VANGELO DI VENERDÍ 8 APRILE
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.
Commento
Gesù ha corso molte volte il rischio di essere lapidato. Il vangelo di oggi racconta uno di questi episodi. Motivo dell’istinto omicida questa volta é il fatto che Gesù parla di Dio come se fosse una cosa sola con lui. Ed é proprio così, il Padre è in me, e io nel Padre, dice Gesù. Ma non pretendo che crediate a me, credete almeno a ciò che vedete. Se le opere che compio possono essere soltanto opera di Dio, allora significa che non mento. Ma neppure questo convince i capi. Le opere non sono un problema, sostengono. Farsi uguale a Dio, questo è intollerabile. Gesù si sbarazza facilmente di questa obiezione richiamandosi alla scrittura che i Giudei conoscono bene. Proprio essa chiama tutti i credenti “figli di Dio” (salmo 82,6). Perché dovrebbe valere per tutti tranne che per me? chiede ironicamente Gesù. La differenza tra me e tutti i credenti -insiste Gesù- é che in me il Padre Dio ha deciso di manifestare definitivamente la sua presenza attraverso le opere che io compio ma che voi vi ostinate a rifiutare. A proposito di opere dunque. Le stiamo nominando da diversi giorni come criterio al quale Gesù sottopone la sua stessa credibilità e autorità. Per Gesù é l’agire la verifica più attendibile dell’affidabilità di qualcuno. Egli stesso si sottopone a questa verifica: se le opere che compio non sono opere di Dio allora non credetemi. Ma se lo sono perché mi rifiutate? Per sapere chi é una persona devi guardare a ciò che fa e a come lo fa. Assai più che a ciò che dice. Gesù non rivendica alcun privilegio. Non dice: io sono Dio, dovete credermi sulla parola. Ne avrebbe tutti i diritti. Eppure non lo fa. Chiede invece di credere alle opere che compie. Per sapere cosa pensa Dio, cosa ha nel cuore Dio, cosa desidera Dio, chi é Dio…ecco dovete guardare le mie opere. In esse non troverete traccia di minaccia, condanna, distruzione, dispotismo. Perché in Dio non c’è nulla di tutto questo. Gesù fa ciò che dice poiché il Dio che annuncia é il Dio che fa, che crea, che salva, che ama, che perdona, che serve. Queste sono cose che si fanno, non si dicono. Si capiscono solo facendole. Sono credibili solo se si mettono in pratica. Noi capiamo cosa significa amare soltanto amando. E chi ci osserva può capire ciò che diciamo solo se lo facciamo. A meno che abbia il cuore indurito. Allora neppure le opere basteranno a convincerlo. Dopo questo ennesimo scontro con i Giudei, Gesù é costretto nuovamente a ritirarsi. E va oltre il Giordano, cioè nel territorio odierno delle Giordania, dove Giovanni battezzava, lontano da Gerusalemme. Lì trova credenti. É davvero curioso. Gesù trova più credenti fuori dal centro politico-religioso dell’epoca che dentro. Lontano da Gerusalemme trova seguaci, a Gerusalemme trova nemici. Non é un caso che verrà ucciso e sepolto fuori dalle mura della città.
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