La Fine dell’Era Wojtyla. Pensieri Sparsi su Benedetto, il Regno, la Rinuncia.
9 Gennaio 2023
Marco Tosatti
Carissimi, vi offro qui alcuni pensieri e ricordi sparsi e slegati, alcuni miei, altri incontrati in questi giorni così mediaticamente tumultuosi dopo la morte di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI. Buona lettura, e meditazione.
Alle 9.34 del 31 dicembre 2022 si conclude l’epoca di Karol Wojtyla. Un periodo storico iniziato nel 1978, e in cui i cattolici dopo molto tempo ritrovavano la dignità e l’orgoglio di definirsi credenti e cattolici. Un’epoca esaltante, che non ha voluto finire con la scomparsa del papa polacco. L’elezione di Joseph Ratzinger, un’elezione certamente più accettata che desiderata , ne era la continuazione, faticosa.
Venuto meno il grande lottatore, i nemici e il Nemico si sono accaniti, dentro e fuori la Chiesa contro chi portava quella bandiera, ma che del lottatore non aveva né la tempra, né la storia, né la volontà. E che era ben conscio di queste sue fragilità. Quella frase tremenda, pronunciata nel discorso di inizio pontificato, “Pregate per me perché io non fugga per paura davanti ai lupi” svelava la sua consapevolezza.
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Questo è qualcosa che ho trovato sui social, e mi ha colpito.
Un Pastore non abbandona il gregge ai Lupi e non fugge. Un padre non abbandona i propri figli e si nasconde all’ombra dell’ombra che viene.
Un capo non lascia la nave in tempesta in balia delle onde.
I santi ed i martiri hanno dato la propria vita per difendere il nome dell’Altissimo. A poco o nulla sevono tante dotte elucubrazioni teologiche (umane), se poi chi le elabora non testimonia con la propria vita la Parola di nostro Signore Gesù.
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Ho molto amato Benedetto XVI, e molto apprezzato. La sua lucidità cristallina, la capacità di esprimere in poche limpide parole concetti complessi e difficili, come se stesse parlando a fedeli semplici di mente e di cuore mi hanno affascinato e mi affascinano ancora.
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Ecco il commento di un amico che stimo infinitamente, Pippo Corigliano:
Leggendo i commenti alla morte di Ratzinger sento il bisogno di precisare un punto: se ci fermiamo agli episodi del suo pontificato, primo fra tutti la clamorosa rinuncia, non mettiamo in luce il vero personaggio.
Non sono in condizione di commentare adeguatamente la vita e il pensiero di Ratzinger, che è il pensatore e teologo più imponente del secolo. La Provvidenza gli ha chiesto di essere vescovo, cardinale e papa e lui ha svolto il suo ruolo. Ma il patrimonio che ci ha lasciato sono i suoi scritti e i discorsi. Ratzinger va letto, punto e basta.
La sua “Introduzione al Cristianesimo” è un testo base che chiunque abbia fatto il liceo è in condizione di comprendere. Nell’introduzione Ratzinger racconta: “il libro è scaturito dalle lezioni da me tenute a Tubinga nel semestre estivo del 1967, ad uditori di tutte le facoltà… esso si propone di far comprendere in maniera nuova la fede, presentandola come agevolazione all’autentico vivere umano nel nostro mondo odierno, senza degradarne la consistenza…”
Allora Ratzinger aveva quarant’anni e aveva partecipato al Concilio in qualità di perito, collaborando con i maggiori teologi e porporati dell’epoca.
Sono in corso di pubblicazione, da parte della Libreria Vaticana, 16 volumi che raccolgono il suo pensiero filosofico e teologico, mentre case editrici hanno pubblicato libri tratti da suoi cicli di lezioni o prediche.
Sono notevoli le vicende del suo pontificato ma, in una prospettiva storica, la sua figura resta centrale per l’impegno di parlare adeguatamente di Dio all’uomo contemporaneo.
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Quando furono rese note le dimissioni di Benedetto XVI telefonai al card. Dziwisz, segretario di san Giovanni Paolo II, per sapere che cosa ne pensava. Mi disse solo: “Non si scende dalla Croce”.
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Un Papa intellettuale, un uomo che si è spostato come docente da Tubinga a Ratisbona perché la prima sede viveva un periodo di grande turbolenza, che ha accettato per senso del dovere l’incarico di Prefetto della Congregazione per la Fede, che ha presentato due volte a papa Wojtyla le sue dimissioni, respinte entrambe, e che accettato l’elezione a pontefice come un obbligo, avrebbe avuto bisogno di essere difeso, appoggiato e sostenuto da collaboratori devoti, capaci e fedeli, e che sapessero difendergli le spalle. Ha avuto un segretario particolare che si faceva rubare i documenti dalla scrivania (pensate se sarebbe mai successo a Dziwisz…) e un Segretario di Stato forse il peggiore della storia dell’ultimo secolo. E che gestiva gli affari senza informarlo. Mi dicono, persone ben informate, che all’epoca lavoravano nel settore finanziario della Curia, che Benedetto ha saputo dalla televisione del “golpe” che ha portato alla rimozione di Ettore Gotti Tedeschi dalla guida dello IOR. Un colpo decisivo alla riforma delle finanze, una riforma trsparente che a qualcuno dava fastidio. Gotti Tedeschi era stato chiamato a quel posto da Benedetto XVI. Personalmente, posso dire di aver ricevuto il giorno del “golpe” una telefonata da un prelato della Segreteria di Stato, molto vicino al card. Bertone, in cui mi si spiegavano le ragioni più o meno fittizie che avevano portato alla rimozione di Gotti Tedeschi. Un papa Ghislieri non avrebbe avuto esitazioni nel tagliare qualche testa. Ma Benedetto rifiutò le esortazioni di amici – il card. Meisner, il card. Ruini e altri – che consigliavano il licenziamento di Bertone, e la sostituzione con qualcuno di più adeguato e fedele. “Ma i Ratzinger sono leali. E questo non rende loro la vita facile”, commentò Meisner.
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Joseph Ratzinger si è dimesso nel 2013, portando ragioni di salute e di energia – carente. Ha vissuto ancora per quasi dieci anni, con una mente lucida e attenta, anche se il corpo viva via lo abbandonava. Mi sono venute in mente le parole con cui il card. Giuseppe Siri rispose una volta a un anziano parroco, che voleva lasciare la guida della parrocchia a Genova perché si sentiva vecchio e stanco. “Vuscià – gli rispose Siri – avei da governâ cu u pané”, Lei deve governare con il sedere, cioè stando seduto e prendendo le decisioni…
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Sembra che Benedetto XVI pensasse che il suo successore sarebbe stato Angelo Scola, arcivescovo di Milano, che in effetti secondo alcune ricostruzioni prese intorno ai 30 voti, nelle fasi iniziale del Conclave del 2013. Pensando a questo, mi torna sempre in mente quel verso di Robert Burns in “Of mice and men”: “The best laid schemes o’ mice an’ men / Gang aft a-gley.” Gli schemi meglio preparati di uomini e topi spesso vanno storti. E questo, se mai è stato uno schema (non vedo Joseph Ratzinger a complottare…) è andato davvero ma molto, molto storto.
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Tag: benedetto, pensieri sparsi, wojtyla
Categoria: Generale