Mariella Vallesi e la Storia della Pecora Nera Musichiera.
30 Maggio 2022
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, abbiamo ricevuto questo messaggio da Mariella Vallesi. E lo condividiamo con voi…buona lettura.
§§§
Caro dottor Tosatti,
c’è stato un tempo in cui le circostanze vollero che cominciassi a frequentare un artista, poi due, poi 3: pittori, scultori, poeti e musicisti.
LA PECORA NERA MUSICHIERA
Un vecchio pecorone bianco, bianco come la barba di certi saggi, era sposato con una pecorona, ancora più bianca di lui.
La pecorona aveva generato molti agnelli ed erano nati tutti bianchi come la neve, compresi quelli dell’ultimo parto.
Il bianco gregge era molto numeroso.
Un lupo nerissimo vagava nel bosco confinante con l’ovile e spesso curiosava tra gli alberi per sapere quale, del gregge, fosse la pecora più sprovveduta.
Molte notti aveva tentato di acciuffarne una, ma invano!
Erano di un bianco sgargiante, da rimanere visibili anche nel buio della notte più nera!
Quando le pecore vedevano alzarsi da terra una di loro, capivano che stava per essere catturata dal lupo, allora si precipitavano in massa su di lui che era costretto a tornarsene indietro, privo del succulento bocconcino!
Un giorno il lupo escogitò un sistema nuovo: trovato, in un vecchio fienili, un barattolo aperto di vernice nera, se la spalmò ben bene sulla pancia e…quando si sentì tutto appiccicoso, a passi lunghi, piombò sulla pecora più bianca.
Era sul far della notte e la pecora afferrata, a contatto col lupo verniciato di fresco, si fece subito nera.
Così quella volta l’agguato passò inosservato alle pecore sorelle che non corsero in suo aiuto.
Per fortuna, però, la pecora acciuffata riuscì a divincolarsi dal lupo e, di corsa, rincasò nell’ovile.
Ormai era notte fonda e tutto il gregge, sazio, dormiva.
La mattina dopo, però, svegliatosi, il pecorone notò subito che qualcosa non andava: “Chi è questa pecora nera!? Da dove viene fuori questa pecora nera!!” urlava.
“Papà, sono io, non mi riconosci?” diceva lei.
“Vai via, intrusa e bugiarda! Non è vero, tu non sei mia figlia! Non ho mai avuto figli neri come te, fino a ieri sera! Sparisci ti ho detto!” gridava il pecorone.
“Papà sono tua figlia! Non riconosci la mia voce?”.
“La voce può essere camuffata” rispondeva il diffidente pecorone.
“Papà sono tua figlia! Non riconosci la mia camminata?”.
“La camminata può essere imitata! Via di qui ti ho detto! Non vogliamo pecore nere ad inquinare il candore della razza! Fuori!”
“Papà, lascia almeno che ti spieghi! Ti prego, ascoltami, sono tua figlia!” insisteva l’agnello verniciato.
Ma il pecorone non la lasciava parlare e così concluse: “Se proprio vuoi restare, sarai nostra schiava: verrai munta per ultima, per ultima mangerai e ti coricherai. Farai la guardia al cane da guardia!”.
La pecora nera, che amava tanto la sua famiglia, accettò le dure condizioni e restò.
Non avrebbe mai immaginato che, pur essendo obbediente e rispettosa verso il padre e le sorelle che, tanto immeritatamente, l’avevano fatta schiava, venisse anche privata del loro amore.
Così, sola e in disparte, con il peso del buon andamento del gregge sulle sue spalle e non potendo più vivere senza amore, ebbe un’idea: Devo inventarmi qualcosa che mi faccia notare. Non una cosa banale, non basterebbe. Mi inventerò qualcosa di speciale, per farmi amare!”.
Da anni giaceva nel fienile un clavicembalo, morto alla vita come un vecchio cappotto in soffitta.
“Suonerò quello!” pensò la pecora nera.
Produceva una musica così bella che il pecorone – padrone gli impose di suonare la mattina presto, perché i suoi figli si svegliassero serenamente e di suonare la sera al tramonto, perché i suoi figli si addormentassero serenamente.
E, la pecora nera, così faceva.
Il gregge belava e cantava con lei, ma finita la festa ognuno di loro si accompagnava al proprio gruppo e insieme si allontanavano dalla pecora nera.
Così lei da sola mangiava, da sola giocava, da sola dormiva, da sola cresceva.
Dopo qualche tempo, i greggi vicini, incuriositi e incantati dalla musica del clavicembalo raggiunsero finalmente la fonte della melodia.
Era verso sera, quando il pecorone del gregge numero due concluse l’affare col pecorone padrone della pecora nera: “Io, pecorone capo della tribù dei pecoroni, mi impegno a rinunciare a ¼ del nostro pascolo, in favore del gregge musichiere, per tutto il tempo che ci verrà concesso l’onore di avere nella nostra tribù la pecora nera musichiera”.
Così, per merito della pecora nera, il gregge – padrone cresceva e ingrassava.
Intanto passavano gli anni: la pecora nera invecchiava e…l’equivoco che l’aveva resa schiava si dissolveva! Per ogni giorno che passava un pezzo di vernice nera si staccava dal suo manto e piano, piano tornò alla luce il suo colore originario.
Il pecorone – padrone non credette ai suoi occhi e, preso da forti rimorsi, schiattò.
Schiatto anche perché, ultimamente, aveva mangiato un po’ troppo.
Le sue ultime parole, che presto divennero famose, furono:
“Avrei dovute crederle! A pensarci bene, tra gli ultimi nati ce n’era una un po’ pazzerella: era lei, era lei!”
Da quella volta fu stabilito che solo coloro che fin da piccoli avessero mostrato segni di stranezza sarebbero potuti diventare musichieri e non fu mai conosciuto al mondo un artista che non fosse stato la pecora nera della famiglia.
Mariella Vallesi
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Categoria: Generale
Lupi – pelo fulvo quasi rossiccio – affamati perché scemavano pecore e dimagrivano a vista d’occhio uscirono dalle loro tane, si riunirono in un bosco svizzero e formarono un Branco. Confabularono perché occorreva un Capo-Branco: il più allettante e lusinghevole per attirare le pecore. Non doveva ululare. Doveva quasi belare. Scelsero un lupo che veniva dai pascoli argentini e lo travestirono con lana bianca.
All’inizio funzionò e molte pecore divennero banchetto.
Col tempo, però, il Capo-Branco mano mano perdette la lanuggine bianca, riapparve il suo pelo rossiccio e ricominciò a ululare (perché come dice il proverbio “il lupo perde il pelo ma non il vizio”). Allora le pecore ingannate sentirono odore di ucci-ucci e scapparono.
Un fuggi-fuggi. Lo stomaco dei lupi del Branco brontolava.
Il Capo-Branco resisteva… resisteva… nonostante lo stesso Branco gli ululasse dietro: “Le pecore non si fidano più di te… abbiamo fame… Anche noi non ci fidiamo più di te… ora vogliamo un comando collegiale… metteremo alle porte degli ovili lupe e lupacchiotte e vedrai come le pecore escono e ci riempiamo le panze…”.
…..
La favola per ora finisce qui.
Ci sono rumori, però, che un nutrito gruppo di cacciatori con a capo un Invincibile Cacciatore è in viaggio per liberare le pecore dai lupi. Ma sono rumori. Nessuno sa veramente l’ora dell’arrivo.
Approfittato di metafore😄😄😄
Approfittatore di metafore 😄😄😄
Signore, dacci la capacità di vedere oltre le apparenze e di sapere riconoscere il bene dal male❤️
Grazie, Mariella
Nelle fiabe il gioco delle parti è chiaro.
Non altrettanto nella vita reale (“reale”?)
Dalla platea tutti guardano il medesimo film.
Ma fra i tutti della platea come stanno le cose?
“Arrivano i nostri!”. Sì, ma quali sono “i nostri”.
Cara Mariella Vallesi
visto come stanno le cose, procurerò un bel clavicembalo anche a quella “pecora nera” di papa Francesco…
e gli raccomanderò di suonarlo soprattutto la sera, così da sopire e ammansire le pecore ribelli e chiassose…
Chissà mai che la sua favola non si avveri…
Signor Mario, la musica è sacra.
Ah! saperle riconoscere le doti innate di “stranezza” fededegna e riuscire a distinguere il musicista di valore dai pifferai magici che proliferano senza freno…
Per fortuna, qualche volta – anche se: raramente, purtroppo – chi va per suonare, finisce suonato…
Grazie! all’autrice dell’arguto messaggio per il “buongiorno” stimolante.
Grazie 💙