Nobile Bellezza, Sublime Santità di Peter Kwasniewski. Fede & Cultura.
2 Marzo 2023
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offro alla vostra attenzione questa segnalazione di un libro che sto leggendo, del prof. Kwasniewski, “Nobile bellezza, sublime santità”, che potete acquistare, se l’argomento vi interessa, a questo collegamento. Tratta della necessità, spirituale ma non solo, nei nostri giorni di una forma di messa, quella tradizionale, per vivere la pienezza del rito. Qui sotto trovate una breve scheda informativa. Buona lettura.
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La liturgia tradizionale della Chiesa cattolica è un rituale altamente codificato che si svolge secondo ben definiti gesti, simboli, formule e canti. Nonostante in molti, dopo il Concilio Vaticano II, l’abbiano ritenuta irrilevante per l’uomo moderno, la Messa in latino è sopravvissuta ed è divenuta sempre più familiare nel panorama cattolico odierno. Quali sono le ragioni di questo risveglio, soprattutto fra i giovani? E perché questo sviluppo è così importante per il rinnovamento del cattolicesimo? Questo libro parla della bellezza, della santità e del misticismo della Messa in latino, dimostrando come questo tesoro sia inscindibile dalla storia della Chiesa e dalla sua essenza teologica. Se ci sarà una nuova primavera nella Chiesa, essa potrà passare solo per la restaurazione della liturgia tradizionale.
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Tag: fede e cultura, kwasniewski, nobile bellezza, sublime santità
Categoria: Generale
Non è stupefacente che la Chiesa sia stata infettata da questa temperie, con il solito ritardo e pochissima consapevolezza, come attardata seguace della contemporaneità. Dalla morte di Pio XII si fa vocale nel cattolicesimo un’urgenza, fatua eppure impellente, di recuperare “l’ebraicità” del Cristo che si presume cancellata da due millenni di latinità; il “Kerigma”, il “messaggio originario della prima comunità”, che si suppone oscurato da venti secoli di commento e interpretazione; la “semplicità e povertà” della liturgia, che si sente come falsata dal gregoriano e dal latino.
I novatori rifanno canti e pitture su misura dell’infanzia, simbolo dell’umanità “nuova” senza storia; chiedono all’architettura ultramoderna di costruire chiese quanto più simili a tende, o che perlomeno sembrino casuali e disadorni contenitori di folle profughe: negate le volte e le cupole, i tetti han da essere gittate piatte o lucernari: le pareti sian di cemento nudo, sicché la materia brutale abbia la meglio sulla forma; tutto ricordi l’architettura industriale, massimo punto di coincidenza fra l’Arcaico e il Funzionale.
Il tutto ha un significato inequivocabile: gli innovatori ecclesiastici hanno scagliato la Rivelazione (originaria) contro la Tradizione. Nicciani senza saperlo. Nemmeno si accorgono, temo, che l’epoca del contemporaneo come ritorno all’arcaico, che ha sparso stragi e rovine esterne e interiori, sta finendo. L’esaurimento delle ideologie totalitarie ne è il sintomo più vistoso. Il più soggettivo è la nausea che proviamo di fronte all’ennesima pittura “astratta” o “informale”, o all’architettura razionale e funzionale, ancorché pittori e architetti continuino lo stanco modulo, incapaci di dare forma al “postmoderno” che a parole annunciano. È stata proprio la penetrazione dell’arcaico a metterci sulla via della guarigione: esso ci appare ormai quello che è, un residuo archeologico di una cultura.
Ogni convivenza umana – tranne la nostra “di massa” – è l’emergenza attuale di un passato consegnato. Cominciamo a indovinare che l’Arcaico privato della sua Tradizione è residuo da museo, enigmatico e morto. E che la Tradizione è il canale più fedele per farci attingere all’origine della nostra cultura, all’Arcaico vivente che essa conserva e tramanda.
La mia speranza è che se ne accorga, un giorno, anche il mondo cattolico. Le forme contemporanee che ci disgustano per la loro vacuità, artificialità, o arbitrarietà, indicano che cominciamo a sentire la mancanza della Tradizione; che cominciamo, forse, a guarire dall’accecamento