I Marmorari di San Lorenzo. Viaggio Urbano di Benedetta De Vito.

20 Gennaio 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, la nostra Benedetta De Vito offre alla vostra attenzione questo racconto di una passeggiata, e di un’esplorazione urbana, a San Lorenzo, a Roma. Buona lettura.

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Piove (e pungono gli aghini d’acqua) quando, nel pomeriggio ancora principino, mi avvio verso la Stazione Termini per poi, attraversandola, andare, in un luogo per me poco cognito, “papagayos regio”, ossia San Lorenzo. Che bello, penso mentre osservo la strana miscela di degrado e consumismo che si respira nella spina di Termini, un quartiere intero intitolato a un Santo! E cammino sotto il mio “parrot umbrella, finché, fiancheggiando la candida stazione, non mi trovo su viale  Pretoriano che  è un accampamento e un bivacco all’ombra delle mura e gli abitanti hanno acceso anche un fuoco! Faccio una foto a eterna vergogna, che vorrei mandare al signor sindaco, il quale doveva essere un raggio dopo Raggi. Sì, sì, come no… Proseguo lungo la via Tiburtina alla ricerca di un’urna per  le ceneri di mia madre volata in cielo.

Mi fermo in un negozio di marmorari, dove s’entra come in una nuvola di neve, ma niente, mica mi piacciono le cose loro, sicché avanti finché non incontro una gentile signora con ombrello e occhiali (e senza mascherina, vivaddio), la quale mi indirizza più avanti verso il Verano, a una ditta che sono cinque generazioni di mestiere. Ringrazio e proseguo nel mio andare e arrivo al negozio tanto vecchio stile con su scritto “Biondi”.  Entro: “Permesso?”. C’è, seduto a un vecchio tavolo ingombro di giornali, un signore con un berretto blu sul capo, in giaccone e appena mi vede s’alza in piedi e “null’avevo vista mica!”, mi fa ed ecco che mi sento a casa, come se lui pure fosse monticiano e non lo è ma lo è nella parlata. E tutto quanto, uguale, tale e quale a un Roberto, ex giornalaio del Rione Monti, che è alto e grande e simpaticone (un giorno, di peso con altri spostò una macchina che mi bloccava il passo). Sì mi sento a casa.

Girellando per il negozio pieno di Madonnine, Gesù e santi (una delizia alla vista), mi mostra le mercanzie. Ce ne sono di care e di carissime. Resto sul buon mezzo e mentre il Roberto (che però si chiama Maurizio) mi racconta i percome della merce, mi cade l’occhio su una Madonnina di porcellana, solo il busto e tanto bellina , con l’aureola d’oro, che l’occhio mio non se ne stacca. “Sono belle, vecchie, degli anni Settanta, le facevano in Garfagnana dalle parti di Lucca”, dice e prende a spiegarmi la tecnica di fattura perché lui le ha viste le pittrici che tenevano il polso fermo su un panchetto in miniatura per non far tremar la mano. Arriva sua figlia, Maria Dora: “Scommetto che non sa perché si chiama così?”. Mmm, penso, ma lui più veloce: “Dono di Maria, ecco perché”. Noooo, che meraviglia, io comprerei anche il buon Maurizio Biondi, che gli affari, comunque, li sa fare perché alla fine l’urna da lui l’ho trovata e comprata e con Maria Dora siamo andate dall’incisore per scriver su il nome di mia madre.

Tornate a negozio si è passati a parlar della stupenda Basilica di san Lorenzo fuori le mura, dove padre e figlia vanno alla domenica alla Santa Messa. E io che non ci sono mai entrata… Scopro che lì è sepolto Pio IX che i papalini, indignati per la sua mollezza coi Savoia, volevano, da morto, buttare al fiume. Fu salvato da una Confraternita di incappucciati “come me diceva mi nonno, tutti ricoperti visi e nasi de bbianco e incappucciati” e fu portato qui a San Lorenzo dai frati cappuccini. “E il pavimento cosmatesco, bellissimo!”. Saluto, vado e sotto una pioggia battente allungo pochi passi fino alla Basilica che, solenne, spoglia, francescana e cappuccina proprio, m’accoglie. Tempo ne ho poco per guardarmi intorno perché il dovere di sposa mi chiama a casa

Ma faccio in tempo a uscire nel chiostro color mattone e in mezzo un giardino verde e ordinato che guarda in faccia il cielo. Scendo  in punta di piedi, nella cripta ad ammirar l’oro sfavillante del mosaico che circonda il corpo di Papa Mastai Ferretti il quale ha di fronte il Buon Pastore. Le tessere formano tanti stemmi  di famiglie che vengono da tutto il mondo, dalle Americhe, dall’Australia, fin nella lontana Asia. Tutte le famiglie che donarono del loro per fare una tomba degna di un gran Papa. In alto sfavillano quattro grandi Santi: Pietro e Paolo e due martiri, Stefano e Lorenzo che, come scopro, sono sepolti tutti e due qui sotto l’altar maggiore. E proprio uscendo, per tornar passin passetto ai Monti, mi sono trovata lungo una navata Stefano, biondo e bello, vestito di rosso, e l’ho scambiato per Lorenzo, per il Lorenzo che, anche lui in veste sanguigna, m’accoglie a volte quando e ne vado sola soletta in preghiera a San Lorenzo in fonte lungo la via Urbana…

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