislev 32 d.C.=15-21/12/32, “d’inverno” 8,12 -rif. 10,22 Non c’è
In Giudea Siamo nel 33 d.C. Non c’è 9,51
Missione dei 72, conversione di Zaccheo Non c’è 10,1
Gerico Non c’è 18,35
Risurrezione di Lazzaro Marzo 33 d.C. 11 Non c’è
A Betania; cena prima di ingresso 9 nisan (a sera è già il 10) 12,1 Non c’è

 

Tutto lascia intendere che San Giovanni abbia redatto il suo vangelo conoscendo quello di San Luca e che soprattutto i due fossero in contatto. Nella terza lettera di San Giovanni è citato Gaio, già menzionato in 1 Corinti e Atti (cap. 19 e 20), rimandando a una familiarità nota dell’autore con la zona di Efeso (l’isola di Patmos vi si affaccia), in anni assai prossimi a quando vi risiedette San Paolo.

In effetti il vangelo di Luca è ricco di informazioni che potevano essere note solo a Maria e sappiamo che Maria visse lungamente con San Giovanni fino all’assunzione in cielo, databile al 47 d.C.

Inoltre Luca fu compagno di viaggio di San Paolo dal 50 al 60 d.C. Dal capitolo 16 degli Atti (siamo nel 50 d.C., visto che Paolo fu a Corinto nel 51, data certa per il riferimento al proconsole Gallione), Luca (l’autore degli Atti e del terzo vangelo) scrive raccontandosi nel testo in prima persona: non più come storico, ma come cronista.  Fino al 49 d.C. invece scriveva da storico.

San Paolo come già accennato risiedette tre anni ad Efeso, proprio nella “zona di influenza” di San Giovanni.

Il prologo del vangelo di Giovanni è teso a rintuzzare in particolare le derive gnostiche, cioè quelle di scuole di pensiero quali i nicolaiti e gli ebioniti. Si tratta di sette già attive anche a Gerusalemme, che proprio in quel periodo conosceva un pullularvi di visionari e sedicenti messia che coinvolsero Paolo all’arrivo in città nel 56 d.C.

Nella lettera ai Colossesi c’è un passaggio che ricorda molto il prologo del vangelo di Giovanni (Col 1,13-20 e 2,9-11).

Sembra proprio che Paolo lo conoscesse quando inviò la lettera scritta dalla prigione a Roma.

Inoltre nel vangelo giovanneo si parla al presente della piscina presso la Porta delle pecore (Gerusalemme non è stata ancora distrutta).

Questi particolari attestano la stesura del vangelo di Giovanni al più tardi attorno al 60 d.C. quando i vangeli sinottici c’erano già tutti.

Se il tempio di Gerusalemme fosse stato già abbattuto, sarebbe stato un argomento forte da spendere, e invece … niente!

La questione scottante, quasi assillante in quel periodo (c’è anche nelle lettere di San Giovanni) è invece il vacillare della fede, proprio perché Gesù, già attesissimo, non torna ancora e intanto il tempio di Gerusalemme sta raggiungendo fasti mai visti (i lavori saranno completati nel 64 d.C., anno dell’incendio di Roma), nel proliferare di sette gnostiche e di nugoli di falsi profeti. Invece è quasi martellante, ubiquitaria, la denuncia della minaccia dei “falsi dottori”: caratterizza quasi tutte le lettere cattoliche scritte in un ristretto numero d’anni, tra il 56 e il 61 d.C.

Anche le lettere alle sette chiese dell’Apocalisse trattano l’argomento dei falsi profeti; così le altre di più autori, comprese le prime due di San Giovanni, raccomandando di non lasciarsi sedurre dagli anticristi.

Questa emergenza costituisce la preoccupazione più sentita anche della seconda lettera di Pietro e della lettera di Giuda, molto simili tra loro; contraddistingue anche la seconda lettera a Timoteo, scritta quando Paolo è ancora agli arresti e solo Luca è con lui.

La lettera di Giuda, fratello di Giacomo il minore, non menziona la morte del cosiddetto “fratello del Signore”. Nemmeno le due lettere di Pietro accennano al martirio di suo fratello Andrea: un indizio che dovevano essere ancora vivi anche se si percepisce l’approssimarsi di una drammatica svolta che in breve farà strage di gran parte degli Apostoli.

Tanto meno v’è traccia del martirio di Giacomo il minore negli Atti degli apostoli (Luca termina il racconto alla fine dell’anno 60, ricordando che nel periodo della libertà vigilata a Roma, Paolo poté ricevere chiunque andasse a visitarlo, senza ostacolo) e nella lettera agli Ebrei, che sicuramente ne avrebbe trattato.

Giacomo fu giustiziato a Gerusalemme tra la Pasqua e la Pentecoste del 62 d.C.

La situazione che si determinò a Gerusalemme attorno al 56 d.C. con discredito dell’autorità religiosa.

Nel 52 d.C. entrò in carica come procuratore Felice, il fratello di Pallante, un influentissimo liberto della Roma imperiale che condizionerà anche il regno di Nerone. Il sommo sacerdote all’epoca era Anania di Nebedeo, già in carica e coinvolto nei tragici fatti (Flavio Giuseppe riferisce di ventimila morti a Gerusalemme) avvenuti sotto Cumano: manterrà il ruolo fino al 58 d.C. salvo il breve intermezzo di Gionata, descritto in seguito.  Anania, insieme a Cumano, venne inviato a Roma da Quadrato (divenuto il legato imperiale in Siria) a rendere conto a Claudio dell’accaduto.  Nel 54 a Roma muore Claudio: a ottobre gli succede Nerone.

Lasciata Efeso, Paolo entra in Macedonia dove rimane 3 mesi. Sverna in Grecia poi nell’anno 56 d.C. (Atti 20,3) torna indietro passando dalla Macedonia. In primavera salpa da Filippi (Atti 20,6) per essere a Gerusalemme in tempo per la pentecoste nell’anno 56, passando per Mileto dove tiene il famoso discorso. Come attribuire con tanta sicurezza la data del 56 per l’arrivo di Paolo a Gerusalemme? Sappiamo da Flavio Giuseppe che nel primo anno di regno di Nerone (il 54-55 d.C.) ci fu una ridistribuzione di territori in Palestina in seguito a vicende ereditarie tra i vari dignitari. Agrippa II mise le mani anche sulla Galilea. Il procuratore romano Felice era alle prese con ruberie di predoni e impostori vari, tra i quali un egiziano che si diceva il messia, che fece proseliti e dopo una serie di delitti commessi dal suo gruppo scomparve nel nulla.

Felice comandò l’uccisione di molti agitatori, altri ne catturò, alcuni inviandoli a Roma. Felice si lamentò anche con Gionata, divenuto sommo sacerdote proprio in quel periodo, chiedendo di raccomandare maggior ordine al suo popolo. Alla fine Felice si stancò di lui e decise di farlo eliminare corrompendo un amico traditore (Doras) del sommo sacerdote Gionata e ricorrendo proprio ai predoni per il lavoro sporco.

Flavio Giuseppe riporta che i predoni si mescolarono a chi era in pellegrinaggio a Gerusalemme e penetrarono nel tempio, uccidendo il sommo sacerdote e altri in una catena di regolamenti di conti, tutti prezzolati. Siamo nei primi mesi del 56 ed ecco così spiegato il perché, all’arrivo di Paolo a Gerusalemme (At 21,37), c’è chi gli chiede se non sia lui l’egiziano sobillatore!  Si spiega anche come mai Paolo non fosse al corrente di chi fosse il sommo sacerdote.

Uno dei più importanti personaggi in scena è sicuramente Anania, il sommo sacerdote che presenzia all’arresto di Paolo ad opera di Felice (Atti 23). Dopo la morte violenta di Gionata, liti e scontri perdurarono, insieme al discredito per l’autorità del sommo sacerdote. Anania, figlio di quell’Anna che da molti decenni rappresentava la famiglia guida del sinedrio (ebbe a che fare anche con Gesù) è una presenza ingombrante, che vantava già prima di Gionata un decennio nel ruolo.

E’ improbabile che Luca abbia sbagliato il nome addirittura del sommo sacerdote, “in diretta”, proprio in una descrizione così abbondante di particolari (tre capitoli dedicati a pochi giorni). Paolo, che aveva inveito contro Anania senza saperlo sommo sacerdote, accortosi del ruolo che ha (At 23,5), si scusa con lui.  Anania Nebedeo avrebbe esercitato il ruolo ad interim dopo l’assassinio di Gionata e prima della nomina del giovane e inesperto successore, Ismaele ben Fabi. Infatti nel difficile contesto Felice aveva preteso maggior ordine: nel 58 Agrippa II assegnò il sommo sacerdozio a Ismael ben Fabi, poco più di un ragazzo.

Dal punto di vista di Roma, sempre nel 58, Nerone stanco del caos e dell’incapacità di Felice che aveva scontentato tutti, decide di sostituirlo con Porcio Festo ed è lui, appena giunto, a inviare Paolo a Roma, come richiesto, essendosi subito interessato del suo caso.  Esistono delle monete fatte coniare da Festo datate il quinto anno di Nerone (58-59): in genere i procuratori romani entravano in carica sul finire della primavera. Questi rimandi storici permettono di datare al meglio tutti gli scritti paolini.

In Apocalisse si parla molto di Gerusalemme e del tempio, senza alcuna menzione della sua distruzione

La guerra giudaica iniziò nel 66 d.C. e si concluse nel 70 d.C. con la distruzione del tempio. Strano davvero non farne alcuna menzione in uno scritto successivo (Ap 11,8). Tra l’altro questa assenza non riguarda solo Apocalisse, ma l’interezza degli scritti del Nuovo testamento, evidentemente tutti anteriori al 70 d.C. La Babilonia di cui si parla è Gerusalemme, non Roma.

Giovanni morì molto vecchio

L’apostolo Giovanni era giovanissimo quando era con Gesù (meno che ventenne). Quando Maria non ci fu più, l’apostolo che Gesù amava aveva poco più di trent’anni. All’epoca della prigionia a Patmos poteva averne una quarantina.

Le fonti storiche attribuiscono a Giovanni una morte in tardissima età (almeno novantenne), per cui poteva essere certamente vivo ai tempi della persecuzione sotto Domiziano, ancora in tempo per conoscere ed istruire Policarpo, che fu suo discepolo e divenne vescovo di Smirne durante il regno di Traiano.

Sant’Ireneo di Lione, morto martire quasi settantenne nel 202 d.C., ne fu discepolo e la cronologia qui espressa appare perfettamente logica.

Giovanni ad un certo punto lasciò Patmos, forse prima delle persecuzioni operate da Nerone. O anche prima del disastro di Gerusalemme e prima della tragedia di Pompei ed Ercolano, nel 79 d.C. che certamente risultò terrificante per tutti i contemporanei. Giovanni probabilmente si stabilì ancora ad Efeso.

Tutti i dati raccolti indicano che Apocalisse è un testo molto attuale nel periodo tra il 50 e il 60 d.C. e possiamo rileggere il tutto senza partire dal presupposto che sia uno scritto che data all’incirca al 90 d.C.

Le persecuzioni annunciate erano imminenti, quelle future le abbiamo viste anche di recente.

Satana sta avendo un tempo per sé stesso, ma il suo destino è segnato, mentre i credenti attendono le Nozze dell’Agnello e possono vivere le beatitudini consegnateci da San Giovanni.

§§§

Aiutate Stilum Curiae

IBAN

IT79N0200805319000400690898

BIC/SWIFT

UNCRITM1E35

§§§

Condividi i miei articoli:

Libri Marco Tosatti

Tag: , ,

Categoria:

6 commenti

  • val ha detto:

    10 e lode all’autore!

  • Davide Scarano ha detto:

    Chiedo all’autore di questo articolo ed a tutti coloro che vorranno rispondermi: tra le profezie dell’Apocalisse che si sono già realizzate vi sarebbero quelle riguardanti i castighi ed il marchio della Bestia? Come si concilia questa tesi con quanto rivelato nelle apparizioni mariane, a partire dal terzo segreto di Fatima, con le rivelazioni di Anna Caterina Emmerich e con quelle contenute nei testi di Saverio Gaeta?

    • R.S. ha detto:

      Tra le profezie realizzate ci sono il disastro di Gerusalemme e l’espansione della cristianita’ dopo il periodo della persecuzione. Poi c’è tutta la mariologia, con il sancire dogmaticamente il ruolo della Madre (ultima l’assunzione nel 1950, in attesa della corredentrice). C’è anche, a mio avviso, il dramma bellico del XX secolo. C’è lo scatenamento di Satana, annunciato poco prima di Fatima. Il mondo che era anticristiano (Romano) è diventato sacro romano impero, mentre Gerusalemme è finita in mano ai gentili e poi all’Islam, lungamente. La realtà attuale puzza di anticristo lontano qualche miglio. Ovviamente il dragone sarà vinto. La donna e le schiere angeliche daranno battaglia . Il cavaliere bianco trionferà. Beati coloro che avranno lavato le vesti nel sangue dell’Agnello e non alle lavatrici dei re del mondo e loro profeti. Babilonia crollerà con tutti i suoi commerci, a disdoro dei mercanti e dei mercati. Tutto assai indigesto al mainstream… non c’è che dire. Ma garantito dal Verace. Come? Quando? Non mi importa . Ha detto che verrà presto. Sicuramente al momento giusto.

  • Vittoriano ha detto:

    Secondo i preteristi la datazione del libro dell’Apocalisse deve essere collocata all’epoca di Nerone.
    Esso tratta della caduta di Gerusalemme durante la prima guerra giudeo-romana e della distruzione del Tempio nell’anno 70 d.C. . La Grande Tribolazione ebbe luogo in questo periodo. La ” fine dei tempi ” annunciata da Gesù Cristo non si collocherebbe quindi nel futuro.
    Cfr. :
    https://www.andreacarancini.it/2023/05/i-sette-re-dellapocalisse-sono-i-cesari/

    Comunque sia, Gesù non ha confuso la fine di Ge- rusalemme con la fine del mondo; ha predetto che tra questi due avvenimenti ci sarebbe stato « il tempo delle nazioni » 15 Avrà pensato che questo periodo doveva es-sere corto? Nemmeno, perché proprio in questa stessa occasione 16 e ancora un poco più tardi dichiara che il suo Vangelo sarà predicato a tutti i popoli. Come uomo poteva, e come Dio doveva sapere che questa evangelizzazione aveva bisogno di tempo.
    È vero che una volta, e quasi di sfuggita, san Paolo (18) costata che l’evangelizzazione del mondo già al tempo suo era un fatto compiuto; ma parla del mondo ebraico, della Palestina o anche di quelle regioni dell’impero romano ove si trovavano comunità ebraiche. Non dimentichiamo che in questo passo dell’epistola ai Romani l’Apostolo vuol dimostrare che l’incredulità degli Ebrei non ha scuse. Infine, nelle tre parabole che seguono (24, 42 25, 5, 14), il Signore ci avverte espressamente che il suo ritorno si farà attendere.

    Così Alfredo Durand S. J. nella parte finale del suo commento al capitolo XXIV del Vangelo secondo Matteo
    (Editrice Studium- Roma 1955)

  • andrea carancini ha detto:

    Grazie per aver pubblicato questo interessantissimo articolo! Condivido la tesi dell’autore, secondo cui tutti gli scritti del Nuovo Testamento sono stati scritti prima del 70 d.C. La tesi in questione venne argomentata già negli anni ’70 del Novecento in un libro di John Arthur Thomas Robinson (“Redating the New Testament”), tesi e libro incautamente snobbati dall’industria culturale (in Italia, il libro di Robinson venne però elogiato dal grande esegeta mons. Spadafora e dal noto giornalista Antonio Socci). Bene ha fatto l’autore del libro a riproporla.
    Cordiali saluti e ancora complimenti all’autore del blog per aver pubblicato il predetto articolo.