La Domanda Infinita. Il Dies Natalis, la Risposta. Il matto.

13 Dicembre 2022 Pubblicato da

 

 

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, il nostro Matto ci offre, nel tempo dell’Avvento, questa riflessione sul Dies Natalis, e il suo rispondere a una domanda presente nel cuore umano di ogni tempo e luogo. Buona lettura.

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LA DOMANDA INFINITA

«Questo Sole nascosto infonde quella Luce ai nostri occhi interiori»

Agostino

«Dalla mia oscurità nacque una luce che mi rischiarò il cammino»

Kahlil Gibran

«Tuttavia c’è un’oscura sorgente luminosa che brucia nel silenzio di una fede senza immagini, tanto più luminosa quanto più gioisco della sua oscurità»

Thomas Merton

«Da dentro o da dietro una luce brilla attraverso noi sulle cose e ci rende consapevoli che non siamo niente, che la luce è invece tutto»
Ralph Waldo Emerson

«Vedo all’interno di questa luminosità un’altra luce, che chiamo “Luce Vivente”. Non so dire quando e come io la veda; ma, allorché la vedo, si allontanano da me tristezza e dolori»

Ildegarda di Bingen

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Consapevole o meno che ne sia, l’essere umano alberga in sé, nella profondità del suo essere, nella “grotta del cuore”, una domanda infinita, che in fondo è LA domanda. Infinita e perciò muta, poiché irriducibile ad una formula verbale che la esprima, giacchè ogni formulazione è una definizione, e proprio in quanto tale non può esprimere l’infinito, bensì soltanto alludervi, secondo che dice l’etimo: «ALLÚDERE – sup. ALLÚSUM – scherzare (LÚDERE giuocare) quasi giuoco di parole, per accennare a cosa intesa, ma non espressa» (etimo.it).

Dice «cosa intesa ma non espressa»: vi è infatti un intendere, un volgersi verso, ossia un atto interiore che non può essere espresso, formulato ed esaurito con parole.

La domanda infinita è infantile, dacché l’infante, l’IN FÀRI, è il non parlante. Il Verbo – la Risposta! – nasce appunto Infante, ed i Magi, anche senza essere preventivamente catechizzati (evento speciale da non sottovalutare), Lo riconoscono e si prostano ad adorarLo nel Sacro Silenzio della Grotta. E ciò, è da notare, dopo aver seguito la Stella, anch’essa infantile, non parlante.

«Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose,
e la notte era a metà del suo corso,
la tua parola onnipotente dal cielo,
dal tuo trono regale, guerriero implacabile,
si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio,
portando, come spada affilata, il tuo ordine inesorabile».

Dice «mentre un profondo silenzio» … Da notare quel «guerriero implacabile» (durus debellator) la cui azione liberatrice s’attua per la Sua sola presenza. Dice poi: “come spada affilata”, ed anche la spada non parla, bensì taglia, accompagnata dal suo sibilo, cioè dal suo suono. Per sua natura la spada fende – quindi attraversa – lo spazio-tempo, l’ambiente intermedio fra Cielo e Terra (di qui anche la sua valenza esorcistica) per stabilire su quest’ultima l’Ordine divino. E ciò può accadere soltanto mentre impera «un profondo silenzio», ovvero quando l’umano tace, non perché annichilito bensì perché estasiato, perciò trasfigurato.

La domanda infinita è muta perché squisitamente spirituale: specialissima vibrazione, invocazione sonora, ineffabilmente monodica, che necessita di una risposta omologa, in quanto nessuna risposta verbale o scritta – è bene ripeterlo – può rispondere davvero, per quanto divinamente ispirata, alla domanda infinita. E tale risposta, lo si è visto, è il Verbo Infante, il Sole Bambino a cui, anch’essi fattisi infanti, si prostrano i Magi.

A domanda muta e infinita, Risposta muta e infinita. Ad ineffabile invocazione dal basso, ineffabile Discesa dall’Alto. L’unione contemplativa è infantile, non necessità di parole né di cultura; essa travalica radicalmente tanto lo “stabilito” dalla ragione e dalla logica quanto il peccato e la virtù.

IN-spirazione e I-spirazione: è indubbia la strettissima relazione, dato che tanto la prima quanto la seconda inplicano un ricevere. E come con l’in-spirazione si riceve l’energia vitale, così con l’i-spirazione si riceve l’energia spirituale (e ciò tenendo conto che non si tratta di due energie diverse ma di due aspetti dell’Unica Energia). E va da sé come in tale processo abbia decisiva importanza l’A-spirazione, cioè l’anelito, appunto la domanda muta.

E mentre all’in-spirazione segue l’e-spirazione, all’i-spirazione – che è una … in-spirazione, uno spirare-in – segue l’espressione verbale a mezzo e-spirazione, successivamente messa o meno per iscritto.

Ma l’espressione verbale, lo si è già detto, può darsi soltanto nell’ambiente intermedio-allusivo tra Cielo e terra, tra il Divino e l’umano, sicché essa non è soltanto Divina come non è soltanto umana. L’ambiente intermedio fra Cielo e Terra è di pertinenza delo Spirito Santo, simboleggiato dalla Colomba, essere alato (rimandante al greco-romano Hermes/Mercurio, messaggero degli dei) ma anche S-pir-ito, in quanto emanante appunto dal Pir, il Fuoco Originario, di cui una manifestazione è quella sull’Oreb. E, ancora, «SPIR-ÀRE soffiare» (etimo.it): L’A-spirazione è in-vocazione del Divino Soffio Infuocato.

Dal Silenzio della Grotta del Cuore è possibile in-spirare – a-spirandovi –   il Verbo Infante, per essere da Lui i-spirati.

Della grotta, assente nei Vangeli canonici, in cui nasce il Sole Invitto, è riferito nel Protovangelo di Giacomo, che presenta la stupenda scena contemplativa illustrata da Giuseppe, nella quale si può riconoscere chiunque si fermi ad ammirare, che significa guardare con meraviglia, perciò in silenzio, il Presepe:

 

«Io, Giuseppe, camminavo e non camminavo. Guardai nell’aria e vidi l’aria colpita da stupore; guardai verso la volta del cielo e la vidi ferma, e immobili gli uccelli del cielo; guardai sulla terra e vidi un vaso giacente e degli operai coricati con le mani nel vaso: ma quelli che masticavano non masticavano, quelli che prendevano su il cibo non l’alzavano dal vaso, quelli che lo stavano portando alla bocca non lo portavano; i visi di tutti erano rivolti a guardare in alto. Ecco delle pecore spinte innanzi che invece stavano ferme: il pastore alzò la mano per percuoterle, ma la sua mano restò per aria. Guardai la corrente del fiume e vidi le bocche dei capretti poggiate sull’acqua, ma non bevevano. Poi, in un istante, tutte le cose ripresero il loro corso».

 

Dice «guardai … guardai … guardai …», cioè contemplai, e dice che tutti «guardavano» cioè contemplavano. Pensieri e parole, vale a dire esegesi e sillogismi erano assenti. L’ambiente intermedio-allusivo era svanito.

Ecco perché il Presepe dovrebbe escludere qualsiasi animazione e presentarsi come untutto immobile, cosicché chi lo ammira possa fruire della Divina Temperie, del Momento Magi(co) super temporale dell’Oro, dell’Incenso e della Mirra, cioè dei Doni, anch’essi muti, posto che il Dare, da cui Dono, è nient’altro che un puro gesto che nasce dal cuore.

 

 

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A proposito della mirra quale medicina, si propone un brano tratto da Mario Bussagli e Maria Grazia Chiappori – I RE MAGI, testo davvero edificante e consigliabile:

«La mirra offerta dai Magi prefigura, nella versione patristica, la passione e la morte di Cristo. Leone il Grande scrive: “Tus Deo, myrram homini, aurum regi offerunt magi” e Prudenzio gli fa eco: “La polvere della mirra preannuncia il sepolcro. Con la spiegazione occidentale concorda un testo etiopico parzialmente dipendente dal Libro della Caverna dei Tesori, il Gadla Adām, ma rimane in Oriente una voce isolata.

Se per il cristianesimo ortodosso la mirra era il simbolo della mortalità alla quale Gesù, in quanto uomo, non poteva sottrarsi – ma che come Figlio di Dio avrebbe vinto – per le comunità cristiane d’Oriente, dissidenti e non, essa restava appannaggio del Sapiente medico, secondo una linea di pensiero che, superando i limiti di tempo e di spazio, va dall’antichità al medioevo, dal Vicino all’Estremo Oriente. Perciò voglio concludere con le parole di un infedele, il musulmano aț-Țabarī (848-923) nelle quali la leggenda cristiana diventa leggera come una fiaba, trasfigurata dalla poesia:

“ … Questi sono dei simboli di Lui, perché l’oro è il signore delle cose materiali e così questo profeta è il signore della gente del suo tempo, e con la mirra si medicano le ferite e le fratture ecosì Iddio per mezzo di questo profeta guarirà ogni infermo e malato. E il fumo dell’incenso raggiunge il cielo mentre non lo raggiunge il fumo di nessun’altra cosa, e così questo profeta sarà innalzato da Dio al cielo mentre nessun alro del suo tempo sarà innalzato”».

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Riguardo al Sole ed alla Grotta, si propone succintamente quella che potrebbe sembrare una digressione, ma che invece si riferisce con estrema chiarezza alla situazione tenebrosa in cui si dibatte l’umanità, presentando una versione nel contempo diversa e omologa, della nascita/ritorno sulla terra del Sole Invitto, della vittoria della Luce sulle tenebre.

 

Nella Mitologia Shintō (Via degli dei) è scritto della cattività del Sole nella Caverna celeste(equivalente della Grotta) in seguito alla lotta tra la dea Amaterasu: lo Specchio solare, la Conoscenza, e Susano-o: il dio della Tempesta, ovvero della passione umana. La vicenda si conclude con l’uscita di Amaterasu dalla Caverna, e quindi della vittoria del Sole sulla Tempesta, o più precisamente della Conoscenza sull’elemento passionale. E infatti il Cristo-Sole, dopo essere nato, esce dalla Grotta qual «luce per illuminare le genti» nonché medico/medicina, venuto – passo evangelico molto intrigante – «non per i sani ma per i malati».

 

Concludendo, nella Contemplazione i suoni ineffabilmente monodici della Domanda infinita e della Risposta infinita coincidono. E tale Coincidenza si realizza fuor di noi e in noi a Mezzanotte, interstizio metafisico del Solstizio,  fra e oltre il notturno e il diurno, il peccato e la virtù, la malizia e il candore, la morte e la vita.

 

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