Laporta. La Strage di Capaci. Quanti Nemici per Falcone. E i Soldi di Mosca…
20 Maggio 2022
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il generale Piero Laporta offre alla vostra attenzione questa documentata riflessione sulla strage di Capaci e le sue conseguenze. Buona lettura.
§§§
“23 Maggio”, un’altra data come 16 Marzo nell’interminabile – non è terminata, sia chiaro – sequela di stragi, come a Mogadiscio, anzi peggio, perché lì sanno d’essere all’inferno; noi presumiamo di patire tutt’al più in Purgatorio.
Un amico uotsappa che il 20 Maggio, alle 21.00, SkyTg24 trasmette “Attacco Allo Stato”, in ricorrenza di Capaci. Gli rispondo: «Il titolo è giusto; vedremo se sarà nella giusta direzione. Fu un attacco alla Seconda Repubblica. La morte di Falcone consentì al Partito della Sinistra e a Manette pulite di spadroneggiare. Andreotti cadde nella sua stessa trappola». Spero che la trasmissione non si risolva nel consueto litigio fra magistrati, schierati sul ballatoio di un palazzo di Giustizia, tenuto nonostante tutto in piedi da tanti volenterosi loro colleghi. Insomma, che la Giustizia e i magistrati non diventino ancora una volta i capri espiatori di un’oligarchia autocefala.
Per quanto mi riguarda, la Seconda Repubblica è quanto rimase dell’Italia fra la morte di Aldo Moro, già in agenda ben prima del 16 Marzo 1978, e l’esplosione di Capaci. Non ce ne eravamo accorti ma in quei frangenti si costituì un’oligarchia per cooptazione. Capaci di tutto.
Antefatti di Capaci
Il 28 Aprile 1992 Francesco Cossiga lasciò il Quirinale, rifugiandosi in Irlanda. Tirava una brutta aria, non solo per lui. Il 7 Febbraio, Gianni De Michelis, socialista di stretta osservanza americana, firmò il trattato di Maastricht, col quale mise definitivamente il nostro destino nelle mani dei banksters. Il 12 Marzo fu ucciso Salvo Lima, braccio destro del sinistro Giulio Andreotti.
Ci fu tuttavia chi più sinistro. Pochissimi ormai ricordano che Giovanni Falcone, a fine luglio 1989, sollecitò il governo Andreotti VI, appena insediatosi, a fare qualcosa perché scadevano le carcerazioni preventive dei mafiosi del maxi processo, impostato con Paolo Borsellino. All’ultimo minuto Andreotti varò il decreto proposto da Giuliano Vassalli, ministro di Grazia e Giustizia, raddoppiando la carcerazione preventiva per gli imputati di associazione mafiosa.
Chi si oppose aspramente in parlamento al decreto? Toh, Luciano Violante, braccio destro del sinistro Achille Occhetto. Il decreto passò nonostante l’opposizione sinistra; i mafiosi restarono in carcere. Il processo istruito da Falcone e Borsellino andò in aula.
Antonino Caponnetto lasciò la poltrona di giudice istruttore a Palermo nel 1988. S’illudeva che gli sarebbe succeduto il suo allievo preferito, Giovanni Falcone. Il CSM scelse Antonino Meli. Determinante il niet delle correnti sinistre nel CSM.
Capaci iniziò prima del 1992. Achille Occhetto, già segretario regionale del PCI siciliano dal 1969 al 1971, conobbe il peso di Palermo per la Democrazia cristiana e per Giulio Andreotti.
La taranta siciliana ripartì dagli «omicidi eccellenti», nel 1989, quando tale Giuseppe Pellegriti riferì al pm bolognese Libero Mancuso che Piersanti Mattarella fu ucciso con la benedizione di Giulio Andreotti e Salvo Lima. Come dubitarne? Falcone dubitò al contrario di Luciano Violante, sull’Unità: «Siamo vicini a una verità pericolosa che può squarciare il sipario che sinora ha nascosto gli assassini di Palermo».
Falcone andò a interrogare Pellegritti, lo inchiodò alle sue falsità e lo incriminò per calunnia. Flop. Violante senza arrossire disse a Falcone «precipitoso».
Febbraio 1991, quindici mesi prima di Capaci. Falcone chiuse le indagini sui delitti eccellenti: Mattarella, Michele Reina e Pio La Torre. Mosse accuse alla DC e, incredibile a dirsi, anche al PCI. Chi voglia comprendere come andaro le cose per Pio La Torre, può leggerlo qui. Il Corriere della Sera titolò: «L’antimafia accusa i comunisti». Strilli dalla culla del neonato Pds, pargolo innocente reincarnazione dell’impresentabile PCI.
Fu l’ultimo atto giudiziario di Giovanni Falcone a Palermo; l’aria fattasi pesante. Accettò di dirigere gli Affari penali al ministero. Il CSM lo processò intanto per l’esposto di Leoluca Orlando Cascio e altri esponenti di La Rete. Il Partito Democratico della Sinistra, definì Falcone «andreottian-martelliano».
Falcone da via Arenula propose la costituzione della “Procura Nazionale Antimafia”. Il primo progetto fu troppo dipendente dal governo e venne bocciato anche da Paolo Borsellino. Cambiata la legge, tagliati i legami col governo, nacque la “Direzione Nazionale Antimafia”.
Il PDS marciò compatto per impedire a Falcone di diventarne il primo direttore. Secondo l’Unità: «Non può, troppo legato al ministro Martelli: non è più indipendente».
I nemici di Falcone furono PDS, La Rete di Leoluca Orlando Cascio Rifondazione Comunista e i gesuiti di Palermo, schierati compatti contro Falcone e contro Borsellino.
La guerra finì, come si sa, il 23 Maggio 1992, anzi no, termino in via D’Amelio il 19 Luglio, con due nemici santificati.
Andreotti cadde nella sua stessa trappola
Cosa Nostra uccide se è strettamente necessario e altrettanto conveniente. Nessuno spiega quale imminente pericolo costituisse Giovanni Falcone per Cosa Nostra, per fare un botto così rumoroso, a Capaci, quando sarebbe stato infinitamente più facile e discreto farlo a Roma, ogni sera quando usciva dall’ufficio in via Arenula.
Capaci ebbe tre mani (Cosa Nostra, Giovanni Brusca e un’altra ignota) e almeno due scopi: la morte di Falcone e la fine dei sogni quirinalizi di Andreotti. Perché contro Andreotti? Per il decreto del 1989? Questa è la solita disinformazione. Non diciamo stupidaggini.
Il procuratore generale russo dell’epoca, Valentin Stepankov, indagava sull’enorme massa di denaro, mandato dalla morente Unione Sovietica di Michail Gorbačëv a riciclarsi in Italia e in Germania.
Il denaro, ripulito – pagata e spartita la più grande tangente della storia – tornò nelle tasche degli oligarchi committenti. Cosa Nostra aveva parte non trascurabile nella faccenda. Valentin Stepankov venne in Italia pure per testimoniare sui finanziamenti sovietici al Pci e sui collegamenti fra il Pcus e le Brigate rosse.
Perché Un Delitto Eccellente
Giugno del 1992. Falcone era morto da un mese, Borsellino lo sarebbe stato a breve. Stepankov disse che il gruppo dirigente del PCI sapeva dei soldi e chiedeva a Mosca l’addestramento speciale di alcuni militanti. Stepankov fece scalpore, non risparmiò i papaveri del PCI, da Enrico Berlinguer a scendere.
Il procuratore generale russo disse: «I documenti relativi ai finanziamenti e al resto di cui si occupa ora la magistratura italiana sono stati tutti da me consegnati alla Procura di Roma così come era stato richiesto dal giudice Giovanni Falcone durante una sua recente visita a Mosca». Era quindi un giorno imprecisato del 1992, prima di Capaci.
Un delitto eccellente si compie se tutte le parti in causa concordano. I capataz russi volevano fare soldi. Gli USA lavoravano d’amore e d’accordo col partito delle Mani Pulite che dette buona prova di sé coi missili, sotto i quali si sentivano più sicuri e, visto che c’erano, anche più ricchi. Oggi la ghenga è tutta schierata infatti col Dipartimento di Stato che li assoldò, con buona pace del galantuomo Pio La Torre, dai bei tempi di Comiso. I compagni schierati contro Mosca. La storia è davvero buffa e se Vladimir Putin tirasse fuori oggi le carte ci sarebbe da divertirsi ancora di più. Se non le tira fuori è perché vuole divertirsi solo lui.
I denari moscoviti non potevano transitare senza la complicità di tutti gli interessati e dei soggetti finanziari internazionali, già imperversanti in Italia e in Europa. Andreotti non comprese che, inviando Falcone a Mosca in quel “giorno imprecisato del 1992”, s’era isolato; soprattutto erano isolati Falcone e Borsellino. I due giudici furono isolati.
Capaci di tutto, i loro nemici.
Gen. D.G.(ris.) Piero Laporta
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Categoria: Generale
Caro Generale, grazie per le sue analisi sempre suggestive e interessanti. Nel caso specifico, non si può però trascurare la conclusione del maxi processo, opus magnum di Falcone, con la conferma delle condanne in Cassazione, contro non legittime aspettative e nonostante la barbara esecuzione del galantuomo Antonino Scopelliti, ingiustamente e inspiegabilmente così poco celebrato Sostituto Procuratore Generale , che rischiò seriamente di far crollare tutto alla fine. Prese il suo posto il collega Vito D’Ambrosio, che con un lavoro immane condusse in porto con successo l’accusa. D’Ambrosio fu poi tra quelli che sostenne Falcone nella famigerata votazione al CSM. Uno sguardo attento agli schieramenti di politici e togati mi fa ritenere che l’esito non possa essere letto nello schema destra/sinistra, correnti togate e laici si spaccarono secondo faglie non completamente razionali.
Nella sua indagine sui grumi di potere occulto, con radici interne ed internazionali, accenderei un faro sulla mancata perquisizione del covo di Riina e sulla ampiamente ritardata cattura di Provenzano, il cui nascondiglio fu rivelato dal boss Ilardo al colonnello Riccio dei Ros. Riccio fu bloccato all’ultimo secondo dai suoi superiori con motivazioni inverosimili. Il boss Ilardo fu ammazzato subito dopo. La magistratura non ha saputo/potuto fare luce. Buon lavoro!
Ora sono impegnatissimo con un terribile libro su via Fani.
Lo sto anticipando con dei video che voglio perfezionare mano a mano, sulla base dei commenti di chi vorrà iscriversi al canale
https://www.youtube.com/channel/UCRWw4_xadS2aXwUBuY7aZBA
La ringrazio se potrà darmi una mano.
I temi siciliani che lei tocca sono di straordinaria importanza. Per ora, come le ho detto, devo starne lontano. Le suggerisco di seguire su feisbuc il gruppo “La Piscina Siciliana”, dove scrive cose molto, davvero molto interessanti il generale Nicolò Gebbia dei Carabinieri. Se googla il suo nome troverà cose molto ineteressanti.
Egli non ama Padre Pio e neppure S.S. Pio XII, occorre pazienza e lo convertiremo.
Grazie!
Generale, leggo in un suo articolo: “Mario Antonietta Draghi, non regina ma solo proconsole d’Italia con le brioches”. Intende suggerire una prossima caduta di questo regime (non mi riferisco solo a Draghi, che potrebbe essere ben rimpiazzato da altri)? Secondo lei quanto potrebbe ancora durare?
Le previsioni sono dei cartomanti, tuttavia più attendibili degli storici, secondo Paul Valery, secondo il quale i vaticini dei primi possono essere verificati, al contrario delle letture retrospettive dei secondi.
Fuor dallo scherzo, ho l’impressione che Draghi & C., in Italia e fuori, stiano sottovalutando gli effetti nefasti del proprio delirio di onnipotenza.
Possono “abbaiare” (come ha detto giustamente Francesco) ma la NATO e la UE non combattono; questo è chiaro anche alle isole Fiji; tutt’al più armano gli ucraini, i quali, come gli afghani, quando si renderanno conto di quanto stanno combinando sulla loro pelle, muteranno bruscamente il copione e il fronte. Speriamo che Draghi e Mattarella siano ancora in vita per godersela.
Cristo Vince.
Generale un sentito grazie per i suoi articoli, che sono una miniera di informazioni. Non vedo l’ora che esca il suo libro
Grazie. In suo onore stasera mando la bozza del primo capitolo a Marco. Grazie ancora.
Per ora, se vuole può iscriversi al canale Youtube
https://www.youtube.com/channel/UCRWw4_xadS2aXwUBuY7aZBA
dove sto anticipando i capitoli con dei video che correggerò sulla base dei commenti degli iscritti.
La ringrazio se potrà iscriversi e farvi iscrivere i suoi amici.
“…sinistro Giulio Andreotti”.
Signor Generale, dal seguito del suo articolo però, non riesco a evidenziare affatto un “sinistro Andreotti”, anzi sembra risultarne una figura estremamente positiva, con gli stessi nemici (“sinistri” e pure abbondanti) sia di Falcone che di Borsellino. Forse non ho compreso bene, ma mi potrebbe dare qualche elemento che mi permetta di pensare ad Andreotti come un tipo “sinistro”?
Perchè, allo stato delle cose, sono fermo all’ “aveva stato Andreotti” a prescindere, come oggigiorno non si puo non dire che “ha stato Putin”.
Con un saluto dalla bassa truppa…
Le anticipo un pezzo del libro che pubblicherò su via Fani.
L’allora tenente colonnello dei Carabinieri, Antonio Cornacchia, al tempo comandante del Nucleo operativo, ricorda il proprio stupore udendo Andreotti esprimere tale certezza senza congruenti informazioni. Non si poteva immaginare che sarebbe accaduto ben peggio (Andreotti disse “Sono state le BR” senza alcuna conferma da parte degli organi di sicurezza. NdA).
Il 4 Maggio 1978, cinque giorni prima dell’uccisione di Aldo Moro, mentre le trattative per liberarlo (in apparenza) fervevano, dalla redazione del Corriere della Sera chiamarono Ileana Lattanzi, vedova di Oreste Leonardi, per avvertirla che avrebbero pubblicato un articolo di Antonio Padellaro, titolato: «Una vedova di via Fani: se li liberate mi do fuoco». La signora Lattanzi smentì d’aver mai dichiarato alcunché di simile; chiamò Maria Ricci, vedova di Domenico Ricci, l’autista, ottenendo un’altra smentita. La signora Lattanzi chiamò la signora Moro. Non c’erano altre vedove. I tre agenti sull’Alfetta erano scapoli. Nessuno dei familiari dei cinque rilasciò dichiarazioni di quel tono.
Andreotti dichiarò: «Liberare dei detenuti, seppur non responsabili di omicidi sarebbe un affronto al dolore delle famiglie che piangono le tragiche conseguenze dell’operato degli eversori.»
Sulla stessa linea fu Sandro Pertini, presidente della Camera, di lì a due mesi eletto al Quirinale. L’articolo di Padellaro uscì il giorno dopo sul Corriere col titolo maramaldo: «Una vedova di via Fani: se li liberate mi do fuoco».
Ovvero quello che viene considerato un giornalista da riverire in tutti i talk show sarebbe solo un venditore di paxxxne ?
quella fu una panzana maramalda
fu una panzana maramalda e neppure la più pesante di quei giorni
Una domanda al Gen. La Porta: in riferimento ai finanziamenti notissimi dell’Unione Sovietica al PCI e agli altrettanto noti rapporti fra il PCUS e le “brigate rosse”, non crede che tali criminose attività siano state coperte con il decisivo avallo della Massoneria, non solo italiana?
Sono state coperte dal potere. Il potere era il Pci. Non si può pretendere si mettesse sotto accusa. La grande falsità, una delle più grandi, su via Fani, è sostenere le sue ragioni per la necessità di fermare l’avanzata del Pci verso il potere. Al contrario, morto Aldo Moro, tutti i bastioni caddero, uno a uno. La giustizia d’altronde era già in parte compromessa. Non sono tuttavia i magistrati – indiscriminatamente così individuati – i responsabili del crollo, bensì il potere: Quirinale, Governo, Presidenze delle Camere e a scendere per li rami. La Massoneria? Uno strumento come tanti altri.
Caro Generale, vorrei chiarire un aspetto che è a margine del suo articolo ma invece diviene centrale nell’ambito della ricostruzione storica delle vicende dell’Italia. In breve: fu più importante l’inchiesta “mani pulite” che colpì tutti i partiti ad eccezione del PCI oppure fu la morte di Falcone a “permettere al PCI di spadroneggiare”? Prima del suo articolo ero orientato sulla prima ipotesi.
Senza Capaci e via D’Amelio, la storia italiana non sarebbe passata per il Consolato USA di Milano, dov’era noto il nobile Antonio di Pietro