Catholic World Report: La fede nel Putinismo: una simbiosi Chiesa-Stato

2 Marzo 2022 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, grazie al lavoro generoso di Vincenzo Fedele siamo in grado di offrirvi il secondo di tre articoli apparsi su Catholic World Report, che ringraziamo per la cortesia, su Vladimir Putin. Il primo lo trovate a questo collegamento. Buona lettura.

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Da Catholic World Report

La fede nel Putinismo: una simbiosi Chiesa-Stato

Giuseppe Kremer – 20 ottobre 2016

Vladimir Putin sta costruendo il suo potere politico attorno al potere statale fortemente verticalizzato, alla riaffermazione del controllo centrale dell’economia e al rinvigorimento dell’esercito, facendo affidamento sul sostegno della Chiesa ortodossa russa.

Nota del traduttore:  Questo è il secondo di tre articoli pubblicati nel 2016 (agosto, ottobre e Novembre). Il primo, pubblicato su Stilum Curiae l’1 marzo è reperibile QUI ( METTERE LINK). Gli articoli potrebbero sembrare fuori contesto rispetto alla crisi attuale. Riteniamo, invece, che siano molto importanti per comprendere il contesto in cui si svolgono i drammatici avvenimenti di oggi, quali siano i rapporti tra Stato e Chiesa in Russia e infine, nel terzo articolo, anche le azioni del Presidente Trump che, all’epoca, doveva ancora dispiegare la sua azione da Presidente USA e che era riuscito a portare a quasi compimento, sino ai brogli delle successive elezioni del 2021 ed ai disastri che l’impresentabile Biden sta compiendo oggi e che riteniamo, purtroppo, ancora di più compirà in futuro quando verrà posto il problema, ben più iquietante, di Taiwan con il colosso cinese. Occorre, quindi ricordare, per tutti e tre gli articoli, che sono stati scritti e pubblicati nel 2016, quando c’era molto spazio per ovviare ai problemi che, come si vede, erano già ben conosciuti.

Le elezioni del 18 settembre (ricordiamo sempre che siamo nel 2016 – NdT)  per la Duma, la camera bassa russa dell’Assemblea della Federazione Russa, hanno confermato il predominio del partito del presidente Vladimir Putin, “Russia Unita”. Con la sua popolarità personale di oltre l’80% a livello nazionale, il leader della nazione può ora rivendicare un mandato per un altro mandato dopo le elezioni presidenziali del 2018, se opterà per una nuova candidatura.

Un modello riconosciuto come valido fa presa: le sanzioni imposte dopo l’annessione della Crimea continuano a mordere. Eppure, nonostante l’economia in crisi, anche sotto forma di prezzi più elevati per beni essenziali come il cibo, che renderà la vita più difficile ai pensionati ed ai lavoratori delle classi inferiori, e nonostante le tensioni che si accumulano all’interno delle élite superiori della sua verticale” [1] che competono tra loro per accaparrarsi le minori entrate che provengono dalle esportazioni di petrolio e gas, la presa del potere di Putin sembra per ora sicura.

La sua popolarità, alta anche a fronte del deterioramento delle condizioni economiche, significa che la sua presa sul potere si trova altrove rispetto all’innalzamento del tenore di vita raggiunto nei suoi primi due mandati alla presidenza (2000-2008). 

La risposta potrebbe risiedere nella sua comprensione dei bisogni psicologici e delle vulnerabilità delle masse russe. 

Li sta usando per costruire una nuova ideologia per sostituire il marxismo-leninismo.

Le ideologie conferiscono una struttura ordinata ai programmi di un regime. Offrono un “elemento descrittivo” (come stanno le cose); un “elemento normativo” o valutativo (come dovrebbero andare le cose); e un “elemento prescrittivo” (un piano d’azione per passare dal descrittivo al normativo). Putin ha abilmente combinato la forza di uno stato verticale, dall’alto verso il basso, sposato con l’ortodossia russa, con la tradizione religiosa, vitale per l’immagine di sé da parte della maggioranza dei russi slavi; un profondo senso di “eccezionalismo” nazionale russo; le perenni paure e antipatie della Russia nei confronti dell’Occidente e della sua cultura politica e sociale. 

In questo saggio cerco di guardare alla simbiosi, sostenuta da un senso di eccezionalità, tra lo Stato russo e la Chiesa Ortodossa Russa (di seguito ROC, per brevità),

Repressione e Resurrezione

Sebbene cristianizzati più di mille anni fa, i russi non hanno mai accettato l’idea che la Chiesa e lo Stato fossero due forze che debbano essere tenute separate. 

Piuttosto, la relazione tra i due è spesso descritta come “sinfonica”.[2] 

La ROC, una Chiesa dell’Ortodossia Orientale, è stata una delle principali sostenitrici dello stato durante il lungo regno dell’autocrazia zarista. 

Ci sono molti riferimenti storici allo zar come colui che è stato scelto da Dio per governare una nazione resa sacra dal suo status di “Terza Roma”, la vera, eterna e ultima casa della Chiesa fondata da Gesù Cristo.[3] 

Il crollo dell’Impero Sovietico segnò la fine di oltre settant’anni di drastica repressione dell’Ortodossia russa. Lenin istigò e Stalin perfezionò un programma di confisca di proprietà, esilio, torture ed esecuzioni che ridusse l’antica Chiesa di Russia a un frammento del potere e dell’importanza che aveva nell’epoca zarista [4].

Al piccolo residuo della sua gerarchia, a cui era stato consentito di esistere sotto il potere sovietico, non era permesso in alcun modo di opporsi allo stato come forza morale; infatti, i vertici della ROC furono costretti, come prezzo della sopravvivenza, ad operare come informatori al servizio dell’apparato di sicurezza dello Stato.

Le repressioni finalmente cessarono dopo la fine del potere sovietico.

All’inizio del suo mandato come presidente, Boris Eltsin promise di restituire le proprietà della chiesa confiscate dallo stato sovietico e di rilegittimare il credo e la pratica religiosa in Russia. Come risultato dell’apertura della Russia all’influenza esterna da parte di Eltsin, tuttavia, la ROC negli anni ’90 ha sperimentato una maggiore concorrenza per i credenti russi, poiché molti missionari occidentali, comprese alcune denominazioni evangeliche nuove per il paese, (mormoni, testimoni di Geova, ecc.), che arrivarono e crebbero nel paese. I leader della ROC si allarmarono, temendo che la posizione storicamente dominante della Chiesa tra i credenti fosse minacciata dalle nuove e aggressive sette occidentali. Fecero pressioni, nel 1997, sul governo per approvare una legge che limitasse la pratica delle fedi di origine straniera. Eltsin si oppose e pose il veto al disegno di legge, ma alla fine, nonostante la forte opposizione dei leader religiosi occidentali, la Legge venne varata il 27 settembre 1997[5]  Questo fu l’inizio di un allontanamento dalla tolleranza per le religioni diverse dall’Ortodossia.

Sotto Putin, la riabilitazione della ROC è stata sostituita dalla promozione e dalla protezione assoluta dell’Ortodossia. Nel 2004 la Duma ha decretato la restituzione di tutti i beni sottratti alla Chiesa in epoca sovietica. L’atto, una volta attivato, ha potenzialmente reso la Chiesa uno dei maggiori proprietari terrieri di tutta la Russia. 

Sotto le direttive di Eltsin, ma principalmente su ordine di Putin, le aziende energetiche statali hanno contribuito con miliardi alla costruzione o ricostruzione di migliaia di chiese. Molti degli oligarchi [6] sono diventati, volenti o nolenti, sostenitori affidabili della ROC. La ROC è ora molto coinvolta nella vita sociale russa, avendo il diritto di insegnare nelle scuole pubbliche, operare con propri consiglieri spirituali nell’esercito e rivedere qualsiasi legge davanti alla Duma.

Nel 2012, il governo russo ha adottato la legge sugli “agenti stranieri”, che richiedeva alle organizzazioni non governative con sede all’estero, compresi i gruppi missionari, di registrarsi presso lo stato. Richiedere la registrazione come “agente straniero” è stigmatizzante e fa eco ai tradizionali timori sovietici di spionaggio straniero. 

Nel giugno 2016, il parlamento russo ha approvato una nuova legge, in vigore dal 20 luglio di quest’anno [siamo sempre nel 2016 NdT], che proibisce di condividere la propria fede nelle case, online o ovunque tranne che negli edifici religiosi ufficialmente autorizzati.[7] 

Poiché trovare uno spazio da affittare o acquistare per uso religioso è molto difficile per le sette cristiane occidentali, questa nuova legge è diventata,virtualmente, una proibizione.

Pertanto, sebbene la costituzione russa definisca la Federazione Russa come uno stato laico, in pratica la ROC gode del sostegno del governo di Putin in misura notevolmente maggiore rispetto alle altre tre fedi ufficialmente riconosciute (Islam, Ebraismo e Buddismo). 

Le fedi straniere non riconosciute ufficialmente sono sottoposte a continue molestie e costrizioni. Lungi dall’essere semplicemente riabilitata, la ROC sostiene attivamente il Putinismo, comprese le sue affermazioni sull’eccezionalismo russo.

Uno Stato Eccezionale

I russi non si considerano del tutto europei (anche se quasi l’80% della popolazione si trova a ovest degli Urali, il tradizionale confine geografico orientale dell’Europa), né del tutto asiatici. Questo rimanere a cavallo di entrambi i mondi ha due implicazioni: da un lato i russi si considerano situati in una posizione unica per fare da collegamento o anche da interpreti tra Oriente e Occidente; dall’altro vorrebbero stare da sole, si considerano un “altro da”, un “sui generis” la cui essenza non può essere racchiusa da nessuno dei due poli. 

Ma piuttosto che essere neutrale tra Oriente e Occidente, l’eccezionalismo russo trova sempre di più la sua energia trainante nella stridente opposizione a qualunque cosa si ritenga che l’Occidente creda ed il modo in cui l’Occidente stesso è visto da loro.

L’affermazione dell’Ortodossia russa di essere la “Terza Roma” è oggi sia un punto di orgoglio per i russi patriottici sia una spiegazione per la percepita ostilità dell’Occidente.

Naturalmente oggi in Russia ci siano quelli – per lo più l’intellighenzia – che desiderano ancora un’apertura della Russia all’Occidente (in accordo con le famose aperture del passato di Pietro il Grande) [8].Ma ora, per la maggior parte, le opinioni dei media sull’Occidente, media di proprietà o controllati dal governo, sottolineano la distanza incolmabile tra i due mondi. 

Di recente, sia l’ortodossia russa che Putin hanno accusato l’Occidente di aver abbandonato le proprie radici cristiane. 

Il calo della frequenza in chiesa, sia  in Europa che nel Nord e nel Sud America, si aggiunge a questo punto di vista, anche se fra gli stessi russi sono pochi coloro che partecipano alle funzioni ecclesiastiche su base regolare. Fenomeni come il femminismo militante, i matrimoni gay e il movimento per i diritti degli omosessuali in generale hanno spinto sia Putin che Kirill, il patriarca di Mosca, a dichiarare morto il cristianesimo in Occidente.

L’eccezionalismo, lo stile russo, quindi, ha una dimensione sia politica che religioso-culturale. La geografia e la storia russe assegnano allo stato la missione di mantenere e diffondere i benefici unitari di un forte governo statale su una massa continentale i cui confini sono solo vagamente definiti sia ad est che ad ovest del cuore della Russia slava e che è popolata da molteplici minoranze etniche. Nella sua dimensione religioso/morale l’ultima e vera dimora della religione fondata da Gesù Cristo ha assunto di default la missione di preservare e diffondere il messaggio salvifico dei vangeli. Il ruolo della ROC in questa missione si estende oltre la Russia stessa, interessando gli stati vicini in cui l’Ortodossia russa ha aderenti.

Minacce dall’Occidente

Quando aggiungiamo questi elementi all’ambiguità storica insita nelle visioni russe dell’Occidente, possiamo vedere la logica alla base del Putinismo. 

Anche se, come abbiamo notato, ci sono state volte, nel passato della Russia, in cui si è desiderato più apertamente e con forza un’apertura all’Occidente, questa opzione viene spesso e piuttosto facilmente accantonata. 

La più facile da capire, a questo proposito, è la storia delle invasioni dall’Occidente. 

Che fossero i norvegesi, la Svezia, la Polonia-Lituania, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna o gli Stati Uniti (dalla parte dei “bianchi” antibolscevichi contro i “rossi” al tempo della guerra civile russa), non mancano gli esempi, a loro avviso, che i russi possono citare dei rapaci occhi occidentali che guardano verso est. 

A ciò si aggiunga l’umiliazione connessa alla caduta dello Stato sovietico, che, quasi da un giorno all’altro, in termini storici, ridusse i russi da cittadini di una super potenza temuta e rispettata da tutti, ad oggetto di compatimento, sfruttata dalle credenze nella struttura comunista che, bene o male, è stata proposta ed imposta per tre generazioni.

Quando Putin salì al potere nel 2000, pianse la morte del potere sovietico, non perché fosse un ideologo marxista (quasi certamente non lo era), ma perché con la resa dell’Impero Sovietico sparirono anche le fortune della stessa Grande Russia. 

Più un nazionalista che un ideologo di sinistra, egli considerava il crollo dell’impero sovietico non necessario, frutto di un paese in preda al panico e di un pericoloso abbandono della secolare verticalità dell’autorità politica russa. La perdita dell’anello esterno protettivo degli stati cuscinetto, la ribellione nel Caucaso e l’espropriazione dei vertici dell’economia da parte degli oligarchi erano per lui la prova delle profondità caotiche e quasi fatali in cui era caduta la Patria alla fine degli anni ’90. Vedeva il pericolo ovunque ed era sicuro che l’Occidente, guidato dagli Stati Uniti, volesse una Russia paralizzata, se non smembrata.

Nonostante il ripristino del vertical, alcuni russi si lamentano apertamente del fatto che la Russia post-sovietica non abbia adottato la “via cinese”.

Cioè, credono che il loro desiderio per quella che chiamano “una vita normale” avrebbe potuto essere realizzato al meglio mantenendo un’autorità politica centralizzata, come nel comunismo, per gestire una transizione verso un’economia orientata al mercato simile a alle scelte di Deng Xiaoping. 

Invece, hanno avuto un periodo di falsa democrazia, da barone rapinatore, che ha spinto uomini dell’apparato di sicurezza come Putin a rivestire ruoli di salvatori. 

Pertanto, per loro, la strada per un “atterraggio morbido” dopo la distruzione del potere sovietico non è stata intrapresa ed il risultato è il putinismo.

Per Putin, le minacce dell’Occidente erano legioni. La riunificazione della Germania, l’espansione dell’Unione Europea nel “vicino estero” degli ex Stati cuscinetto sovietici (Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia, Repubblica Ceca) e l’arruolamento di nuovi membri nella NATO (Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia) quando la Russia era debole, è spesso citata sia da Putin che da Kirill come un'”invasione” politica e culturale nella sfera di influenza russa, nel Mondo russo, o Russki Mir. [9] 

L’intervento contro la Serbia, un tradizionale stato cliente ortodosso della Russia, durante la disintegrazione della Jugoslavia negli anni ’90, è stato visto da Mosca come un’esibizione di arrogante proiezione di potere della NATO guidata dagli americani.

Con il secondo mandato da presidente (2004-2008) Putin aveva rinunciato ai suoi precedenti tentativi di trovare una sistemazione con l’Occidente. Le “rivoluzioni colorate” in Georgia e Ucraina sono state, per Putin, un campanello d’allarme per il futuro dello Stato russo. In particolare, il flirt dell’Ucraina con l’Unione Europea e la NATO è stata l’ultima goccia. Il putinismo si sta ora costruendo in modo reattivo, attorno al potere statale fortemente verticale, alla riaffermazione del controllo centrale dei vertici dell’economia (soprattutto gas e petrolio), al rinvigorimento delle forze armate, all’affermazione dell’influenza russa in Medio Oriente, specialmente in Siria, e spingendo per affermare e proteggere i diritti dei russi che vivono nel “vicino estero”. 

In questi sforzi, specialmente l’ultimo, Putin può contare sul supporto della Chiesa ortodossa che è presente, in misure diverse, in ognuno degli stati che formavano l’Unione Sovietica ed ora sono gli stati cuscinetto dell’est Europeo.

 

Limiti nella simbiosi

Ci sono limiti all’utilità della simbiosi da entrambe le parti nella lotta contro i valori e le pratiche occidentali.

Per quanto riguarda Putin, anche se si è mosso con forza per proteggere il ruolo religioso e culturale dominante della ROC in Russia, al mondo esterno appare sempre più come un classico boss sovietico (tuttavia, per essere chiari, sembra che a lui interessi poco questo aspetto). All’interno del Paese invece, mentre molti slavi russi vedono la ROC come la Chiesa per eccellenza nella loro immagine di sé, altri credono a ciò che ha detto Eltsin sulla necessità di creare un vero diritto di espressione religiosa: che richiede un’apertura a tutte le fedi. Inoltre Putin deve stare attento a risvegliare il potenziale di potere morale di una ROC all’opposizione. 

Ad esempio, quando ci sono state grandi manifestazioni nel 2011-12 a Mosca, in reazione alla decisione di Putin di candidarsi per un terzo mandato come presidente, il patriarca Kirill si è espresso esortando Putin ad ascoltare le voci dei manifestanti. Questo fu un audace allontanamento dalle pratiche fiino ad allora attuate dalla Chiesa. Non molto tempo dopo Putin convocò un incontro e invitò Kirill e i massimi dirigenti di tutte le altre fedi. In questo incontro Kirill lodò con entusiasmo Putin, ringraziò Dio per averlo mandato al fianco della Russia nell’ora della prova, ecc. [10] 

Sembra che ci sia stato un “chiarimento” prima dell’incontro. 

Ma Kirill potrebbe portare la ROC all’opposizione se il potere di Putin dovesse essere seriamente minacciato? Per Putin, come per tutti gli uomini politici forti russi, questa deve essere sempre vista come una possibilità. Non può assumere di poter contare sull’acquiescenza della ROC in ogni caso; come per gli altri suoi sostenitori, non può mai ritenersi sicuro della loro lealtà.

Per Kirill c’è il pericolo di diventare un partner troppo stretto del Putinismo. 

All’interno del Paese, settant’anni e più di ateismo ufficiale hanno chiaramente ridotto la fede ortodossa della maggior parte degli slavi russi a una forma culturale con scarso coinvolgimento attivo nella vita sacramentale della Chiesa. I russi hanno potuto capire la ROC che si univa a Putin quando lui stava salvando la Russia dal caos e/o dallo smembramento; ma ora tale cooperazione può essere più rischiosa. I russi che si oppongono al Putinismo sicuramente si risentono per il ruolo della ROC come sostenitore del regime.

Ancora più rischioso per la ROC è il suo sostegno alla riaffermazione del potere di Putin nel “vicino estero”. Milioni di russi ortodossi vivono al di fuori della Federazione Russa, negli Stati baltici e la maggior parte in Ucraina. 

Le chiese ortodosse allineate con il Patriarcato di Mosca nel “vicino estero” hanno già iniziato a prendere le distanze dall’autorità di Kirill. Questo è particolarmente vero in Ucraina.

Come è noto, l’Ucraina comprende due zone politico-culturali-religiose sempre più separate: una zona orientale, densamente popolata da russi e da ucraini di etnia russa che aderiscono alla Chiesa ortodossa ucraina guidata da Mosca; e una zona occidentale, con meno russi, una Chiesa ortodossa ucraina divisa tra nazionalisti ucraini e aderenti filo-mosca. 

Nell’Ucraina occidentale c’è una lunga storia di contatti con l’Occidente. 

La Chiesa greco-cattolica, fortemente radicata nell’Ucraina occidentale, condivide le forme e le pratiche liturgiche tradizionali dell’Ortodossia orientale, ma vede il Papa come proprio capo spirituale ed è cattolica in piena comunione con Roma. 

Con questi legami vitali in Occidente, i greco-cattolici sono particolarmente nocivi per il Patriarcato di Mosca, che si è allarmato per il rapido e vigoroso risveglio di questa Chiesa, sopravvissuta alla prigionia o all’eliminazione della sua gerarchia. Questi cattolici avevano continuato una vita ecclesiale illegale “sotterranea” per molti decenni dopo la seconda guerra mondiale, riprendendosi da una persecuzione che era stata approvata in modo schiacciante dalla leadership della ROC, che tuttavia è arrivata a fare molto affidamento sull’Ucraina sia per il sostegno finanziario che per le vocazioni al sacerdozio.

C’è stato uno slittamento visibile nell’influenza del Patriarcato di Mosca in Ucraina dalle azioni di Putin in Crimea e nel Donbas. 

Nel giugno di quest’anno, il parlamento ucraino, la Rada, ha persino fatto appello al capo mondiale della Chiesa ortodossa, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, per dichiarare non valido un atto del 1686 che legava il metropolita di Kiev al Patriarcato di Mosca. [11] Una spinta verso la piena indipendenza da Mosca non è impensabile per l’Ortodossia ucraina in futuro. Oltre che in Ucraina, in Bielorussia i dirigenti della Chiesa, sebbene sotto la tutela del Patriarcato di Mosca, hanno cercato una maggiore autonomia nel governo della Chiesa. Questo si svolge in parallelo con le politiche del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, che ha cercato, con un certo successo, di mantenere un minimo di distanza politica dalle politiche di Putin. [12] 

Putinismo: un’ideologia per il futuro della Russia?

La fine dell’URSS segnò la fine del comunismo come ideologia dominante in Russia. 

Il Putinismo è un tentativo continuo di formare un nuovo quadro politico che potrebbe sopravvivere o meno al suo omonimo. 

Il Putinismo ha preso piede nella Russia di oggi. 

Delle varie parti che compongono questa nuova ideologia, l’Ortodossia russa, operando in simbiosi con lo Stato, contribuisce con una descrizione (un “mondo russo” assediato da un Occidente moralmente corrotto); una valutazione (chiesa e stato dovrebbero essere politicamente e religiosamente preminenti nella tradizionale sfera di influenza russa); e una prescrizione (mantenere uno stato forte e verticale e affrontare le incursioni politiche e socio-religiose occidentali nel “mondo russo”).

Ma la simbiosi non è perfetta; esistono rischi sia per Putin che per la ROC anche se cercano di coordinare gli sforzi. 

Il destino del Putinismo in questo momento non è chiaro; molte sfide incombono all’interno e all’esterno della Russia. 

Per ora, però, in Russia è stata ristabilita la “sinfonia di Chiesa e Stato”. 

Resta in dubbio se la musica che stanno orchestrando possa alla fine portare l’armonia all’interno della Russia e tra la Russia e il mondo esterno.

NOTE :

[1] Il termine “vertikal” è la traslitterazione dal russo all’inglese del termine per le strutture di autorità verticali top-down in Russia.

[2] “Basi del concetto sociale della Chiesa ortodossa russa”, (vedi sezione III.4.) Chiesa e Stato, Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca.

[3] In Russia, Roma è considerata la prima casa della chiesa di Cristo. Bisanzio, con sede a Costantinopoli, è considerata la seconda casa. Dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453, i credenti russi ritengono che l’Ortodossia orientale, con sede a Mosca, abbia ereditato la pretesa di essere la vera casa del cristianesimo, la “Terza Roma” e l’ultima.

[4] Per un resoconto classico della repressione sovietica dei credenti e di altri “dissidenti”, si veda Arcipelago Gulag, di Aleksandr Solzhenitsyn.

[5] Michael Gordon, “Irking US, Eltsin Signs Law Protecting Orthodox Church”, The New York Times, 27 settembre 1997

[6] Il termine “oligarca”, dalla parola oligarchia, o governo di pochi, è diventato un termine abbreviato per quelle persone influenti che, nella Russia post-sovietica, acquisirono il controllo del petrolio, del gas, dei minerali, del legname e di altre industrie. Alcuni sono ancora attori potenti nella società russa e alcuni degli uomini più ricchi della terra.

[7] Kate Shellnutt.”La nuova legge russa: non evangelizzare al di fuori della Chiesa”,Christianity Today: Gleanings, 8 luglio 2016

[8  Per un argomento contemporaneo per trasformare la Russia verso l’Occidente, vedere Dmitri Trenin, The End of Eurasia: Russia on the Border Between Geopolitics and Globalization, Carnegie Endowment for International Peace, Washington, DC e Mosca, 2002

[9]Russki Mir è un’iniziativa russa di Vladimir Putin del 2007 per promuovere la lingua russa e, in collaborazione con la Chiesa ortodossa russa, per promuovere valori che sfidano la tradizione culturale occidentale.

[10] Steven Lee Myers, Il nuovo zar: L’ascesa e il regno di Vladimir Putin (New York: Alfred A. Knopf, 2015) pp. 403-4

[11] “La Rada ucraina sollecita la separazione della Chiesa ortodossa da Mosca”, Radio Free Europe/Radio Liberty, 16 giugno 2016

[12] Paul Coyer, “La guerra santa di Putin e la disintegrazione del ‘mondo russo’”, Forbes Opinion, 4 giugno 2015

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2 commenti

  • MARIO ha detto:

    La simbiosi (o come detto sopra “sinfonia”) tra Potere politico e Religione crea sempre disastri.

    E’ il peccato contro il 2° Comandamento: non usare il Nome di Dio per i propri interessi.

    L’Anticristo al tempo di Gesù fu l’allora potere politico-religioso (il più ortodosso e intransigente), che lo condannò a morte.
    L’Anticristo di oggi potrebbe assumere le stesse sembianze?

    Esempi e Alleanze (per sostenersi a vicenda) odierne di questo tipo:
    – Russia e Islam integralista (Alleanze: Russia – Cecenia, Arabia Saudita, Turchia, ecc.);
    – Russia e Cina (dove l’ideologia comunista è spacciata per religione sinizzata), e relativa alleanza.

  • Del buon uso delle parole ha detto:

    Non credo sia corretto parlare di posizione storicamente dominante della ROC rispetto ad altre confessioni. Per l’Ortodossia gruppi come i Testimoni o i mormoni sono sic et simpliciter eretici e quindi da condannare ed evitare secondo l’insegnamento biblico.
    Ora , tanto per chiarire, dopo il Concilio Vaticano II, si presentò all’ortodossia il problema se aderire o meno al movimento ecumenico. Dopo la guerra civile combattuta sui territori dell’Ucraina negli anni immediatamente successivi al primo conflitto mondiale ai bianchi (cioè coloro che avevano combattuto per il ristabilimento dell’impero) fu concesso di poter andare in esilio portando con sé anche sacerdoti e vescovi che ricostruirono una loro gerarchia all’estero. Stiamo parlando della Chiesa ortodossa russa all’estero (indicata con la sigla RÒCOR). E diffusa in tutto il mondo.
    Dicevamo del problema dell’ecumenismo.
    Il Metropolita Filarete di New York prese, insieme al suo Sinodo posizione contro l’ecumenismo considerato una eresia.
    Poiché la fama di santità del Metropolita era universalmente nota, la condanna dell’ecumenismo fu accolta da molti ma rifiutata da altri. Dopo di che dentro l’ortodossia si scatenò una guerra civile con divisioni e prese di posizione molto diverse tra loro. Guerra civile che ad oggi non si è sostanzialmente conclusa.