Caso Rupnik. Quattro Suore Abusate Avevano Scritto a Papa Bergoglio.
5 Gennaio 2023
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questo articolo di testimonianze sul caso di padre Ivan Marko Rupnic pubblicato da Left, che ringraziamo per la cortesia. Buona lettura e diffusione.
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«Noi, ex suore, fuggite da una setta»
Federico Tulli – 4 Gennaio 2023
Violenza psicologica e manipolazione. Sono le accuse di numerose suore contro la fondatrice della Comunità Loyola già finita di recente sui giornali per lo “scandalo Rupnik”. L’imbarazzo dei gesuiti e il silenzio del Vaticano
«Buonasera, le scrivo perché sono una delle ex suore della Comunità Loyola di Lubiana riuscita a fuggire da quella situazione settaria. La prego, mi metta in contatto con le mie ex consorelle che si trovano nella stessa situazione, so che lei può farlo». È parte del testo di una mail dal tono molto accorato che abbiamo ricevuto nei giorni scorsi nella casella postale di Left in cui raccogliamo le testimonianze che ruotano intorno al caso del religioso gesuita Marko Rupnik e al commissariamento della Comunità Loyola (chiesaepedofilia@left.it).
Due vicende che si sono intersecate, come vedremo, fino al 1993 ma che la Santa sede e la Compagnia di Gesù stanno tentando in ogni modo di tenere separate agli occhi dei media per contenere le conseguenze dello scandalo legato alle accuse di violenza psicologica e in alcuni casi anche sessuale mosse da 9 religiose della Comunità Loyola contro Rupnik, che uno scoop del nostro giornale online ha reso pubblico il 2 dicembre scorso (vedi nota a fine articolo, ndr). Dopo il nostro primo articolo tante altre cose sono emerse nell’ultimo mese: giudicato dal tribunale dei gesuiti Rupnik è stato prosciolto a ottobre 2022 perché i reati di cui era accusato dalle 9 suore sono prescritti dal punto di vista canonico; ciononostante la Compagnia di Gesù lo ha sottoposto a misure restrittive temporanee per limitare il suo «modo di fare»: niente confessione e nessun accompagnamento spirituale delle donne per tre anni; è inoltre emerso che Rupnik era stato processato anche nel 2019 per aver assolto in confessione una donna con cui aveva avuto un rapporto sessuale. Si tratta di un reato gravissimo, per la Chiesa, che comporta la scomunica automatica ma basta dichiararsi pentiti, cosa che Rupnik ha fatto, perché questa venga eliminata. Il fatto è accaduto nel 2015 nel contesto della scuola d’arte Centro Aletti di Roma, diretta all’epoca da Rupnik, e non è chiaro se la donna fosse consenziente (per capire la mentalità di chi lo ha giudicato basti dire che il capo dei gesuiti, reverendo Sosa, in un’intervista rilasciata all’Associated press ha dato per scontato che lo fosse dato che si tratta di una donna adulta…). Di sicuro non era consenziente un’altra donna che ha fatto parte dell’entourage artistico di Rupnik al Centro Aletti che ci ha raccontato il modus operandi del religioso: «Quando arrivai a Roma avevo grandi aspettative, ero un’artista, avevo lavorato in diversi atelier, volevo far parte della squadra del famoso padre Rupnik realizzatore di mosaici per le chiese di mezzo mondo, avevo un enorme desiderio di imparare».
Ma le cose non sono andate come desiderava. «Le mie aspirazioni sono diventate il suo terreno di conquista, la sua arte è diventata il suo terreno di seduzione. E a un certo punto è iniziato un rapporto “nuovo”. Nel senso che senza che me ne rendessi conto lui ha iniziato ad avere su di me un dominio psichico al punto che per due anni ho perso la mia libertà di pensiero e quasi la libertà di muovermi. Ero completamente presa da quest’uomo e soprattutto completamente persa. Vivevo un grande caos interiore». Potrebbe sembrare un innamoramento ma secondo la nostra fonte era qualcosa di molto diverso. Era manipolazione. «Lui poteva fare di me quello che voleva. Ero sotto il suo controllo e pian piano ha iniziato a compiere dei gesti su di me che non si devono fare. Gesti che non possono essere qualificati come vera e propria aggressione sessuale, siamo proprio al limite. Io semplicemente non volevo che mi mettesse le mani addosso ma lui si è avvicinato troppo. In tal senso la mia vicenda è molto meno grave della storia denunciata dalle suore di Lubjana. Ne sono consapevole. Siamo su due piani in parte diversi. La mia è molto più caratterizzata dal dominio psichico che dall’abuso sessuale». E come è finita? «Inizialmente ho cercato di reagire ma Rupnik mi fece capire che se avessi continuato a rifiutarlo beh… forse dovevo andare via dall’atelier e che il mio posto non era lì. In pratica il mio lavoro sarebbe dipeso dall’accettazione dei suoi gesti, dall’accettazione di quello che voleva fare di me. L’unica soluzione è stata fuggire».
E qui torniamo alla Comunità Loyola perché i nessi con quello che è accaduto a Lubiana appaiono innegabili ed è bene metterli in evidenza, perché la violenza sia essa “invisibile” in quanto agita sulla psiche di una persona, sia essa manifesta perché sfociata nell’atto “sessuale”, sempre violenza è. Sempre annullamento della realtà umana dell’altro è.
Ma cosa c’entra Marko Ivan Rupnik con una comunità di suore? Negli ambienti esterni alla Chiesa cattolica il suo nome potrebbe dire poco o nulla. All’interno del mondo ecclesiastico la questione è decisamente diversa. Rupnik è un acclamato artista religioso – i suoi ricchissimi mosaici, alcuni in oro e davvero giganteschi, sono installati in chiese e basiliche cattoliche di mezzo mondo, dal santuario di Loreto a quello di Padre Pio solo per citare un paio di esempi tra i più costosi – oltre che fine teologo e grande comunicatore. Tutto ha origine nei primi anni Ottanta presso la Comunità Loyola fondata da suor Ivanka Hosta, di cui Rupnik era amico e “padre spirituale”.
«Dopo le denunce di violenza psicologica e sessuale nel 1992-1993 la soluzione che viene trovata in accordo con il vescovo di Lubiana fu quella di allontanare Rupnik dalla Comunità» racconta una nostra fonte che chiede di rimanere anonima. Cosa che avvenne in maniera burrascosa «dopo un forte litigio e una separazione fra Rupnik e Hosta». Dopo questa fase critica nonostante il dolore e la sofferenza diffusa tra le consorelle abusate e manipolate, tutto tornò come prima, come se non fosse successo nulla. E la situazione è andata avanti così per quasi tre decenni, fino a quando cioè le “lacerazioni” interiori vissute negli anni da molte delle circa 50 suore vissute all’interno di questa comunità – «sofferenze acuite dall’atteggiamento omertoso della fondatrice riguardo il caso Rupnik», osserva la nostra interlocutrice – hanno spinto il Vaticano ad avviare nel 2020 in gran segreto una procedura di commissariamento affidato al gesuita monsignor Libanori nei confronti della Comunità fondata da Ivanka Hosta. L’accusa nei confronti di sr. Hosta e alcune sue fedelissime è di abuso di potere, violenza psicologica e spirituale tipici delle dinamiche settarie, stante la dipendenza e sottomissione rispetto alla fondatrice di tutte le altre suore. Molte delle quali, come l’autrice della mail di cui parliamo all’inizio, negli anni hanno trovato nella fuga dalla Comunità l’unica soluzione. Restando sole e senza un soldo in tasca da un giorno all’altro in un Paese straniero.
Dopo un anno di stallo dell’inchiesta, ci racconta la nostra fonte, papa Francesco ha ricevuto 4 lettere da altrettante ex suore della Comunità commissariata. «Una era la mia» dice. Eccone un passaggio: «Negli ultimi anni le scarse vocazioni nella Comunità Loyola sono venute soprattutto dal Brasile e dall’Africa. Sono ragazze fragili per cultura e per storie personali molto complesse e dolorose, che più facilmente possono essere irretite in relazioni di dipendenza e di sottomissione assoluta, secondo un modo poco sano (sia dal punto di vista religioso che antropologico) di concepire il valore e la prassi del voto di obbedienza e il proprio carisma comunitario, inteso come “disponibilità ai Pastori”. È evidente sempre più – prosegue la lettera – che la “dipendenza e l’abuso psicologico” è molto difficile da dimostrare e che per questo si configura come una forma di abuso ancora più grave. Un dolore silenzioso, che rende la vittima ancor più fragile ed esposta perché non creduta, non riconosciuta; o perché essa stessa si considera responsabile della sua condizione».
A questa e alle altre 3 lettere papa Francesco non ha mai dato risposta. Inoltre, denuncia la nostra fonte, «da mesi aspettiamo l’esito dell’indagine di Libanori sulla Comunità Loyola». Un silenzio inspiegabile del quale starebbero approfittando Ivanka Hosta e le sue fedelissime. «Oggi la Comunità Loyola in pratica non esiste più – dice la nostra interlocutrice – ma noi sappiamo che la fondatrice e le altre si sono spostate a Braga in Portogallo. Qui, nonostante l’indagine e tutti i divieti che ne conseguono, c’è stato un tentativo di far prendere i voti perpetui a una ragazza brasiliana. Sua sorella è disperata perché ha capito che è tutto un raggiro ed è molto preoccupata perché le impediscono di contattarla. Anche qui ci sono tutte le dinamiche di una setta: c’è stato un allontanamento dalla famiglia non del tutto volontario, c’è l’impedimento a qualsiasi contatto con l’esterno, c’è una situazione di fragilità interiore, e ci sono dei dubbi che hanno portato questa ragazza a un passo dal rinunciare. Dubbi che scompaiono con tanto di senso di colpa per aver tentennato, di fronte ad alcune delle figure di autorità, figure chiave della Comunità Loyola».
Di tutto questo è al corrente monsignor Libanori, così come 30 anni fa il vertice dei gesuiti era al corrente delle accuse contro Rupnik. Oggi come allora in Vaticano e presso la Compagnia di Gesù il massimo sforzo non è teso a tutelare le vittime ma a preservare l’immagine pubblica dell’istituzione religiosa. E con l’eventuale scioglimento della Comunità Loyola diverrebbe ancor più difficile gestire ciò che per 30 anni è stato tenuto nascosto sotto il tappeto. A cominciare dalla sistematica violenza invisibile contro decine di donne.
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Il caso Rupnik su Left
Tutte le puntate della nostra inchiesta sulle accuse di violenza “sessuale” e abusi psicologici contro diverse donne in Italia e Slovenia a carico di padre Rupnik sono pubblicate integralmente sul sito di Left
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Tag: left, papa, rupnik, suore
Categoria: Generale
Gent. Dr. Tosatti, il caso Rupnik è disgustoso e lo sono ancor di più i membri del clero che a vari livelli han coperto qs oscenità.
Ma dare in pasto la vicenda ad un giornalaccio komunista mi sembra una toppa peggiore del buco: fare poi indiretta propaganda a simile giornale riportandone gli articoli in qs coraggioso blog mi pare un autogol colossale.
Saluti
Sarebbe bene che dopo quarant’anni di “giornalismo” il sig. Tosatti imparasse a confezionare titoli onesti. Non “abusate” ma “che si affermano abusate”. Novella 2000 del vaticanismo….
Mons. Libanori, gesuita, responsabile dell’inchiesta, ha dichiarato per scritto che le accuse sono vere. Si vergogni del commento.
Supposto che quanto affermato dalle monache sia vero, occorre, comunque, osservare che le presunti vittime erano adulte, già inserite in un ordine religioso e quindi consapevoli di quello che è lecito o meno richiedere e a cui aderire. Si dice che la loro Superiora a cui le malcapitate abbiano esternato le loro rimostranze non si sia dimostrata solidale con loro. Perchè, allora, non si sono rivolte alla Madre Generale dell’Ordine che sicuramente loro conoscevano? Perchè non hanno lasciato l’Ordine stesso? Le suore implicate nelle richieste malsane del sacerdote erano diverse, possibile che non siano riuscite a contrastare le pretese di “una sola” persona? Dicono che hanno fatto l’amore in tre perchè Rupnik affermava che in questo modo si rende manifesta l’unione della S.S. Trinità, e loro hanno aderito alle sue richieste …….. credendoci?