Processo Vaticano per Sloane Square. I Superiori Sapevano, dicono i Testi.
7 Aprile 2022
Marco Tosatti
Carissimi StilumCuriali, in vaticano continua il processo legato al palazzo di Sloane Square. Ci affidiamo per gli aggiornamenti all’articolo pubblicato da Korazym.org, che ringraziamo per la cortesia. Buona lettura.
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Dodicesima udienza del processo vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Il Presidente del tribunale, Pignatone: dovremmo finire prima del 2050, è speranza di tutti e di vita
È durata quasi sette ore, con una pausa di un’ora, la dodicesima udienza del processo in corso in Vaticano sulla vicenda degli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a Londra. È stata dedicata all’interrogatorio dell’ex Presidente dell’AIF, René Brülhart, e alla continuazione dell’interrogatorio di Mons. Mauro Carlino. Vedremo cosa è successo attraverso sei resoconti.
- Processo in Vaticano: Brülhart, “sono fermamente convinto di non aver commesso alcun reato”. Prossima udienza il 27 aprile – Agensir.it, 5 aprile 2022: Nella continuazione dell’interrogatorio di Mons. Mauro Carlino, gli avvocati di parti civile si sono dilungati su argomenti già trattati nel precedente interrogatorio, provocando la battuta del Presidente Pignatone, suscitando le risate dei presenti: “Dovremmo finire prima del 2050: questa è una speranza di vita, lo dico io che sono il più vecchio, tranne naturalmente il professor Flick”.
- Processo vaticano, l’autodifesa di Brülhart: ho sempre servito la Santa Sede con dedizione. L’ex Presidente dell’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF) interrogato per quasi cinque ore: “Ho sempre informato di tutto i miei superiori, con trasparenza”. Seconda parte dell’interrogatorio a Monsignor Carlino. Slitta al 5 maggio l’udienza con Becciu di Salvatore Cernuzio – Vatican News, 5 aprile 2022: Brülhart ha dichiarato di essersi confrontato con e di aver informato in piena trasparenza i superiori (il Sostituto della Segreteria di Stato, l’Arcivescovo Edgar Peña Parra, il Cardinal Segretario di Stato Pietro Parolin e Papa Francesco).
- Processo Palazzo di Londra, l’interrogatorio di Brülhart. Continuano gli interrogatori del processo sulla gestione dei fondi in Segreteria di Stato. Interrogato l’ex Presidente dell’AIF e completato l’interrogatorio di Monsignor Carlino. Prossime udienze dopo Pasqua di Andrea Gagliarducci – ACI Stampa, 5 aprile 2022: Brülhart ha spiegato che fu coinvolto nella questione del Palazzo di Londra dall’Arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto della Segreteria di Stato, che, in un incontro del 7 marzo 2019.
- Palazzo Londra, il Presidente del Tribunale dopo 7 ore: «Di questo passo finiremo nel 2050» di Franca GIansoldati – Ilmessaggero.it, 5 aprile 2022: L’ironia del momento nasconde le difficoltà di un cammino piuttosto accidentato.
- Processo vaticano. Si sgretola un pezzo alla volta il castello accusatorio messo su dal pg Diddi, che continua a collezionare figuracce di Marco Felipe Perfetti – Farodiroma.it, 5 aprile 2022: «Il sito Silere non possum ha reso noti anche due documenti molto importanti del presente procedimento. Si tratta della richiesta di archiviazione formulata da Alessandro Diddì e il provvedimento che ne dispone l’archiviazione da parte del giudice istruttore. Nella ricostruzione fatta dal Promotore di Giustizia è chiaro che a Mons. Perlasca viene riservato un trattamento speciale ingiustificato, nonostante si riconosca che questo sacerdote ha compiuto gravi atti di negligenza, se così li vogliamo chiamare».
- Il Papa sapeva. Il Papa ha chiesto di non denunciare ma di trattare. È il mantra che si è ripetuto nelle ultime udienze nell’aula polifunzionale dei Musei Vaticani dove si sta celebrando il processo sull’affaire del palazzo sito in Sloane Avenue a Londra di L.P. – Silere non possum, 5 aprile 2022: René Brülhart «ha confermato che il Papa, il Sostituto e il Cardinale Parolin erano al corrente di quanto accadeva e invitavano a proseguire la trattativa». «Non è chiaro quali indagini hanno effettuato Diddì e i suoi amici ma da tutti gli interrogatori emerge soltanto una certezza: il Papa e i suoi collaboratori sapevano tutto. Quindi non si può assolutamente sentire che non erano effettivamente informati o pienamente consapevoli. L’unica possibilità che ha Diddì per dire una cosa del genere è far scrivere a qualcuno che questi sono incapaci di intendere e di volere».
Processo in Vaticano: Brülhart, “sono fermamente convinto di non aver commesso alcun reato”. Prossima udienza il 27 aprile
Agensir.it, 5 aprile 2022
È durata quasi sette ore, con una pausa di un’ora, la dodicesima udienza del processo in corso in Vaticano sulla vicenda degli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a Londra. È stata dedicata all’interrogatorio dell’ex Presidente dell’AIF, René Brülhart, e alla continuazione dell’interrogatorio di Mons. Mauro Carlino. (…)
Brülhart è stato quindi interrogato nella sua doppia veste, sia come Presidente dell’AIF, sia come ex consulente finanziario della Segreteria di Stato e della Segreteria per l’Economia. Nelle sue dichiarazioni spontanee, rese in inglese e tradotte da un interprete, l’ex direttore dell’AIF ha affermato l’infondatezza della contestazione fattagli dal Promotore di Giustizia circa l’incompatibilità tra questi due ruoli – “la norma c’era” – e ha fatto inoltre presente che il ruolo di Presidente dell’AIF non è “né esecutivo, né operativo: le decisioni spettano piuttosto al Direttore dell’AIF. “Sono fermamente convinto di non aver commesso alcun reato”, ha dichiarato riferendosi in particolare all’ultima fase della transazione sul palazzo di Londra, quando è stato contattato da Mons. Edgar Peña Parra, il quale lo aveva informato che la Segreteria di Stato aveva “perso il controllo” del Palazzo di Londra e aveva avviato una trattativa con Gianluigi Torzi per rientrare nel pieno controllo dell’immobile. “Mi sono sempre confrontato con i superiori, in piena trasparenza, e ho sempre rispettato le leggi vaticane”, ha dichiarato Brülhart rendendo noto di essere stato ricevuto dal Papa e di aver incontrato il Segretario di Stato, Pietro Parolin, il 2 marzo 2019 proprio per parlare del palazzo di Londra. Interpellato da Diddi su presunte “attività sospette” nella vicenda in questione, l’ex Presidente dell’AIF ha risposto: “C’erano irregolarità, ma c’era anche la volontà del soggetto di fare chiarezza”. Il valore dell’immobile di Londra, ha ricordato Brülhart, era di 270 milioni di euro, e il 3%, pari a circa 10 milioni di euro, era da corrispondere a Torzi. Gli ulteriori 5 milioni versati a quest’ultimo – ha chiesto Diddi – non avrebbero dovuto dare adito a quelle che l’AIF segnala come “attività sospette”? “Io non ho parlato dei 5 milioni – ha risposto l’ex Presidente dell’AIF – l’ho saputo quando ho ricevuto via whatsapp una fattura da parte di Mons. Carlino”.
Poi è stata la volta della continuazione dell’interrogatorio di quest’ultimo per opera degli avvocati di parti civile, che si sono dilungati su argomenti già trattati nel precedente interrogatorio, come ha fatto notare Pignatone, che ha affermato suscitando le risate dei presenti: “Dovremmo finire prima del 2050: questa è una speranza di vita, lo dico io che sono il più vecchio, tranne naturalmente il professor Flick”. Tra le altre cose, mons. Carlino ha smentito di essersi recato a Londra il 1° maggio 2019: “Il primo maggio in Vaticano è festivo”, ha dichiarato: “Ho preso accordi con un amico per andare in campagna, pranzare con le suore e vedere la partita della mia squadra del cuore, che è il Lecce. Non sono mai andato a Londra e non ho minacciato nessuno”. (…)
Processo vaticano, l’autodifesa di Brülhart: ho sempre servito la Santa Sede con dedizione
L’ex Presidente dell’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF) interrogato per quasi cinque ore: “Ho sempre informato di tutto i miei superiori, con trasparenza”. Seconda parte dell’interrogatorio a Monsignor Carlino. Slitta al 5 maggio l’udienza con Becciu
di Salvatore Cernuzio
Vatican News, 5 aprile 2022
Interrogatorio fiume oggi, nella dodicesima udienza del processo per illeciti compiuti con i fondi della Santa Sede, a René Brülhart, l’ex Presidente dell’AIF (Autorità di Informazione Finanziaria) che, “fermamente convinto di non aver commesso alcun reato”, ha giudicato “inverosimile e denigratorio leggere di condotte poste in essere per dare vantaggio a persone che non conosco”. A danno peraltro di una Santa Sede servita “con impegno e dedizione” dal 2012.
Numerose domande
L’avvocato svizzero – a cui non è stato rinnovato l’incarico a capo dell’Autorithy nel novembre 2019 -, coadiuvato da una interprete dall’inglese, è stato interrogato dalle 10.30 circa fino alle 15.30. Numerosissime le domande delle parti, molte delle quali ripetute. Il Presidente del Tribunale Vaticano, Giuseppe Pignatone, per alleggerire il clima, ha ironizzato: “Dovremmo finire prima del 2050, è speranza di tutti e di vita”. Il protrarsi dell’udienza ha inoltre impedito che fosse interrogato l’ex direttore dell’AIF, Tommaso Di Ruzza (presente in aula), che sarà ascoltato il prossimo 27 aprile.
Il lavoro di Brülhart per la Santa Sede
Accusato di abuso d’ufficio, Brülhart ha letto una dichiarazione spontanea in cui ha voluto fornire “chiarimenti e precisazioni” per “evidenziare” quella che ha definito “l’infondatezza delle contestazioni”. Anzitutto, ha chiarito il rapporto professionale con la Segreteria di Stato, la Segreteria per l’Economia e la stessa AIF (ora Asif). Quindi ha ripercorso la ‘carriera’ vaticana, dove era stato chiamato come “esperto internazionale”, nel maggio 2012, in qualità di consulente AIF “per garantire il funzionamento del sistema anti-riciclaggio” della Città del Vaticano, all’epoca considerato “Paese ad alto rischio” dal Gruppo Egmont. Da consulente a Direttore AIF, poi Presidente dell’Autorithy e consulente della Segreteria di Stato – molte sono state le domande degli avvocati su questo doppio ruolo e un eventuale conflitto d’interesse – Brülhart ha assicurato di aver operato sempre per i fini assegnati in accordo con le istituzioni vaticane.
Tre punti sulla vicenda di Londra
Della compravendita del palazzo in Sloane Avenue, a Londra, l’ex Presidente AIF ha detto di esserne venuto a conoscenza “in modo sommario” dal Sostituto della Segreteria di Stato, Monsignor Edgar Pena Parra, che temeva la perdita del controllo dell’immobile a causa delle mille azioni con diritto di voto rimaste al broker Gianluigi Torzi. L’arcivescovo spiegava la “necessità di terminare ogni rapporto con Torzi e con soggetti a lui legati” e chiedeva assistenza a Brülhart. Il quale ha affermato in aula che non si procedette allora ad azioni legali per “tre punti” illustrati dal sostituto: la “posizione debole” dal punto di vista contrattuale della Santa Sede, eventuali ingenti danni finanziari, i possibili danni anche reputazionali.
“Se ci fossero stati elementi sufficienti per segnalare un’attività sospetta”, ha detto inoltre Brülhart, questo avrebbe permesso all’AIF di iniziare una “attività di intelligence con istituzioni straniere”. Ha spiegato di aver offerto suggerimento, chiarendo che, appunto, si trattava solo di un suggerimento e non una indicazione vera e propria, perché presentare una causa sarebbe spettato alla Segreteria di Stato, sulla quale “l’AIF non ha alcun potere di vigilanza”. Una frase che Brülhart ha ripetuto in continuazione.
Superiori informati
L’ex Presidente ha detto inoltre di essere stato ricevuto dal Papa, il 7 marzo 2019, che gli “confermava la necessità di assistere la Segreteria di Stato”. Brülhart ha dichiarato di aver informato anche il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato: “Sempre mi sono confrontato coi superiori in piena trasparenza”. A Brülhart furono indicati poi Monsignor Mauro Carlino e l’Architetto Luciano Capaldo come “persone di fiducia” con cui interfacciarsi. In particolare Capaldo che, vivendo a Londra, intratteneva rapporti con lo studio legale che assisteva la Segreteria di Stato, Mishcon de Reya.
5 milioni in più
A Brülhart è stato chiesto conto, dal Promotore di Giustizia aggiunto, Alessandro Diddi, dei 5 milioni di euro dati a Torzi per chiudere le trattative. Come si ricorderà, a Torzi furono erogati 15 milioni di euro in due fatture: una di 10 con la causale di “commissione di intermediazione”, l’altra di 5 per “analitica consulenza di investimenti immobiliari”. Ma perché questo secondo bonifico? In un documento riservato – che non seguiva il normale protocollo ma di cui Brülhart non ha dubitato della credibilità provenendo da una email inviata da Tirabassi al Sostituto – si riportava che Torzi aveva richiesto il 3% sul valore dell’immobile di Londra, pari a 270 milioni. Secondo un calcolo, al broker bisognava corrispondere dunque una decina di milioni. Brülhart ha detto di non sapere nulla su questi 5 milioni aggiuntivi e di esserne venuto a conoscenza tramite un messaggio WhatsApp di Mons. Carlino che inviava la fattura. Lui ha detto di averla girata subito a Di Ruzza che avrebbe risposto: “Non posso crederci”. Il motivo della risposta non è stato chiarito.
Irregolarità
Diddi ha ribattuto: l’attività di capitalizzazione del Palazzo Londra poteva rilevarsi come sospetta? “C’erano irregolarità sull’immobile”, ha confermato Brülhart. Quali? Anche questa risposta, tra la ricerca di documenti e le difficoltà nella traduzione, è stata sfumata. In ogni caso, ci ha tenuto a precisare, la segnalazione su attività sospette all’AIF non era di sua competenza ma era di competenza della Segreteria di Stato. E ha ribadito che ogni qual volta ha avuto in mano documenti su Londra, li ha sempre girati alla direzione AIF che aveva “un ruolo esecutivo e operativo”.
Secondo interrogatorio a Carlino
Nel pomeriggio si è poi svolta la seconda parte dell’interrogatorio a Mons. Mauro Carlino. Il monsignore leccese è stato incalzato dal difensore di Torzi, Marco Franco, che ha insistito in particolare sulla figura di Capaldo, definito “convitato di pietra” di questo processo e che, secondo il legale, dovrebbe figurare tra gli imputati. Carlino ha spiegato che l’architetto aveva avuto precedentemente contatti con Torzi dal quale si era voluto distaccare “non condividendone il modus operandi”. “Guardando all’incartamento” sul Palazzo di Londra con lo studio Mishcon de Reya, Capaldo presentò a dicembre 2018 alla Segreteria di Stato “alcune problematiche” sulla figura del broker. Quando Carlino fu coinvolto nella vicenda nel gennaio 2019 trovò quindi già Capaldo, indicato come “uomo di fiducia”.
Infine il monsignore ha smentito di essere stato a Londra il 1° maggio 2019, dove – secondo l’accusa – si era recato con un volo RyanAir da Napoli. Quel giorno, ha assicurato, era in Campania in un monastero, per pranzare con le suore e guardare la partita della sua squadra del cuore, il Lecce. Ha inoltre negato di essere stato influenzato dal cardinale Becciu nel dover lasciare Casa Santa Marta. “Assolutamente no, ricevetti una lettera di Parolin in cui si diceva di lasciare con una certa celerità Santa Marta. Nella mia vita, mi è piaciuto o no, ho sempre obbedito”. (…)
Processo Palazzo di Londra, l’interrogatorio di Brülhart
Continuano gli interrogatori del processo sulla gestione dei fondi in Segreteria di Stato. Interrogato l’ex Presidente dell’AIF e completato l’interrogatorio di Monsignor Carlino. Prossime udienze dopo Pasqua
di Andrea Gagliarducci
ACI Stampa, 5 aprile 2022
(…) Udienza fiume di sette ore, oggi, per il processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, che ha al centro la vicenda dell’investimento della Segreteria di Stato in un palazzo a Londra.
Udienza interlocutoria, per il processo, anche perché si affrontava una posizione più defilata del processo, quella di René Brülhart, già Presidente dell’Autorità di Informazione Finanziaria vaticana. Questi ha parlato in inglese, coadiuvato da un traduttore, e ha poi risposto alle domande del promotore di giustizia, delle parti civili e di alcuni avvocati.
In una dichiarazione spontanea resa all’inizio della sua deposizione, Brülhart ha ricordato di essere entrato in Vaticano come consulente ad hoc per l’antiriciclaggio dell’Autorità di Informazione Finanziaria.
Brülhart, proveniente dalla presidenza dell’Unità di Informazione Finanziaria del Liechtenstein e dalla vicepresidenza del Gruppo Egmont, era stato chiamato ad aiutare la Santa Sede a consolidare la posizione sulla trasparenza finanziaria, perché al tempo la Santa Sede era considerato Paese ad alto rischio e c’erano gravi problemi con le istituzioni bancarie, che tra l’altro portarono anche allo sganciamento della Santa Sede dal circuito dei bancomat.
Il primo incarico era per 18 mesi, cui si era aggiunto l’incarico di direttore dell’Autorità di Informazione Finanziaria vaticana dal 7 novembre 2012.
Brülhart è stato rinnovato come consulente della Segreteria di Stato nel 2014 per altri 12 mesi, e quindi, nel marzo 2015, il contratto gli veniva rinnovato per un mandato di cinque anni. Nel frattempo, nel 2014 era stato nominato presidente dell’AIF.
Brülhart aveva dunque la doppia veste di presidente dell’Autorità di vigilanza e consulente che, ha ribadito anche al promotore di giustizia, non costituiva conflitto di interessi, perché l’AIF non supervisionava la Segreteria di Stato.
Brülhart ha spiegato che fu coinvolto nella questione del Palazzo di Londra dall’Arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto della Segreteria di Stato, che, in un incontro del 7 marzo 2019, aveva relazionato che sulla questione dell’immobile la Segreteria di Stato avesse posizione debole, che era necessario di non perdere la titolarità dell’immobile, e il potenziale rischio reputazionale della Santa Sede, motivi anche addotti dal sostituto per non aver presentato denuncia.
Nell’occasione, Brülhart ha detto al Sostituto che “se ci fossero stati elementi per fare segnalazione di attività sospetta, questo avrebbe permesso all’AIF di far partire indagine, stabilire canali e indagare i flussi legali”, ma la decisione spettava solo alla Segreteria di Stato.
L’Arcivescovo Peña Parra decise di fare la segnalazione, e l’AIF cominciò così lo scambio di informazioni con le altre unità di informazioni finanziaria.
Al di là dei dettagli degli scambi, è da notare che l’Autorità non solo avrebbe continuato gli scambi di cooperazione internazionale, ma ha sempre reso noto che avrebbe dovuto proseguire le indagini sui flussi finanziari.
L’Autorità prima suggerisce di non proseguire alla transazione, in quello che era più un parere generale, perché “l’AIF non aveva potere di vigilanza e blocco nei confronti della Segreteria di Stato”.
E alla fine, in questa valutazione generale, l’AIF prospetta due scenari.
Il primo, di “non procedere a operazione, e chiamare in giudizio le controparti”, cosa che però lasciava il rischio di danni economici o di immagine, e sul piano legale gli stessi accordi. L’AIF sarebbe chiamata a proseguire indagini e non sarebbe esclusa in caso di responsabilità personali trasmissione rapporto a promotore di giustizia”.
Oppure, una ristrutturazione dell’operazione finanziaria, che però prevedeva anche la necessità di conoscere le provvigioni da pagare agli intermediari, e che richiedeva che le azioni fossero completamente trasferite alla Segreteria di Stato. Una ristrutturazione, si faceva notare, che avrebbe potuto far superare le riserve dell’AIF, ma che questa sarebbe stata comunque chiamata a proseguire le indagini e il suo scambio con le altre unità di informazioni finanziarie. Era comunque necessario rifinanziare l’investimento, ed è qui che nasce la richiesta di anticipazione all’Istituto per le Opere di Religione.
Una richiesta che si poteva fare, ha spiegato Brülhart, ma doveva essere delineata bene, perché lo IOR non è una banca e le richieste non possono configurarsi come operazioni bancarie come un prestito. È anche vero, come nota a margine, che lo IOR in altre circostanze ha concesso anticipazioni per fini istituzionali.
Nel corso delle sue dichiarazioni, Brülhart ha fatto notare di aver anche ricevuto notifica che Gianluigi Torzi avrebbe avuto diritto a delle fees, a dei compensi per le azioni. Torzi era il broker che si occupava dell’investimento, e che aveva detenuto il controllo del Palazzo di Londra tenendo per sé mille azioni, ma le sole con diritto di voto, ed era con lui che si doveva trattare. L’obiettivo era liquidarlo, affinché la Segreteria di Stato riprendesse controllo dell’immobile, e anche Papa Francesco – ha detto Brülhart – aveva chiesto in una udienza privata di sostenere la Segreteria di Stato.
Perché fosse liquidato, doveva essere chiaro che la Segreteria di Stato aveva pagato tutto il dovuto, e si era individuata una società appartenente a Torzi su cui effettuare il bonifico, che ammontava a dieci milioni. Altri cinque milioni sono stati accreditati a Torzi su un’altra società, ma di questo Brülhart ha saputo solo da una fattura ricevuta via whatsapp da Monsignor Carlino, che poi non avrebbe potuto reperire per chiedere spiegazioni. Carlino ha detto a sua volta di aver ricevuto la fattura direttamente dal Sostituto. (…)
Palazzo Londra, il Presidente del Tribunale dopo 7 ore: «Di questo passo finiremo nel 2050»
di Franca GIansoldati
Ilmessaggero.it, 5 aprile 2022
Dopo oltre sette ore filate d’aula, la dodicesima udienza del processo per il famigerato palazzo di lusso di Londra, è terminata con una battuta da parte del presidente del tribunale, Giuseppe Pignatone: «Se va avanti di questo passo dovremmo finire nel 2050». L’ironia del momento nasconde le difficoltà di un cammino piuttosto accidentato (…). A rallentare l’udienza sono state anche le tantissime domande non ammesse durante gli interrogatori, di fatto perché sollevate al di fuori del perimetro di un processo ancora alle fasi iniziali benché iniziato l’anno scorso a luglio per fare luce sulla compravendita poco chiara di uno stabile di lusso di proprietà della Santa Sede: avrebbe comportato una perdita secca quantificata dall’accusa di circa 200 milioni di euro. (…)
Processo vaticano. Si sgretola un pezzo alla volta il castello accusatorio messo su dal pg Diddi, che continua a collezionare figuracce
di Marco Felipe Perfetti
Farodiroma.it, 5 aprile 2022
(…) Il primo interrogatorio è stato quello di mons. Mauro Carlino, il quale ha terminato la sua deposizione iniziata il 30 marzo. Il reverendo ha smentito il Promotore di Giustizia aggiunto, avv. Alessandro Diddì, il quale insinuava la presenza di Mons. Carlino a Londra il 01 maggio 2019. «Non è vero, ha riferito in aula, lo smentiscono anche le chat sul mio cellulare. Avevo preso accordi con un amico per andare in Campania a pranzare con delle suore e per vedere la partita della mia squadra del cuore. Non sono assolutamente andato a Londra. Inoltre, non ho mai minacciato nessuno. Al Promotore di Giustizia sarebbe bastato guardare l’orario delle chat, in volo non si può mandare messaggi». Dal banco dei Promotori di Giustizia giunge un certo risentimento, è evidente che qualcuno sta vedendo il castello di sabbia cadere a pezzi. (…)
Il sito Silere non possum ha reso noti anche due documenti molto importanti del presente procedimento. Si tratta della richiesta di archiviazione formulata da Alessandro Diddì e il provvedimento che ne dispone l’archiviazione da parte del giudice istruttore. Nella ricostruzione fatta dal Promotore di Giustizia è chiaro che a Mons. Perlasca viene riservato un trattamento speciale ingiustificato, nonostante si riconosca che questo sacerdote ha compiuto gravi atti di negligenza, se così li vogliamo chiamare.
Brülhart: “Peña Parra diceva più si va avanti più si sale”
Il Papa sapeva. Il Papa ha chiesto di non denunciare ma di trattare. È il mantra che si è ripetuto nelle ultime udienze nell’aula polifunzionale dei Musei Vaticani dove si sta celebrando il processo sull’affaire del palazzo sito in Sloane Avenue a Londra
di L.P.
Silere non possum, 5 aprile 2022
Questa mattina sono stati interrogati il Rev.do Mons. Mauro Carlino e l’Avv. René Brülhart (…) il quale ha confermato che il Papa, il Sostituto e il Cardinale Parolin erano al corrente di quanto accadeva e invitavano a proseguire la trattativa.
Mons. Mauro Carlino: il Papa sapeva
Fu S.E.R. Mons. Edgar Peña Parra a richiedere a Mons. Carlino di interessarsi della vicenda. Il sacerdote era stato prima segretario del Cardinale Becciu e poi di Peña Parra. Lo coinvolse insieme al dott. Luciano Capaldo. Quest’uomo però era legato da rapporti di tipo lavorativo con Gianluigi Torzi. I legali del broker sostengono che Capaldo aveva interrotto i rapporti con il Torzi solo il giorno prima dell’inizio della collaborazione con la Segreteria di Stato della Santa Sede. (…)
Questa mattina Mons. Mauro Carlino ha riferito di aver lasciato la residenza dove vive anche Francesco, l’albergo Domus Sanctae Marthae perché gli è stato chiesto dal Cardinale Pietro Parolin di “lasciare con una certa celerità la residenza”. Ha precisato che non è stato S.E.R. il Sig. Card. Angelo Becciu. La precisazione arriva dopo che Mons. Perlasca ha riferito che il cardinale avrebbe fatto pressione perchè venisse cacciato dalla residenza. Tesi assai strana visto che il Cardinale non ha alcun potere su quella struttura. Ha poi spiegato di non essere stato a Londra il 1° maggio 2019, diversamente da quanto asserito dal Promotore di Giustizia. (…)
Mons. Perlasca: l’archiviazione della sua posizione
Il monsignore che ha commesso il “grave errore” come lo definisce il Sostituto, è stato graziato. Ecco il provvedimento che archivia la sua posizione.
Scrive Diddì: “[…] in data 18-2-2020 veniva disposta perquisizione domiciliare nei confronti di Mons. Alberto PERLASCA in esito alla quale si acquisivano i dispositivi elettronici a lui in uso, divenuti base di preziosi riscontri per l’esatta ricostruzione dei principali accadimenti in cui egli ha avuto un ruolo”.
Di questi “preziosi riscontri” però si è scelto di non rendere edotto nessuno. Nella completa ignoranza di tutte le norme è stato affermato con ben due ordinanze del tribunale vaticano (una di questa mattina) che il Promotore di Giustizia può scegliere di non depositare alcuni atti. Sostanzialmente anche il giudice istruttore ha deciso sulla base di affermazioni del Promotore di Giustizia ma non ha mai visionato quegli atti. Ora, lo stiamo dicendo da mesi, che questi soggetti non abbiano neppure idea di cosa sia l’ordinamento vaticano ormai è chiaro ma che gli atti debbano essere depositati per decidere è un principio che vale anche nella Repubblica Italiana. Questi soggetti dove hanno studiato?
Diddì afferma: ”[…] la complessiva analisi del materiale raccolto ha, più in generale, indotto a ritenere che, sebbene nei suoi confronti possano esprimersi giudizi di negligenza, talvolta anche gravi ma non rilevanti ai fini della configurazione di fattispecie penalmente rilevanti, non sia stata raggiunta la prova di una sua consapevole e, dunque, dolosa, compartecipazione alle numerose operazioni fraudolente accertate all’esito delle indagini svolte nell’ambito del citato proc. n. 45-19 RGP”. Ma come, abbiamo portato a processo tutti coloro che hanno eseguito gli ordini dei superiori e non portiamo a processo uno che è stato negligente? In tutti gli interrogatori sta emergendo che l’errore chiave è stato commesso proprio da Perlasca e non lo portiamo a processo?
“All’esito delle indagini effettuate nel proc. n. 45-19 RGP, tuttavia, questo Ufficio è giunto alla conclusione che né Mons. PERLASCA, sottoscrittore dello Share Purchase Agreement, né i suoi Superiori, il Sostituto, S.E. Edgar PEÑA PARRA e, soprattutto, S.E.R. Pietro PAROLIN, fossero stati effettivamente informati e comunque fossero pienamente consapevoli degli effetti giuridici che sarebbero scaturiti dagli accordi sottoscritti e, in particolare, della suddivisione del capitale della GUTT SA in diverse categorie di azioni. Suddivisione che, come già accennato, ha costituito lo strumento in forza del quale si è potuta consumare l’estorsione di Gianluigi TORZI ai danni della Segreteria di Stato”.
Non è chiaro quali indagini hanno effettuato Diddì e i suoi amici ma da tutti gli interrogatori emerge soltanto una certezza: il Papa e i suoi collaboratori sapevano tutto. Quindi non si può assolutamente sentire che non erano effettivamente informati o pienamente consapevoli. L’unica possibilità che ha Diddì per dire una cosa del genere è far scrivere a qualcuno che questi sono incapaci di intendere e di volere.
La completa ignoranza di Alessandro Diddì e dei suoi collaboratori in merito ai titoli e alle mansioni dei soggetti coinvolti in questa vicenda deve far preoccupare seriamente tutti. S.E.R. il Sig. Card. Pietro Parolin viene definito “Cardinale di Stato” (pag. 20). Forse questi soggetti hanno già una riforma della Curia Romana successiva anche a Praedicate Evangelium? Che ruolo è quello del Cardinale di Stato?
Inoltre, il principe del foro romano, continua a confondere la presunzione di innocenza con quella di non colpevolezza, proprio come fece nel suo unico articolo sul diritto processuale vaticano. Chissà che belle lezioni di diritto processuale tengono questi professori.
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Tag: becciu, korazym, processo
Categoria: Generale
La sceneggiata Vaticana prosegue come da copione.
Aspettiamo giovedì prossimo per vedere Francesco al capezzale di Becciu per il secondo anno per il conforto cristiano dovuto al condannato. Perché per Francesco l’ex Prefetto per le Cause dei Santi è già stato condannato.
D’altronde il modus operandi di Becciu non era diverso dal suo Capo o kapo’ quando ha usato il suo potere influente sull’occupante di Santa Marta per altre situazioni. Oggi anche Becciu sta conoscendo l’ingiustizia della mancanza di un giusto processo e del diritto alla difesa. Aspettiamo per vedere cosa succede, tanto abbiamo 50 anni di tempo per la sceneggiata, come ha detto Pignatone.
Nel 2050 “ satanello “ sarà all’inferno da almeno ventott’anni se lo incontro ve lo saluto
Far soldi con i soldi era considerata una grande abilità oltre che una cosa più che lecita. Ma se poi uno che manipola i soldi questa abilità non ce l’ha, invece di far soldi perde anche quelli che ha. Però, se qualcuno ha perso, sicuramente qualcun altro ha guadagnato ma su questo nessuno ha indagato.
Siamo sinceri : non ce la facciamo più a leggere tutto quanto. E il pensiero si dirige a quei monaci che vivono nel silenzio e nella preghiera lontani da ogni pensiero di investimenti , mercati, ecc. Lontani anche da tribunali e processi.
Il mio pensiero va anche a quei pochi giovani che vedo fedelmente e devotamente presenti alla Messa ogni giorno il mattino presto. Benedetto XVI acutamente colse il mistero di questa chiamata di fede in un mondo come il nostro. Una chiamata a stare lì che resiste agli scandali e a non pochi atteggiamenti irriguardosi e sprezzanti di qualche ecclesiastico (di manica larga su qualsiasi altra tipologia di fedele) proprio verso queste anime così originali e belle, prese dal mistero della fede per il Signore presente, fino a lasciarsi scivolare addosso mille motivi per andare altrove. Questi sono i segni dei tempi che non vedono i faccendieri, gli affaccendati e i facenti altro dal curarsi della salus animarum.
Questo “affaire” di Londra è proprio un bel ginepraio dal quale però si incominciano a intravedere alcune luci.
Speriamo che presto, senza aspettare il 2050, tutto quello che è stato ordito nelle tenebre venga finalmente alla luce!