Sergio Russo. La Settimana Santa di Gesù. Seconda Puntata.

14 Aprile 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Sergio Russo offre alla vostra attenzione la seconda parte della riflessione stilata da un sacerdote sulla Settimana Santa. Buona lettura e meditazione. Il primo articolo lo trovate a questo collegamento.

§§§

LA SETTIMANA SANTA DI GESÙ

 

Continua la seconda puntata sulla cronologia della Settimana Santa di Nostro Signore Gesù Cristo:

 

A conferma di quanto già detto, leggiamo ancora nella “Bibbia di Gerusalemme”, nell’appendice “Calendario” (pag. 2683):

“Era l’osservazione della luna nuova di Nisan che fissava tutto il calendario: normalmente essa seguiva l’equinozio di primavera (nell’epoca seleucida, verso il 25 marzo), potendo l’intervallo raggiungere 29 giorni. La settimana degli ebrei era indipendente dalle fasi lunari, per cui una festa non lavorativa come la Pasqua di solito non cadeva di sabato. Apparendo la luna nuova di sera (la prima falce di luna, a sinistra del sole), si finì per contare i giorni da un tramonto del sole all’altro: il giorno del plenilunio di Nisan (Pasqua) cominciava dunque il 14 di Nisan alla sera”.

 

Seguendo “la legge di tempo” scoperta dall’ing. Carlos Vidal (E i suoi non La ricevettero”), a partire dalla data di partenza messa per ipotesi (la data tradizionale del Natale di Gesù, il 25 Dicembre dell’anno -1, cioè il 2 a.C.) e applicando “il modulo di tempo” di 868 giorni, tenendo conto che Gesù aveva 30 anni all’inizio della sua vita pubblica e che pertanto ha vissuto più di 33 anni e meno di 34, la sua vita si può calcolare in 14 multipli interi di 868: cioè, 12.152 giorni, che vanno dal 25 Dicembre dell’anno –1 fino al 2 Aprile dell’anno 33

È cosa mirabile che il 2 Aprile dell’anno 33 era Giovedì in computo civile, Venerdì (da poco iniziato) in computo biblico e vigilia (“Parasceve”) della festa di Pasqua.

La Pasqua dell’anno 33 fu il Venerdì 3 Aprile e il plenilunio che la determina avvenne alle ore 19.

È ugualmente da notare che per la data ipotizzata del Natale (25.12.-1), quella notte in quell’anno è l’unica (nel periodo che va dai 19 anni precedenti ai 19 posteriori all’anno -1, cioè, il 2 a.C.) nella quale è coinciso il novilunio, che è la luna congiunta al sole: alle ore 20 e 31 minuti, ora locale di Gerusalemme. Fa pensare ad un simbolo dell’unione della SS.ma Umanità e della Divinità di Nostro Signore.

   Qualsiasi altro giorno della Morte di Gesù (della nostra Redenzione), ipotizzabile nello stesso anno 33 o in qualunque altro anno non permetterebbe conciliare tutti questi dati:

  1. Morte nella vigilia della festa di Pasqua;
  2. Pasqua il 14 Nisan (naturalmente, plenilunio);
  3. Nascita il 25 Dicembre del –1 (cioè, il 2 avanti Cristo) (guarda caso, novilunio);
  4. Una vita la cui durata è calcolabile in multipli interi, di più di 33 anni e meno di 34: cioè, 14 “tempi” di 868 giorni.
  5. e un fatto straordinario, che sarebbe assolutamente impossibile se si calcolassero date diverse:
    • se si parte dal giorno della nostra Redenzione, il giorno civile 02.04.33 per creare un calendario di periodi di tempo, di 868 giorni cadauno (anziché di 365 giorni),
    • e si dà a ogni giorno il numero di ordine corrispondente, secondo i numeri naturali, dentro del periodo o “tempo” in cui si trova,
    • avviene che l’orario (data e ora) di “presentazione” delle Epifanie mariane (cioè, il giorno caratteristico o di presentazione delle apparizioni mariane a carattere universale, non privato, nella storia della Chiesa) segue una legge lineare, secondo la quale un insieme di eventi, apparentemente isolati e casuali, dispersi e sconnessi nel tempo e nella geografia, risultano meravigliosamente ordinati con matematica precisione, seguendo una funzione lineare, per cui l’ora solare locale (HSL) (ora e minuto) della manifestazione mariana è in funzione del numero del giorno, assegnato all’interno del periodo di 868 giorni in cui capita.

 

In conclusione, i dati cronologici della Vita di Gesù sono:

L’Incarnazione: il 3 Aprile dell’anno -1 o 2 a.C. (calcolata a ritroso, a partire dal Natale, con un calendario ostetrico, con buona pace di Giuseppe Flavio e delle sue “notizie”);

La Nascita: il 25 Dicembre dell’anno -1 (si parte da questa data per ipotesi, che poi risulta in pieno confermata);

La Morte: il 2 Aprile dell’anno 33, quindi:

La Resurrezione: il 5 Aprile dell’anno 33, e

L’Ascensione: il 14 Maggio dell’anno 33.

 

Ma c’è di più, per il nostro stupore: la cronologia dell’ESODO (Anno 1226 a.C.) secondo gli studidi Fernand Crombette (“I flagelli d’Egitto e il passaggio del Mar Rosso”, di Noël Derose, membro del CESHE)  ci mostra delle singolari coincidenze con la cronologia della nostra Redenzione:

 

SVOLGIMENTO CRONOLOGICO

DELLA LIBERAZIONE DEGLI EBREI DALL’EGITTO:

 

   21 Marzo del 1226 a.C. (cioè, il 10 Nisan): Gli ebrei erano stati avvisati di prepararsi per celebrare per la prima volta la Pasqua, preparando l’agnello da sacrificare 4 giorni dopo.

   25 Marzo (cioè, il 14 Nisan, plenilunio di primavera, quindi la prima Pasqua) (la sera): Morte deiprimogeniti, compreso quello del Faraone (Decima piaga). Mosè è convocato dal Faraone nellanotte. Gli israeliti sono cacciati via.

Marzo: Tutti gli ebrei, residenti nel paese di Goshen, ricevono l’avviso urgente di partire.

Marzo: Si concentrano in Ramses, il capoluogo del territorio di Goshen, per un raggio di 40 km., e da lì iniziano il loro esodo, si formano le varie colonne e si mettono in marcia.

   31 Marzo: Il Faraone Amenephthès, pentito di lasciar andare gli ebrei, mobilita le sue truppe ele mette sotto il comando del suo secondogenito, il Faraone che perirà nel mar Rosso.

   Aprile: L’esercito egiziano parte da Ramses per coprire in due tappe i circa 85 km. che separanoda Pi-haghiroth.

   Aprile: Gli israeliti partono da Pi-haghiroth la mattina. Gli egiziani arrivano lì verso sera. Gli israeliti costeggiano verso sud il monte Ataka, il Djebel Ataka, che domina a nord la pianura, dallasua sommità di 840 m., e si stringe a sud fino a non lasciare che uno stretto corridoio tra la sua base e il bordo del mare. La marcia degli emigranti, costretti a restringere la testa della loro colonna, si trova ostacolata. Se i primi, dopo aver percorso circa 20 km, arrivano verso le 11 del mattino in fondo alla gola, il resto della moltitudine vi si imbottiglia fino alle 6 di sera nel triangolo Soueis (= Suez), Djebel Ataka e il mare. Verso quell’ora arrivano ai piedi del Djebel Ataka, al capo Ras-el- Abadiyè, nella parte settentrionale del mar Rosso. È a quel punto che la nube di Dio passa dietro di loro, impedendo agli egiziani di avvicinarsi e rischiarando la notte che inizia. Il mare si apre (in realtà si ritira, abbassandosi di livello e scoprendo un bassofondo) e il vento soffia per seccarne il fondo: è un vento bruciante venuto da est, dal deserto arabico, il kadim. La distanza da percorrere da Ras-el-Abadijè al versante opposto è di circa 15 km. La testa della carovana, partita verso le 18,15, dovette arrivare all’altra sponda verso le 22. Gli ultimi, entrati nel mare verso l’una e un quarto, raggiungono la riva opposta (“le Sorgenti di Mosè”, “Ain-Musà”) verso le 5 del mattino delgiorno 3.

Aprile: Gli egiziani entrano nel letto del mare un’ora dopo gli ultimi ebrei, cioè, verso le 2,15. Ma lì le ruote dei carri affondano e si rompono. A stento vanno avanti e alle ore 5,15, prima di raggiungere la riva opposta, all’improvviso arriva lateralmente l’enorme ondata del mare, (“tsunami”) che ritorna al suo livello e in un attimo annienta l’intero esercito egiziano. Per gliisraeliti incomincia una vita nuova, di libertà, di fidanzamento con Dio, per prepararsi alla TerraPromessa.

   In quello stesso momento, sta succedendo “qualcosa” che scatena il panico dappertutto, ad ovest e al nord, per cui si mettono in moto enormi moltitudini di popoli. Molti popoli mediterraneiraggiungono la Libia; altri premono dall’Asia minore sull’impero ittita, che crolla.

   8 Aprile: Dalla Libia intere popolazioni invadono da ovest l’Egitto. Qualche corriere porta la notizia al  Faraone: per coprire 120 km. ci impiega due giorni.

   10 Aprile (ultimo giorno del mese di Paôni): Arriva al Faraone la notizia dell’invasione dei libici e dei loro alleati ad ovest. Hanno impiegato 5 o 6 giorni per coprire la distanza di 300 km., che liseparava dalla frontiera d’Egitto, quindi dovevano essere partiti il 3 Aprile.

   13 Aprile (il 3 de Epêpi): Battaglia decisiva a Prosopis (Pa-ari-Scheps, Paari), distante 120 km. da Ramses; vittoria del Faraone.

 

*       *       *

 

Da sottolineare ancora che:

il 25 Marzo la Chiesa celebra l’Annunciazione a Maria e l’Incarnazione del Figlio di Dio;

il 2 Aprile dell’anno 33, giovedì (secondo i calcoli di Carlos Vidal) fu la vigilia o Parascevedella Pasqua: il giorno della Passione e Morte di Nostro Signore, cioè la nostra Redenzione o Liberazione dalla schiavitù del peccato;

il 3 Aprile dell’anno 2 a.C. fu l’Incarnazione del Verbo, otto giorni dopo la festa dell’Annunciazione, che è il 25 Marzo, essendo nato Gesù il 25 Dicembre di quello stesso anno. Il  che fa pensare che Maria ha concepito Gesù nella fede, prima nel suo Cuore Immacolato e poi, otto giorni dopo, effettivamente nel grembo (ma questo è soltanto una possibile pia ipotesi…).

 

*   *    *

 

Di fronte ai dati oggettivi esaminati non sarebbe intellettualmente onesto disprezzare o rifiutare,senza ragioni altrettanto valide, i risultati ottenuti. Ma queste date, scoperte in questo modo, non sono fine a sé stesse, buone semmai per la nostra erudizione, né riguardano unicamente la vita di Gesù, ma hanno (come appena accennato) delle applicazioni attuali e per un prossimo futuro che ci riguardano tutti.

Ma questo sarà argomento per un altro studio.

 

Un Sacerdote (a cura di Sergio Russo)

2 (fine)

§§§




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9 commenti

  • Flavio ha detto:

    Caro Tosati
    In questo commento voglio dire qualcosa non solo riguardo al presente articolo, ma anche a quelli precedenti sul medesimo argomento:
    (https://www.marcotosatti.com/2022/04/01/quando-e-morto-gesu-ieri-lultima-cena-oggi-la-crocifissione-nel-33-d-c/
    https://www.marcotosatti.com/2022/04/02/russo-la-settima-santa-di-gesu-quando-e-avvenuta-la-resurrezione/
    https://www.marcotosatti.com/2022/04/12/settimana-santa-e-gli-elementi-di-cronologia-nei-quattro-vangeli/)
    In questi articoli sono contenute imprecisioni, ingenuità ed errori grandi e piccoli, ma non voglio entrare in una disamina puntuale, che richiederebbe troppo tempo e spazio; al lettore interessato io suggerirei la lettura del 15° capitolo – dedicato alla cronologia della vita di Gesù – del 1° volume dell’opera di J.P.Meier “Un ebreo marginale”. Qui vorrei solo evidenziare alcuni dei punti più deboli dei ragionamenti condotti nei suddetti articoli. Tuttavia mi si permetta una piccola frecciatina: negare che i vangeli contengano incoerenze e contradizioni è negare l’evidenza, ed è ridicolo parlare di “critici malevoli”. Forse che è malevole anche Benedetto XVI? Certamente ci sono e ci sono stati critici malevoli, ma le loro critiche servono e sono servite ad approfondire l’esegesi, senza negare le difficoltà e senza assurde arrampicate sugli specchi.
    Partiamo dal calendario. Il calendario ebraico è di tipo luni-solare con un algoritmo di calcolo, basato sul ciclo metonico, alquanto complicato. L’algoritmo nelle sue linee essenziali è stato reso pubblico attorno al 359 d.C. e progressivamente perfezionato in epoca medioevale fino alla forma attuale.
    I mesi iniziano con il novilunio e durano alternativamente 29 o 30 giorni. Le regole del calcolo sono tali da impedire il succedersi immediato di due festività per le quali è prescritto il riposo assoluto, per questo talvolta l’inizio dell’anno è posticipato fino a due giorni rispetto al novilunio.
    All’epoca di Gesù non è noto quale fosse la procedura, l’opinione prevalente è che si basasse su osservazioni dirette del novilunio. Il giorno ebraico inizia al tramonto del sole; il sinedrio proclamava il nuovo mese se al tramonto del 29° giorno del mese precedente degli osservatori attendibili avevano visto la falce di luna crescente subito dopo il tramonto. Se la falce di luna non era visibile perché troppo vicina al sole o per condizioni metereologiche avverse, l’inizio del mese era posticipato al giorno successivo, poiché i mesi non possono durare più di 30 giorni. L’anno liturgico ebraico inizia con il mese di Nisan, che è quello in cui cade il primo plenilunio di primavera e si celebra la settimana degli azzimi con la festa di Pesah. Il mese precedente è Adar; se alla proclamazione di Nisan i nuovi agnelli non sono abbastanza cresciuti e l’orzo non è maturo, indice che l’equinozio di primavera non è ancora sopraggiunto o anche a causa di un inverno particolarmente freddo, viene aggiunto un mese intercalare, Adar II. Così l’anno lunare mantiene la fase con l’anno solare, in maniera empirica e senza rigorosa concordanza con gli eventi astronomici.
    Anche in condizioni meteorologiche ottimali, la falce di luna crescente non è visibile al tramonto se non dopo 18 – 20 ora dal novilunio astronomico (perché la luna è troppo vicina al sole). Questo significa che il 1° di Nisan viene proclamato da uno a due giorni dopo il novilunio astronomico, e conseguentemente il 15 Nisan cade uno o due giorni dopo il plenilunio astronomico.
    Quindi dovrebbe essere ora chiaro che ci sono troppe variabili incognite che rendono il calcolo astronomico non affidabile ai fini di determinare il giorno di Pasqua ai tempi di Gesù, e meno ancora si può usare il calcolo attuale del calendario ebraico. Il calcolo astronomico può essere utilizzato, senza pretese probatorie, per corroborare date determinate con metodi storici.
    Prendiamo ora in considerazione la Pasqua dell’anno 30, che è la data più “gettonata” con argomenti storici dagli esegeti. Il calcolo secondo il calendario attuale la porrebbe il 6 aprile, che è giovedì, e questo renderebbe improponibile l’anno 30 come data della crocefissione di Gesù. Ma i calcoli astronomici dicono altro: il novilunio di primavera occorre verso le ore 20 (ora di Gerusalemme = UT+2:20) del 22 marzo nel calendario giuliano. Al tramonto del 23 marzo la fase lunare è allo 0,9% ed è al limite della visibilità. Quindi il 1° Nisan potrebbe essere iniziato al tramonto del 23 marzo. Il giorno ebraico inizia con il tramonto del sole, quindi per determinare la corrispondenza con il giorno del calendario giuliano è preferibile fare riferimento al dì. Il dì del 1° Nisan dell’anno 30 cadde quindi il 24 marzo nel calendario giuliano, e il dì del 15 Nisan cadde l’8 aprile che, guarda caso, è sabato. Quindi l’anno 30 non è affatto da escludere quale data della crocefissione, anzi ci cade a pennello, meglio di tutti gli altri anni dal 29 al 34, escluso forse il 34 assumendolo embolismico (= di 13 mesi, il che non è inverosimile, cadendo il 1° plenilunio di primavera a ridosso immediato dell’equinozio). Ma assumere il 34 quale anno della crocefissione vorrebbe dire che la vita pubblica di Gesù è durata circa 5 anni; cosa non impossibile, ma nulla nei vangeli ci autorizza a fare una simile ipotesi.
    Quindi l’ultima cena avviene alla sera del giovedì 6 aprile e, d’accordo con Giovanni, non è la cena pasquale (14 Nisan appena iniziato, perché siamo dopo il tramonto); la crocefissione avviene nel pomeriggio del venerdì 7 aprile (verso la fine del 14 Nisan, vigilia di Pasqua e parasceve del sabato) e la resurrezione all’alba della domenica 9 aprile (16 Nisan inoltrato).
    Ma allora è risorto il terzo giorno o il secondo? Affermare che, siccome il Credo ci dice che risorse il terzo giorno, deve essere morto di giovedì, significa ignorare il modo “inclusivo” di contare degli antichi. È curioso che tale osservazione venga da un sacerdote, visto che il modo di contare inclusivo ha lasciato tracce nella liturgia (l’ottava di Natale è il 1° gennaio, l’ottava di Pasqua è la domenica in albis, pentecoste cade 49 giorni dopo Pasqua…) e anche nella musica (l’intervallo tra due note omonime è detto “ottava” ma le note sono sette, l’intervallo tra do e fa è detto “di quinta” ecc.). Gesù è rimasto nella tomba meno di 40 ore (questo è coerente, senza essere probante, con il fatto che la sindone non mostri tracce di putrefazione).
    Un’altra imprecisione ricorrente è quella di dire “il primo giorno degli azzimi, quando si immolano gli agnelli”. Il primo giorno degli azzimi è la Pasqua, gli agnelli si immolano nel pomeriggio della vigilia. L’errore, riscontrabile anche in Mc 14:12 e Lc 22:7, è dovuto verosimilmente ad un autore non famigliare con le usanze ebraiche, che pone la macellazione degli agnelli nello stesso giorno, secondo gli usi greco-romani, in cui alla sera si celebra la cena pasquale.
    Veniamo all’eclisse di luna del 3 aprile dell’anno 33. È stata un’eclissi parziale, iniziata alle 14:14 (ora solare di Gerusalemme), e quindi mentre non era visibile. Al tramonto del sole (alle 18:15) l’eclissi era già quasi al termine (in ombra era del 12% del diametro lunare, in alto 45° a sinistra; dire che si trattava di una eclisse parziale al 60%, senza dire che questa estensione dell’ombra era visibile solo agli aborigeni della Papua, vuol dire ingannare i lettori). Alle 18:31, a soli 2:15 gradi sopra l’orizzonte, la luna usciva dall’ombra e alle 20 usciva dalla penombra. La fase di penombra non è molto appariscente (l’entrata/uscita della luna dalla penombra è un fenomeno impercettibile all’occhio) e la fine di eclisse parziale di ombra già dopo 15 minuti dal tramonto, quando c’è ancora luce crepuscolare e la luna è molto bassa sull’orizzonte, deve avere reso anche questa parte del fenomeno assai poco appariscente. Il colore non doveva essere molto diverso dal rosato che ha la luna normalmente al suo sorgere. È seriamente dubitabile che qualcuno in Gerusalemme si sia accorto del fenomeno.
    Una trattazione più approfondita, fatta da un astronomo vero, si può trovare qui:
    https://assets.answersingenesis.org/doc/articles/pdf-versions/arj/v7/moon-blood-night-crucifixion.pdf
    Cordiali saluti
    Flavio

    • flavio ha detto:

      errata corrige:
      11° capitolo del 1° volume di “Un ebreo marginale”, non 15°. Il capito si intitola “Nel quindicesimo anno…”

      • R.S. ha detto:

        Malevolo è chi sparge artatamente dubbi sui vangeli.
        Un po’ in malafede è anche chi ritiene imprecisa la collocazione astronomica delle fasi lunari.
        Se poi non è certo niente, perchè dovrebbero esserlo un testo che sembrerebbe più decisivo del vangelo stesso?
        Un fatto è certo: tutti i dettagli riportati nei vangeli trovano riscontri a sostegno della loro storicità. Di più non so.

        • Sergio Russo ha detto:

          Nella Sacra Liturgia, per esempio, è indicativo il fatto che ci sono due giorni aliturgici all’anno, cioè gli unici due giorni in cui non è possibile celebrare il santo Sacrificio della Messa, e sono il venerdì e sabato santo, e non soltanto il sabato, come ci si potrebbe aspettare. E poi, dopo la funzione del giovedì santo, il Santissimo veniva riposto in un luogo, preparato appositamente, che veniva chiamato I Sepolcri, ed anche questo deve far riflettere!

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    Bene! Intanto noi continuiamo a celebrare la Santa Pasqua la prima domenica dopo il plenilunio seguente all’equinozio di primavera (21 marzo). Quello che conta per la fede è il fatto della Resurrezione. Buona Pasqua a tutti !

  • R.S. ha detto:

    La storia però non conferma…

    Ad esempio nel primo libro dei Re (6,1) è scritto che Salomone iniziò la costruzione del tempio nel quarto anno di regno, l’anno quattrocentottanta dopo l’uscita degli Israeliti dal paese d’Egitto. Se si leggono con attenzione i libri storici della Bibbia (e il succedersi dei giudici prima del re Saul) si sommano più o meno quel numero di anni tra il passaggio del Mar Rosso e il tempo di Salomone, attorno al 1000 a.C. (trova conferma dalla somma a ritroso di tutti gli anni di regno nei libri dei Re e delle Cronache, dall’invasione di Nabucodonosor in su).

    San Paolo (Atti 13,20) riporta un analogo lasso di tempo tra l’Esodo e il tempo dei re. Quindi il tempo dell’Esodo va collocato circa quindici secoli prima di Cristo e non nel 1226 a.C.

    • Sergio Russo ha detto:

      Carissimo R.S., di cui ho potutto apprezzare i suoi commenti, sempre molto pertinenti e documentati, in questo caso vi è da dire che la Tradizione, da sempre, nei suoi compendi e nella storia della Chiesa, pone la vita di Mosè intorno al XIII secolo.a. C., e non invece, come lei scrive, 15 secoli prima di Cristo. Lei parla di Esodo, ma è ovvio che dietro l’Esodo vi era la figura di Mosè. Così afferma la Sacra Tradizione e, come sovente abbiamo potuto constatare, è quella vhe non sbaglia mai…

      • R.S. ha detto:

        Semplicemente leggo quello che c’è scritto sulla Bibbia.
        I numeri sono numeri. Mettere l’Esodo nel 1200 a.C. fa a pugni con tutti gli altri dati storici disponibili.

  • Pater Luis Eduardo Rodríguez Rodríguez ha detto:

    Molto grato al fratello Sacerdote, nel nostro giorno, Giovedì Santo, Istituzione del Sacerdozio e dell’Eucaristia. E a Sergio per aver presentato questi frutti di studi complicati. Forse è come dice il Sacerdote, ma anche se i calcoli indicano tutto questo, proprio ciò che conta è la Tradizione del Venerdì Santo.

    Molti veri eletti, lungo i secoli, scelti per ripetere misticamente la Passione del Signore, per esempio Teresa Neumann, partiva sempre dalla vigilia di ogni giovedì fino al venerdì alle 15:00.

    Quello che invece mi affascina di questi studi è il passaggio del Mar Rosso, 3 aprile 1226 aC.

    L’eterno passaggio del vero san Francesco d’Assisi, non dell’ecologista tanto manipolato e falsificato, al quale innumerevoli “francescani” negano le sue stigmate, avvenne il 3 ottobre, sei mesi dopo il 3 aprile e nel 1226 dopo Cristo Nostro Signore.

    Che disgrazia che il diavolo abbia scelto il suo nome nel macabro piano che continua per 9 anni con schawaberORGOGLIO travestito di bianco, distorcendo ulteriormente la memoria del vero santo.

    Oggi ricordiamo anche il tradimento di Giuda Izcariota e il suo suicidio andando all’inferno, dove si trova; sebbene quello vestito di bianco e francescano inventi il ​​contrario. E dove arriveranno lui ei suoi seguaci, se non si pentono.