Giovanni Lazzaretti. Referendum, Che Fare? Una Triste Domenica.

11 Giugno 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, riceviamo, e ben volentieri pubblichiamo, questo scambio epistolare che ha per protagonista il prof. Giovanni Lazzaretti, e per tema i referendum sui quali si voterà domani. Buona lettura.

§§§

28.05.2022 – 20.45

 

Giovanni, noi il 12 giugno non andremo a votare.

A meno che tu non ci convinca ad andarci.

Tutto qui.

Non volevo lasciar passare un appuntamento con le urne senza dirti niente.

Buon banco libri per domani.

Ciao

Irma (1) e “le ragazze”

 

 

09.06.2022 – 23.54 – beata Anna Maria Taigi

 

Cara Irma,

sono passati un po’ di giorni.

Quell’affermazione «non andremo a votare» suonava bene alle mie orecchie. Abbiamo la democrazia in putrefazione, perché mai dovremmo andare a votare?

Ma ho appena preparato il volantino per la conferenza di Sebastiano Caputo, e dentro c’è questo suo brano.

Mi aveva fatto da Cicerone ad Aleppo, durante il mio soggiorno di pochi giorni nell’aprile del 2016.

Era un contesto di vera e propria guerriglia urbana, il nemico era il tuo vicino di casa, si combatteva da un quartiere all’altro senza esclusione di colpi. Aleppo era una vera e propria prigione a cielo aperto in cui mancava l’aria.

In città si usciva poco a causa dei cecchini e quando lo si faceva si camminava il più veloce possibile. In giro c’era un silenzio tombale. Nelle case ci si vedeva con gli altri ma senza fare troppo rumore. Nei bar deserti si prendeva posto lontani dalle vetrate, terrorizzati dalle schegge impazzite dei colpi di mortaio.

Bastarono pochi giorni per capire dove fossi finito, incredulo del coraggio di chi aveva scelto di restare pur avendo la possibilità economica di andarsene.

Uno di questi era l’uomo citato sopra. Ogni mattina mi veniva a prendere in albergo con gli occhi pieni di gioia, mi aveva colpito il fatto che uscisse di casa sempre elegantissimo, a differenza mia che terrorizzato dai bombardamenti, stanco, ero caduto praticamente in depressione e mi disinteressavo dell’aspetto fisico.

Lui mi aspettava in macchina, con la giacca blu e la cravatta, sbarbato, pettinato, come se stesse ad un appuntamento importante. In realtà era un modo per esorcizzare l’orrore e il dolore, ma soprattutto per convincere sé stesso e la sua famiglia che la guerra non poteva fermare la vita e che all’appuntamento solenne con la morte si sarebbe presentato dignitosamente e ben vestito.

Stavo per svaccare, ossia per rinunciare a ragionare anche su questo appuntamento con le urne. Poi l’uomo di Aleppo mi ci ha fatto ripensare.

La democrazia in putrefazione è il contorno, e non dipende da noi. Come la guerra ad Aleppo non dipende dal Cicerone di Sebastiano Caputo. Però il Cicerone l’affronta in giacca e cravatta, ossia non da svaccato.

Così, senza esagerare, qualcosa vi dico anche stavolta.

 

Povera giustizia…

I referendum sono “sulla giustizia”, e viene un po’ da ridere.

E’ palese che la giustizia “ha bisogno di qualcosa” considerato quello che ha combinato in questi 28 mesi.

Attendono infatti giustizia

  • i medici sospesi (nonché sostituiti da ucraini)
  • gli insegnanti prima sospesi e poi impediti a entrare in classe
  • i lavoratori sospesi
  • i lavoratori che hanno vissuto il tampone permanente
  • gli studenti a casa da scuola // in DAD // con mascherina eterna
  • i gestori di bar e ristoranti falliti, e tutti i falliti nell’ambito turistico
  • i disoccupati conseguenti
  • gli ammalati non curati
  • gli ammalati non assistiti dai familiari
  • un tot di ammalati mandati in intensiva senza necessità, perché servivano a lucrare sui rimborsi (lascio la responsabilità dell’affermazione al video RAI che hai visto a suo tempo)
  • gli universitari in Medicina e in Farmacia che non possono chiudere il corso di studi perché per il tirocinio obbligatorio accettano solo i vaccinati
  • tutti quelli che patiscono danno da vaccino
  • gli ultracinquantenni multati

e mi fermo qui.

Siamo in una situazione nella quale i giudici avrebbero potuto e dovuto fare qualcosa di grosso, di concreto, di collettivo.

Non hanno fatto niente, tranne qualche lodevole eccezione. Evidentemente sono diventati “giudici governativi”, disponibilissimi a non disturbare il manovratore.

Domenica noi dovremmo andare a votare per quesiti

  • oggettivamente complessi
  • e oggettivamente MARGINALI

rispetto allo scempio di ingiustizie che ho elencato prima.

Vero scempio, perché sono ingiustizie basilari, di quelle che vìolano lo spirito della Costituzione nel profondo: lavoro, salute, non discriminazione, eccetera.

Nella giustizia italiana c’è il beato giudice Rosario Livatino. E’ c’è Luca Palamara, che non credo sia il peggiore di tutti (quelli colti in castagna è difficile che siano i peggiori).

L’impressione è che statisticamente dei Rosario Livatino ce ne siano pochi nella giustizia italiana (e questo ci sta), ma se non sei Rosario Livatino, cerca almeno di essere uno che vede le ingiustizie senza aver paura di Roberto Speranza.

 

Mitologia delle riforme

La giustizia ha bisogno di qualcosa. Ma questo “qualcosa” che tutti attendiamo è una “riforma”? Mah, c’è da dubitarne.

Immagina una società di farabutti. E immagina dei politici che vogliano sistemarla con delle riforme. Il fallimento è assicurato, perché una legge buona funziona se viene calata in una società con un livello morale decente.

La sana formazione del popolo è la pre-condizione al funzionamento di ogni buona norma.

Figuriamoci poi se la norma non è nemmeno buona.

Quante riforme delle scuola abbiamo visto nel tempo? Ti sembra che abbiano portato a una evoluzione in positivo della scuola italiana?

Sostanzialmente abbiamo: insegnanti sempre più burocratizzati + studenti nei quali la formazione reale viene sempre più differita. La Buona Scuola col suo “organico potenziato” e altre amenità resterà l’emblema dell’inutilità delle riforme.

Adesso abbiamo addirittura un ministro dell’istruzione tecnocrate, specializzato in economia e politica industriale alla London School of Economics and Political Science. Ha appena detto questa frase.

«La nostra scuola quando è stata pensata dall’Unità, è stata pensata dall’alto al basso, con il famoso programma: si viveva con una ossessione, ‘siamo indietro col programma’. Oggi viviamo in una Repubblica delle autonomie: l’autonomia dell’università, sono autonomi i comuni, le regioni, le scuole: ma l’autonomia ha un problema, tutte le strade devono essere ‘cucite’. Nelle scuole siamo pieni di esperienze meravigliose che vanno unite, conosciute, cucite insieme».

Ministro dell’istruzione? L’istruzione sarebbe la cucitura di “meravigliose esperienze”? Lasciamo perdere. Oggi la scuola è calata dall’alto esattamente come prima, con la differenza che adesso dall’alto calano il nulla.

La miglior riforma della scuola penso che sia semplicemente il ritorno ai fondamentali: «Studia, somaro, che ti bocciano!».

  • Studia. Perché, anche se il ministro Bianchi pensa il contrario, c’è un patrimonio di cose minime che bisogna sapere. Un programma.
  • Somaro. Perché se puoi studiare e non studi, la tua immagine è ancora quella antica di Pinocchio e Lucignolo nel Paese dei Balocchi.
  • Ti bocciano. Se dello studio non te ne frega niente, almeno ci sia un giudizio serio che ti metta davanti alle tue responsabilità.

Che sogno gli insegnanti liberati dalle pastoie burocratiche, con un programma da rispettare, con le attività extrascolastiche limitate a poche cose di peso, senza l’alternanza scuola-lavoro, con la possibilità quindi di mostrare il loro valore (per quelli di valore) avendo il tempo di studiare, di aggiornarsi e di essere creativi.

La burocrazia tarpa le ali agli insegnanti di valore. Quelli di valore scarso ci sguazzano benissimo.

Sto divagando, ma non troppo.

Credo che il mondo della giustizia abbia bisogno di una crescita percentuale dei Rosario Livatino, e di un calo percentuale dei Luca Palamara. Senza questa impennata morale, ogni riforma è carta straccia.

 

L’embrione di riforma che nasce dai referendum

I referendum difficilmente creano essi stessi una riforma. Ma possono modificare una legge in modo tale da rendere necessaria una riforma da parte del Parlamento.

Ti ricordi quando gli italiani abolirono per referendum il «Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste»? Fu necessaria una riforma, che fu semplicissima. Crearono il «Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali»: stesse competenze, diverso il nome.

Invece quando un referendum abolì il proporzionale al Senato, il Parlamento fu “costretto” ad abolirlo anche alla Camera. Riforma complessa, che ha provveduto a distruggere la democrazia in Italia nel breve giro di 18 anni (dal 2011 il nostro Primo Ministro non ha più niente a che vedere con la volontà popolare, come ho ripetuto mille volte).

I 5 quesiti attuali sulla giustizia abbozzano una riforma?

Vediamo un po’.

Innanzitutto c’è l’inadeguatezza strutturale del metodo abrogativo per aggiustare questioni complesse. Vale sempre la vecchia frase «A ogni questione complessa si può sempre dare una risposta semplice. Ed è certamente la risposta sbagliata».

Ti faccio degli esempi, così mi spiego meglio.

La scelta del maggioritario per una terra complicata come l’Italia era una sorta di crimine contro l’umanità (illudersi che l’Italia fosse un paese “bipolare”), ma era comunque una questione semplice: «vuoi il maggioritario o il proporzionale?». E quindi tecnicamente lo strumento referendario funzionava.

Anche nel referendum sul divorzio la questione era semplice: c’era da abrogare una legge intera. «Vuoi il divorzio o no?»

Ma qui le questioni non sono semplici, e il referendum al massimo potrà dare un’indicazione sui sentimenti del popolo, non certo creare una riforma.

 

Le 5 questioni

Ti presento le 5 questioni di Domenica prossima (di domani, perché sono le 23.37 di venerdì 10 giugno, finisco certamente di sabato, per cui stiamo parlando di “domani”).

 

Scheda rossa // abrogazione della “legge Severino”

Come sai, non ho mai votato Berlusconi. Ma vedendo cosa ci è arrivato addosso dal 2011 in poi canto volentieri con Povia «Era meglio Berlusconi» (2).

La “legge Severino” è stata la legge moralizzatrice partorita dal governo Monti, figuriamoci. Monti è quello che ha messo in Costituzione il pareggio di bilancio COMPRENSIVO DEGLI INTERESSI PASSIVI, il massimo dell’immoralità finanziaria.

La legge Severino adesso ai più non dice nulla, ma per chi coltiva un po’ la storia rimarrà in mente per sempre come “la legge per tagliare le gambe definitivamente a Berlusconi”.

Ti sembra che, dopo il parto della legge, la moralità generale della classe politica sia migliorata? Che ci siano meno infiltrazioni mafiose? Che ci sia meno corruzione?

La legge Severino ha 10 anni, è nata vecchia perché viziata dall’ultima coda del pregiudizio antiberlusconiano, avrebbe bisogno di sistemazioni varie, anche solo per il fatto che può far cadere in trappola gli amministratori più improbabili.

Curiosando tra i casi, mi ha fatto ridere tristemente la vicenda di Armando Cusani:

  • nel 2003 come sindaco di Sperlonga licenza la capa dei vigili Paola Ciccarelli, per motivazioni varie che non sto a elencare
  • nel 2013 (10 anni dopo!) il Tribunale di Latina condanna a due anni Cusani per abuso di ufficio, falso e usurpazione di funzioni pubbliche sulla vicenda Ciccarelli
  • in quel momento però Cusani è presidente della provincia di Latina
  • incoccia nella legge Severino, e quindi (in seguito, ripeto, alla condanna per un licenziamento fatto da sindaco nel 2003!), il prefetto sospende automaticamente Cusani dalla carica di presidente della provincia per 18 mesi.
  • nel 2017 la Corte d’Appello proscioglie tutti: prescrizione del reato.
  • Cusani però non si accontenta di un’assoluzione per prescrizione, va in Cassazione, e ottiene che “il fatto non costituisce reato”, con conseguente revoca anche dell’antica sospensione.

Non so se la legge Severino è tutta da pattume, ma è comunque frutto del governo Monti, passaggio ben triste della storia italiana: una sorta di “golpe democratico antiberlusconiano” ben orchestrato nella forma (spread + Napolitano), ma penoso nella sostanza.

Se andassi a votare, potrei votare SI a questo referendum.

 

Scheda arancione // limitazione delle misure cautelari

Nel 2019 lo Stato ha pagato 43 milioni di euro per 1.000 casi di detenzione cautelare ingiusta.

“Ingiusta” significa due cose

  • che la persona è risultata innocente
  • e che, anche quando ancora c’era il dubbio della colpevolezza, non c’erano motivi tecnici validi per la detenzione preventiva.

(Nel 2020, con l’aiuto del lockdown, i casi sono stati “solo” 750, con 37 milioni di indennizzo).

Se uno si mette nei panni di quelle 1.000 persone, sente la spinta del cuore per votare SI anche stavolta.

Però l’abrogazione non è che va a sanare i casi di quelle 1.000 persone. Semplicemente limita il raggio di applicazione delle norme di custodia cautelare.

Furti, rapine, spaccio, se fatti “garbatamente” (senza armi e fuori da gruppi organizzati, ad esempio) comporterebbero l’immediato rilascio dopo l’arresto, anche se fosse ovvia la probabile reiterazione del reato. Ed ecco che allora la spinta del cuore si sposta verso il NO.

C’è bisogno di fare qualcosa per quei 1.000 che OGNI ANNO finiscono nel tritacarne della custodia cautelare. Ma non mi sembra che il referendum sia lo strumento più adatto.

 

Scheda gialla // separazione delle funzioni dei magistrati

E’ il quesito fiume, e verte in sostanza sulla questione della “separazione delle carriere”.

Pubblico Ministero o Giudice?

Pubblico Ministero per tutta la vita oppure Giudice per tutta la vita?

Il codice di procedura penale è stato modificato più di 30 anni fa.

Il pubblico ministero un tempo era il “filtro di giuridicità” tra la polizia e il giudice: niente di strano che, dopo essere stato PM anche per diverso tempo, optasse per diventare giudice tout court.

Adesso invece il PM è parte delle indagini a tutti gli effetti, e mi verrebbe da dire che assomiglia un po’ più al poliziotto che al giudice (ma su questa affermazione mi lascio tranquillamente correggere. Però, onestamente, come lo vedevi il PM Antonio Di Pietro negli anni ’90? Per me l’aria era quella del poliziotto).

La mia sensazione è che la separazione ci voglia. Di fatto il quesito lunghissimo cerca di lavorare di fino per separare il separabile, ma non partorisce alla fine norme direttamente utilizzabili, non fosse altro che per la questione dei concorsi.

Il concorso per la magistratura resta unico, la prima scelta di un magistrato vincente è un po’ come quella di un insegnante: prendi semmai la prima cosa che c’è disponibile. Dopo di che questa prima scelta necessaria ti incastrerebbe a vita in un certo ruolo.

Va bene quindi un SI per dare la sensazione che il popolo vuole la separazione. Ma con il SI si otterrebbe una separazione di carriere fatta male.

Al primo concorso di magistratura, un magistrato vincente farebbe ricorso contro la norma che vincola la sua carriera al “primo posto disponibile”, e penso che vincerebbe il ricorso.

 

Scheda grigia // accesso al voto per i membri non togati nei Consigli Giudiziari

Ho imparato una parola che non conoscevo: autodichia.

I Consigli Giudiziari sono organi territoriali dove entrano magistrati, avvocati, professori universitari, e danno pareri su varie questioni.

I membri “non togati” (avvocati e professori) non possono però dare pareri su alcune delle questioni e inoltre sono limitati nel numero (massimo un terzo dei componenti totali).

In particolare vige l’autodichia per i giudici: se ci sono valutazioni da dare sulle persone, i giudici sono valutati dai giudici, i non togati non possono dare pareri in merito.

L’abrogazione mira a mettere togati e non togati su un piano di parità. In questo caso il metodo abrogativo funziona, ossia designa davvero una nuova norma “spendibile”.

Poi semmai sarebbe bene verificare se anche tra gli avvocati e i professori esistono “correnti” come quelle su cui ci ha edotto l’ormai ex-giudice Palamara.

 

Scheda verde // abrogazione firme per presentazione di candidature al CSM

 

Piccola abrogazione, con un certo significato.

Per presentarsi come candidato “togato” al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) devi avere il supporto di 25-50 firme, ossia un probabile sostegno di una “corrente”.

Con l’abrogazione ci potrebbe quindi essere la libera presentazione di un singolo magistrato disponibile.

Il che “dà la sensazione” di essere una norma anti-correnti, mentre semplicemente le correnti presenterebbero i loro uomini senza nemmeno doverli accompagnare con firme.

Se vado a votare, potrei anche votare SI. Ma senza enfasi.

 

Ma l’analisi dei quesiti non basta

Cara Irma, fin qui ho fatto l’analista.

Ma nei referendum ci sono anche macro-questioni: chi sono i proponenti? Chi sono gli antagonisti?

In genere il proponente ha un progetto in testa.

Gli antagonisti invece sono quasi sempre un’alleanza occasionale di progetti diversi.

E anche quelli che seguono il proponente possono essere un’abbinata di progetti diversi.

 

Ti faccio qualche esempio del passato.

 

Referendum Costituzionale Renzi-Boschi del 2016: i proponenti avevano un progetto. Volevano un’unica camera operativa, eletta col maggioritario, in modo da blindare di fatto la sovrapposizione governo-parlamento.

Nei contrari c’era D’Alema e c’ero anch’io. E non abbiamo esattamente la stessa idea di mondo.

 

Referendum dei Radicali, 1981:

  • abolizione dell’ergastolo // abolizione del porto d’armi // abolizione della legge Cossiga antiterrorismo (tradotto in sensazioni “come siamo buoni noi Radicali”)
  • liberalizzazione completa dell’aborto (tradotto in sostanza: “come avete visto dai 3 referendum precedenti, noi Radicali siamo buoni; quindi anche questo quesito è buono”).

Questo significa avere un progetto. Tra chi votava NO c’era invece di tutto.

 

L’abbinata Pannella-Mariotto Segni per il maggioritario 1993 è un’opera d’arte: prendi uno di formazione democristiana // lo trasformi in “re d’Italia” per qualche tempo (“il leader referendario Mario Segni” era in tutti i TG) // dopo aver vinto i referendum, Mariotto si estingue e Pannella resta.

Pannella aveva un progetto, e si è portato con sé di tutto, fino ad ottenere una maggioranza bulgara per il maggioritario.

 

I referendum attuali, anche se alla fine sono stati organizzati tramite l’intervento di 9 Regioni, hanno Radicali e Lega come promotori.

Chi va coi Radicali, muore. E una Lega moribonda (vatti a rileggere il loro programma elettorale 2018 e guarda come sono ridotti) fa proprio male a trafficare coi radicali.

D’altra parte tra i NO convinti c’è il PD, e stare col PD è davvero dura (è pur sempre il partito radicale di massa).

Che fare?

 

Faccio così

Che fare? Innanzitutto non c’è alcun vincolo di diritto naturale. Se anche le norme da abrogare fossero pessime, vengono però stagliuzzate con uno strumento inadeguato e il risultato non è mai soddisfacente.

Si può stare a casa? Sì, si può stare a casa, purché la motivazione non sia di tipo utilitaristico: «Al quorum non ci arriveranno mai, per cui sto a casa».

Posso invece dire: «Sono quesiti troppo tecnici, mi chiamo fuori». Posso dirlo certamente. Infatti, come hai visto, la mia analisi è abbastanza lunga, ma da “orecchiante”, non da specialista.

Posso anche dire: «Voglio tassativamente che i referendum vengano bocciati, per cui scelgo l’astensione». Ma non è la mia idea, perché il NO lo vuole il PD (che lascia, benevolo, libertà di voto; ma lo fa solo perché sa che il quorum non arriva).

Posso anche dire: «Il SI deve vincere per dare un segnale chiaro di riforma della magistratura». Ma il SI lo vogliono i radicali e la Lega moribonda, e sono molto perplesso anche in questa scelta.

Penso di fare così:

  • vado a votare
  • voto scheda bianca
  • o al massimo un SI simbolico sulla scheda verde, che tecnicamente mi sembra l’abrogazione meno pericolosa
  • e per il resto se la vedano tra loro Radicali (+Lega moribonda) e PD.

 

Triste Domenica

E’ comunque una triste Domenica: dobbiamo andare a votare per quesiti tecnici che sarebbero di competenza del Parlamento, sapendo che il Parlamento in questi 28 mesi ha bellamente demolito i diritti fondamentali di cittadini e lavoratori.

La sensazione crescente di una putrefazione democratica iniziata col maggioritario (che doveva portare i governi vicini al popolo, e adesso ha di fatto abolito l’attività parlamentare) non fa venire la voglia di votare.

Ma il signore di Aleppo si presentava in giacca e cravatta in una situazione ben peggiore.

Così, alla fine, andrò al seggio. Un po’ come si va ai funerali delle persone che conoscevi solo in modo superficiale: per un dovere di suffragio, senza una particolare spinta del cuore.

 

“Triste Domenica” è un racconto di Guareschi. Ma non finisce in modo triste.

Don Camillo accompagnò il ragazzo fino al portone grosso, poi tornò indietro e si mise ad aspettare sul marciapiede, vicino alla finestra che guardava sulla stradetta laterale. Per darsi un contegno accese un sigaro.

Gli parve che passasse un sacco di tempo, poi sentì un bisbiglio: Giacomino aveva socchiuso le imposte a vetri della finestra e lo salutava di dietro l’inferriata. Allora don Camillo si appressò e, cavato di tasca il cartoccio delle noccioline e delle carrube, lo allungò al ragazzo.

Fece per allontanarsi ma dovette voltarsi subito: Giacomino era ancora là e lo si vedeva soltanto dagli occhi in su, ma quegli occhi erano così disperatamente pieni di lacrime che don Camillo si sentì la fronte piena di sudor freddo.

Non si sa come fu: il fatto è che don Camillo si trovò a stringere con le sue mani micidiali due sbarre dell’inferriata e vide che le sbarre si piegavano lentamente. E quando l’apertura fu sufficiente, don Camillo allungò un braccio dentro la finestra, agguantò per la collottola il ragazzino e lo cavò fuori.

Va beh, il racconto lo conosci, non proseguo.

Mi basta pensare a quelle due “mani micidiali” che piegano le sbarre, perché siamo in una gabbia mica da ridere.

 

 

Bravissima mia moglie.

Dopo la Messa mi aveva detto «Stasera fai le 3».

Il tempo di rileggere un attimo, e faccio le 3 davvero.

 

Ciao

Giovanni

 

11.06.2022 – 02.35 – San Barnaba

 

NOTE

(Le note sono per i lettori, non sono presenti nei testi che mando all’Irma)

§§§




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11 commenti

  • Sherden ha detto:

    Ho letto di fretta, ma una considerazione, più che spontanea viene quasi obbligatoria: se l’altra volta, quando ci fu quel referendum sulla responsabilità civile dei magistrati e che fu vinto con percentuali bulgare, dopo non se ne fece nulla (perché gli stessi magistrati e i politici loro compiacenti fecero in modo da affossare la volontà popolare), perché oggi dovrebbe essere diverso?.
    En passant, sono andato a votare (5 SI) ma il quorum non è stato raggiunto. Grazie alla non-informazione del sistema. Che vi aspettavate?

  • Giovanni ha detto:

    Lo stato ex italiano è talmente marcio che è un vero miracolo stia in piedi, sfida le leggi della fisica. Naturalmente v’e nesso di causalita con lo stato agonizzante della societa sottostante . È mio parere che questo processo involutivo , cominciato già dal dopoguerra, sia stato accelerato dalla vistosa accondiscendenza della chiesa postconciliare alla caduta verticale di costumi e comportamenti . Ciò è stato passato quale libertà ed invece era ed è libertinaggio. La massoneria, principale forza propulsiva dei cambiamenti ,gongola in questo strame. Con questa situazione tornare semplicemente indietro spontaneamente pare impensabile. Fatti salvo miracoli o eventi dirompenti, capaci di riportare le sensibilità ad una più sobria condotta morale.

  • Nuccio Viglietti ha detto:

    La trappola… come fai… o non fai… sbagli…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/

  • Stefano ha detto:

    Un altro referendum inutile che non passerà mai. Il quorum necessario lo vedranno non col binocolo, ma col telescopio. I referendum ormai o li fai confermativi, cioè senza quorum del 50% oppure saranno sempre nulli. Col risultato di ingenti costi ( sulla collettività) per niente. La gente a votare va e andrà sempre meno. Punto. La fiducia nelle istituzioni e relativi personaggi è sempre più in caduta libera.
    Ma in fondo, a pensarci bene, è tutto calcolato. Si convoca il referendum sapendo benissimo che non passerà. Così tutto resta così com’è ..mentre la casta potrà dire che l’occasione x cambiare c’è stata ma il popolo “bue” non l’ha colta…

  • Lucia Buttaro ha detto:

    Grande Matteo D’Amico: non bisogna votare il Referendum della Bonino serva di SOROS nemica di N. S. Gesù Cristo!

  • Forum Coscienza Maschile ha detto:

    Riformare la scuola che sforna somari, perché mai? Senza somari non avremmo più una classe dirigente

  • LUCIANO MOTZ ha detto:

    Discutendo di cavilli, quand’ero studente, avevo sentito qualcuno usare l’espressione: fare la punta agli str…. Mi si perdoni la parola volgare.
    Il referendum sulla cosiddetta giustizia è l’occasione per dimostrare, da parte degli elettori, la volontà di una riforma che il potere legislativo non ha mai saputo né voluto affrontare. Io sono dalla parte dell’avv. Formicola: è un dovere andare a votare e votare sì.

  • Maria Grazia ha detto:

    Don Camillo, in questo caso, può avere un valore pedagogico: ci insegna a non essere fatalisti, a non perderci d’animo davanti a situazioni che sembrano superiori alle nostre forze, ad impegnarci al 100% per superare ogni tipo di ostacolo che ci impedisce di raggiungere l’obiettivo desiderato, a non voltarci mai dall’altra parte davanti alla sofferenza del nostro simile.

  • Maria Giulia Scacchi ha detto:

    La parte che mi è piaciuta di più è l’ultima con lo stupendo GUARESCHI.

  • Cristiano Novello ha detto:

    Grazie per questi ottimi ragionamenti, ingegnere!

    Mi permetto di segnalare l’opinione di Matteo D’Amico, che trovo in buona sintonia con l’ing. Lazzaretti, soprattutto dove i due ragionano su CHI propone questi referendum. Personalmente non ci avevo fatto caso ma i due sono attentissimi e hanno ragione!
    Dal blog Vitis Vera:
    “Non entro nei dettagli tecnici di ogni singolo quesito, ma mi limito ad alcune considerazioni generali per spiegare perché sono radicalmente contro questi referendum e perché consiglio di boicottarli non andando ai seggi elettorali. Infatti occorre ricordare che il modo più sicuro per fare fallire un referendum non è votare “NO”, ma farlo decadere per mancato raggiungimento del quorum.”

    https://profmatteodamico.com/boicottiamo-i-referendum/

    Un ringraziamento al Dott. Tosatti per l’ospitalità!

  • Valeria Fusetti ha detto:

    L’articolo devo rileggerlo, merita tutta l’attenzione possibile, ma comunque se ci vado, e sottolineo se, voto solo la scheda verde. La mia motivazione per non andarci è avere ben presente sia il referendum sul nucleare che quello sull’acqua. Il primo lo rispettarono perché, alla politica, faceva comodo; il secondo lo usarono per far barchette perché non gli faceva comodo. Per cui a “loro signori” che non sono dei politici ma “fanno” la politica che più gli fa comodo, non interessa né cosa pensa “il popolo” né il bene comune. Vantandosi, ovviamente, di non essere populisti. La ragione per andarci, ed esercitare un voto minimalista, sta tutto nella citazione del racconto di Guareschi. Con Guareschi ho un rapporto di grande amore da quando avevo otto anni, ed ora che ne ho 74 rimane una delle persone che stimo di più, per cui chiederò lumi a lui, sicura che mi manderà uno dei suoi angioletti, con i capelli spioventi e gli occhi tondi, a darmi il suggerimento più opportuno.