Non può Essere Moderno, Chi non è Stato Antico. Porfiri.

23 Aprile 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il maestro Aurelio Porfiri offre alla vostra attenzione queste considerazioni sull’arte sacra e sulle difficoltà chi incontra chi voglia crearne al tempo nostro. Buona lettura e diffusione.

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Non può essere moderno, chi non è stato antico: pensieri sull’arte sacra

La querelle che riguarda l’arte sacra (e la musica sacra) moderna, ha radici oramai più che decennali. La domanda è: come fare in modo che l’arte parli alle persone del nostro tempo pur conservando la dignità che gli è propria?

Questa domanda ha catturato l’attenzione di innumerevoli artisti che hanno cercato di dare delle risposte valide. Purtroppo alcune esperienze artistiche sono state viziate da quel moloch che si chiama modernità, per cui è come se si vivesse in una dimensione senza passato né futuro.

In realtà la domanda stessa ha un fondamento non veritiero: l’arte sacra deve prima di tutto dare gloria a Dio, quando farà questo sarà anche in grado di parlare all’uomo di tutti i tempi. Ci parla ancora l’arte di Raffaello, Palestrina, Michelangelo? Eppure è stata prodotta secoli fa. Essa ci parla perché ha superato la tradizione inglobandola nell’opera d’arte. In questo modo la tradizione non è negata, come in molta arte moderna, ma sottointesa. Questa arte ci offre una lezione importante: non può essere moderno, chi non è stato antico.

Dobbiamo avere il coraggio di vivere la storia, non di essere vissuti dalla storia. Paula Philippson, in un suo interessante articolo di qualche decennio fa (Philippson, Paula. “IL CONCETTO GRECO DI TEMPO NELLE PAROLE AION, CHRONOS, KAIROS, ENIAUTOS.” Rivista Di Storia Della Filosofia (1946-1949) 4, no. 2 (1949): 81–97), ci presenta le quattro parole che per i greci descrivevano il tempo: abbiamo il tempo cronologico che veniva descritto con la parola chronos, abbiamo il tempo come avvenimento che veniva definito con la parola kairos, il tempo che potremmo definire dell’eterno ritorno è eniautos, mentre il tempo dell’eternità è l’aion. L’artista che desidera elevare la sua opera alla maestà di Dio, deve cercare un alloggio nel tempo aion e dipingere, scolpire, comporre, non per il contingente ma per l’assoluto. La via al tempo aion è la tradizione non intesa come passato nel senso crono-logico, ma intesa come energia vitale in opera nella storia ma che la storia non può possedere.

Parlare al proprio tempo è una conseguenza di questa ascesi che può essere quantomai ardua, che ci chiede di vedere il mondo dall’alto piuttosto che da dentro. La Lettera a Diognetooffre un idea fondamentale: nel mondo ma non del mondo. I faccendieri che vivono le battaglie di questo mondo vivono nella storia, coloro che scelgono di abitare nell’eterno vincono la guerra. Per coloro che si affaccendano il tempo li falcia improvvisamente, per gli altri il tempo non finisce mai.

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3 commenti

  • Enrico Nippo ha detto:

    Mi vien da affermare come il kairos sia l’unico tempo a portata di mano dell’uomo. Il kairos è il tempo presente, il tempo opportuno, l’unico tempo che si ha a disposizione per pensare o non pensare e per agire o non agire. Si tratta del famoso “hin et nunc” o “qui ed ora” che potremmo appellare anche “adesso”: nulla accade, è accaduto e accadrà se non “adesso”, in “questo momento”, altro appellativo del kairos. Chi scrive queste righe le sta scrivendo “adesso” e chi le legge lo sta facendo “adesso”, ed anche un’eventuale replica o contributo non potrà essere pensato e scritto che “adesso”, in “questo momento”. Nel “prima” e nel “dopo” non può accadere nulla. Il maestro Porfiri ha scritto il suo articolo “adesso”.

    Vivere il Kairos (ciò esigendo una ferrea disciplina) comporta il trascendimento della storia e dell’escatologia. Vivere “adesso” è vivere l’attimo puro e purificante da ogni rimpianto e da ogni attesa, da ogni perdita e da ogni profitto, da ogni mancanza e da ogni eccedenza, da ogni vittoria e da ogni sconfitta, insomma da tutti i dualismi illusori in cui si dibatte la coscienza (o, se si vuole, l’anima) impelagata nelle sue stesse proiezioni.

    Nello Zen si dice “Shusho itto”, ove Shu significa “pratica”, sho significa “realizzazione come fruizione della pratica” e itto significa “unità di pratica e realizzazione”.

    In altri termini, semina e raccolto sono “itto”, ovvero si danno nel kairos, proprio “in questo momento”

    Ciliegina sulla torta: il “futuro” è “adesso”.

  • alessio ha detto:

    Io credo che l’arte sacra moderna prima ancora che brutta sia terribilmente fredda
    e tetra anche perché spesso è commissionata a persone
    senza fede che trasmettono
    ciò che pensano e vivono, il
    nulla . Secondo la mia sensibilità e gusto estetico,
    i più bravi a trasmettere sentimenti di Amore alla Divinità , sono stati i pittori
    del ‘300 ,specialmente il
    Cimabue e Giotto , che
    quest’ultimo faceva commissionare al figlio
    sacerdote le opere destinate
    alle chiese del Mugello e di
    Firenze depredate poi da
    napoleone ,decantato poi
    dai patri poeti dell’800 che
    non erano certo degli artisti ,
    ma servi del potere.
    Certamente i pittori del ‘500
    avevano una tecnica perfetta ,
    riuscendo persino a rendere
    lo sguardo vivo, e dare
    sensazione di movimento ,
    ma io continuo a preferire un
    Giotto per l’amore che mi
    comunica , piuttosto che
    l’ultima Cena di Leonardo
    da Vinci ,perfetta , ma a mio
    modo di vedere terribilmente
    fredda . Bisogna dire che da
    quel periodo in poi hanno
    cominciato a riempire le
    ville dei nobili di scene pagane,
    che inneggiavano appunto al
    rinascimento ,che non
    sarebbe altro che la rinascita
    pagana contrapposta al
    Cristianesimo , e se noi adesso
    siamo in balìa dei pagani che
    ci amministrano ,in buona
    parte lo dobbiamo a quei
    pittori del ‘500,600 che resero effeminati per primi i loro
    committenti nobili seguaci
    dell’amore greco ,e qui mi
    viene in mente la Firenze dei
    Medici , dove nelle botteghe
    degli artisti si commettevano
    crimini che gridano al Cielo ,
    denunciati anche dal Savonarola .

  • enrico ha detto:

    “l’uomo non deve ignorare gli insegnamenti del passato,né forzare le leggi fisiche;ma la sua vocazione creativa può ispirargli il modo migliore di interpretare la storia per esserne aiutato a trasformare in linguaggio artistico i doni della natura”. Don Corrado Moretti , L’organo italiano,1973.