Santa Caterina. La Dignità Calpestata e Ignorata dei Sacerdoti.

1 Novembre 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, un amico diacono offre alla vostra attenzione queste riflessioni originate dal pensiero e dallo scritto di Santa Caterina da Siena, e riflesse sui tempi nostri. Buona lettura.

 

SANTA CATERINA DA SIENA. LA DIGNITA’ – CALPESTATA E IGNORATA – DEI SACERDOTI.

 

Ultimamente riflettevo sulla necessità urgente di rispolverare certi vecchi tomi – mai accantonati, a dire il vero – per condividere in fraternità parte di quel preziosissimo lascito della Chiesa, oggi detta Trionfante, e dare, così, voce ai Santi, che premurosamente accompagnano quelle anime viatrici in umile ricerca della loro amicizia e del loro patrocinio ma anche assetate del loro esempio e dei loro eccelsi insegnamenti.

Parvemi cosa buona, allora, in ouverture, prestare orecchio alla nostra Santa Patrona e Compatrona d’Europa, Caterina da Siena, la quale, nella parte intitolata “Il corpo mistico della Santa Chiesa” facente parte del noto “Dialogo della Divina Provvidenza”*, ci ricorda – per volontà e iniziativa di Dio, Padre Onnipotente – l’eccellenza del ministero sacerdotale, oggi troppo spesso nientificata, e principalmente da quella crescente piaga che è il nefasto fenomeno di tal “laicismo clericalizzato”.

E’ così che nell’opera suddetta, dopo una lunga digressione sul tema eucaristico – per accostarsi alla Sacra Particola il meno indegnamente e con la maggior consapevolezza possibili – si legge:

Figliola carissima, ti ho detto queste cose affinchè tu possa conoscere meglio la dignità alla quale ho innalzato i miei ministri, e perché tu ti dolga delle loro miserie (non, dunque, per giudicarli, accusarli, zittirli e, di fatto, farne a meno, come avviene sconsideratamente ai nostri giorni). Se essi considerassero la propria dignità, non giacerebbero nelle tenebre del peccato mortale né deturperebbero il volto della loro anima; poiché non solo non debbono offendere me e la loro dignità, ma nemmeno se gettassero il loro corpo nel fuoco potrebbero corrispondere a una grazia e ad un beneficio tanto grandi quali quelli che han ricevuto; in questa vita infatti è impossibile raggiungere una dignità più eccelsa.

Essi sono i consacrati da me, ed io li chiamo i miei “cristi” perché ho dato loro me stesso da amministrare per voi, ponendoli come fiori profumati nel corpo mistico della Santa Chiesa. Questa dignità, che gli angeli non hanno, l’ho data all’uomo, e propriamente a coloro che ho eletti a miei ministri considerandoli come angeli; ed angeli in terra devono essere in questa vita, perché devono avere purezza angelica”.

Ora, una volta messo ben a fuoco il pensiero di Dio sui Suoi ministri, e saltando un passaggio interessantissimo che tocca il papato ma che al momento appesantirebbe troppo questa piccola proposta di riflessione personale, poco più avanti ci si imbatte nelle seguenti parole:

Se tu mi chiedessi per quale ragione Io giudico la colpa di coloro che perseguitano la santa Chiesa più grave di tutte le colpe che si possano commettere, e perché non voglio che nemmeno a causa di loro eventuali difetti diminuisca la riverenza verso i miei ministri, ti risponderò dicendoti: perché ogni atto di rispetto verso di loro non è fatto a loro ma a me, in virtù del sangue che Io ho dato a loro da somministrare. Se così non fosse, li rispettereste non più di quanto rispettate ogni altro uomo di questo mondo. Invece, siete obbligati a riverirli grazie al loro ministero, e dovete ricorrere a loro non per loro stessi ma in forza del potere che Io ho loro dato, se volete ricevere i santi sacramenti della Chiesa; se infatti, pur potendoli ricevere, voi non li voleste, vivreste e morreste in stato di dannazione.

Perciò è chiaro che la riverenza non è per loro ma è per me e per il glorioso sangue di Cristo …

Allo stesso modo anche l’irriverenza colpisce me; infatti t’ho detto già che non dovete riverire loro per loro stessi ma per l’autorità che Io ho loro data. Perciò essi non devono essere offesi, poiché, offendendoli, offendete me e non loro, e questo Io lo proibisco, e dico che non voglio che i miei consacrati siano toccati da mano secolare.

Ecco perché nessuno può dire a mo’ di scusa: io non offendo la santa Chiesa né mi ribello, ma colpisco i difetti dei cattivi pastori. Costui mente sul suo capo e, come accecato dall’amor proprio, non riesce più a vedere chiaramente. Ma in realtà costui vede benissimo, anche se finge di non vedere per far tacere il pungolo della propria coscienza. Se ascoltasse la sua coscienza, vedrebbe, come in realtà vede, di star perseguitando il sangue e non i suoi ministri. A me è rivolta in realtà l’offesa, così come per me è la riverenza e mio è ogni danno – scherni, villanie, obbrobri e persecuzioni – che sia fatto a loro. Io reputo fatto a me quel che gli uomini fanno a loro, poiché questo Io dissi, che non voglio che i miei consacrati siano toccati da altri. Io solo ho il potere di punirli, non altri.

La Provvidenza, poi, si dilunga individuando le tre colpe più gravi in cui cadono questi “persecutori del sangue”, secondo lo stesso pensiero di Dio, il quale, sottolineando la miseria e cecità di chi perseguita i sacerdoti dice: “…con il demonio han fatto lega, perché l’anima, non appena è privata della grazia, si trova legata dai lacci del peccato; e questo è legame di odio per la virtù e di amore per il vizio. Essi hanno contratto questo vincolo usando il loro libero arbitrio, e l’hanno posto nelle mani del demonio, che dunque così li aggioga; poiché in nessun altro modo che per loro scelta potrebbero essere da lui legati”.

Ma se Dio ci avverte di quanto rispetto si debba persino ai Suoi ministri indegni per amor Suo, che dice a noi dei Suoi ministri fedeli?

Ricordando brevemente quanto la Vergine di Fontebranda si spese per la riforma del Clero e il bene della Chiesa e del papato, non dimentichiamo i tempi tumultuosi che la videro protagonista laica, in fondo – Ada Negri scrisse che “…scegliendo non certo di entrare in un convento, ma nel Terz’Ordine di San Domenico. Con atto lucido di ‘cognoscimento di sé’, si rende in tal modo padrona di consacrarsi compiutamente a Dio, non vincolandosi coi voti monastici, né rinchiudendosi all’ombra di un chiostro, dove non potrebbe servire, com’ella intende e vuole, la causa divina. Obbedisce all’infallibile istinto che spinge la sua intelligenza verso l’imperioso dominio delle anime” – per “disporre di sé secondo le indicazioni che le vengono dall’ispirazione interiore, con l’aiuto degli uomini di Dio capaci di interpretare e assecondare le esigenze di quella sua straordinaria vocazione” **.

Ma ora, ecco cosa ci riporta la Santa sui buoni ministri di Dio:

Nessuna nazione si può conservare nella legge civile e nella legge divina in stato di grazia, senza la santa giustizia; poiché colui che non è stato corretto e non corregge, è come il membro infracidito che, se il medico incapace lo molce con l’unguento e non ne cauterizza la piaga, fa avvelenare e imputridire tutto il corpo.

Così, se il prelato, o altri capi che hanno dei sottoposti, vedendo un loro suddito infettato dal marciume del peccato mortale, lo curano con l’unguento della lusinga, senza rimproverarlo, non lo guariranno mai, ma finiranno anzi col guastare gli altri che sono vicini come membra di uno stesso corpo … Ma se saranno veri e buoni medici di quelle anime … non useranno unguenti senza ricorrere al fuoco del rimprovero …

Oggi purtroppo non si comportano così; fanno, anzi, finta di non vedere. E sai perché? Perché in loro è viva la radice dell’amor proprio, dal quale viene loro il perverso amor servile … Il fatto è che non li rimproverano perché essi stessi si trovano nei medesimi difetti, ed anche in difetti più grandi: si sentono allora coinvolti nella colpa e perciò perdono il coraggio e la sicurezza, e, impediti dal timor servile, fingono di non vedere … ‘Costoro sono ciechi e guide di ciechi; e se un cieco guida l’altro cieco, cadono entrambi nella fossa’ …

Non così hanno fatto quelli che sono stati i miei dolci ministri – e quelli che tutt’ora ci fossero – dei quali Io ti dissi che avevano la caratteristica e la condizione perfetta del sole. E invero essi sono il sole, come già ti ho detto, perché in loro non v’è tenebra di peccato né di ignoranza, dal momento che seguono la dottrina della mia Verità. Né essi son tiepidi, perché ardono nel fuoco della mia carità; e dispregiano le grandezze e gli stati e le delizie del mondo, perciò non temono di correggere gli altri – chi non brama il potere o il privilegio, non teme di perderlo – ma virilmente rimproverano, perché la coscienza non oppressa dalla colpa non conosce timore.

Non era dunque spento lo splendore di questa perla preziosa che è la giustizia, nei consacrati e cristi miei, dei quali Io t’ho parlato; anzi, vi risplendeva. Essi abbracciavano volontariamente la povertà, e cercavano di vivere in stato vile con umiltà profonda, perciò non si preoccupavano degli scherni e delle villanie, né dei furti che potevano venire da parte degli uomini, né delle ingiurie e degli obbrobri, o delle pene e dei tormenti. Bestemmiati, benedicevano e sopportavano con vera pazienza, come angeli in terra, e più che angeli: non perché lo fossero per natura, ma in forza del ministero e della grazia soprannaturale loro concessa, quella di somministrare il corpo e il sangue del Figlio mio unigenito.

E davvero essi sono angeli, perché come l’angelo che Io colloco a vostra guardia vi è ministro nelle buone e sante ispirazioni, così questi ministri erano angeli – come dovrebbero ancora essere – donati a voi dalla mia bontà affinchè vi siano di buona guardia.

… essi sono angeli, posti dalla mia ardente carità quali lampade accese a vostra difesa nel corpo mistico della santa Chiesa, affinchè voi, ciechi, abbiate una guida che vi orienti dirittamente sulla via della verità dandovi buone ispirazioni, con preghiere ed esempio di vita e di dottrina, come ho detto.

Con quale e quanta umiltà governavano e conversavano con i loro sudditi! Con quanta speranza e fede viva! … Privi di ogni timore servile, non temevano che le cose venissero loro a mancare, né sul piano spirituale né su quello temporale.

Questo è il segno da cui si vede che la creatura spera in me e non in se stessa: che non conosce timore servile (altrimenti detto, rispetto umano).

… La tua lingua non basta a narrare la virtù di costoro, né l’occhio del tuo intelletto a vedere il frutto che nella vita eterna essi ricevono, e con loro tutti quelli che seguiranno le loro orme. Essi sono come pietre preziose: come tali stanno al mio cospetto … Perciò nella vita eterna Io li ho posti in grandissima dignità; essi ricevono beatitudine e gloria nella mia visione perché con l’esempio di una vita onesta e santa e col lume della fede somministrarono la luce del corpo e del sangue del Figlio mio unigenito, e tutti gli altri sacramenti …

E poiché Io li avevo collocati in stato di così grande eccellenza, essi, pastori solerti, mai si stancavano di ricondurre le pecorelle nell’ovile della santa Chiesa; tanto che per slancio d’amore e fame delle anime affrontavano anche la morte pur di strapparle dalle mani dei demoni. Essi si facevano infermi con gli infermi … Essi piangevano con chi piange e godevano con chi è felice ed in questo modo sapevano donare a ciascuno il cibo più adatto: mantenevano buoni i buoni godendo delle loro virtù, né si rodevano di invidia, anzi crescevano in sovrabbondanza di carità verso il prossimo e verso i loro sudditi; e strappavano dal peccato quelli che erano in difetto … correggendo e assegnando penitenze per le colpe commesse, sottoponendosi per carità, insieme a loro, alle loro stesse penitenze …

O miei diletti! Da prelati si facevano sudditi e, da signori, servi; si facevano infermi essendo sani e privi della lebbra del peccato mortale. Forti, si facevano deboli; si mostravano semplici con i semplici e con gli stravaganti, e diventavano piccoli con i piccoli. …

Ma chi faceva tutto ciò? La fame e il desiderio che essi avevano concepito, in me, del mio onore e della salvezza delle anime.

 

Concludendo, ancora oggi, dalla morte della Santa avvenuta il 28 aprile 1380 a 33 anni, risuona forte più che mai per noi italiani, la sua granitica esortazione:

SE SARETE CIO’ CHE DOVETE ESSERE, METTERETE FUOCO IN TUTTA ITALIA”!

*Dialogo della Divina Provvidenza – S. Caterina da Siena – Versione in italiano corrente a cura di Maria Adelaide Raschini Edizioni Studio Domenicano ** dalla Presentazione nel medesimo volume, del padre Raimondo Spiazzi o.p.

 

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